"Cosi' parlo' Zarathustra" di Friedrich Nietzsche |
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"Cosi' parlo' Zarathustra" di Friedrich Nietzsche |
Mar 28 2007, 03:52 PM
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#1
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 222 Iscritto il: 28-March 07 Utente Nr.: 27 |
Questa volta facciamo le cose per bene eh?
Allora, perche' Federico scelse questo titolo? O meglio, perche' non poteva esserci altro titolo? Mi ricorda un po' i Vangeli, un po' Platone-Socrate, Omero... C'e' qualcuno che parla e altri che ascoltano e tra questi qualcuno che, a un certo punto, comincia a scrivere. Ma Federico non conobbe di persona Zarathustra, come avrebbe potuto? Idea: E se Nietzsche avesse scritto in uno stato di ispirazione tale da avere l'impressione che, come dire, qualcuno gli stesse parlando? Non sarebbe certo il primo nella storia... anche Maometto scrisse il Corano come parola di Dio, anche se solo dopo alcuni anni dal momento della rivelazione... Quindi: Gesu' >>Matteo, Marco, Luca, Giovanni...>>Vangeli Allah >>Maometto >>Corano Zarathustra >>Nietzsche >>Cosi' parlo' Zarathustra Che ne pensate? Non vedete una certa convergenza? |
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Jan 27 2009, 07:23 PM
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#2
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 754 Iscritto il: 15-May 08 Utente Nr.: 2,728 |
Se capisco bene intendi l'errore di Heidegger, quando nel suo Nietzsche lui parla chiaramente del brano "la visione e l'enigma" facendo notare come le due strade (presente e futuro, che si incontrano all'infinito in circolo) siano collegate sotto la porta dell'attimo, l'eterno ritornoè quindi il suggello della decisione dell'attimo, l'anello nuziale.
Secondo me però questo è abbastanza indubbio e non vedo errore, la svista (se c'è poi, sospendo il giudizio) è quando nella foga di accomunare N. alla storia della metafisica, Heidegger pone l'eterno ritorno come "imprimere al divenire il carattere dell'essere" frase nietzschiana ma ambigua e che nelle sue mani diventa facilmente una prova dell'affinità con l'io stabile e uguale a sè stesso del "cogito me cogitare" cartesiano e quindi punto estremo della volontà di potenza del soggetto che si eternizza e che eternizza il presente. La "differenza" è quindi rimasta estranea a Nietzsche poichè è "ontologica" e antecedente al discorso metafisico, di conseguenza anche la connessione colla filosofia originaria greca (Eraclito su tutti) viene a mancare e un'eventuale annessione di Zarathustra al mondo della scienza/tecnica che è metafisica diventa possibile. Ma l'elemento che secondo me Heidegger dimentica è quindi soprattutto l'oblio che in Nietzsche è fondamentale, e che solo Deleuze recupera riconciliando appunto N. con un tempo aiòn dove l'io e il soggetto si infrangono quando il presente è schiacciato fra passato e futuro e di fatto indiviso grazie all'eterno ritorno (e alla volontà di potenza chiaramente). Qui lo Zarathustra profeta dell'ER è profondamente greco e assolutamente ascientifico (che non è anti-scientifico). Insomma credo che siamo d'accordo, non penso però che questo abbia molto a che fare col Reich millenario o con Berlusconi, in fondo lo stesso Heidegger aveva (penso) abbandonato la sua effervescenza nazista negli anni '36-'40. -------------------- "Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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Jan 27 2009, 10:26 PM
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#3
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Member Gruppo: Members Messaggi: 15 Iscritto il: 13-January 09 Utente Nr.: 10,400 |
Se capisco bene intendi l'errore di Heidegger, quando nel suo Nietzsche lui parla chiaramente del brano "la visione e l'enigma" facendo notare come le due strade (presente e futuro, che si incontrano all'infinito in circolo) siano collegate sotto la porta dell'attimo, l'eterno ritornoè quindi il suggello della decisione dell'attimo, l'anello nuziale. Secondo me però questo è abbastanza indubbio e non vedo errore, la svista (se c'è poi, sospendo il giudizio) è quando nella foga di accomunare N. alla storia della metafisica, Heidegger pone l'eterno ritorno come "imprimere al divenire il carattere dell'essere" frase nietzschiana ma ambigua e che nelle sue mani diventa facilmente una prova dell'affinità con l'io stabile e uguale a sè stesso del "cogito me cogitare" cartesiano e quindi punto estremo della volontà di potenza del soggetto che si eternizza e che eternizza il presente. La "differenza" è quindi rimasta estranea a Nietzsche poichè è "ontologica" e antecedente al discorso metafisico, di conseguenza anche la connessione colla filosofia originaria greca (Eraclito su tutti) viene a mancare e un'eventuale annessione di Zarathustra al mondo della scienza/tecnica che è metafisica diventa possibile. Ma l'elemento che secondo me Heidegger dimentica è quindi soprattutto l'oblio che in Nietzsche è fondamentale, e che solo Deleuze recupera riconciliando appunto N. con un tempo aiòn dove l'io e il soggetto si infrangono quando il presente è schiacciato fra passato e futuro e di fatto indiviso grazie all'eterno ritorno (e alla volontà di potenza chiaramente). Qui lo Zarathustra profeta dell'ER è profondamente greco e assolutamente ascientifico (che non è anti-scientifico). Insomma credo che siamo d'accordo, non penso però che questo abbia molto a che fare col Reich millenario o con Berlusconi, in fondo lo stesso Heidegger aveva (penso) abbandonato la sua effervescenza nazista negli anni '36-'40. grazie. io sono un "dilettante" e perciò rispondo a modo mio. "decisione dell'attimo", scrivi. Per me è il "dire sì", momento per momento. Ma, questo stato affermativo, non costituisce uno stato passivo, tuitt'altro. a me pare, invece, di avere letto in heidegger una accettazione, seppure dismessa, del suo presente. è questo che mi fa problema. mi domando: come è possibile che una intelligenza così fine abbia potuto accettare passivamente le urla naziste. non ricordo dove, ma già nietzsche annotava come al suo tempo il "tono" pubblico in germania andasse assumento un aspetto sinistro; urla da caserma, mi pare che scriva. decisione, ovvero libertà. c'è libertà nella formula dell'eterno ritorno dlle medesime cose? Io la metto così: ammesso che la formula di nietzsche sia indimostrabile, ma non impossibile, allora se io la accolgo, ovvero, ci scommetto, io accetto che la ripetizione sia la medesima, dunque non la posso cambiare. ma cosa so io dell'ìattimo che verrà? e quanto so dell'attimo presente? in effetti la percentuale di ignoto, per quanto la tecnica delle previsioni possa andare in là, è assai alta. ora; se io non so, sono libero.paradosso. allora, piucché di oblio, parlerei di oscurità. già eraclito diceva che la "physis" ama nascondersi. non si tratta di essere oscurantisti, o amanti del thriller. tutt'altro. Se io mi decido, non è per la certezza assoluta,che non avrò mai. se mi decido devo scommettere. Quando nietzsche parla di pericolo, quando anche hòlderlin lo fa, io lo intendo in questo modo. d'altra parte, credo, è il senso che la parola "enigma" dovrebbe avere , secondo colli. E nietzsche amava l'enigma. "eternizzare il presente"; per me il punto è qui. secondo la formula dell'eterno ritorno delle medesime cose, ogni attimo ha in sé una eternità, l'eternità del ritorno. Ma ciò non significa considerare eterno l'attimo così come è. se così fosse si considerebbe quest'attimo come totalmente chiaro, come già perfetto, indiscutibile e quindi reffrattario ad ogni mia critica. Il fatto è che in questo modo si considera l'attimo come immobile, mentre il fatto stesso che ritorni implica la sua mobilità, la sua "inquietudine". se l'attimo è mobile, è aperto, la libertà è possibile allora, una libertà paradossale, certo, ma è in questo "spazio" che è possibile giocare l'eternità. SE l'attimo è mobile, è innafferrabile, nessuno ne è padrone, resta distante allora la volontà di potenza e c'è spazio per la "grandezza", ossia dalla logica della quantità si passa a quella della qualità. ti confesso, infine, che di deuleuze, per motivi di tempo,(ma faccio così anche per altri autori, per questo sono consapevole delle mie "lacune") ho letto solo la parte in cui affronta direttamente il pensiero dell'eterno ritorno delle medesime cose. dunque sul resto mi rimetto a te. salute. |
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