La Follia

La Follia

Si è discusso a lungo se N. fosse o meno sifilitico.
La causa della pazzia desta più interesse della pazzia stessa.
Quelli che vogliono a tutti i costi rendere N. sifilitico, come se non gli bastassero i mali che già
aveva addosso, c’è, evidentemente, il desiderio di attribuire la follia del loro idolo a un semplice
incidente, di contro per gli anti-nicciani, tutta l’opera di Nietzsche è da attribuire alla sifilide.
Nel Doktor Faustus, Thomas Mann fa fare a N., nelle vesti di Adrian Leverkuhn, la cosa più
contraria alla sua natura: andare in un lupanare e prendersi, proprio lui, la sifilide. La storia di
Nietzsche-Leverkuhn, secondo Mittner, sarebbe “narrata in parte su documenti nietzschiani
autentici”. Quali? L’unica fonte non più essere che quella di Paul Deussen che racconta divertito
un’episodio riferitogli da Nietzsche.
Un giorno, nel febbraio del 1865, Nietzsche si è recato da solo a Colonia, Là si era fatto
accompagnare da una guida a vedere le cose ragguardevoli della città e alla fine le aveva
chiesto di condurlo in un ristorante. Ma costui lo portò in una casa malfamata. “Mi vidi”, così
raccontò Nietzsche il giorno dopo, “improvvisamente circondato da una mezza dozzina di
apparizioni in veli e lustrini , che mi fissavano speranzose. Rimasi per un po’ senza parola. Poi
mi diressi istintivamente verso il pianoforte, l’unico essere animato in quella compagnia, e ne
trassi alcuni accordi. Questi mi liberarono dallo sbalordimento e me la svignai”.
Che cosa autorizzi da questo piccolo episodio, a credere che Nietzsche non sia scappato via
terrorizzato dal bordello e vi abbia invece contratto la sifilide? Thomas Mann ne ha ricamato il
suo (bellissimo) romanzo, ma l’ha fatto certamente per conto suo.
Nietzsche, sostengono altri, potrebbe essere ritornato alla carica ed essersi infettato dopo, negli
anni di studio a Lipsia.
Questa ipotesi è confermata da una dichiarazione che Nietzsche stesso, già demente, fece ai sanitari nel gennaio 1890 e che fu registrata: “1866 infezione sifilitica”.
In base alle testimonianze raccolte dallo psichiatra Lange-Eichbaum e alla dichiarazione di
Nietzsche, scrive Blunck, dobbiamo ritenere accertato il fatto che la demenza di Nietzsche “sia
stata originata esclusivamente da una sifilide”, contratta a Lipsia e culminata nella paralisi
progressiva.
Verrecchia fa notare che di accertato non c’è proprio niente. Quanto all’annotazione “1866
infezione sifilitica”, che compare nel “Krankenjournal” di Jena (ma nel gennaio 1889, non nel
1890), non si tratta di una dichiarazione di Nietzsche, bensì di una voce giunta da Basilea.
Tanto è vero che è inserita nel breve “cenno biografico” e subito dopo la “storia clinica da
Basilea”.
A fornire i dati fu il dottor Mahly, che accompagnò Nietzsche da Basilea a Jena. Anzi la voce
della sifilide compare anche prima, fra le generalità che non furono certo fornite dal malato.
Quando la voce cominciò a circolare e a far rumore sulla stampa il professor Roscher scrisse
alla signora Forster: “… così io ritengo un dovere della mia coscienza confermarle
esplicitamente che a me, che potei essere vicino a Nietsche e a Rohde durante gli anni di
studio a Lipsia, non è mai giunto il minimo sentore di una infezione “luetica” in quel tempo. Mi
riesce anche del tutto incredibile che Nietzsche, il quale in fatto di Sesso viveva come un santo
e come tale, a quel che mi risulta, veniva considerato da tutti gli amici di gioventù, possa
essersi presa una simile infezione mediante una stravaganza”.
Lo stesso Rohde respinse con sdegno l’ipotesi che il suo amico si fosse infettato a quel modo,
mentre Gast, “come amico e intimo conoscente di Nietzsche”, ci rideva sopra. Insomma,
nessuno degli amici più vicini seppe mai nulla di codesta leggendaria infezione luetica; il che,
anche tenendo conto della ritrosia di Nietzsche a confidarsi, è davvero singolare. Riferendosi al
fatto che N. stesso avrebbe dichiarato di essersi infettato, Kurt Hildebrandt fa un’ipotesi assai
verosimile: “Baswanger ha ammesso l’infondatezza di quella infausta registrazione, di cui si può
in certo qual modo supporre la provenienza. Nel manicomio di Basilea, Nietzsche, nel più alto
stadio della sua megalomania e della sua confusione, deve aver risposto alla domanda sulla
lue: “Signorsì, due volte, nel 1866”. Già la dichiarazione di una infezione avvenuta due volte,
cosa impossibile in circostanze normali, lascia pensare che Nietzsche non abbia capito bene la
domanda. Forse la spiegazione, che Peter Gast dà di questo fatto non è falsa. Il 1866 fu l’anno
del colera. Nietzsche credeva di essersi preso il colera per ben duo volte, nel mese di luglio a
Lipsia e all’inizio di settembre a Nauburg, e s’immaginò di aver domato la malattia mediante le
sue pronte cure. Ora, siccome lues (malattia contagiosa) come parafrasi discreta di sifilide nel
1889 non era ancora generalmente conosciuta, a Nietzsche poté venire in mente il ricordo del
colera, tanto più che egli si era profondamente impressa nella mente una notte trascorsa con un
morto da colera”. A questo se non si vuole accettare tale ipotesi si può anche supporre che a
mettere in testa a Nietzsche una simile idea sia stato Bettmann. Se l’aveva fatta sorgere in
Overbeck, come dice il Bernoulli, figuriamoci quello che avrà potuto fare con Nietzsche,
chiedendogli notizie della sua “natura sotto”.
Lo stesso professor Binswanger, del resto, dichiarò che Nietzsche non era più in grado di dare
delle indicazioni e che quindi era impossibile stabilire l’eziologia del male: “La natura, il decorso
come pure la durata della malattia portano a un senso né negativo né positivo per la soluzione
del problema”. Il dottor Gutjahr, da parte sua, altro medico curante, scrisse: “Dopo di ciò ho
visitato Nietzsche per trovare segni e residui di una lue e non ho trovato niente”.
Se Nietzsche avesse avuto la paralisi progressiva, non sarebbe certo sopravvissuto per tanto
tempo; e questo lo aveva già detto il Mobius, il cui libro sulla malattia di Nietzsche resta ancora
un testo fondamentale. La verità è che, per quanto si studino i documenti riguardanti l’intera
questione, non si trova nessuna notizia o traccia dei segni della sifilide che precorrono la fase
estrema.
Anacleto Verrecchia -La catastrofe di Nietzsche a Torino- Einaudi 1978

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