UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

SCUOLA SUPERIORE DI LINGUE MODERNE PER INTERPRETI E TRADUTTORI

 

PROVA FINALE

CORSO DI LAUREA TRIENNALE

 

FRIEDRICH NIETZSCHE,

ALSO SPRACH ZARATHUSTRA – COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA

TRADUZIONI ITALIANE A CONFRONTO

 

 

 

 

 

 

          Laureando

      Marco Bonciani

 

Relatrice

Prof. Lorenza Geremia Rega

 

Correlatore

Prof. Reimar Klein

 

 

Anno 2005-2006

 

 

 

 

 

 

Ich habe gehen gelernt: seitdem lasse ich mich laufen. Ich habe fliegen gelernt: seitdem will ich nicht erst gestoßen sein, um von der Stelle zu kommen. Jetzt bin ich leicht, jetzt fliege ich, jetzt sehe ich mich unter mir, jetzt tanzt ein Gott durch mich.

 

Also sprach Zarathustra, § Vom Lesen und Schreiben

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Indice

 

 

 

 

 Indice

            3

 

Avvertenza

4

Introduzione

5

Friedrich Nietzsche. notizie biobibliografiche

11

Cronologia delle opere di Friedrich Nietzsche

14

Il pensiero di Nietzsche

15

Il Nietzsche politico

17

Errori traduttivi

-          giochi di parole

-          uso del dizionario

-          termini filosofici

-          forzature logiche e riformulazioni frastiche

20

20

24

25

38

Censure

-          le censure sessuali

-          rimaneggiamenti ideologici

48

48

52

Note in appendice di Montinari

57

Conclusioni

59

Bibliografia

61

 

 

Avvertenza

 Nelle citazioni sono state mantenute le caratteristiche tipografiche dei testi di partenza. Gli interventi del sottoscritto sono sottolineature ed uso del neretto.

 

 

Introduzione

 

La presente trattazione prende in analisi gli errori e gli interventi censorei riscontrati in quattro traduzioni del testo di Friedrich Nietzsche Also sprach Zarathustra, precisamente: la prima edizione di Edmondo Weisel (1899), riveduta da Renato Giani; la sesta, “interamente rifatta sulla prima versione”, di Renato Giani (1928), la versione più attendibile del 1976, degli studiosi Mazzino Montinari e Giorgio Colli e la traduzione di Sossio Giametta del 1985.

Il presente elaborato mostra come una traduzione non responsabile – vale a dire fatta senza conoscere a fondo la filosofia dell’autore – possa creare gravi errori per quanto riguarda la comprensione testuale. Viene meno, in pratica, il criterio di Loyalität espresso da Christiane Nord. “Von einer Übersetzung wird im allgemeinen erwartet, dass sie “treu” ist – sottolinea Nord [1988:24].

Il ruolo che il traduttore assume è definito da Christiane Nord [1988: 32] con Loyalität:

 

Der Translator ist […] bilateral gebunden: an den Ausgangstext und die Ziel(text)situation, und er trägt Verantwortung sowohl gegenüber dem AT-Sender als auch gegenüber dem Zieltextempfänger. Diese Verantwortung bezeichne ich als „Loyalität“ – „Loyalität“ ist die ethische Qualität im Zusammenleben von Menschen; die „Treue“ einer Übersetzter.

 

Nella traduzione difatti, secondo Nord, bisogna rispettare “la lealtà nei confronti del testo di partenza e la situazione in cui verrà a situarsi il testo di arrivo. Tali considerazioni sono oggettivamente valide per il testo pragmatico, mentre possono acquistare una valenza fortemente soggettiva nel momento in cui ci si sposti sempre più verso l’ambio di scritture autenticamente originali, al cui estremo si trova il testo poetico” [Rega, 2001:17]

Si deve pertanto parlare di coerenza e di fedeltà al TP anche nel caso dello stile particolare con cui Also sprach Zarathustra è stato scritto. Si tratta infatti di un vera e propria rapsodia in prosa, quasi fosse il testo uno spartito sul quale Nietzsche-Zarathustra si muove abilmente. Vedremo nel corso della presente trattazione come tale peculiarità sia stata rispettata o meno. Va tuttavia precisato che il concetto di lingua letteraria è “indissolubilmente legato a quello di stile individuale di scrittura, ovvero delle scelte operate dal singolo autore all’interno di una lingua in modo che il testo risulti però poi strumento di conoscenza di una data società in un dato momento, ma anche dell’uomo in generale e fornisca nel contempo un piacere estetico che continua a mantenersi inalterato nel tempo” [Rega, 2001:56-57].                                                               

Per poter analizzare le varie traduzioni ho letto dapprima il testo di partenza in tedesco (documentandomi altresì con testi inerenti alla filosofia dell’autore) e in seguito mi sono soffermato su ogni singolo capitolo, confrontando le quattro versioni tradotte.

Il grande perno attorno al quale ruota il presente lavoro è l’errore traduttivo: nei testi analizzati si è trattato principalmente di omissioni, errori di resa nel TA e – ancor più gravi – errori concettuali.

Sono certo, e ne darò prova nel corso della trattazione, che i traduttori delle prime due opere analizzate, non conoscano affatto la filosofia nietzschiana e prediligano spesso una presunta logica al linguaggio poetico-letterario. Oltre ai numerosi refusi e ai già menzionati errori di resa, sono state individuate alcune omissioni che – a mio avviso – non sono del tutto fortuite.

Sono stati riscontrati alcuni interventi di natura censorea nella versione interamente riveduta da Giani del 1928. Tali censure riguardano i termini inerenti alla sfera sessuale. Renato Giani, nella versione del 1928, ha inoltre modificato alcune frasi cambiandone così totalmente il significato. Questi riadattamenti potrebbero sembrare semplici sviste, ma ci si rende conto che sono voluti man mano che si confrontano con la versione di Weisel. Nel corso della trattazione passerò in rassegna i vari passaggi che a mio avviso sono stati manipolati per alterare il significato dell’opera.

Dall’indagine è emerso che il testo di Weisel del 1899 tende a rimanere fedele al testo di partenza, seguendo un determinato criterio di logicità, che non si confà tuttavia con l’andamento poetico dell’opera. Vi sono alcune omissioni episodiche dovute a distrazione da parte del traduttore, nonché alcune censure delle quali farò menzione nel corso della trattazione.

La versione del 1928 di Giani si allontana maggiormente dal testo di partenza: non sempre viene rispettato l’assetto tipografico (cosa peraltro assai importante per la scorrevolezza nella lettura della presente opera), sono stati riscontrati numerosi omissis e refusi e viene data più importanza alla logica piuttosto che alla tendenza dell’autore di impiegare un linguaggio poetico che esuli dal rigorismo logico. La coerenza al TP non viene sempre rispettata: Giani infatti non si occupa della traduzione vera e propria, bensì della rielaborazione della traduzione di Weisel.                           

Per quanto riguarda la traduzione di Montinari bisogna dire che è la migliore traduzione analizzata. Si tratta di un lavoro operato da due studiosi – Mazzino Montinari e Giorgio Colli, appunto – che conoscono profondamente la filosofia nietzschiana, tanto da non compiere gli imperdonabili errori traduttivi di Weisel e Giani.

Merita spendere una parola anche sull’ottima traduzione di Giametta, introdotta e commentata da Giangiorgio Pasqualotto, che si presenta come una paziente limatura del lavoro “mai troppo lodato” [1985:6] di Colli e Montinari. Il lavoro di Pasqualotto è mirabile, non tanto per l’introduzione quanto per il commento, che si presenta come un esegesi estremamente ponderata della Vorrede di Also sprach Zarathustra. Il motivo dell’analisi di questa parte dell’opera sta nel fatto che in questa parte del testo “si trovano quelle figure-chiave, ossia quei concetti fondamentali espressi in immagini metaforiche, dalle quali si irradiano i principali flussi di significati che scorrono poi lungo tutta l’opera” [1985:367-368].

Quello di Pasqualotto è un ottimo commento tematico: in esso vengono analizzati i temi e le figure-chiave riscontrate nella Vorrede, facendo poi riferimento ad altre opere del filosofo o riallacciandosi ad altri brani di Also sprach Zarathustra. Non mancano poi nel commento di Pasqualotto riferimenti ad altre opere esegetiche, delle quali viene riportata una bibliografia nelle “Premesse”.

L’ analisi dell’opera di Montinari e la successiva di Giametta dimostra ancora una volta come il mestiere della traduzione debba esser svolto cum grano salis. Durante l’analisi dei quattro testi ho avuto la conferma di come l’esattezza della parola sia l’elemento essenziale per una traduzione fedele di una qualsiasi opera filosofica, unita ovviamente alla profonda conoscenza del pensiero dell’autore. Il lavoro di Mazzino Montinari e quello successivo di Giametta sono esempi lodevoli di traduzione filosofica fedele al TP.

E’ in base a questi principi che si orienta la mia critica traduttiva, senza omettere – ovviamente – un’introduzione all’opera, all’autore e al suo pensiero.

Il filosofo ricevette la folgorazione per il suo Also sprach Zarathustra durante uno dei suoi numerosi soggiorni in Engadina, a Sils-Maria. Proprio in uno dei Lieder des Prinzen Vogelfrei (1887), Nietzsche scrive nella poesia Sils-Maria: “Hier saß ich, wartend, wartend, - doch auf nichts, / jenseits von Gut und Böse, bald des Lichts / genießend, bald des Schattens, ganz nur Spiel, / ganz See, ganz Mittag, ganz Zeit ohne Ziel. / Da plötzlich, Freundin! wurde Eins zu Zwei – und Zarathustra ging an mir vorbei…”

Also sprach Zarathustra non è un’opera che può esser facilmente inquadrata in un genere filosofico tradizionale. Come sottolinea Giorgio Colli nella nota introduttiva alla versione di Montinari [1976:XIV] si tratta comunque di una complessa opera che ci trasmette il forte pathos di un “illuminato dalla conoscenza suprema, ma l’espressione in cui questo pathos si scarica non è destinata a trasmettere la scintilla di quella conoscenza, bensì solo a comunicare il riflesso di una visione più alta della vita, e quindi ad agire sugli uomini con la seduzione di questa immagine. La grandezza di Zarathustra sta nel suo conoscere, ma dalla sua conoscenza sgorga una fonte, il suo canto, che disseta gli uomini, e li riavvince a una vita trasfigurata, riscoperta come ricchezza terrestre di gioia”.

L’opera è piuttosto definibile come “un poema in prosa, costruito sulla forma del racconto allegorico, diviso in episodi che si presentano come parabole. Il modello più vicino è pertanto quello del Vangelo, di cui Nietzsche inverte le tesi fondamentali”.

Il libro inizia con la discesa di Nietzsche tra il popolo (§ Zarathustra’s Vorrede), cercando di spiegare loro la sua rivelazione dopo dieci anni di eremitaggio: lo Übermensch (il Superuomo, o Oltre-Uomo). Ma la gente, distratta da un funambolo che fa il suo numero, non lo ascolta. Egli decide allora di parlare ai pochi eletti, coloro che sono pronti per il “Grande Meriggio”. La prima parte dell’opera è da intendersi come la distruzione dei valori tradizionali (l’idealismo, l’amore per il prossimo, la svalutazione del corpo, il sapere accademico, eccetera).

Alla fase di distruzione totale segue la costruzione dei nuovi valori: il tono con cui Zarathustra-Nietzsche si rivolge ai suoi discepoli cambia, si fa ancora più profetico e rivelatorio.

Nella terza parte dell’opera si profetizza l’avvento dello Übermensch, si introduce il tema dell’ewige Wiederkehr des Gleichen (l’eterno ritorno dell’uguale) e si annuncia la Umwertung aller Werte, la trasvalutazione di tutti i valori.

La quarta parte è poi il culmine del climax concettuale. Si tratta dell’incontro tra Zarathustra e lo Übermensch, vale a dire quella parte dell’umanità segnata in profondità dal dolore e dalla disperazione e, proprio per questo, capace di “redimersi attraverso la profondità della sofferenza e del disprezzo di sé: la diversità nasce dal riso abissale e dal desiderio di vivere”.

Also sprach Zarathustra affascina ancora oggi per la complessità del linguaggio e per la forza del suo contenuto. La presente analisi linguistica si è incentrata su Nietzsche proprio per la sua ricerca di “parlare di metafisica“ evitando il linguaggio filosofico. Come sottolinea Žmegač [2000:259], Friedrich Nietzsche è “uno dei maggiori prosatori tedeschi, un genio della lingua, alle cui coniazioni attinsero anche autori che non intendevano affatto accogliere l’impronta della sua opera”. L’opera di Nietzsche è, infatti, l’unione tra la riflessione filosofica e l’espressione poetica. Ad un’attenta analisi dei suoi primi testi (si prenda ad esempio il caso di Die Geburt der Tragödie e di Unzeitgemäße Betrachtungen) si nota ancora una trattazione filosofica di tipo accademico con una struttura sistematica classica. Tuttavia è necessario constatare che proprio in queste opere l’autore si distacca dalla trattazione filosofica evitando il tono impersonale e rivolgendosi ai lettori per coinvolgerli direttamente e  condannare la miseria del proprio tempo.

Un radicale cambiamento nella forma letteraria si ha in Menschliches, Allzumenschliches, raccolta di brevi brani ed aforismi, dove, venuta meno in Nietzsche la fiducia in una filosofia intesa come costruzione di trattazioni globali e sistematiche, egli decide di adottare la forma dell’aforisma (dal greco αφορισμός, definizione). Beccaria evidenzia il ruolo dell’aforisma nella letteratura tedesca, aggiungendo che “nel XVIII sec. alcuni traduttori tedeschi applicarono la qualificazione di aforisma al genere francese della massima, e con l’uso della scrittura aforistica da parte di Nietzsche aforisma si fonde con maxime e sentenza, che sono propriamente condensati di saggezza e verità pratiche. L’aforisma se ne distingue, tuttavia, per la portata rivelativa, veicolata dal nitore e dalla concisione delle parole, che hanno pretesa di assolutezza” [2004:27]. 

Questo stile, ereditato dai moralisti e illuministi francesi (primo tra tutti Voltaire) caratterizzerà le successive opere del filosofo, permeate di frasi lapidarie e incisive. Rispetto a un saggio filosofico, infatti, la lettura di un libro scritto per aforismi richiede una lettura discontinua che lascia il tempo alla riflessione e all’interpretazione, a quello che Nietzsche definiva das Wiederkäuen (il ruminare). 

Nelle ultime opere, “l’inattuale” Nietzsche tende a farsi da parte eliminando i toni polemici e aggressivi a scapito di una prosa filosofica sofferta e più classica, come si vede in Der Antichrist ed in Götzen-Dämmerung.

Una delle novità letterarie di Also sprach Zarathustra è la scrittura in versetti, propria dei Vangeli, che conferisce al saggio un tono profetico intriso di pathos e simbolismo. Tra l’altro, la scrittura in versetti facilita notevolmente la lettura, specie in un testo aforistico come l’opera in questione. L’unica versione analizzata che non sempre rispetta la stesura in versetti è quella di Giani.

 Questo Vangelo di un ateo è inteso come l’inizio di una nuova era a seguito del tramonto del cristianesimo e della morale occidentale. Correttamente Žmegač ne definisce lo stile come “rapsodia in prosa” [2000:261], perché si tratta proprio di una vera e propria musica, che tende a sfuggirci di mano come sabbia. Seguirne il filo logico è difficile, si passa velocemente da un concetto ad un altro come note su uno spartito. Nell’introduzione alla versione di Giametta, Giangiorgio Pasqualotto afferma che “il carattere essenziale dello Zarathustra è, e non solo dal punto di vista formale, polifonico. Le «voci» e i suoni che vengono a Nietzsche e che egli in quest’opera trascrive in immagini e metafore hanno provenienze e qualità diverse, spesso anche contrastanti: vi si trovano i toni bassi in cui compare tutto ciò che Zarathustra detesta, ma anche i toni alti delle sue invettive; si hanno i ritmi larghi e sfumati delle cose sognate, ma anche quelli secchi e serrati del sillogismo e del paradosso; ci sono dissonanze e assonanze che vengono su dal profondo e dal passato, ma anche canzoni e «arie» che arrivano da immagini del futuro” [1985:10].

L’unico modo di leggere Also sprach Zarathustra è proprio “ruminare” sui singoli capitoli, leggere e soffermarsi sul significato di ogni singolo brano.

Questo è il metodo che anch’io ho adottato per leggere quest’opera, l’unico possibile per capire pienamente il significato di un’opera unica di un genio “inattuale”, di un genio “umano, troppo umano”.

 

 

 

 

Friedrich Nietzsche : notizie biobibliografiche

                                                   

Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Röcken (presso Lipsia), il 15 ottobre 1844. Il padre, Karl Ludwig Nietzsche, è un pastore luterano, la madre, Franziska Oehler, è figlia di un altro pastore. Proprio negli anni d’infanzia di Nietzsche iniziano a sorgere in Europa le prime ideologie socialiste (pubblicate poi nel 1848 nel Manifest der kommunistischen Partei di Marx ed Engels) a seguito dei primi grandi movimenti socialisti e del declino delle grandi aristocrazie europee. La scienza e la tecnica si muovono con passi da gigante, l’istruzione pubblica si sta diffondendo – seppur lentamente. Inoltre vi sono importanti innovazioni per quanto concerne la tutela dei ceti meno abbienti e l’estensione del diritto di voto.     

Nel 1849 muore il padre e nel 1850 anche Joseph, il fratello di Nietzsche: la famiglia si trasferisce così a Naumburg, dove Nietzsche iniziò i suoi studi e ricevette un’educazione musicale. All’età di dieci anni studia greco e compone già le prime suonate. A dodici anni avverte le prime emicranie e i problemi visivi che lo accompagneranno fino alla fine della sua esistenza. Nel 1859, entra nel ginnasio di Pforta, dove rimane fino al 1864, quando si immatricola come studente di teologia all'università di Bonn. Qui frequenta soprattutto le lezioni del filologo classico Friedrich Ritschl, che segue quando questi si trasferisce all'università di Lipsia. Alla fine del 1868 incontra per la prima volta Richard Wagner; nel frattempo legge Schopenhauer. Nel 1869, grazie all'appoggio di Ritschl, ottiene l'insegnamento di Lingua e letteratura greca presso l'università di Basilea, in Svizzera: qui a maggio tiene la prolusione Homer und die klassische Philologie, che gli procura  l’ammirazione da parte di Wagner e Cosima von Bülow (che si sposeranno nel settembre successivo). Nel gennaio del 1872 viene pubblicata Die Geburt der Tragödie.                            

Tra il 1872 ed il 1873 compone una serie di scritti che rimangono per lo più inediti, mentre tra il 1873 ed il 1874 comincia a pubblicare una serie di scritti polemici, le Unzeitgemäße Betrachtungen. Le quattro inattuali sono: David Strauss, der Bekenner und Schriftsteller; Vom Nutzen und Nachtheil der Historie für das Leben; Schopenhauer als Erzieher e Richard Wagner in Bayreuth.     La quinta, e mai compiuta considerazione inattuale sarebbe stata Wir Philologen. In questi scritti Nietzsche esalta ancora la musica di Wagner, ma già dall'estate del 1874 cominciano le tensioni nei suoi rapporti con il musicista, anche se ancora nel luglio del 1876 sarà ben accolto a Bayreuth, dove assisterà alla rappresentazione di Der Ring der Nibelungen. Nonostante l'aggravarsi delle sue condizioni di salute, Nietzsche continua a svolgere il suo insegnamento presso l'università, ma nel febbraio 1876 è costretto a chiedere un congedo per motivi di salute e nell'ottobre dello stesso anno parte per l'Italia (Genova, Napoli e infine Sorrento).             

Nel settembre 1877 riprende l’insegnamento a Basilea ed inizia a dettare a Peter Gast (pseudonimo del musicista Heinrich Köselitz) gli aforismi di Menschliches, Allzumenschliches – Ein Buch für freie Geister, pubblicato poi in due parti nel 1878 e 1879. Nel 1879 si dimette dalla cattedra di Basilea e trascorre gran parte del 1880 in Italia (Venezia, Riva del Garda, Marienbad, Stresa, Genova, Rapallo) e a Nizza. In questi soggiorni lavora alle sue opere, che escono a ritmo serrato: nel 1881 Morgenröthe, nel 1882 Die fröhliche Wissenschaft, nel 1883 la prima e la seconda parte di Also sprach Zarathustra, cui farà seguito una terza parte pubblicata nel 1884, mentre la quarta parte non troverà editore e dovrà essere pubblicata a sue spese nel 1885.                                                                                   Nel frattempo si interrompono vecchie relazioni e ne nascono di nuove: nel 1882 a Roma conosce Lou von Salomé, alla quale propone il matrimonio, che ella però rifiuta. Nel 1886 pubblica a proprie spese Jenseits von Gut und Böse. La scelta di pubblicare gli scritti a proprie spese è dovuta al fatto che Schmeitzner, l’editore, vicino al fallimento, avrebbe potuto vendere i diritti editoriali delle opere nietzschiane a vantaggio del movimento antisemita.       

A questo punto è necessaria una precisazione: bisogna ricordare che la sorella Elizabeth sposa nel maggio 1885 l’antisemita militante Bernhard Förster, scelta duramente criticata dal filosofo.

Tanto che in una lettera alla sorella dell’inverno 1883-1884 Nietzsche scrive:

 

[…] Può darsi che si abusi del tuo nome e ti si attribuiscano parole e giudizi che tu perfino ignori; ma in fondo, con quel tuo passo stravagante ed eloquentissimo – il tuo fidanzamento con Förster – hai dimostrato troppo chiaramente di non volerti associare a quelle che sono le mie superiori finalità e di volerti invece dedicare agli “ideali” che io ho superato e che combatto. Sei passata al nemico, l’istinto del tuo amore per me avrebbe dovuto impedirtelo. […] Non ti nasconderò che anche il tuo fidanzamento lo considero un’offesa… o una sciocchezza che ti danneggerà quanto me.        

Nell'estate del 1886 a Sils-Maria progetta di scrivere un'opera sulla volontà di potenza e l'eterno ritorno. Nel 1887, pubblica a proprie spese  Zur Genealogie der Moral e scrive una composizione musicale, Gebet an  das Leben.                                                                                         Tra l'aprile e il giugno 1888 soggiorna a Torino, una città di cui è entusiasta più di ogni altra, e vi scrive Der Fall Wagner. Dopo aver trascorso l'estate a Sils-Maria, dove ha lavorato a Götzen-Dämmerung oder Wie man mit dem Hammer philosophiert, torna a Torino, dove scrive Ecce homo e Nietzsche contra Wagner. Nel 1889 dedica i Dionysos-Dithyramben (opera del 1888) a C. Mendès, poeta francese vagamente conosciuto quando frequentava i Wagner. Il 3 gennaio 1889, mentre si trova a Torino, abbraccia un cavallo per strada ed ha un crollo psichico. Torna a casa e scrive i famosi “Biglietti della follia”, lettere folli indirizzate a Cosima von Bülow, Peter Gast, il Card. Mariani, Re Umberto I, Burckhardt ed altri. La lettera che scrive a Cosima, vedova dal 1883, è la più interessante:An die Prinzeß Ariadne, meine Geliebte! Es ist ein Vorurteil, das ich ein Mensch bin. Aber ich habe schon oft unter den Menschen gelebt. Ich bin unter Indern Buddha, in Griechenland Dionysos gewesen. Alexander und Cesär sind meine Inkarnationen. Zuletzt war ich noch Voltaire und Napoleon, vielleicht auch Richard Wagner. Diesmal komme ich aber als siegreicher Dionysos, der die Erde zu einem Festtag machen will. Nicht das ich viel Zeit hätte; die Himmel freuen sich das ich da bin. Ich habe auch am Kreuze gehangen.”. L’amico Burckhardt – ex collega dell’università di Basilea – accorre a Torino e lo riporta nella città svizzera in cura nella clinica psichiatrica del Dr. Wille. Nel frattempo Förster si suicida per il fallimento della sua opera di colonizzazione che prevedeva l’insediamento di una comunità di ariani tedeschi in Paraguay.                                                                                                                                                Il 13 maggio 1890 la madre porta Nietzsche nella sua casa di Naumburg per assisterlo personalmente assieme alla sorella.                                                                                                 Nel 1895 esce, a cura di Fritz Koegel, Der Antichrist – Flucht auf das Christentum, intitolato in maniera errata e censurato di quattro passi.                                                                      Nel 1897 muore la madre di Nietzsche. La cura del filosofo è ormai affidata alla sorella Elizabeth, la quale lo fa trasferire a Weimar dove, nel 1894, ella aveva fondato l’“Archivio Nietzsche”.                                                                                                                                 Friedrich Wilhelm Nietzsche muore all’età di cinquantacinque anni il 25 agosto 1900, dopo undici anni di vita vegetativa.

 

     

 

 

Cronologia delle opere di Friedrich Nietzsche

 

Qui di seguito riporto l’anno della prima pubblicazione, il titolo delle opere principali di Nietzsche e il titolo delle medesime pubblicate nella collana “Opere Complete di F. Nietzsche” (Adelphi):

1864 - Mein Leben (La mia vita)

1868 - Homer und die klassische Philologie (Omero e la filologia classica)

1872 - Die Geburt der Tragödie (La nascita della tragedia)

1870/1873 - Die Philosophie im tragischen Zeitalter der Griechen (La filosofia nell’epoca tragica dei Greci)

1872 – Über die Zukunft unserer Bildungsanstalten (Sull’avvenire delle nostre scuole)

1873 - Über Wahrheit und Lüge im außermoralischen Sinn (Su verità e menzogna in senso extramorale)

1876 - Unzeitgemäße Betrachtungen (Considerazioni inattuali)

§  David Strauss der Bekenner und der Schriftsteller (David Strauss, l’uomo di fede e lo scrittore)

§  Vom Nutzen und Nachtheil der Historie für das Leben (Sull’utilità e il danno della storia per la vita)

§  Schopenhauer als Erzieher (Schopenhauer come educatore)

§  Richard Wagner in Bayreuth (Richard Wagner a Bayreuth)

1878 - Menschliches, Allzumenschliches (Umano, troppo umano)

1881 – Morgenröthe (Autora)

1882 - Idyllen aus Messina (Gli Idilli di Messina)

1882 - Die fröhliche Wissenschaft (La gaia scienza)

1885 - Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra)

1886 - Jenseits von Gut und Böse (Al di là del bene e del male)

1887 - Zur Genealogie der Moral (La genealogia della morale)

1888 - Der Fall Wagner (Il caso Wagner)

1888 – Götzen-Dämmerung (Il crepuscolo degli idoli)

1888 - Der Antichrist (L’Anticristo)

1888 - Ecce Homo (Ecce Homo)

1888 - Nietzsche contra Wagner (Nietzsche contra Wagner)

1901 (opera postuma) - Der Wille zur Macht (La volontà di potenza)

1882/1889 (opera postuma) Nachgelassene Fragmente – Frammenti postumi

Il pensiero di Nietzsche

 

Il pensiero di Nietzsche è estremamente complesso, e non basterebbe certo questa trattazione per poterne tracciare le linee guida. Oltretutto, lo scopo del presente lavoro non è certo l’analisi della sua filosofia bensì un confronto linguistico. Pertanto mi limiterò a descriverne in breve pochi punti salienti, rimandando per approfondimenti ai testi citati nella bibliografia.

Nietzsche ritiene che la verità, la scienza, il progresso e la religione debbano esser smascherati, poiché sono “valori che disprezzano la vita”, annullano la creatività della vita. È dunque lecito affermare che la storia della cultura occidentale è la storia del nichilismo. L’uomo nichilista ha scoperto che i fini assoluti e le realtà trascendenti non esistono, e poiché “la vita non ha alcun senso” egli si è auto-illuso creando ordini metafisici, religioni e morale. L’occidente è stato sotto l’egida cristiana, e adesso sente come un senso di vuoto dovuto alla “morte di Dio”, vale a dire al crollo di ogni certezza metafisica. Finché l’uomo – sostiene il filosofo – non è capace di accettare che l’Universo non ha alcun senso assoluto, l’uomo continuerà a cercare valori assoluti (Stato, scienza, progresso, ecc…). Qualora accettasse la condizione dell’Universo diverrebbe così Übermensch. L’unico modo per superare il nichilismo cosmico (eredità di Schopenhauer, del quale Nietzsche aveva letto Die Welt als Wille und Vorstellung) è capire che in fondo l’uomo è la fonte di tutti i valori e delle virtù della volontà di potenza. Questa è la fase in cui il nichilismo passivo diventa attivo. È allora che sorge definitivamente l’Übermensch, colui cioè che ha capito che è lui stesso a dare significato alla vita. Qui si riallaccia il primo discorso di Also sprach Zarathustra, Von den drei Verwandlungen. In questo brano Nietzsche mostra la trasformazione cammello à leone à bambino. Il cammello è colui che abbassa sempre la testa obbedendo (colui che accetta dunque la morale comune): esso incarna il Du-sollst. Quando poi decide di liberarsi dalla soma della morale e della religione diviene leone, cioè: Ich-will. Infine quando il leone riesce ad accettare la vita con le sue gioie ed i suoi dolori diventa bambino: il bambino rappresenta quindi il sacro dire di sì (heiliges Ja-sagen) alla vita incondizionatamente (nichilismo attivo).  

Altro sarebbe da dire circa l’Apollineo ed il Dionisiaco, l’antistoricismo e la critica a Socrate, tuttavia per la corretta esegesi del testo da me analizzato preferisco sottolineare altri tratti caratteristici della filosofia nietzschiana.

Nietzsche rifiuta l’idea pura e ritiene l’oggetto della conoscenza intellettuale pura (il noumeno kantiano) al di fuori della vita terrena e dunque senza alcun significato. Pertanto non esiste niente al di fuori della terra (dunque è una critica al trascendentalismo e alla metafisica – a tal proposito cfr. § Von den Hinterweltlern in Also sprach Zarathustra).   

Un altro concetto importante in Nietzsche è l’eterno ritorno dell’uguale (ewige Wiederkehr des Gleichen): ritorno è da intendere come metafora del divenire. Non si tratta di un modello ciclico (come può essere la visione del tempo negli Stoici), bensì di una continua conflittualità tra sentimenti, idee e ideologie. Da ciò deriva che il divenire è per sua natura innocente: il divenire è giustificato in ogni attimo – da qui l’impossibilità di definire l’etica. Non essendoci più un metodo di misura qualsiasi valutazione in merito di bene e male è impossibile.

Il testo da me analizzato, Also sprach Zarathustra, è il segnale di svolta nel pensiero di Nietzsche. L’opera denuncia continuamente l’ideale della mediocrità e la morale della rinuncia – condannando quindi anche il pessimismo e l’ascetismo di Arthur Schopenhauer. Ma gli attacchi più veementi sono rivolti al cristianesimo, considerato come fautore di una morale di schiavi. Ai valori trascendenti del cristianesimo, Nietzsche contrappone l’accettazione di tutto ciò che è terrestre e corporeo. Con il termine Umwertung aller Werte, la trasvalutazione di tutti i valori, si intende proprio questa rinuncia al cristianesimo: la morte di Dio, la fine del trascendentismo e dell’immutabilità delle verità – ideali che poi saranno riproposti nel celebre Der Antichrist. I nuovi valori proposti sono poi la virtù, la fierezza, l’amore, l’inimicizia, la guerra, l’amoralismo, la volontà di potenza (Wille zur Macht).

 

“Der Übermensch ist der Sinn der Erde. Euer Wille sage: der Übermensch sei der Sinn der Erde! Ich beschwöre euch, meine Brüder, bleibt der Erde treu und glaubt denen nicht, welche euch von überirdischen Hoffnungen reden.! Giftmischer sind es, ob sie es wissen oder nicht.

Verächter des Lebens sind es, Absterbende und selber Vergiftete, deren die Erde müde ist: so mögen sie dahinfahren!

Einst war der Frevel an Gott der größte Frevel, aber Gott starb, und damit auch diese Frevelhaften.  An der Erde zu freveln ist jetzt das Furchtbarste und die Eingeweide des Unerforschlichen höher zu achten, als der Sinn der Erde!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Nietzsche politico

 

Nietzsche è il filosofo dell’ambiguità: spesso all’interno di una stessa opera ci sono contraddizioni concettuali evidenti. Questa caratteristica si vede accentuata nella raccolta di  aforismi. Pertanto il pensiero di “Nietzsche politico” è facilmente travisabile: i nazisti lo hanno usato grazie ai rimaneggiamenti della sorella Elizabeth.

C’è anche chi, come Domenico Losurdo in Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, lo ha “collocato a sinistra”, dimostrando come “gli elementi politici presenti nel suo pensiero - caratterizzati dalla denuncia di un bimillenario ciclo rivoluzionario, del quale si nega qualsiasi fondamento oggettivo e soggettivo, che ha le sue origini nella tradizione ebraico-cristiana e nella filosofia socratico-platonica e che ha sempre visto di fronte servi e signori - non siano per nulla esterni ed occasionali rispetto alla riflessione filosofica, estetica e morale, ma costituiscano la chiave di lettura atta a cogliere l'unitarietà e la grandezza di questo pensatore”.

Personalmente non sono molto d’accordo con l’asserzione di Losurdo, poiché in realtà Friedrich Nietzsche non si è mai interessato di politica. Certo, è anche vero che ha aspramente criticato il Kulturkampf e la personalità di Otto von Bismarck, ma non si è mai espresso a favore di un’ideologia, di destra o di sinistra.

La filosofia di Nietzsche è una “filosofia del tutto” ed una “filosofia contro tutto”, politically uncorrect: antidemocratica, antisocialista, contraria all’egualitarismo e anticristiana. Nietzsche stesso in un celebre passo intitolato Warum ich ein Schicksal bin scrive in Ecce Homo:

 

Ich bin kein Mensch, ich bin Dynamit! […] Ich widerspreche, wie nie widersprochen worden ist und bin trotzdem der Gegensatz eines neinsagenden Geistes.

 

Nietzsche definisce il proprio pensiero “la filosofia del martello”, come recita il sottotitolo di Götzendämmerung: oder Wie man mit dem Hammer philosophiert. La potenza distruttrice del martello è proprio l’incarnazione di quel nichilismo postpositivista volto alla distruzione totale.

“L'uomo nichilista è caduto nell'angoscia per aver scoperto che i fini assoluti e le realtà trascendenti non esistono. Ma l'uomo ha dovuto illudersi per dare un senso all'esistenza, in quanto ha avuto paura della verità, non essendo stato capace di accettare l'idea che la vita non ha alcun senso.

Ideologicamente si può dire senza ombra di dubbio che Friedrich Nietzsche è sempre rimasto fuori da ogni schema, è sempre rimasto al di sopra delle parti.

Una cosa è certa infatti: Nietzsche non ha mai accettato il razzismo e l’antisemitismo della sorella. Anzi, lo ha sempre criticato aspramente, come si legge nei Nachgelassene Fragmente  [1888, 24.1-6]:

 

Selbst für Antisemiten, denen ich, wie man weiß, am wenigsten hold bin, würde ich, meinen nicht unbeträchtlichen Erfahrungen nach, manches Günstige geltend zu machen haben: dies hindert mich, dies bedingt vielmehr, dass ich dem Antisemitismus einen schonungslosen Krieg mache, - er ist einer der krankhaftesten Auswüchse der so absurden, so unberechtigten reichsdeutschen Selbst-Anglotzung…

 

Tuttavia è necessario aggiungere una precisazione: Nietzsche non è mai stato antisemita (e dunque un’avversione razziale nei confronti degli ebrei) bensì antigiudaico – esattamente come è stato anticristiano. Effettivamente smantella violentemente l’eredità culturale ebraica – l’invenzione del monoteismo, dell’universalità e della dialettica – ma affida agli ebrei della diaspora, laicizzati e non cristiani, un compito essenziale: spianare la strada per il mondo postcristiano (cfr. Der Antichrist, §55). 

I nazisti hanno tentato di trasformare il filosofo di Röcken nel grande antenato cantore del genio tedesco e profeta della violenza purificatrice. In realtà il filosofo non aveva in gran simpatia il popolo tedesco ed i nazionalisti (basti guardare ne Il crepuscolo degli idoli l’intero capitolo “Quello che manca ai tedeschi”).

Nel lavoro di manipolazione del regime hitleriano, la sorella del filosofo ha avuto un ruolo essenziale. Come detto nella biografia, Elizabeth Nietzsche aveva sposato nel 1885 Bernhard Förster e lo aveva seguito in Paraguay, dove quest’ultimo avrebbe voluto fondare la colonia ariana Nueva Germania. Il tentativo si rivelò in breve un pesante fallimento ed Elizabeth decise di vendicarsi sul fratello quando questi era ridotto allo stato vegetativo. Si impadronì degli archivi, eliminando da Ecce Homo e dalla corrispondenza tutto ciò che avrebbe nuociuto alla sua immagine e all’ideologia antisemita. Cambiando poi la disposizione degli aforismi (ed eliminando molte lettere che manifestavano la diversità di opinioni tra lui e la coppia Förster-Nietzsche) fece pubblicare “Der Wille zur Macht”, una raccolta bellicistica nella quale i nazisti hanno creduto di ritrovare le caratteristiche della loro ideologia. Sarà lo stesso Adolf Hitler poi ad inaugurare ufficialmente nel 1934 l’Archivio Nietzsche e nel novembre dell’anno successivo, in occasione dei funerali della sorella del filosofo, ad encomiarla come “guardiana intrepida, determinata ed entusiasta di un grande genio tedesco”.

Tuttavia, non si può certo dire che la filosofia di Nietzsche non sia profondamente ambigua: è chiaro che la qualità dell’Übermensch non è certo forza fisica o economica, ma capacità creatrice e affermativa. In realtà il pensiero di questo grande filosofo è un invito all’introspezione, alla riflessione intorno a noi stessi, lontano da ogni possibile travisamento ideologico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Errori traduttivi

 

Nel corso della prima parte della presente trattazione passerò in rassegna alcuni degli errori riscontrati nel corso dell’analisi traduttiva, mentre nella seconda verranno esaminati gli interventi censorei. Maggior attenzione verrà fatta in particolar modo agli errori di forzatura logica, che – come sarà dimostrato nel corso dell’analisi – sono presenti soprattutto nella versione di Weisel e di Giani.

 

Giochi di parole

 

Secondo la definizione riportata da Rossi [2002:33] i giochi linguistici “sono una lente attraverso la quale si vede meglio il funzionamento di una lingua e le abitudini dei suoi parlanti. […] Quello che sembra essere alla base di tutti i giochi fatti con le parole […] in tutte le lingue, è l’iconicità, ovvero la tendenza a trovare similitudini semantiche tra parole simili soltanto sul piano del significante”.

Il primo gioco di parole riscontrato nel corso dell’analisi è legato all’omofonia gerecht/gerächt:

 

TP[1968:118]: Ach, wie übel ihnen das Wort „Tugend“ aus dem Munde läuft! Und wenn sie sagen: „ich bin gerecht“, so klingt es immer gleich wie: „ich bin gerächt!“

TA [1899:88] Ah, quanto male suona la parola virtù, sulle labbra di costoro! E quando dicono: “io sono giusto”, pare sempre che dicano: “io sono vendicato!” (1)

TA [1928:79] Ah, quanto male suona la parola virtù, sulle labbra di costoro! E quando dicono: “io sono giusto”, pare sempre che dicano: “io sono vendicato!” (1)

TA [1976:106] Ah, come suona male sulla loro bocca la parola “virtù”! E quando dicono “io sono giusto” suona sempre come “io sono vendicato!”

TA [1985:115] Oh, come suona male sulla loro bocca la parola “virtù”! E quando dicono: “Io sono giusto”, suona sempre come se dicessero “Io sono vendicato!”.

 

A differenza di Montinari e Giametta che tralasciano ogni eventuale spiegazione del gioco di parole, la versione di Weisel  e quella interamente rifatta da Giani appongono a piè di pagina la presente nota esplicativa:

 

   (1)     Gerecht – giusto

  Gerächt – vendicato            (N.d.T.)

 

Passiamo adesso ad esaminare l’interessante caso dell’etimologia del termine Tarantel.

Vediamo la definizione del Duden Deutsches Universalwörterbuch 2001:

 

Tarantel [ital. tarantola, wohl nach der Stadt Taranto = Tarent, weil dort die Spinne bes. häufig vorkommt]

 

Confrontiamola adesso con l’etimologia del termine Tarantella riscontrata nel Vocabolario della lingua italiana Zingarelli 2006 e nel Dizionario etimologico della lingua italiana Cortelazzo-Zolli 1988:

 

Tarantella - per tarant(or)ella, dim. di tarantola, con richiamo al ballo che sembra invadere colui ch’è morso dal ragno [Zanichelli]              

Tarantella - secondo diversi autori del passato […] si chiama così perché efficace nella cura dei tarantati. [Cortelazzo, Zolli]

 

Appurato pertanto che Tarantola e Tarantella hanno uno stretto legame etimologico, passiamo ad analizzare il seguente passo di Nietzsche [1968:127], tratto dal § Von den Taranteln:

 

Wehe! Da biss mich selber die Tarantel, meine alte Feindin! Göttlich sicher und schön biss sie mich in den Finger!     
„Strafe muss sein und Gerechtigkeit - so denkt sie: nicht umsonst soll er hier der Feindschaft zu Ehren Lieder singen!“   
Ja, sie hat sich gerächt! Und wehe! nun wird sie mit Rache auch noch meine Seele drehend machen!
Dass ich mich aber nicht drehe, meine Freunde, bindet mich fest hier an diese Säule! Lieber noch Säulen-Heiliger will ich sein, als Wirbel der Rachsucht!    
Wahrlich, kein Dreh- und Wirbelwind ist Zarathustra; und wenn er ein Tänzer ist, nimmermehr doch ein Tarantel-Tänzer!

 

Vediamo adesso come è stato affrontato tale problema traduttivo nelle quattro versioni analizzate:

 

TA [1899:94-95] Ahimè! Ecco che mi morse la tarantola, la mia antica nemica! Con sicurezza e bellezza divina essa mi morse nel dito!

“Il castigo e la giustizia devono essere – essa pensa”, non impunemente egli qui potrà inneggiare all’inimicizia!”

Sì, essa s’è vendicata! E guai, a me, se ora nella sua vendetta farà turbinare anche la mia anima!

Ma perché il vortice non mi avvolga, oh miei amici, legatemi fortemente a questa colonna! Preferisco diventare uno stilita, anzi che il vortice della bramosìa di vendetta.

In verità, non è un vento che gira vorticosamente Zarathustra; benchè sia un danzatore, non danzerà mai la tarantella!”

TA [1928:85] Ahimè! Ecco che mi morse la tarantola, la mia antica nemica! Con sicurezza e bellezza divina essa mi morse nel dito!

“Il castigo e la giustizia devono essere – essa pensa; - non impunemente egli qui potrà inneggiare all’inimicizia!”

Sì, essa si è vendicata! E guai a me, se ora nella sua vendetta farà turbinare anche la mia anima!

Ma perché il vortice non mi avvolga, o miei amici, legatemi forte a questa colonna! Preferisco diventare uno stilita, anzi che il vortice della bramosìa di vendetta.

In verità, Zarathustra non è un vento che gira vorticosamente; se bene è un danzatore, non danzerà mai la tarantella!”

TA [1976:114] Ahi, ecco che la tarantola, la mia antica nemica, ha morso anche me! Divinamente sicura e bella, essa mi ha morso il dito!

“Punizione ha da esserci e giustizia – così essa pensa: non per nulla egli deve cantare qui i suoi canti in onore dell’inimicizia!”

Sì, essa si è vendicata! E, guai! ora farà venire le vertigini anche alla mia anima, con la vendetta!

Ma, affinché io non cominci a ruotare nella vertigine, amici, legatemi qui saldamente a questa colonna!

Preferisco essere un santo stilita che un vortice di vendetta!

Invero, Zarathustra non è vento che ruoti vorticoso; e se anche è un danzatore, non sarà mai un danzatore per morso di tarantola!

TA [1985:122-123] Ahi! Ecco che anch’io sono stato morso dalla tarantola, mia vecchia nemica! Divinamente sicura e bella essa mi ha morso il dito!

“Deve esserci punizione e giustizia – così essa pensa: non impunemente costui deve qui sciogliere canti in onore dell’inimicizia!”.

Sì, essa si è vendicata! E, ohimè, ora con la vendetta darà le vertigini anche alla mia anima!

Ma affinché io non giri su me stesso, amici, legatemi qui stretto a questa colonna! Preferisco essere uno stilita che un turbine della brama della vendetta!

In verità nessun vortice e turbine è Zarathustra; e se anche è un danzatore, giammai sarà un danzatore di tarantella!

 

A differenza delle altre tre, la versione di Montinari è l’unica che spiega il gioco di parole nella nota 85 in appendice [1976:403]:

 

Cioè un “danzatore di tarantella”, come si trova nel testo tedesco, che può adoperare per “tarantola” e “tarantella” la stessa parola, rispecchiando così, ancor meglio che l’italiano, l’origine della parola “tarantella”.

 

È necessario aggiungere che la danza in Nietzsche ha un forte significato simbolico. La danza armonica (e non la tarantella) è per Nietzsche la rappresentazione più sublime di uno spirito creatore. Già nella poesia Für Tänzer, della raccolta Scherz, List und Rache (in Die fröhliche Wissenschaft) scrive

 

Glattes Eis / ein Paradeis / für den, der gut zu tanzen weiß.

 

In Also sprach Zarathustra, d’altronde, è racchiuso il celebre aforisma:

 

Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebären zu können.

 

Zarathustra stesso è un abile danzatore: “Ja, ich erkenne Zarathustra. Rein ist sein Auge, und an seinem Munde birgt sich kein Ekel. Geht er nicht daher wie ein Tänzer?” [1968:6].

E nel § Von alten und neuen Tafeln, scrive:

So will ich Mann und Weib: kriegstüchtig den Einen, gebärtüchtig das Andre, beide aber tanztüchtig mit Kopf und Beinen.
Und verloren sei uns der Tag, wo nicht Ein Mal getanzt wurde! Und falsch heisse uns jede Wahrheit, bei der es nicht Ein Gelächter gab!

“L’incedere a passo di danza – precisa Pasqualotto [1985:494] – il ridere e il tramontare indicano […] una radicale assenza di fanatismo sia nel combattere valori vecchi sia nel porne di nuovi […]. L’evitare senza sforzo ogni forma di fanatismo significa, sì, saper far tramontare senza risentimento verità consolidate ed addirittura il proprio io come verità, ma significa anche esser capaci di assistere al tramonto di questo tramontare: il distruggere non viene posto come valore, non è fine a se stesso, assoluto, “fanatico”, ma avviene in funzione del creare”.

Pertanto la versione del 1928 appare incomprensibile: perché se Zarathustra è un abile danzatore non danzerebbe mai la tarantella? La versione di Montinari, per contro, rende molto l’idea di una danza disarmonica e frenetica.

 

Una trattazione a parte merita sicuramente l’omofonia del raglio dell’asino Ia con l’avverbio Ja. Nel TP infatti si ha:

 

[1968:240] Immer I-a sagen - das lernte allein der Esel, und wer seines Geistes ist! -
 

ove I-a sagen è omofono a Ja sagen – che indica sì acconsentire, ma nell’ottica del pensiero nietzschiano significa “dover dire sempre di sì”. Tendo a sottolineare l’importanza dello I-a sagen proprio perché nella quarta parte dell’opera sarà poi fondamentale. Adesso confrontiamone le traduzioni:

 

TA [1899:187] Dire sempre I-O, - ciò non imparò che l’asino e coloro che gli si assomigliano.

TA [1928:162] Dire sempre I-O, - proprio dell’asino e di coloro che gli somigliano.

TA [1976:229] Dire sempre di “sì” questo solo l’asino l’ha imparato e chi ha uno spirito simile al suo!

TA [1985:220] Dire sempre I-o sì – questo solo l’asino l’ha imparato, e chi ha uno spirito come il suo!

 

Giametta risolve abilmente il problema traduttivo italianizzando l’onomatopea con I-o e aggiungendo per mantenere il gioco linguistico del TP: Io sì!

Mentre nella traduzione di Montinari si può trovare una nota in appendice (che tra l’altro si riferisce ad un capitolo successivo, Die Erweckung),  nella prima e nella seconda si è tentato di italianizzare l’onomatopea, non solo perdendo la sfumatura di ja iniziale, bensì commettendo un errore ancor più grave: infatti il pensiero nietzschiano che si cela dietro a questa breve affermazione è proprio l’affermazione di sé stessi, l’elevazione a superuomini. Il saper dire di no alla morale comune eleva – secondo le tre metamorfosi - il leone a bambino. Già in un altro passo infatti (Von den drei Verwandlungen) Nietzsche afferma:

 

[1968:26] Freiheit sich schaffen und ein heiliges Nein auch vor der Pflicht: dazu, meine Brüder bedarf es des Löwen.

 

Traducendo I-a con I-o, Weisel e Giani hanno commesso un grave errore, dato che la filosofia di Nietzsche è proprio l’affermazione di sé stessi e non la rinuncia. Questo passo nietzschiano è un invito a saper dire di no alla morale comune e passare quindi da leone a bambino.

 

Uso del dizionario

 

Prendiamo adesso ad analizzare un interessante caso di cattivo uso del dizionario: 

 

TP [1968:147] Als weissen Stier möchte ich ihn sehn, wie er schnaubend und brüllend der Pflugschar vorangeht: und sein Gebrüll sollte noch alles Irdische preisen!      

In questa breve frase del § Von den Erhabenen si può notare subito nella resa traduttiva di Weisel l’errore nella consultazione del dizionario:

 

TA [1899:110] Vorrei vederlo simile a toro bianco che precede sbuffante e ruggente l’aratro, ed il suo ruggito dovrebbe esaltare tutto ciò che è terreno!

 

Consultando il Dit Paravia troviamo come traduzioni di brüllen ruggire (von Löwen), ma anche muggire (von Rindern). Se lo stesso errore non fosse comparso due volte all’interno della medesima frase si sarebbe potuto pensare ad un refuso, ma qui l’errore di Weisel è palese. Tanto più che Giani nella sua versione lo corregge con muggente / muggito, e Montinari e Giametta confermano la versione di Giani:

 

TA [1928:99] Vorrei vederlo simile a toro bianco che precede, sbuffante e muggente, l’aratro: il suo muggire dovrebbe esaltare tutto ciò che è terreno.

TA [1976:134] Lo vorrei vedere come un candido toro, sbuffante e muggente mentre precede il vomere: e il suo muggito dovrebbe essere la lode di tutte le cose terrene!

TA [1985:139] Vorrei vederlo come toro bianco, che andasse sbuffando e muggendo davanti al vomere: e il suo muggito dovrebbe ancora esaltare ogni terrestrità!

 

Termini filosofici

 

In Also sprach Zarathustra non ci sono neologismi filosofici particolari per i quali è necessaria una ponderata spinta creativa.

Dal confronto delle versioni è emerso che Weisel e Giani non conoscono in maniera adeguata la filosofia di Friedrich Nietzsche, e molto spesso le loro soluzioni traduttive sono state scelte secondo un criterio logico. Tuttavia è necessario ricordare il crescente interesse per le opere del filosofo ed il numero di studi sempre più consistenti ed approfonditi nel corso degli anni. In questa rivalutazione del pensiero nietzschiano Giorgio Colli e Mazzino Montanari hanno giocato un ruolo fondamentale.

Il problema della traduzione filosofica – e qui rimando al contributo di Luigi Cimmino [2003:189] – sta nel fatto che molti termini appartenenti al linguaggio comune diventano veri e propri termini settoriali.

Tale è il caso di untergehen e Untergang in Nietzsche.

Consultando la voce untergehen nel DIT Paravia si hanno tra le varie accezioni anche le seguenti:

1.       tramontare

2.       decadere, scomparire

Nel TP si ha un continuo paragone tra Zarathustra ed il sole. Nella Vorrede, Zarathustra scende da un monte sul quale è stato a meditare per dieci anni. Si ha dunque la figura di un asceta che scende dal monte sul quale si è ritirato a meditare.

 Ed è proprio in quest’ottica che nella Zarathustra’s Vorrede il protagonista deve al pari del sole “untergehen”.

 

[1968:5-6] Ich möchte verschenken und austheilen, bis die Weisen unter den Menschen wieder einmal ihrer Thorheit und die Armen einmal ihres Reichthums froh geworden sind.   
Dazu muss ich in die Tiefe steigen: wie du des Abends thust, wenn du hinter das Meer gehst und noch der Unterwelt Licht bringst, du überreiches Gestirn!          
Ich muss, gleich dir, untergehen, wie die Menschen es nennen, zu denen ich hinab will.
So segne mich denn, du ruhiges Auge, das ohne Neid auch ein allzugrosses Glück sehen kann!
Segne den Becher, welche überfliessen will, dass das Wasser golden aus ihm fliesse und überallhin den Abglanz deiner Wonne trage!        
Siehe! Dieser Becher will wieder leer werden, und Zarathustra will wieder Mensch werden.“
- Also begann Zarathustra's Untergang.

 

Il paragone tra Zarathustra ed il sole è molto importante per la comprensione dell’opera, vi è un rimando continuo durante tutta l’opera e spesso viene fatta menzione dell’Untergang di Zarathustra. La natura del sole è per Nietzsche la “sovrabbondanza di luce, calore ed energia, che si elargisce senza fine alcuno e senza nulla chiedere in cambio; la sua felicità consiste nel fatto che esso viene alleggerito, «liberato» di potenza superflua. Nella stessa condizione si trova Zarathustra: egli è troppo pieno di saggezza e, «come un’ape che troppo miele ha raccolto», ha bisogno «di mani che si protendano».

Vediamo ad esempio il §4 della Zarathustra’s Vorrede:

TP [1968:10-11] Zarathustra aber sahe das Volk an und wunderte sich. Dann sprach er also:
Der Mensch ist ein Seil, geknüpft zwischen Thier und Übermensch, - ein Seil über einem Abgrunde.
Ein gefährliches Hinüber, ein gefährliches Auf-dem-Wege, ein gefährliches Zurückblicken, ein gefährliches Schaudern und Stehenbleiben.        
Was gross ist am Menschen, das ist, dass er eine Brücke und kein Zweck ist: was geliebt werden kann am Menschen, das ist, dass er ein Übergang und ein Untergang ist.    
Ich liebe Die, welche nicht zu leben wissen, es sei denn als Untergehende, denn es sind die Hinübergehenden.
Ich liebe die grossen Verachtenden, weil sie die grossen Verehrenden sind und Pfeile der Sehnsucht nach dem andern Ufer.   
Ich liebe Die, welche nicht erst hinter den Sternen einen Grund suchen, unterzugehen und Opfer zu sein: sondern die sich der Erde opfern, dass die Erde einst der Übermenschen werde.         
Ich liebe Den, welcher lebt, damit er erkenne, und welcher erkennen will, damit einst der Übermensch lebe. Und so will er seinen Untergang.  
Ich liebe Den, welcher arbeitet und erfindet, dass er dem Übermenschen das Haus baue und zu ihm Erde, Thier und Pflanze vorbereite: denn so will er seinen Untergang.  
Ich liebe Den, welcher seine Tugend liebt: denn Tugend ist Wille zum Untergang und ein Pfeil der Sehnsucht.                                                                                                                                             
TA [1928:11] Ma Zarathustra guardò, meravigliando, il popolo. Poi disse:                          L’uomo è una corda, tesa tra il bruto ed il superuomo, - una corda tesa su di una voragine.          Pericoloso l’andar da una parte all’altra, pericoloso il trovarsi a mezza strada, pericoloso il guardar a sé, pericoloso il tremare, pericoloso l’arrestarsi.                                                                      Ciò che è grande nell’uomo, è l’essere egli un ponte e non già una metà: ciò che è da pregiare nell’uomo, è l’essere egli una transizione ed una distruzione.                                                       Io amo coloro che non sanno vivere altrimenti che per sparire giacchè sono quelli che vanno oltre.          Amo i grandi spregiatori perché sono i grandi adoratori: altrettante frecce del desiderio verso la riva opposta.                                                                                                                                        Amo coloro che non cercano già, oltre le stelle, una ragione di sacrificarsi e perire, ma che si immolano alla Terra perché essa appartenga un giorno al superuomo.                                        Amo colui che vive per conoscere e che vuole conoscere, affinché un dì viva il superuomo. Poi che in tal modo soltanto ei vuole la propria distruzione.                                                                            Amo colui che lavora ed inventa, per poter edificare la casa del superuomo, e preparare a lui la terra, gli animali e le piante: giacchè in siffatto modo soltanto egli vuole la sua distruzione.              Amo colui che ama la propria virtù; poi che la virtù è la volontà della distruzione e la freccia del desiderio.                                                                                                                                                                                     TA [1975:8] Zarathustra invece guardò meravigliato la folla. Poi parlò così:                                   l’uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, - un cavo al di sopra di un abisso.                           Un passaggio periglioso, un periglioso essere in cammino, un periglioso guardarsi indietro e un periglioso rabbrividire e fermarsi.                                                                                             La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto.                                                                                                           Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontando, poiché ressi sono una transizione.          Io amo gli uomini del grande disprezzo, perché essi sono anche gli uomini della grande venerazione e frecce che anelano all’altra riva.                                                                                            Io amo coloro che non aspettano di trovare una ragione dietro le stelle per tramontare e offrirsi in sacrificio: bensì si sacrificano alla terra, perché un giorno la terra sia del superuomo.                        Io amo colui che vive per la conoscenza e vuole conoscere, affinché un giorno viva il superuomo. E così egli vuole il proprio tramonto.                                                                                          Io amo colui che lavora e inventa, per costruire la casa al superuomo, e gli prepara la terra, l’animale e la pianta: giacché così egli vuole il proprio tramonto.                                                         Io amo colui che ama la sua virtù: giacché virtù è volontà di tramontare e una  freccia anelante.

Nel TA di Giani del 1928 (confrontato con la versione di Montinari per evidenziare questa particolarità) non viene quasi mai rispettato il paragone col sole, salvo in sporadici casi di evidente analogia: la tendenza traduttiva del termine Untergang e derivati rispetta dunque il criterio logico di “distruzione, perire, rovina”. La tendenza di Weisel, ed in seguito quella di Giani, è molto interessante, perché ci fa vedere come l’accorto traduttore abbia scelto di tradurre secondo un criterio più logico (uomo à destinato a perire) che poetico (uomo à destinato a tramontare). Anche Giani segue la tendenza traduttiva di Weisel, mentre Montinari sceglie di operare in virtù della poeticità, mantenendo intatto in tutta l’opera il paragone.                                                                                                                                      La spiegazione del termine filosofico untergehen ce la fornisce con estrema precisione Pasqualotto nel commento alla versione di Giametta: si tratta di un termine bivalente. Untergehen assume significato negativo quando “il corpo deve eclissarsi, sparire «andare-sotto», e «andare in rovina» (unter-gehen), perché deve lasciar spazio agli splendori dell’anima, deve consentire il trionfo della spiritualità” [1985:450] – e questo è il caso analizzato (§4 della Vorrede) poc’anzi. Untergehen assume un valore positivo quando usato, in senso proprio, significa tramontare: “tramontare indica qualcosa di «positivo», il movimento di qualcosa che è ricco, pieno, maturo, sovrabbondante, come nel caso delle figure nietzschiane della gravidanza, dell’uva o dei fichi maturi, dove il momento del «tramonto» significa premessa ad una nuova nascita o a un nuovo raccolto. Quanto meno, «tramontare» indica un movimento «naturale», impossibile da giudicare, com’è quello del tramonto del sole” [1985:450], come si può leggere nel §1 della Vorrede. Per questo motivo Giametta traduce Untergang con distruzione, rovina quando nel TP ci si riferisce all’uomo e con tramonto quando ci si riferisce al sole:                                                           

TA [1985:30-31] Zarathustra invece guardò la folla meravigliato. Poi così parlò:                                    “L’uomo è una corda, annodata tra l’animale e il superuomo – una corda tesa sopra un abisso.          Un pericoloso andare di là, un pericoloso essere in cammino, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso rabbrividire e fermarsi.                                                                                                            Quel che è grande nell’uomo è che egli è un ponte e non un fine: quel che si può amare nell’uomo è che egli è un passaggio e un trapasso.                                                                                               Io amo coloro che non sanno vivere se non come quelli che vanno in rovina, perché essi sono quelli che vanno oltre.                                                                                                          Amo i grandi disprezzatori, perché essi sono i grandi veneratori e frecce del desiderio dell’altra riva.                                                                                                                                                             Amo coloro che non stanno a cercar prima una ragione dietro le stelle per sacrificarsi e perire: ma che si sacrificano alla terra perché la terra sia un giorno del superuomo.                                             Amo colui che vive per conoscere e che vuole conoscere perché viva un giorno il superuomo. E così vuole la propria fine.                                                                                                                       Amo colui che lavora e inventa, per costruire la casa al superuomo e preparargli la terra, l’animale e la pianta: giacché così egli vuole la propria fine.                                                                                     Amo colui che ama la propria virtù: giacché la virtù è volontà di perire e una freccia del desiderio.   

§     Kind werden

Il bambino (od il fanciullo), come già spiegato in precedenza, rappresenta per Nietzsche la compiuta metamorfosi dello Übermensch. E’ il bambino che in sogno porta uno specchio a Zarathustra, all’inizio della seconda parte dell’opera (§ Das Kind mit dem Spiegel) – quasi volesse essere una sorta di “introduzione”; è il bambino che svela a Zarathustra che una pecora gli ha brucato la corona di edera, simbolo della saggezza (§ Von den Gelehrten); e sarà nuovamente il termine Kind il leitmotiv della quarta ed ultima parte. Interessante sarebbe notare anche il cotesto nel quale viene impiegato, poiché spesso è correlato all’innocenza, all’eternità od al sogno. 

 Chiudendo la parentesi sul cotesto nel quale si sviluppa il bambino, passiamo ad esaminare il seguente errore traduttivo:

 

TP [1968:6] Zum Kind ward Zarathustra.

TA [1899:4] Un bambino è ridivenuto Zarathustra.

TA [1928:8] Un bambino egli è ridivenuto

TA [1976:4] Un bambino è diventato Zarathustra.

TA [1985:26] Zarathustra è diventato un fanciullo.

 

Questo errore di traduzione di Edmondo Weisel, e successivamente anche nella rielaborazione di Renato Giani, mette in gioco tutto il concetto nietzschiano del bambino e delle tre metamorfosi: attraverso le tre figure del cammello-leone-bambino (Von den drei Verwandlungen) Nietzsche riesce a spiegare il procedere umano verso l’autoliberazione dagli idoli della superstizione e della colpa (religione e morale) verso l'innocenza dionisiaca del superuomo. Il cammello rappresenta l'uomo che teme e riverisce, che si piega davanti alla grandezza di Dio assumendo volontariamente su di sé i grandi tormenti del mondo. L'uomo poi diventa leone quando combatte contro la morale che gli è stata imposta riconoscendo il suo stato di alienazione precedente: il leone è, come afferma Nietzsche, la volontà di dire no . L’ultimo stadio, il bambino, è lo stadio dell’innocenza, in cui il superuomo, libero da ogni pregiudizio morale e religioso, può finalmente definirsi libero. Leggendo la versione di Weisel (ed in seguito quella interamente rifatta da Renato Giani) si ha l’impressione che Zarathustra sia già stato bambino (ergo superuomo), abbia perso il suo status e lo abbia ritrovato dopo la lunga meditazione, venendo così a distruggere tutto il significato dell’opera! Questa leggerezza è un errore imperdonabile, proprio perché stravolgerebbe completamente il senso dell’opera stessa. Presumo pertanto che il traduttore, assai scrupoloso e attento nella traduzione, abbia adoperato questa scelta traduttiva in virtù di una conseguenza logica che però difficilmente può inserirsi in un contesto filosofico-poetico.

 

§     Übermensch

Per quanto riguarda la traduzione di Übermensch, è necessario ricordare che il termine “superuomo” fu utilizzato per la prima volta da Gabriele D’Annunzio ne Il trionfo della morte nel 1894, cinque anni prima della traduzione di Weisel. Termina infatti così la dedica:

 

“Noi tendiamo l’orecchio alla voce del magnanimo

Zarathustra, o Cenobiarca; e prepariamo nell’arte con sicura

fede l’avvento dell’Übermensch, del superuomo”.

 

Da allora in poi è stato sempre usato il termine dannunziano (che tende comunque alla ricerca dell’estetismo e non certo al superamento di se stessi). Tuttavia, oltre alla consolidata ipotesi traduttiva di “superuomo” vi è la proposta di Gianni Vattimo - più che corretta – di tradurre Übermensch con “Oltre-uomo”. Come infatti egli stesso scrive in “Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione”, l’oltre-uomo nietzschiano “si manifesta come una forma di umanità collocata totalmente «oltre» l’uomo così com’è oggi” [1974:283].

Un interessante articolo di Roger-Pol Droit, sul settimanale francese Le Point [2006:58-59] sottolinea il significato di Übermensch e la sua resa traduttiva francese con “Surhumain”. Cito:

 

[Le] temps du nihilisme triomphant est celui où les valeurs suprêmes se dévaluent, où la volonté décline. où l’on se dit « à quoi bon ? ». Il devrait laisser place, au terme d’un long et difficile processus, au « surhumain ». On a eu tort de traduire par « surhomme » , car ce n’est ni Superman ni le représentant d’une nouvelle espèce. Le « surhumain » désigne ce que pourrait être une transformation à venir de la vie humaine, devenant à la fois plus sage et plus forte, car elle n’est pas figée dans une nature immuable.

Cet humain des lointains désirera avec une autre puissance que la nôtre, assez fort pour vouloir que reviennent les conséquences de ses actes. Tel est le sens de la célèbre vision de l’«éternel retour ».

 

Capitolo a parte meriterebbero lo studio delle numerose parole inizianti con über-, tra cui Übermuthe,  Übermensch, überwinden, Über-Held, Über-Drache, Über-Güte e via discorrendo. Sull’esatto significato dei termini nietzschiani prefissati con Über- rimando all’opera Zarathustra-Commentar di G. Naumann (Lipsia, 1899-1901, I, pagg. 52-53).

Si consideri anche l’impiego del prefisso Über- che ci fornisce Weinrich [2005:954]:

 

[Merkmal:]

Einordnung in einen Rahmen der Normativität

Der Rahmen der Normativität wird hier in erster Linie durch das Oppositionspaar über- und unter- konstituiert. Diese Präfixe bringen zum Ausdruck, daß ein Sachverhalt von einem als Norm geltenden Grad quantitativ nach oben oder unter hin abweicht.

 

Esemplare poi è il gioco di parole – che poi si ripete in tutta l’opera – Übergang e Untergang, come si vede in questo breve passo [1968:10-11]:

 

Was gross ist am Menschen, das ist, dass er eine Brücke und kein Zweck ist: was geliebt werden kann am Menschen, das ist, dass er ein Übergang und ein Untergang ist.    

Weisel e Giani ricorrono all’assonanza per cercare di mantenere il collegamento lessicale del TP tra i due termini. Per contro, Mazzino Montinari rimane fedele alla linea di pensiero che gli ha fatto prediligere il termine “tramonto” nella traduzione di Untergang, come vediamo:

 

TA [1899:8] Ciò che è grande nell’uomo, è l’essere egli un ponte e non già una meta: ciò che può esser amato nell’uomo, è l’essere egli una transizione ed una distruzione.

TA [1928:11] Ciò che è grande nell’uomo, è l’essere egli un ponte e non già una metà: ciò che è da pregiare nell’uomo, è l’essere egli una transizione ed una distruzione.

TA [1976:8] La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto.

TA [1985:30] Quel che è grande nell’uomo è che egli è un ponte e non un fine: quel che si può amare nell’uomo è che egli è un passaggio e un trapasso.               

 

Come sottolineato più volte nel corso della trattazione, il tramonto ha per Nietzsche-Zarathustra un significato basilare nell’opera. 

La condizione umana è precaria, transitoria, diveniente: in altre parole, tramontante. Per Zarathustra la “superiorità” dello Übermensch sta nel fatto che egli accetta e ama il tramonto in generale, e di conseguenza anche il proprio tramonto. Pasqualotto motiva la scelta di Giametta per il semplice fatto che l’esperienza dell’eterno ritorno “come incessante divenire e tramontare non è fenomeno che ha a che fare solo con la mente o solo con il corpo, ma è una questione di «umore» (Humor), di una particolare disposizione psicofisica che ci consente di vivere, e di vivere bene, nel «trapasso» (Uebergang) e nel «tramonto» (Untergang). Ora, proprio questo «trapasso» e questo «tramonto», questa capacità di passare-oltre (Vorübergehen) costituisce ciò che Zarathustra ama nell’uomo” [1985:499].

 

§     Hinterweltler

Un altro errore riscontrato nel corso della seguente analisi è la traduzione di Hinterweltler. Edmondo Weisel traduce l’invenzione linguistica nietzschiana con “Quelli che vivono fuori del mondo”, versione ripresa poi da Giani.

Per contro Montinari e Colli, attenti e profondi conoscitori del pensiero nietzschiano, propongono “Coloro che abitano un mondo dietro il mondo” [1976:29], aggiungendo una nota esplicativa in appendice nella quale si spiega  precisa che il termine Hinterweltler (del quale viene spiegata l’etimologia greca) è già stato usato nell’aforisma 17 della sezione Verschiedene Meinungen contenuta in Menschliches, Allzumenschliches. Weisel per contro, non conoscendo a fondo il pensiero nietzschiano, propende per una soluzione logica consona. Si veda il seguente esempio tratto proprio dal capitolo Von den Hinterweltlern:

 

TP [1968:34] Wahrlich nicht an Hinterwelten und erlösende Blutstropfen: sondern an den Leib glauben auch sie am besten, und ihr eigener Leib ist ihnen ihr Ding an sich.

Aber ein krankhaftes Ding ist er ihnen: und gerne möchten sie aus der Haut fahren. Darum horchen sie nach den Predigern des Todes und predigen selber Hinterwelten.

TA [1899:26-27]: Invero essi non credono a cose fuori del mondo ed alle goccie di sangue che redimono! sibbene credono anch’essi nel proprio corpo prima d’ogni altro, ed il loro corpo rappresenta per essi la cosa in sé. Ma il corpo è per loro un oggetto ammalato: e ben volentieri vorrebbe uscire dalla pelle che ve li rinchiude. Epperciò ascoltano volentieri i predicatori della morte e predicano essi stessi dei mondi soprannaturali.

TA [1928:27] In verità non credono a cose fuori dal mondo ed alle goccie di sangue che redimono! ma essi pure che credono nel proprio corpo innanzi tutto, poi che per essi la cosa in sè è il lor corpo.

Ma questo corpo si rivela loro come un oggetto ammalato: e ben volentieri vorrebbero uscir dalla pelle che lo rinchiude. E per ciò ascoltano volentieri i predicatori della morte e predicano essi stessi i mondi soprannaturali.

TA [1976:32] In verità non a mondi dietro il mondo e a gocce di sangue della redenzione: bensì al corpo credono anche loro più che a tutto, e il proprio corpo è per loro la cosa in sé.                        Ma una cosa malaticcia è per loro: e volentieri essi vorrebbero andare fuori di sé. Perciò ascoltano i predicatori della morte e predicano, essi stessi, mondi dietro al mondo.                                     TA [1985:51] In verità non a mondi dietro il mondo e a gocce di sangue redentrici: bensì al corpo credono anch’essi più di tutto, e il loro corpo è per essi la cosa in sé.                                                 Ma una cosa malata è il corpo per loro: e volentieri essi uscirebbero dalla propria pelle. Perciò stanno a sentire i predicatori di morte ed essi stessi predicano i mondi dietro il mondo.

 

Anche in questo caso non si tratta di un errore episodico. Hinterweltler è un termine che si ripete numerose volte nel corso dell’opera ed ha un significato ben preciso: indica i Gottähnliche (i “simili a Dio”) che vorrebbero distaccarsi dal corpo per trascendere (da qui appunto il rifiuto di Nietzsche verso ogni qualsiasi concetto di μετά τά φυσικά). Sia Weisel che Giani, ancora una volta in virtù di un’apparente logicità del discorso, hanno preferito tradurre l’espressione in tal modo proprio per sottolineare l’estraneità di quest’ultimi nel mondo.

§     Vorübergehen

Un altro errore grave riscontrato è nella traduzione del titolo di un brano di Also sprach Zarathustra, dal titolo Vom Vorübergehen.                                                                                                  Weisel [1899:169], ed in seguito Giani [1928:147] traducono con “Di ciò ch’è passeggero”, mentre Montinari [1976:206] e Giametta [1985:200] con  “Del passare oltre”. I primi due traduttori, si rifanno al participio presente vorübergehend che vuole effettivamente dire “passeggero, transitorio”. Tuttavia, il significato espresso da Vorübergehen è proprio “passare oltre”. Questo concetto viene introdotto già nel § Vom Wege des Schaffenden, in cui afferma:

[1968:77] Du zwingst Viele, über dich umzulernen; das rechnen sie dir hart an. Du kamst ihnen nahe und giengst doch vorüber: das verzeihen sie dir niemals.             

Vorübergehen viene usato, qui come nel resto dell’opera, come significato proprio di “andare oltre”. La traduzione di Weisel e quella di Giani presentano dunque un errore grave, proprio a livello contenutistico. Tutta l’opera è permeata del denso significato del termine superamento, inteso come Überwindung e Vorübergehen: il pagliaccio che supera il funambolo, l’uomo che supera se stesso divenendo così, alla fine di un lungo cammino, superuomo. Il superuomo, del quale si parla anche nel § Vom Vorübergehen, è tutt’altro che passeggero, è un obiettivo dell’uomo che supera se stesso. Affermare che tutto questo è passeggero, significa affermare che il superuomo è transitorio, mentre è lo stadio finale della trasformazione dell’uomo stesso: affermare tutto ciò significa distruggere i fondamenti del pensiero nietzschiano.

§     Erde e Irdisch

 

In Also sprach Zarathustra, come ho avuto occasione di sottolineare più volte nel corso dell’elaborato, non sono presenti tecnicismi filosofici, bensì alcuni termini che all’interno del contesto nietzschiano assumono forme e colori differenti.   

È questo l’esempio del significato di Erde e Irdisch. Dapprima bisogna notare che la parola Erde si ripete molte volte ed è strettamente legata col significato dello Übermensch, vale a dire la contrapposizione col cielo, e per conseguenza l’idealismo. Come si legge nel §3 della Zarathustra’s Vorrede:

 

TP [1968:8] Der Übermensch ist der Sinn der Erde. Euer Wille sage: der Übermensch sei der Sinn der Erde! 
Ich beschwöre euch, meine Brüder, bleibt der Erde treu und glaubt Denen nicht, welche euch von überirdischen Hoffnungen reden! Giftmischer sind es, ob sie es wissen oder nicht. 

Vi è appunto questa opposizione fondamentale tra Erde e Himmel, della quale bisogna assolutamente tener conto nella traduzione. L’esistenza dello Übermensch è scandita da una nuova tavola di valori a misura del carattere terreno dell’uomo. Difatti lo Übermensch è nato per vivere sulla Terra, e la sua esistenza è realtà sensibile. La natura terrestre dell’uomo è propria dello spirito dionisiaco e richiede prima di tutto l’accettazione totale e incondizionata della vita.

Vediamo come appunto questo particolare non sia stato preso in considerazione nella versione di Weisel e nella successiva versione di Giani in questo breve passaggio:

 

TP [1968:219] Aber der Mond dreht sich noch um alles Irdische: so dreht sich auch der Fürst noch um das Aller-Irdischste-: das aber ist das Gold der Krämer.                   
TA [1899:170] Ma la luna gira intorno alla terra: e così anche il principe gira intorno a quanto v’ha di più terrestre: la qual cosa è l’oro dei mercanti. 

TA [1928:148] Ma la luna gira attorno alla terra: e così anche il principe si volge intorno a ciò che più è terrestre: all’oro dei mercanti.

 

Vediamo adesso le versioni corrette di Montinari e Giametta:

 

TA [1976:207] Ma la luna gira intorno a tutto quanto è terrestre: così pure il sovrano gira intorno alla più terrestre delle cose-: che è l’oro dei mercanti.

TA [1985:202] Ma la luna gira a sua volta intorno a tutto ciò che è terreno: così anche il principe gira intorno a ciò che è più terreno di tutto: e questo è l’oro dei mercanti.

 

Verosimilmente Weisel – e successivamente Giani – non ha compreso che il passaggio di Nietzsche non è tanto una similitudine, quanto il tentativo di far capire che tutto gira attorno a ciò che è terrestre (e dunque la rinuncia ad ogni tipo di idealismo).

§     Herrschsucht                                                                                                                 Un altro errore è la traduzione del termine Herrschsucht, nel § Von den drei Bösen.         Consultando il DIT si ha: “avidità di dominio; sete di potere”. Prendiamo ad esempio nel TP la frase:

TP [1968:234] Herrschsucht: doch wer hieße es Sucht, wenn das Hohe hinab nach Macht gelüstet! Wahrlich, nichts Sieches und Süchtiges ist an solchem Gelüsten und Niedersteigen!          

Osserviamo adesso le quattro rese traduttive:

TA [1899:182] Sete di potere: ma a che chiamarla sete se ciò che è alto brama di scender in basso per potere!       Invero nulla di ammalato e di affettato v’ha in tale brama e in tale discesa    TA [1928:158] Sete di potere: ma a che chiamarla sete se ciò che è alto brama di scender in basso per dominare? Invero nulla di morbido è in tale desiderio e in tale discesa -                                TA [1976:223] Sete di dominio: ma chi potrebbe chiamarla sete, quando ciò che è in alto si abbassa a desiderare potenza! Davvero, nulla di malato e di assetato vi è in questa brama che si abbassa.                                                                                                                                                               TA [1985:215-216] Brama di dominio: però, chi vuol chiamarla brama, se ciò che è alto agogna la potenza in basso? In verità, niente di malato o men che sano è in tale agognare e scendere giù!

Le prime due traduzioni sono sbagliate, in particolar modo la prima. Riflettiamo brevemente sul significato del verbo potere, soprattutto in un contesto filosofico come questo. Tra i tanti significati di potere – prendo come riferimento il Dizionario della Lingua Italiana De Mauro [2004] – troviamo: “esser possibile, avere la probabilità”. Poco prima nel medesimo brano Nietzsche [1976:232] spiega:

Wollust, Herrschsucht, Selbstsucht: diese Drei wurden bisher am besten verflucht und am schlimmsten beleu- und belügenmundet, - diese Drei will ich menschlich gut abwägen.   

Dunque Herrschsucht significa “sete di dominio”, “brama di conquista”. Correttamente allora Montinari traduce con “sete di dominio”, apponendo la nota in appendice 190: “corretto da: «volontà di potenza»” Il problema che si pone adesso analizzando la resa traduttiva di Edmondo Weisel è l’esatto significato di potere. Se potere significa “esser in grado di; aver la capacità di”, allora la traduzione di Weisel è del tutto errata. Dal momento in cui ciò che è alto brama di scender in basso per “aver la capacità di; essere in grado di” allora significa che tutto ciò che è alto “non può”, ergo “non è in grado di”.                                                                                Stesso dicasi per la seconda resa traduttiva, quella di Renato Giani che però rende la frase meno ambigua sostituendo “potere” con “dominare”.                                                                               Montinari traduce con “sete di dominio” il già affrontato problema e successivamente introduce una nuova questione: come tradurre il termine Macht, così denso di significato? Perché, effettivamente, Macht significa potenza, ma è anche autorità, forza e facoltà (e dunque si riallaccia il significato di potere di Weisel).                                                               Circa la proposte traduttive di Macht e Herrschaft, Reinhard Schmidt propone – per la traduzione di Weber – “l’adozione di potere quale equivalente di Macht e di dominio, affiancato in alcune ricorrenze specifiche da dominazione, quale equivalente di Herrschaft, con le rispettive locuzioni derivate” [Schmidt, 1995:18-19].                                                             Come sottolinea Cimmino [2003:189], uno dei problemi della traduzione filosofica è proprio la “traduzione di parole d’uso comune che, in peculiari contesti, assumono significato tecnico”. Il punto interrogativo rimane. La vexata quaestio sul senso filosofico legato a questo termine rimane irrisolta: come tradurre Wille zur Macht

§     Es, Ich, Über-Ich

Giunti a questo punto è necessario introdurre nella trattazione un’altra grandissima personalità del periodo di Nietzsche: Sigmund Freud (1856-1939).

Nel 1923 il grande psicologo viennese spiega meticolosamente in Das Ich und das Es la teoria strutturale dell’Ich e dell’Es. Tuttavia, bisogna ricordare che primi scritti freudiani in merito risalgono al 1909 con le famose “Cinque conferenze sulla psicanalisi” tenute a Vienna.

Secondo Freud ci sono tre luoghi psichici: l’Es, l’Ich e l’Über-Ich (da notare anche qui il significato di über- come nelle coniazioni nietzschiane, cfr. Weinrich [2005:954]).

L’Es è l’insieme “caotico e turbolento delle pulsioni, l’entità che si fa interprete di ottenere il piacere ad ogni costo”. Lo Über-Ich è la censura morale, l’insieme dei divieti sociali percepiti come impedimento alla soddisfazione del piacere.

L’Ich (e qui focalizziamo l’attenzione nella nostra indagine traduttiva) è il rapporto tra Es e Über-Ich: media le richieste vitali dell’Es, per loro natura irrazionali, e le istanze dello Über-Ich (la censura delle pulsioni dell’Es). Riassumendo, l’Ich è la struttura della psiche che regola gli istinti e li riporta alla realtà quotidiana.

Si può pensare ad un parallelismo Nietzsche-Freud per quanto riguarda l’Es per due motivi “la connessione strutturale ed originaria tra Io ed Es, e il fatto che essa sia possibile in quanto l’Io è inteso come qualcosa di corporeo. Ma l’analogia si ferma qui. Infatti per Freud è l’Io a «condurre il gioco» pur venendo condizionato costantemente dall’Es; è «l’Io che crea dall’Es il proprio Super-Io». […] E’ il Sé in quanto corpo che si pone quale creatore (schaffende) dello spirito mediante gli strumenti del dolore e del piacere. Proprio in quanto corpo, allora, il Sé di Nietzsche non ha nulla a che fare con l’Es di Freud”, come sottolinea Pasqualotto [1985:443-444]

Addirittura c’è chi come Horkheimer, Gadamer e Adorno ha individuato in Nietzsche il precursore di Sigmund Freud. Difatti, in un’intervista a Radio Francoforte del 31 luglio 1950, i tre filosofi parlano dello Zarathustra nietzschiano come di colui che per primo ha invitato l’umanità a liberarsi dagli impulsi dell’Es, poiché “il suo invito a sbarazzarsi dalla morale convenzionale, dalle briglie dell’istinto, non era una legittimazione della violenza (nazismo) né un via libera agli impulsi distruttivi (nichilismo), bensì un’intuizione psicologica: confessando a sé stesso quegli istinti, l’uomo avrebbe perso la propria violenza e al posto dell’uomo incattivito perché non può assecondarli, sarebbe affiorato un uomo né buono né cattivo, che non ha più niente da reprimere e si ritrova libero”.

Prendiamo adesso ad analizzare il testo di Nietzsche, ed in particolar modo il § Vom Baum am Berge:

 

TP [1968:48] Ich verwandele mich zu schnell: mein Heute widerlegt mein Gestern. Ich überspringe oft die Stufen, wenn ich steige, - das verzeiht mir keine Stufe.

Confrontiamo adesso la resa traduttiva dei quattro traduttori:

 

TA [1899:35-36] Io muto me stesso troppo presto: il mio oggi è in contraddizione coll’ieri. Io salto oltre varì gradini alla volta nel salire, - e nessun gradino mi perdonerà ciò.

TA [1928:35] Io muto me stesso troppo presto: il mio Io oggi è in contraddizione con quello di ieri. Io salto varii gradini alla volta nel salire, - e nessun gradino mi perdonerà ciò.

TA [1976:42] Mi trasformo troppo rapidamente: il mio oggi è la confutazione del mio ieri. Spesso salto gli scalini, quando salgo – e non vi è scalino che me lo perdoni.

TA [1985:60] Io mi trasformo troppo rapidamente: il mio oggi confuta il mio ieri. Spesso salto i gradini, quando salgo – e ciò nessun gradino me lo perdona.

 

Nella revisione di Giani è stato riscontrato un errore imperdonabile: “il mio Io (in corsivo nella versione originale). Sono sicuro che Giani non abbia tradotto il TP, bensì, anche in questo caso, abbia controllato la versione di Weisel limitandosi a modificare le frasi che sarebbero potute sembrare ambigue o poco chiare.

Anche in questo caso Giani ha compiuto un errore imperdonabile: l’aggiunta di “Io” (scritto addirittura con la maiuscola) dove in realtà non deve esserci può creare ambiguità e confusione.

 

Forzature logiche e riformulazioni frastiche

 

In questa parte della trattazione verranno esaminati principalmente gli errori di Renato Giani. Si tratta di aggiunte al testo di Weisel e di rimaneggiamenti frastici in favore di una presunta logicità. Tuttavia, non sempre il risultato è quello voluto e molto spesso emergono errori e storpiature ambigue del testo di Weisel, peraltro abbastanza fedele al TP.

 

Già nel §1 della Vorrede si trovano due interessanti rimaneggiamenti di Giani. In entrambi i casi troviamo una variazione della persona grammaticale. Nel primo si passa dalla prima persona plurale del tedesco alla seconda persona singolare della traduzione. Perché? Questo cambiamento frastico – a mio avviso – è volto ad aumentare la logicità e la consequenzialità dell’enunciato:

●   NOI TI attendevamo à  TU davi A NOI il superfluo à TU ricevevi DA NOI le benedizioni.

 

TP [1968:5] Aber wir warteten deiner an jedem Morgen, nahmen dir deinen Überfluss ab und segneten dich dafür.  
TA [1899:3] Ma noi ti attendevamo tutte le mattine, prendevamo da te la tua abbondanza e perciò ti benedicevamo.

TA [1928:7] Ma noi ti attendevamo tutte le mattine, tu ci davi il tuo superfluo e ne avevi ricambio di benedizioni.

TA [1976:3] Noi però ti abbiamo atteso ogni mattino e liberato del tuo superfluo; di ciò ti abbiamo benedetto.

TA [1985:25] Ma noi ti abbiamo aspettato ogni mattina, ti abbiamo preso il tuo superfluo e ti abbiamo per ciò benedetto.

 

Il secondo caso di mutamento di persona grammaticale che riporto si trova sempre nella Vorrede, al §2. Stavolta è stato cambiato il pronome personale soggetto dalla terza alla seconda persona.

Benché la versione del 1899 sia ambigua, quella del 1928 appare ancora più ridicola e ambigua:

 

TP [1968:6] Zarathustra stieg allein das Gebirge abwärts und Niemand begegnete ihm. Als er aber in die Wälder kam, stand auf einmal ein Greis vor ihm, der seine heilige Hütte verlassen hatte, um Wurzeln im Walde zu suchen. Und also sprach der Greis zu Zarathustra:             „Nicht fremd ist mir dieser Wanderer: vor manchen Jahren gieng er her vorbei. Zarathustra hiess er; aber er hat sich verwandelt. Damals trugst du deine Asche zu Berge: willst du heute dein Feuer in die Thäler tragen? Fürchtest du nicht des Brandstifters Strafen? 

TA [1899:4] Zarathustra discese, solo, la montagna e non incontrò nessuno. Ma quando si fu addentrato nei boschi improvvisamente gli si presentò dinanzi un vegliardo, il quale aveva abbandonato il suo sacro eremitaggio per andare in cerca di radici. E così parlò il vegliardo a Zarathustra:                                                                                                                               “Non mi sei straniero, o viatore! molti anni or sono mi passasti dinanzi. Quel viatore si chiamava Zarathustra, ma ora è molto mutato.                                                                                                                            Allora portavi al monte le tue ceneri; forse oggi intendi portare il tuo fuoco nelle valli? Non temi il castigo che attende gli incendiari?                                                                                                     

TA [1928:8] Scese egli, solo, dalla montagna e non incontrò nessuno. Ma quando si fu addentrato nei boschi improvvisamente gli si presentò dinanzi un vecchio, che aveva abbandonato il suo sacro eremitaggio per andare in cerca di radici. E il vecchio così parlò a Zarathustra:                                                                                                                                      “Non mi sei straniero, o viaggiatore! molti anni or sono mi passasti dinanzi. Ti chiamavi Zarathustra, ma ora sei di molto mutato.                                                                                                 Allora portavi al monte le tue ceneri; forse oggi intendi portare il tuo fuoco nelle valli? Non temi il castigo che attende gli incendiari?       

                                                                          

Anche in questo caso il procedimento logico è il medesimo:

●   TU non mi sei straniero à TU mi passasti davanti à TU ti chiamavi Zarathustra.

Un’ulteriore prova di fedeltà al TP ce la forniscono Mazzino Montinari e Sossio Giametta:

 

TA [1976:4] Zarathustra prese a discendere solo la montagna, senza incontrare alcuno. Ma giunto alle foreste, ecco si trovò dinanzi un vegliardo, che, in cerca di radici per la foresta aveva lasciato la sua pia capanna. E così parlò a Zarathustra il vegliardo:

“Questo viandante non mi è sconosciuto: alcuni anni fa è passato di qui. Zarathustra era il suo nome; ma egli si è trasformato.

Portavi allora la tua cenere sul monte: oggi vuoi portare nelle valli il tuo fuoco? Non temi i castighi contro gli incendiari?

TA [1985:26] Zarathustra discese solo dalla montagna senza incontrare nessuno. Ma giunto che fu nei boschi, si trovò improvvisamente di fronte a un vegliardo, che aveva lasciato la sua pia capanna per cercar radici nel bosco. E così il vegliardo parlò a Zarathustra:

“Questo viandante non mi è sconosciuto: passò di qui vari anni fa. Si chiamava Zarathustra; ma si è trasformato.                                                                                                                               

Allora portavi la tua cenere sul monte: vuoi oggi portare il tuo fuoco nelle valli? Non paventi il castigo riservato agli incendiari?

 

Nel § Vom Krieg und Kriegsvolke  troviamo:

 

TP [1968:54] Von unsern besten Feinden wollen wir nicht geschont sein, und auch von Denen nicht, welche wir von Grund aus lieben.           
TA [1899:40] Dai nostri migliori nemici noi non vogliamo esser risparmiati, e nemmeno da coloro che amiamo profondamente!

TA [1928:38] Noi non vogliamo essere risparmiati dai nostri migliori amici e nemmeno da coloro che amiamo profondamente!

TA [1976:49] Dai nostri migliori nemici noi non vogliamo essere risparmiati, e nemmeno da coloro che amiamo dal profondo.

TA [1985:64] Dai nostri migliori nemici noi non vogliamo essere risparmiati, e neanche da coloro che amiamo dal profondo del cuore.

 

Come si può vedere anche in questo caso Giani sostituisce il termine “nemici” con “amici”. Non si tratta, a mio avviso, di una censura, bensì di un riadattamento logico: in italiano esiste la polirematica miglior amico, ma non miglior nemico. Questa è una delle tante prove che conferma all’attento lettore il fatto che Renato Giani non abbia letto il testo di partenza, poiché Feind è tutt’altra cosa da Freund.

 

I rimaneggiamenti di Giani nella sua versione spesso creano frasi ambigue e del tutto falsate. Vediamo ad esempio questa citazione dal § Von tausend und Einem Ziele e le relative traduzioni di Weisel, Giani e Montinari:

 

TP [1968:71] Wahrlich, die Menschen gaben sich alles ihr Gutes und Böses. Wahrlich, sie nahmen es nicht, sie fanden es nicht, nicht fiel es ihnen als Stimme vom Himmel.   

Werthe legte erst der Mensch in die Dinge, sich zu erhalten, - er schuf erst den Dingen Sinn, einen Menschen-Sinn! Darum nennt er sich „Mensch“, das ist: der Schätzende.      
TA [1899:52] Invero gli uomini diedero a sè stessi tutto il male ed il bene. Invero essi non se ne appropriarono, non lo trovarono, non lo ricevettero in mezzo a loro qual voce del cielo.

L’uomo soltanto assegnò un valore alle cose, al fine della propria conservazione – egli creò la significazione delle cose, il senso umano! Perciò egli si chiama “uomo”, vale a dire colui che misura.

TA [1928:49] Invero gli uomini diedero a sè stessi tutto il male e tutto il bene. Invero essi se l’appropriarono; non lo trovarono, non lo ricevettero in mezzo a loro qual voce del cielo.

L’uomo soltanto assegnò un valore alle cose, al fine della propria conservazione: egli creò la significazione delle cose, il senso umano. Per ciò egli si chiama “uomo”; cioè colui che misura.

TA [1976:65] In verità, gli uomini hanno dato a se stessi tutto il loro bene e male. In verità, essi non lo presero, non lo trovarono né cadde loro come una voce dal cielo.

Per conservarsi, l’uomo fu il primo a porre dei valori nelle cose, - per primo egli creò un senso alle cose, un senso umano! Perciò si chiama “uomo”, cioè: colui che valuta.

TA [1985:77] In verità, gli uomini si sono dati tutto il loro bene e male. In verità, non lo hanno preso, non lo hanno trovato, esso non è sceso a loro come voce dal cielo.

Fu l’uomo a riporre valori nelle cose, per conservarsi – fu l’uomo a creare un  senso alle cose, un senso umano! Perciò si chiama “uomo”, cioè colui che valuta.

 

Nella versione di Giani la frase appare totalmente illogica, per il semplice fatto che contiene un controsenso evidente: se non hanno trovato tutto il male ed il bene come possono essersene appropriati?

Difatti la condizione per soddisfare il presente sillogismo è: “ogni cosa che può esser trovata può esser presa”.

●   essi hanno trovato il bene ed il male à se ne sono appropriati = logico

○   essi non hanno trovato il bene ed il male à se ne sono appropriati = illogico

 

Un altro esempio interessante è il cambiamento logico dee à idee nella revisione di Giani, cambiamento che – non avendo egli letto il TP – risulta un altro dei numerosi errori di interpretazione. Il periodo ottenuto infine è tale da suscitare ilarità:

 

TP [1968:76] Ach, es giebt so viel grosse Gedanken, die thun nicht mehr als ein Blasebalg: sie blasen auf und machen leerer.        
TA [1899:55] Ahimè, ci sono tante idee sublimi che possono rassomigliarsi ad un mantice: esse gonfiano le cose e ne aumentano il vuoto.

TA [1928:52] Ahimè, ci sono tante dee sublimi che possono rassomigliarsi ad un mantice: esse gonfiano le cose e ne accrescono il vuoto.

TA [1978:69] Ahimè, ci sono tanti grandi pensieri che non fanno più di quel che faccia un mantice: gonfiano e rendono ancora più vuoti.

TA [1985:81] Ah, ci sono tanti pensieri grandi che non fanno più che un mantice: gonfiano rendendo più vuoti.

 

Come vediamo anche in questo esempio, Renato Giani non traduce il TP, ma si limita ad eliminare le presunte sviste del TA di Weisel e rimodernarne la lingua.

●   sublime: bellezza e grandezza nel loro massimo grado à dea sublime

 

Renato Giani, nella sua versione, si prende spesso il lusso di riformulare periodi corretti di Weisel. Come si vede in questo esempio (§ Vom freien Tode) del quale riporto tutte e tre le versioni analizzate:

 

TP [1968:89] Den vollbringenden Tod zeige ich euch, der den Lebenden ein Stachel und ein Gelöbniss wird.              
Seinen Tod stirbt der Vollbringende, siegreich, umringt von Hoffenden und Gelobenden.
TA [1899:64] Io vi mostro la morte adempiente, che diverrà pei vivi uno stimolo ed un voto.     L’adempiente muore da vittorioso, circondato da speranti e giuranti.

TA [1928:59] Io vi mostro la morte di colui che ha assolto il suo compito; la quale diverrà per i superstiti uno stimolo e un voto.                                                                                                                 Chi ha soddisfatto al suo còmpito muore da vittorioso, circondato da speranti e da giuranti.

TA [1976:80] Io vi mostro la morte come adempimento, la morte che per i vivi diventa uno stimolo e una promessa.                                                                                                                

Colui che adempie la sua vita, morrà la sua morte da vittorioso, circondato dalla speranza e dalle promesse di altri.

TA [1985:90] Io vi mostro la morte che compie, che diventa per i vivi uno sprone e una promessa.

Chi compie muore la sua morte da vincitore, circondato da altri che sperano e fanno voti.

 

Anche in questo caso si assiste ad un riadattamento logico. La morte – qui e in molti altri punti di Nietzsche, contraddicendo dunque la Weltanschauung schopenhaueriana (Die Welt als Wille und Vorstellung, I, 57) – è intesa come la completa esecuzione dei propri compiti. La morte è intesa come l’adempimento degli obiettivi che il singolo si è prefissato: questo è il pensiero di Nietzsche. La versione di Renato Giani appare pertanto del tutto errata. A mio avviso, Giani ha pensato che nella versione di Weisel vi fosse un’omissione da parte di Weisel. Pertanto il pensiero logico sarebbe stato il seguente:

●   morte adempiente à morte [dell’] adempiente à morte di colui che ha assolto il proprio compito.

 

Osserviamo un altro caso di rimaneggiamento logico:

 

TP [1968:201] Also rief mir Alles in Zeichen zu: „es ist Zeit!“ - Aber ich - hörte nicht: bis endlich mein Abgrund sich rührte und mein Gedanke mich biss.            
TA [1899:155] Sicché ogni cosa col mezzo di segni mi incitava: “E’ tempo”. Ma io non udiva: finalmente il mio abisso si agitò e il mio pensiero mi morse

TA [1928: 135] Sicché ogni cosa col mezzo di segni mi incitava: “E’ Tempo!”. Ma io non udivo: finalmente il mio abisso si agitò e il mio pensiero si mosse.

TA [1976:189] Così tutto mi gridava con segni: “è tempo”!. Ma io – non sentivo: finché il mio abisso sussultò e il mio pensiero mi morse.

TA [1985:186] Così tutto mi gridava con segni: “è tempo!”. Ma io non sentivo: finché il mio abisso non si ridestò e il mio pensiero non mi morse

 

Tale logicità – secondo una logica a posteriori – è data dalla connessione logica di muoversi con il verbo precedente agitarsi:

 ●   l’abisso si agitò, e così anche il mio pensiero à (l’abisso si mosse) e il mio pensiero si mosse.

 

Ma le interpretazioni fallaci e le aggiunte di Renato Giani sono frequenti. Prendiamo in esame il seguente esempio, tratto dal § Auf dem Ölberge, brano in cui si parla dell’eterno ritorno:

 

TP [1968:215] Ein gutes muthwilliges Ding ist auch das lange Schweigen und gleich dem Winter-Himmel blicken aus lichtem rundäugichten Antlitze: -      
- gleich ihm seine Sonne verschweigen und seinen unbeugsamen Sonnen-Willen: wahrlich, diese Kunst und diesen Winter-Muthwillen lernte ich gut!    
TA [1899:167] Una cosa buona e scherzosa è anche il lungo silenzio; e il contemplare, al pari d’un cielo invernale, con una larga faccia dagli occhi rotondi!                                                                 Dissimulare, al pari di lui, il proprio sole e la propria volontà inflessibile come il sole! Invero, codesta arte e codesto scherzo dell’inverno io l’imparai per bene!

TA [1928:145] Una buona e folle cosa è anche il lungo silenzio; simile a un ciclo invernale il mio volto è severo e la calma è ne’ miei occhi.                                                                     Dissimulare il proprio sole e la propria volontà inflessibile come il sole! bene ho appreso quest’arte e questa malizia dell’inverno!

TA [1976:203] Una cosa buona e proterva è anche il lungo silenzio; e come il cielo invernale, guardare in sembianza luminosa e con occhi rotondi: -

come lui, tacere il proprio sole e la propria indomita volontà solare: davvero, questa arte e questa protervia invernale l’ho imparata bene!

TA [1985:198-199] Una cosa buona e prepotente è anche il lungo silenzio e guardare come guarda il cielo invernale, con un volto luminoso dagli occhi rotondi -                                                        - com’esso tacere il proprio sole e la propria inflessibile volontà solare: in verità, quest’arte e questa prepotenza invernale io l’ho imparata bene!

 

Come possiamo vedere, nel testo di Giani scompare la faccia dagli occhi tondi a discapito di un presunto “sguardo severo e calma ne’ miei occhi”. Ma queste libertà che Giani “si concede” sono alquanto frequenti. Anche in questo caso – come gli esempi citati in precedenza dalla Vorrede - si capisce bene anche l’uso dell’aggettivo possessivo di prima persona singolare in base al seguente sillogismo:

 ●   il sole ha il volto severo e la calma à io sono come il sole à io ho lo sguardo severo e la calma

 

Il seguente esempio, tratto dal § Von alten und neuen Tafeln :

 

TP [1968:246-247] Oh meine Brüder, wer ein Erstling ist, der wird immer geopfert. Nun aber sind wir Erstlinge.          
Wir bluten Alle an geheimen Opfertischen, wir brennen und braten Alle zu Ehren alter Götzenbilder.
TA [1899:193]: Oh miei fratelli, chi è una primizia, viene sempre sacrificato. E noi siamo primizie, noi versiamo tutti il nostro sangue sui secreti altari del sacrificio, noi bruciamo ed arrostiamo in onore di antichi idoli.

TA [1928:166] O miei fratelli, le primizie sono sempre sacrificate. E noi siamo primizie: per ciò non versiamo tutto il nostro sangue sui segreti altari del sacrificio, in onore di antichi idoli.

TA [1976:235] Fratelli miei, chi è una primizia viene sempre sacrificato. Ora, anche noi siamo primizie.

Noi tutti sanguiniamo su mense segrete di sacrifici, noi tutti bruciamo e veniamo arrostiti in onore di vecchi simulacri d’idoli.

TA [1985:226] Oh, fratelli, chi è primogenito viene sempre sacrificato. E noi, noi siamo primogeniti.    

Noi sanguiniamo tutti su segrete tavole sacrificali, noi bruciamo e ci arrostiamo tutti in onore di vecchi idoli.

 

Anche in questo caso è stato rispettato il criterio logico: Giani ha pensato che, essendo primizie, non meritiamo di versare il sangue sugli altari. A prima vista sarebbe potuto sembrare un refuso, ma “per ciò” ci rivela la presunta consequenzialità tra le due parti dell’enunciato: consequenzialità che in realtà nel TP non esiste.

Anche questo enunciato di Giani è totalmente illogico. Qui di seguito vengono riportati il sillogismo logico (evidenziato col simbolo ●, adottato da Weisel e Montinari) ed il sillogismo illogico (evidenziato col simbolo ○) di Giani:

 

●   Tutte le primizie vengono sacrificate.

     Noi siamo primizie.

     Noi veniamo sacrificati.

○   Tutte le primizie vengono sacrificate

      Noi siamo primizie.

      Noi non veniamo sacrificati.

 

Se la premessa maggiore è vera (tutte le primizie vengono sacrificate) e la minore è vera (noi siamo primizie) la conclusione è vera (noi veniamo sacrificati). Tanto più che è sempre possibile invertire la conclusione con la premessa minore: tutte le primizie vengono sacrificate à noi veniamo sacrificati à allora noi siamo primizie. Lo stesso ragionamento non si può fare – ovviamente – con la versione di Giani.

 

Le aggiunte di Giani sono piuttosto evidenti se confrontate con il TP e con la prima versione di Weisel. Prendiamo ad esempio nel § Von alten und neuen Tafeln:

TP [1968:249] Oh meine Brüder, über Sterne und Zukunft ist bisher nur gewähnt, nicht gewusst worden: und darum ist über Gut und Böse bisher nur gewähnt, nicht gewusst worden!      TA [1899:195] Oh miei fratelli, sul conto degli astri e dell’avvenire sinora s’è creduto, ma non già saputo: e perciò anche riguardo al bene ed al male s’è finora creduto, ma non saputo!               TA [1928:168] O miei fratelli, intorno agli astri e all’avvenire molte cose sinora si son credute, ma non già sapute, e per ciò anche riguardo al bene ed al male assai finora si credette, ma nulla si seppe!                                                                                                                                                  TA [1976:237] Fratelli miei, fino ad oggi si sono avute, sul conto delle stelle e del futuro, solo illusioni, non cognizioni: e per questo sul bene e sul male si sono avute solo illusioni, non cognizioni!                                                                                                                                                   TA [1985:228] Oh, fratelli, su stelle e avvenire si è finora solo fantasticato, non saputo qualcosa: e perciò sul bene e il male si è finora fantasticato, non saputo qualcosa!

In realtà non è questo il significato di quest’asserzione nietzschiana, che in realtà è una sagace critica alla presunta compiutezza dell’etica umana. Come si vede anche in questo caso, la tendenza alla riformulazione frastica è spesso fallace, poiché non viene adottata tenendo conto del testo di partenza.

 

La solita tendenza alla logicità riscontrata nel corso dell’analisi è evidente in un altro brano tratto dal § Von alten und neuen Tafeln:

 

TP [1968:264] Die Schaffenden nämlich sind hart. Und Seligkeit muss es euch dünken, eure Hand auf Jahrtausende zu drücken wie auf Wachs, -                                                                                                                                                            
- Seligkeit, auf dem Willen von Jahrtausenden zu schreiben wie auf Erz, - härter als Erz, edler als Erz.
Ganz hart ist allein das Edelste.                                                                                                                                                                                    
TA [1899:208] Poichè chi crea è duro. E per voi dev’esser una felicità quella di poter imprimere la vostra mano nei milleni, come se fossero di cera!                                                                                                                                                               

- Felicità per voi dev’esser quella di scrivere sui millenni, come su d’un bronzo, - più duro del bronzo, più nobile del bronzo.

TA [1928:179] Poi che chi crea è duro. E per voi la felicità dev’essere questa: poter imprimere la vostra mano nei secoli, come se fossero di cera!

- Felicità per voi dev’esser questa: scrivere sui secoli, come su un bronzo, - sul più duro, sul più nobile dei bronzi.

TA [1976:251-252] Coloro che creano, infatti, sono duri. E a voi deve sembrare beatitudine, imprimere la vostra mano su millenni, come fossero cera, -

- beatitudine scrivere sulla volontà di millenni come sul bronzo, - più duri del bronzo, più nobili del bronzo.

TA [1985:242] Coloro che creano sono infatti duri. E beatitudine deve apparirvi premere la vostra mano sui millenni come sulla cera -                                                                                                                                                                                      

- beatitudine scrivere sulla volontà dei millenni come sul bronzo – con caratteri più duri del bronzo, più nobili del bronzo.

 

Anche qui si tratta del solito processo logico:

●   scrivere sui secoli | come sul bronzo à scrivere   sul bronzo più duro;

              sul bronzo più nobile

 

Purtroppo non sempre la resa del TP è chiara. Già altre volte nel corso della presente trattazione ho fatto riferimento a errori di traduzione che rendono il testo ambiguo. Qui di seguito riporto un errore traduttivo tratto dal § Von den Dichtern, – o meglio, una pessima resa TP-TA – riscontrato nella versione di Weisel e in quella di Montinari:

 

TP [1968:160] Und als ob es einen besondren geheimen Zugang zum Wissen gäbe, der sich Denen verschütte, welche Etwas lernen: so glauben wir an das Volk und seine „Weisheit“.               
TA [1899:120] E come se esistesse un luogo speciale e segreto alla scienza, precluso a coloro che imparano qualche cosa: così noi abbiamo fede nel popolo e nella sua “sapienza”.

TA [1976:147] E quasi vi fosse un sentiero segreto al sapere, ostruito agli occhi di coloro che imparano: così noi crediamo al popolo e alla sua “saggezza”.

 

Tuttavia Giani e Giametta sono stati gli unici ad aver capito che si tratta di un geheimen Zugang zum Wissen, e non di un accesso segreto alla scienza. La differenza è fondamentale, l’errore è imperdonabile.

 

TA [1928:107] E come se esistesse una via segreta che conduca alla scienza, preclusa a coloro che imparano qualche cosa, noi abbiamo fede nel popolo e nella sua “saggezza”.

TA [1985:150] E come se ci fosse un passaggio segreto speciale verso il sapere, che rimanesse ostruito a coloro che imparano qualcosa: così noi crediamo nel popolo e nella sua “saggezza”.

 

Un luogo “segreto alla scienza” significa che la scienza non vi è ammessa. Il problema che si pone – per colpa del quale i traduttori sono poi incorsi in questo errore – è quello della scorrevolezza: il testo deve poter esser letto senza trovare troppi ostacoli. Il TA deve esser scorrevole come il TP. Pertanto i traduttori, accorti della tipologia testuale, hanno cercato sempre soluzioni snellenti, cercando di imitare il passo di danza rapsodica con il quale Zarathustra si muove tra un aforisma e l’altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Censure

 

Con la falsificazione della parola  ogni altra cosa viene tradita.”  

Ezra Pound

 

Veniamo adesso ad analizzare quelli che, secondo me, sono interventi censorei. Tengo a precisare che gli esempi che seguono sono da definirsi censorei secondo il mio punto di vista personale, poiché comunque è impossibile in un’attenta analisi a posteriori valutare se essi siano effettivamente censure o semplici omissis. Tuttavia, analizzando l’epoca (e di conseguenza i costumi) in cui l’edizione di Weisel e quella di Giani sono apparse, è presumibile pensare che si tratti proprio di censure e rimaneggiamenti ideologici. E’ da premettere che nella traduzione del 1928 vi sono molti omissis, perlopiù di semplici parole. Si riscontrano numerosi omissis soprattutto nelle successioni di sostantivi o di verbi. In molti casi si tratta a mio avviso di distrazione da parte del traduttore. Proprio per questa particolare caratteristica di questo lavoro abborracciato, è stato difficile individuare nettamente le censure. L’autocensura “nasce quando lo scrittore, traduttore o emittente di un qualsiasi messaggio vuole adeguare il contenuto del testo di partenza a ciò che presumibilmente viene affidato al censore” (Del Camino Gutiérrez Lanza, 2000:285).                                                                      

Tali interventi della versione di Weisel e di quella di Giani si concentrano in censure sessuali e rimaneggiamenti ideologici. Esaminiamo adesso le poche censure sessuali che sono state riscontrate.

Le censure sessuali

 La prima censura in ambito della sessualità è stata riscontrata nel § Von der unbefleckten Erkenntnis, accusa indiretta alla contemplazione ipocrita di Schopenhauer e alla ricerca della conoscenza pura. Il brano parla della luna, intesa come l’ideale schopenhaueriano della conoscenza affrancata dal volere e quindi casta, al contrario del sole che risveglia gli impulsi oscuri della volontà (cfr. §39 di Die Welt als Wille und Vorstellung).                                                                   

È necessario premettere che nel brano di Nietzsche si nota un grande inconveniente per la traduzione dal tedesco all’italiano: il genere di alcuni sostantivi. Bisogna ricordare che il sole in tedesco è femminile e la luna maschile: der Mond. Infatti tutto il capitolo gioca poi su questa allusione e sul fatto che “wenig Mann ist er auch”. Qui di seguito riporto l’inizio del brano originale:

[1968:152] Als gestern der Mond aufgieng, wähnte ich, dass er eine Sonne gebären wolle: so breit und trächtig lag er am Horizonte.               
Aber ein Lügner war er mir mit seiner Schwangerschaft; und eher noch will ich an den Mann im Monde glauben als an das Weib.        
Freilich, wenig Mann ist er auch, dieser schüchterne Nachtschwärmer. Wahrlich, mit schlechtem Gewissen wandelt er über die Dächer.                                                                                                                    

Purtroppo ogni capacità del traduttore è vana: l’unica possibilità sarebbe quella di apporre una nota esplicativa riguardo al genere di Mond. Tra l’altro, la stessa difficoltà traduttiva si trova ne Le petit prince di Antoine de Saint-Exupéry (con la fleur, la planète).

Tuttavia, nessuna delle traduzioni analizzate fa menzione al genere di Mond, e il brano tradotto risulta alquanto ambiguo. Prendo ad esempio la versione di Montinari [1976:139]:

 

Ieri, mentre sorgeva, mi sembrò quasi che la luna volesse partorire un sole: così slargata e gravida giaceva all’orizzonte.                                                                                                                             

Ma la sua gravidanza era menzogna; e piuttosto voglio credere all’uomo che alla femmina nella luna.                                                                                                                                        

Certo, questo timido nottambulo ha poco anche di virile. Davvero, con cattiva coscienza va in giro sopra i tetti.

 

 Parentesi chiusa sul genere di Mond (essenziale per la critica traduttiva), passiamo adesso ad esaminare la censura di Giani in questo paragrafo. Si tratta, come detto in precedenza, di una censura sessuale (da notare qui di seguito anche la traduzione di in Untergehn):

 

TP [1968:153-154] Lieben und Untergehn: das reimt sich seit Ewigkeiten. Wille zur Liebe: das ist, willig auch sein zum Tode. Also rede ich zu euch Feiglingen!           
Aber nun will euer entmanntes Schielen „Beschaulichkeit“ heissen! Und was mit feigen Augen sich tasten lässt, soll „schön“ getauft werden! oh, ihr Beschmutzer edler Namen!      
Aber das soll euer Fluch sein, ihr Unbefleckten, ihr Rein-Erkennenden, dass ihr nie gebären werdet: und wenn ihr auch breit und trächtig am Horizonte liegt!                                                   

TA [1899:116] Amare e perire; ecco due cose inseparabili ab eterno. Volontà d’amare: ciò equivale ad esser volenteroso di morire. Così parlo a voi, o vigliacchi!                                               

Ma il vostro ammiccare da evirati vorrebbe chiamarsi: “contemplazione”! E tutto ciò che con gli occhi vili può esser sfiorato vorrebbesi dar a credere per “bello”! Oh voi, insozzatori di nobili nomi!

Ma questa sarà la vostra maledizione, o immacolati della percezione pura, che non potrete mai generare: per quanto ampi e gravidi vi pavoneggierete sull’orizzonte!    
TA [1928:103] Amare e perire; ecco due sole cose inseparabili eternamente. “Volontà d’amare” significa volontà di morire. Così parlo a voi, o vigliacchi!

Ma al vostro ammiccare [ Ø ] voi vorreste dar nome di: “contemplazione!”. E tutto ciò che con occhi vili può esser guardato vorrebbe darsi a credere “bello!”. O insozzatori di nobili nomi!           Ma la vostra maledizione, o immacolati della percezione pura, è la sterilità: voi non potete generare per quanto gonfi e gravidi vi pavoneggiate sull’orizzonte!

TA [1976:140] Amare e tramontare: ciò va insieme dai secoli dei secoli. Volontà d’amore: è accettare di buon grado anche la morte. Questo io vi dico, codardi!                                          

Ma il vostro sbirciare da castrati vuol persino chiamarsi “contemplatività”! E ciò che si lascia palpare da occhi codardi, dovrebbe essere battezzato “bello”! Voi, imbrattatori di nobili nomi!       

Ma questa sia la vostra maledizione, o immacolati, o uomini della conoscenza pura: che non abbiate mai a partorire – anche se giacciate slargati e gravidi all’orizzonte!                                  

TA [1985:145] Amare e perire: due cose che si sposano insieme dai secoli dei secoli. Volontà di amare: ciò è essere anche disposti a morire. Così vi dico io, vigliacchi!                                            

E invece, il vostro sbirciare da evirati vuole chiamarsi “contemplazione”! E quel che si può palpare con occhi vili dovrebbe essere battezzato come “bello”! Oh, insozzatori di nobili nomi!                             

Ma questa sia la vostra maledizione, o immacolati, o uomini della conoscenza pura, che non partorirete mai: per quanto larghi e gravidi giacciate all’orizzonte!

Come possiamo vedere, Giani omette la parola entmannt.

Vediamo qui di seguito la seconda censura nell’ambito di sfera sessuale riscontrata nel corso dell’analisi traduttiva. In questo caso si tratta della traduzione di “irgend etwas Grosses”, nel § Von der Erlösung. In questo brano troviamo un discorso di Zarathustra rivolto ad alcuni mendicanti che lo hanno avvicinato. Le geniali figure simboliche di questo brano sono gli umgekehrte Krüppel (gli storpi alla rovescia), esseri che hanno “troppo poco di tutto e troppo di una cosa sola”. Così si legge infatti:

TP [1968:174]Ich sehe und sah Schlimmeres und mancherlei so Abscheuliches, dass ich nicht von Jeglichem reden und von Einigem nicht einmal schweigen möchte: nämlich Menschen, denen es an Allem fehlt, ausser dass sie Eins zuviel haben - Menschen, welche Nichts weiter sind als ein grosses Auge, oder ein grosses Maul oder ein grosser Bauch oder irgend etwas Grosses, - umgekehrte Krüppel heisse ich Solche.              

L’attributo indefinito “irgend etwas Grosses” non è un chiaro ed esplicito riferimento all’organo sessuale, tuttavia è possibile desumerlo dal fatto che i sostantivi che si riferiscono al corpo umano sono in successione dall’alto verso il basso: occhio, bocca, pancia, … . Pertanto, anche se non è un’allusione esplicita si potrebbe evincere che si tratta verosimilmente dell’organo sessuale. Vediamo adesso la traduzione di Weisel, il successivo intervento censoreo di Giani e le versioni di Montinari e di Giametta:

TA [1899:131] Io vedo ed ebbi occasione di vedere di peggio, e cose orribili tanto, che non vorrei parlare di tutte, ma nemmeno tacerne: uomini, cioè, cui tutto fa difetto, mentre possiedono una sola cosa in più – uomini che non sono null’altro che un grande occhio, o una grande bocca, o un grande ventre o qualcosa altro di grande – ed io li chiamo storpi a rovescio, cotali uomini.               

TA [1928:116] Cose peggiori ho vedute: cose orribili tanto, che non vorrei parlare di tutte, e pur non ne so tacere interamente: uomini, cioè, cui tutto fa difetto, mentre possiedono una sola cosa in più – uomini che non sono null’altro che un grande occhio, o una grande bocca, o un grande ventre [Ø]: - io li chiamo storpi a rovescio.                                                                                                

TA [1976:160] Io vedo e ho visto ben di peggio e certe cose così ributtanti, che non vorrei parlare di ciascuna di esse e di talune nemmeno tacere: uomini cioè cui manca tutto, se non che hanno una sola cosa di troppo – uomini che non sono nient’altro se non un grande occhio o una grande bocca o un gran ventre o qualcos’altro di grande, - costoro, io li chiamo storpi alla rovescia.

TA [1985:161] Io vedo e ho visto di peggio e tante cose così atroci, che non vorrei parlare di ciascuna e di alcune non vorrei neanche tacere: cioè uomini a cui manca tutto, salvo che hanno troppo di una cosa – uomini che non sono altro che un grande occhio o una grande bocca o un grand ventre o qualcos’altro di grande – questi io li chiamo storpi alla rovescia.

Un’altra frase che mi ha suscitato perplessità è la resa traduttiva di Ehe nel seguente brano da parte di Weisel che lo traduce con “imene”. Ovviamente si tratta di un termine ricercato della letteratura di fine diciannovesimo secolo. Ne troviamo traccia, ad esempio, in molte opere di Giuseppe Verdi (ad esempio: Atto 1, scena 4 dell’Aroldo “Oggi del nostro imene ricorre la memoria”), addirittura nell’Inno a Satana di Carducci: “Mentre sorridono / la terra e il sole / e si ricambiano / d'amor parole, / e corre un fremito / d’imene arcano / da' monti e palpita / fecondo il piano (vv. 9-16). Vediamo la traduzione di Weisel di questa frase, la successiva revisione di Giani, il testo di Montinari e quello di Giametta:

TP [1968:233] Wollust: das grosse Gleichniss-Glück für höheres Glück und höchste Hoffnung. Vielem nämlich ist Ehe verheissen und mehr als Ehe, -                                                                                

TA [1899:182] Voluttà: “il grande tipico esempio di una felicità superiore e d’una suprema speranza. Poi che a molte cose l’imene è promesso e più dell’imene”                                             

TA [1928:157] Voluttà: “il grande tipico esempio di una felicità superiore e di una suprema speranza”; poi che a molte cose son promesse le nozze e più che le nozze.                                      

TA [1976:222] Voluttà: la grande felicità che è similitudine di felicità ancor maggiore e di speranza suprema. A molte cose infatti sono promesse le nozze e ancor più che le nozze […]      

 TA [1985:215] Voluttà: la grande felicità che è simbolo di felicità superiore e speranza suprema. A molte cose infatti sono promesse le nozze e più che le nozze […]

 

A mio parere non si tratta di una censura vera e propria, bensì di un tentativo di Giani di modernizzare il lessico di Weisel.

Rimaneggiamenti ideologici

Veniamo adesso alla parte più interessante degli interventi di Giani nella versione del 1928: i rimaneggiamenti ideologici. Necessito di una premessa importante: come è stato detto in precedenza riguardo alle censure sessuali, il testo del 1928 è pieno di omissis e distrazioni, pertanto individuare i rimaneggiamenti ideologici è stato alquanto difficile. Qui in seguito riporto alcuni interventi che – a mio avviso – sono alquanto netti.

La prima serie di interventi è legato alla religione. Si tratta anche qui un’aggiunta o un’omissione di un singolo termine che influenza poi il contenuto della frase. Qui di seguito riporto la versione originale, la traduzione di Weisel, la versione falsata di Giani e le traduzioni corrette di Mazzino Montinari e Sossio Giametta:                            

TP [1968:10] Die Stunde, wo ihr sagt: „Was liegt an meinem Mitleiden! Ist nicht Mitleid das Kreuz, an das Der genagelt wird, der die Menschen liebt? Aber mein Mitleiden ist keine Kreuzigung.“              
TA[1899:7] L’ora in cui direte: “che importa della mia compassione! Non è forse la compassione la croce su cui s’inchioda colui che ama gli uomini? Ma la mia compassione non è una crocifissione

TA [1928:10] L’ora in cui direte: “Che importa della mia pietà! Non è forse la croce su cui s’inchioda colui che ama gli uomini? Ma la mia pietà non è che una crocifissione”.                  

TA [1976:7] L’ora in cui diciate: “Che importa la mia compassione! Non è forse la compassione la croce cui viene inchiodato chi ama gli uomini? Ma la mia compassione non è crocefissione!                  

TA [1985:29] L’ora in cui dite: “Che importa la mia pietà? Non è la pietà la croce sulla quale viene inchiodato colui che ama gli uomini? Ma la mia pietà non è una crocifissione!” 

Tralasciando la pessima resa s’inchioda (che sembra verbo riflessivo), notiamo subito il rimaneggiamento di Giani. Che sia un errore traduttivo pare assai improbabile, dato che il significato del pronome indefinito kein è inequivocabile. Pertanto qui non si tratta di un errore traduttivo bensì di un cambiamento voluto della frase di Weisel, cambiandone completamente il significato.

Altrettanto evidente è l’omissione – a mio avviso volontaria – dell’aggettivo unvollkommen nella seguente frase da parte di Weisel e di Giani:

TP [1968:31] Trunkne Lust ist's dem Leidenden, wegzusehn von seinem Leiden und sich zu verlieren. Trunkne Lust Und Selbst-sich-Verlieren dünkte mich einst die Welt.           
Diese Welt, die ewig unvollkommene, eines ewigen Widerspruches Abbild und unvollkommnes Abbild - eine trunkne Lust ihrem unvollkommnen Schöpfer: - also dünkte mich einst die Welt.
TA [1899:24] Inebbriante gioia è al sofferente il guardar lontano dai proprii dolori e dimenticare sè stesso. Pazza gioia ed obblìo di sé stessi m’apparve un dì il mondo.                                              

Questo mondo, eternamente imperfetto, imagine d’una eterna contraddizione, ed imagine imperfetta – una gioia inebbriante pel suo creatore [Ø]: - tale mi apparve un dì il mondo.                           

TA [1928:25] Inebbriante gioia è pel sofferente guardar lontano dai proprî dolori e dimenticare sè stesso. E a me pure il mondo – questa imperfetta imagine di eterna contraddizione [Ø] – si rivelò un giorno imagine di gioia e d’oblio.                                                                                        

TA [1976:29] Un ebbro piacere è per il sofferente non guardare le proprie sofferenze e perder se stesso. Un piacere ebbro e una perdita di se stesso mi sembrò un tempo il mondo.              

Questo mondo, eternamente imperfetto, di un’eterna contraddizione l’immagine riflessa, e un’imperfetta immagine – un ebbro piacere per il suo creatore imperfetto – così un tempo mi sembrò il mondo.                                                                                                                                   

TA [1985:48] Un ebbro piacere è per il sofferente distogliere lo sguardo dal proprio soffrire e perdersi. Un ebbro piacere e un voler perdersi mi sembrò una volta il mondo.                              

Questo mondo, l’eterno imperfetto, immagine di un’eterna contraddizione e immagine imperfetta – un ebbro piacere per il suo imperfetto creatore – tale mi sembrò una volta il mondo.

Weisel ha omesso l’aggettivo “imperfetto”, Giani addirittura anche “il creatore”. Anche questa mi è sembrata una censura volontaria da parte dell’accorto traduttore Weisel.

Un altro intervento da parte di Giani si può riscontrare – sempre in ambito religioso – nella  seguente frase tratta dal § Von der schenkenden Tugend:

TP [1968:96-97] Wachet und horcht, ihr Einsamen! Von der Zukunft her kommen Winde mit heimlichem Flügelschlagen; und an feine Ohren ergeht gute Botschaft.      
Ihr Einsamen von heute, ihr Ausscheidenden, ihr sollt einst ein Volk sein: aus euch, die ihr euch selber auswähltet, soll ein auserwähltes Volk erwachsen: - und aus ihm der Übermensch.       

TA [1899:70] Vegliate ed ascoltate, o voi solitari! Dall’avvenire giungono venti che soffiano con un battito d’ali misterioso; e per gli orecchi delicati s’appressa la buona novella.                               

 Oh voi solitari dell’oggi, o voi che state in disparte, voi sarete un giorno il popolo: da voi, che da voi stessi vi siete eletti, sorgerà un popolo eletto: - e da lui nascerà il superuomo.                            

TA [1928:64] Vegliate ed ascoltate, o solitari! Dall’avvenire giungono venti che soffiano con un battito d’ali misterioso; e per gli orecchi delicati si appressa la buona novella.                            

O solitari dell’oggi, o voi che state in disparte, voi sarete un giorno il popolo: da voi [Ø] sorgerà un popolo eletto: - e da questo il superuomo.                                                                                        

TA [1976:86] Vigilate e ascoltate, voi solitari! Dal futuro giungono venti segretamente alitanti: la buona novella si rivela alle orecchie fini.                                                                                       

Voi solitari di oggi, voi che prendete congedo, voi dovrete una volta essere un popolo: da voi che avete eletto voi stessi, deve nascere un popolo eletto: - e da esso il superuomo.                                               

TA [1985:96] State attenti e udite, voi solitari! Dall’avvenire giungono a noi venti segretamente alitanti; e alle orecchie fini giunge la buona novella.                                                                               

Voi solitari di oggi, voi che vi accomiatate, sarete un giorno un popolo: da voi, che eleggeste voi stessi, si formerà un popolo eletto – e da esso il superuomo.

Anche questo passo contiene forti allusioni alla Bibbia, in particolare all’Esodo e al Deuteronomio per quanto riguarda il “popolo eletto” (perifrasi di Israele). Nelle traduzioni di Weisel e di Giani si nota come il fatto che il popolo eletto si sia “auto-eletto”, sia stato omesso.                        

Lo stesso termine “buona novella” è la traduzione del greco εύαγγέλιον, e allude alla venuta del Profeta. Il testo di Nietzsche, profondo conoscitore della Bibbia e della religione cristiana – come è stato dimostrato nelle note in appendice di Montinari – è intriso di allusioni bibliche, citazioni indirette e contenzioni semantiche di interi enunciati (basti pensare al § Von alten und neuen Tafeln, e la relativa allusione alla consegna delle tavole a Mosè nell’Esodo). Per tale motivo sostenere che il popolo eletto si è eletto da solo potrebbe esser compromettente e Giani ha pensato di ometterlo dalla sua versione.

Veniamo adesso ad esaminare due rimaneggiamenti legati più all’ideologia e al costume del tempo. Il primo riguarda il costume dell’epoca, in particolare il maschilismo e la considerazione della donna nella società. Si tratta anche in questo caso, come nell’esempio “aber mein Mitleiden ist keine Kreuzigung” dell’omissione del che di Weisel nella traduzione di Giani.

TP [1968:81] Der Mann fürchte sich vor dem Weibe, wenn es liebt: da bringt es jedes Opfer, und jedes andre Ding gilt ihm ohne Werth.            
Der Mann fürchte sich vor dem Weibe, wenn es hasst: denn der Mann ist im Grunde der Seele nur böse, das Weib aber ist dort schlecht.          
TA [1899:59] L’uomo paventi la donna, allorquando essa ama: imperocchè allora essa è pronta ad ogni sacrificio, e nessun’altra cosa oltre l’amore ha per lei pregio alcuno.                                        

L’uomo paventi la donna, allorquando essa odia: imperocchè l’uomo in fondo non è che cattivo, ma la donna è vile.                                                                                                                                          

TA [1928:54] L’uomo teme la donna, quando essa ama: poi che allora essa è pronta ad ogni sacrificio, e nessun’altra cosa oltre l’amore ha per lei pregio.                                                                                      

L’uomo teme la donna, quando essa odia: poi che l’uomo in fondo non è cattivo, ma la donna è vile.                                                                                                                                                        

TA [1976:73] L’uomo tema la donna, se ama: ella compie ogni sacrificio, e ogni altra cosa è per lei priva di valore.                                                                                                                                      

L’uomo tema la donna, se odia: giacché in fondo l’uomo è solo malvagio, mentre la donna è cattiva.                                                                                                                                                            

TA [1985:84] L’uomo tema la donna quand’ella ama: ella compie allora ogni sacrificio, e ogni altra cosa è per lei senza valore.                                                                                              

L’uomo tema la donna quand’ella odia: giacché l’uomo è in fondo all’anima solo malvagio, mentre la donna è lì cattiva.

Il secondo rimaneggiamento, al § Von alten und neuen Tafeln, è legato all’ideologia fascista. In questo caso il rimaneggiamento di Giani è piuttosto evidente se confrontato con la versione di Weisel ed è certo che non si è trattato di una svista o di un errore traduttivo:

TP [1968:254] Auch durch Mauern bläst mein freier Athem, und hinein in Gefängnisse und eingefangne Geister!     
Wollen befreit: denn Wollen ist Schaffen: so lehre ich. Und nur zum Schaffen sollt ihr lernen!
Und auch das Lernen sollt ihr erst von mir lernen, das Gut-Lernen! - Wer Ohren hat, der höre!           

TA [1899:200] Il mio soffio attraversa anche le mura, e penetra persin dentro le prigioni e negli spiriti incarcerati!                                                                                                                                            

Il volere libera, giacchè volere è creare. E unicamente per creare voi dovete imparare.                Ed anche l’imparare voi dovete apprenderlo da me, l’imparar bene. Chi ha orecchie, le schiuda!

TA [1928:172] Il mio soffio attraversa anche le mura, e penetra persin dentro le prigioni e negli spiriti incarcerati!                                                                                                                                 

Il valore è liberazione, poichè è creazione. E unicamente per creare voi dovete imparare.                     E anche l’imparare voi dovete apprenderlo da me; l’imparar bene. – Chi ha orecchie, le schiuda!

TA [1976:242-243] Il mio libero alito penetra attraverso tutte le mura, fino a raggiungere dentro le carceri e gli spiriti incarcerati!                                                                                                                          

La volontà libera: poiché volere è creare: così insegno io. E solo per creare voi dovete imparare!

Ma anche l’imparare dovete prima impararlo               da me, come cioè si fa a imparare bene! – Chi ha orecchie, intenda!

TA [1985:233] Anche attraverso i muri soffia il mio libero fiato, e fin dentro le prigioni e gli spiriti imprigionati!                                                                                                                                          

Il volere libera: giacché volere è creare: questo insegno io. E solo per creare dovete imparare!

E anche l’imparare, dovete prima impararlo da me, l’imparar bene. Chi ha orecchie, intenda!

Anche in questo caso è piuttosto inverosimile pensare che si tratti di un refuso o di una svista, poiché è stato modificato l’intero periodo.

Un altro rimaneggiamento ideologico è l’aggiunta dell’aggettivo vero nella traduzione di Weisel del seguente brano da parte di Giani:

TP [1968:57] Vernichter sind es, die stellen Fallen auf für Viele und heissen sie Staat: sie hängen ein Schwert und hundert Begierden über sie hin.         
Wo es noch Volk giebt, da versteht es den Staat nicht und hasst ihn als bösen Blick und Sünde an Sitten und Rechten.                                                                                                                            

TA [1899:42] Sono dei distruttori, costoro che tengono trappole a molti e le chiamano Stato: essi appendono sopra di loro una spada e cento desideri.                                                            

Dove un popolo ancora esiste, esso non comprende lo Stato e lo odia al par del mal’occhio e come un peccato contro il costume ed il diritto.                                                                                    

TA [1928:40] Distruttori invece sono costoro che tendono trappole a molti e le chiamano Stato: essi appendono sul loro capo una spada e cento desideri.                                                                         

vero popolo non comprende lo Stato e lo odia come il mal occhio o come un peccato contro il costume e il diritto.                                                                                                                                     

TA [1976:52] Distruttori sono coloro che sistemano trappole per i molti e li chiamano Stato: su di essi affiggono una spada e cento cupidigie.                                                                                       

Dove ancora esiste, il popolo non capisce lo Stato e lo odia come occhio malvagio e colpa contro i costumi e i diritti.                                                                                                                              

TA [1985:67] Sono distruttori coloro che apparecchiano trappole per i molti e le chiamano Stato: vi innalzano sopra una spada e cento cupidigie.                                                                                       

Dove c’è ancora popolo, esso non capisce lo Stato e lo odia come sguardo malvagio e peccato contro i costumi e i diritti.

Un altro rimaneggiamento ideologico si trova nel § Vom freien Tode, in cui viene asserito che se Gesù fosse arrivato all’età di Zarathustra avrebbe cambiato idea e non sarebbe morto sulla croce:

TP [1968:91] Glaubt es mir, meine Brüder! Er starb zu früh; er selber hätte seine Lehre widerrufen, wäre er bis zu meinem Alter gekommen! Edel genug war er zum Widerrufen! 
TA [1899:66] Credetemelo, fratelli miei! Egli morì troppo presto: egli stesso avrebbe revocato le sue dottrine se avesse raggiunto l’età mia!                                                                                                   

Egli sarebbe stato nobile abbastanza per revocarle!                                                                         

TA [1928:60] Credetemi, fratelli miei! Egli morì troppo presto: egli stesso avrebbe rinnegate le sue dottrine se fosse vissuto fino a questi tempi!                                                                               

Egli sarebbe stato nobile abbastanza per rinnegarle!                                                                                 

TA [1976:82] Credetemi, fratelli! Egli morì troppo presto; egli stesso avrebbe ritrattato la sua dottrina, fosse giunto alla mia età! Egli era tanto nobile da ritrattare!                                                 

TA [1985:91] Credetemi, fratelli! Egli morì troppo presto; egli stesso avrebbe rinnegato il proprio insegnamento, se fosse arrivato fino alla mia età! Era abbastanza nobile per rinnegarlo!

E’ tuttavia presumibile che Renato Giani abbia manipolato volontariamente questa frase per lanciare un’accusa indiretta ai tempi moderni. 

 

 

Note in appendice di Montinari

 

Veniamo adesso a trattare brevemente l’uso delle note nell’edizione di Colli-Montinari.

Le note sono state poste in appendice per non frammentare la lettura. L’introduzione alle note ci fornisce importanti notizie circa la stesura delle quattro parti, le fonti sulle quali Nietzsche si è documentato per il suo Zarathustra (soprattutto Versuche di Emerson), e le vicende editoriali dell’opera. A queste informazioni più o meno utili per il lettore, viene aggiunta una nota utile per i traduttori e gli esegeti circa il “debito” di Nietzsche verso Lutero traduttore della Bibbia. Colli e Montinari sottolineano come “la nostra lingua non ha […] una traduzione della Bibbia, cui possa essere attribuita un’influenza analoga a quella che la traduzione di Lutero ebbe sulla lingua tedesca. Le numerose citazioni più o meno parafrasate […]  sono solo l’aspetto vistoso di un rapporto intimo che va fino alla scelta di singole parole e locuzioni e al modo di congiungere tra loro le preposizioni o di introdurre certi pensieri di significato particolare. Questa atmosfera peculiare, che del resto è nella tradizione dei classici tedeschi, va già perduta nel testo tradotto, e tale perdita riduce anche i […] riferimenti nelle note della Bibbia” [1976:397].

Veniamo adesso a definire l’entità delle note e di conseguenza il loro significato. A mio parere, le note in appendice possono esser divise nelle seguenti cinque categorie:

a)      citazioni e rimandi concettuali ad altre opere di Nietzsche stesso – Colli e Montinari evidenziano i legami tra alcuni passi di Also sprach Zarathustra ed altri testi nietzschiani (o altri passi all’interno dell’opera stessa), da un punto di vista linguistico o concettuale. Si prendano ad esempio i § 37, 255 o 267.

b)      citazioni bibliche – in questa categoria rientrano tutte le citazioni dirette della Bibbia (§26, §200, §231) citazione indirette (§ 2, §19, §56), e precetti evangelici che vengono capovolti (ad esempio §57, §66, §166).

c)       citazioni di altri testi – particolarmente apprezzato da Nietzsche è Versuche di Emerson (§44, §47, §91, §121). Numerose citazioni anche dall’Empedocle e dall’Iperione di Hölderlin (§60, §75, §128, §140), dal Faust di Goethe (§76, §98, §107, §130) o da Shakespeare (§9, §32, §110, §329). Sono stati pervenuti alcuni rimandi alle opere di Schopenhauer (§100, §102, §132) e Wagner (§43, §72, §92, §241).    

d)     spiegazioni di Colli e Montinari – fanno parte di questa categoria tutte le note aggiunte dai due studiosi tendenti a facilitare la comprensione dell’opera. Si tratta di citazioni tratte dall’epistolario di Nietzsche (§ 75, §79, §181), stesure preparatorie (§67, §100, §272), spiegazioni o parafrasi (§48, §49, §50).

e)      note traduttive – in queste rare spiegazioni alle varie scelte traduttive si concentra la nostra attenzione. La scelta traduttiva di Hinterweltler viene spiegata nel §22 (ne verrà successivamente fatto un rimando al §192). Nel § 85 viene menzionata l’omofonia gerecht/gerächt. Interessante è il §190 in cui viene sottolineato l’impiego della locuzione “volontà di dominio” (Herrschsucht) al posto di “volontà di potenza”.  

Le 357 note in appendice servono solamente a “sfrondare” il testo, come gli stessi Colli e Montinari sottolineano nell’introduzione alle note, facendo poi rimando alle esegesi di Hans Weichelt (in Friedrich Nietzsche: Also sprach Zarathustra) e Gustav Naumann (Zarathustra-Commentar). 

Per quanto riguarda la prima categoria sono state riscontrate 115 note, 160 citazioni bibliche, 53 citazioni di altri testi, 35 spiegazioni degli studiosi e 4 note traduttive.

 
 

Conclusioni

 

Esaminare le traduzioni di Weisel, Giani, Montinari e Giametta è stato utilissimo per molti motivi. 

In primo luogo perché ho avuto occasione di osservare quanto la lingua possa cambiare a distanza di soli cinquanta anni.                                                                                                  

In secondo luogo ho capito quanto sia importante il significato della singola parola, specie in campo filosofico / poetico. Difatti, come si può notare con l’errore “zum Kind ward Zarathustra” (riportato nella seguente trattazione a pagina 22) prediligere sempre la soluzione più logica può essere estremamente pericoloso. Questo esempio sottolinea l’importanza della corretta traduzione e di come sia difficile tradurre il linguaggio filosofico. Questa trattazione ha accresciuto in me il convincimento che è estremamente difficile tradurre a pieno un testo filosofico, poiché ad ogni parola corrisponde un background talmente vasto e allo stesso tempo definito. Le difficoltà per il traduttore sorgono soprattutto quando la parola comune diventa termine filosofico. È impossibile tradurre un testo filosofico/poetico senza conoscere a fondo il pensiero dell’autore. Le versioni di Edmondo Weisel e di Renato Giani avvalorano la mia tesi.

Qualora il traduttore volesse procedere alla traduzione filosofica necessiterebbe di una profonda conoscenza dell’autore, del suo pensiero e del lessico filosofico appropriato.                            

Un altro grande tema sul quale ho abbondantemente parlato nel corso della presente trattazione è l’approccio traduttivo.                                                                                                   

La versione di Renato Giani è una rielaborazione alquanto abborracciata del testo di Weisel, che contiene per  sua natura alcuni errori traduttivi imperdonabili. Il testo di Giani è il più interessante per quanto riguarda la critica traduttiva perché offre numerosi spunti di riflessione in merito alla libertà del traduttore di aggiungere o eliminare determinate parole del testo di partenza. E’ una libertà che si prende talvolta anche Montinari, senza però creare stravolgimenti significativi – al contrario di Giani, appunto. Durante l’analisi del testo di Giani si sono potuti riscontrare alcuni interventi censorei e rimaneggiamenti alla versione di Weisel. È possibile suddividere gli interventi censorei in due categorie: censure inerenti alla sfera sessuale e censure ideologico/religiose. Principalmente si tratta di omissioni o piccole modifiche al testo di Weisel, come è stato dimostrato nel corso della presente trattazione.       

La versione di Montinari e quella di Giametta sono le migliori per quanto riguarda la fedeltà al TP, poiché sono state fatte da autorevoli e profondi studiosi del pensiero nietzschiano.                              

In conclusione: la versione di Weisel e la successiva di Giani ci dimostrano un’importante tendenza traduttiva, basata sulla logicità degli enunciati (come è stato dimostrato più volte nel corso della presente trattazione). Sono traduzioni fatte senza cognizione di causa, senza conoscere profondamente cioè la filosofia dell’autore, dando forma poi a errori imperdonabili che confuterebbero il senso dell’opera medesima. Mazzino Montinari per contro ha dimostrato a coloro i quali volessero intraprendere il mestiere della traduzione (specie in campo filosofico/poetico) l’importanza di conoscere e contestualizzare l’autore, per poi poter donare ai lettori un testo il più fedele possibile all’originale. Giametta ha completato l’opera di Montinari con il paziente lavoro di limatura, rendendo l’opera ancora più scorrevole del testo di Montinari, rispettando appieno il criterio di Loyalität di Nord nei confronti del TP.

 

 

 

 

Bibliografia

 

SITI CONSULTATI

 

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FONTI

 

Nietzsche, F. [1968] Also sprach Zarathustra, in Nietzsche Werke, Kritische Gesamtausgabe, herausgegeben von Giorgio Colli und Mazzino Montinari, Berlin, Walter de Gruyter & Co

Nietzsche, F. [1899] Così parlò Zarathustra , traduzione di Edmondo Weisel, Torino, Bocca Editore

Nietzsche, F. [1928] Così parlò Zarathustra, traduzione di Renato Giani, Torino, Bocca Editore

Nietzsche, F. [1976] Così parlò Zarathustra, traduzione di Mazzino Montinari, Milano, Adelphi Editore

Nietzsche, F. [1985] Così parlò Zarathustra, traduzione di Sossio Giametta, Milano, Fabbri Editori

 

MONOGRAFIE E ARTICOLI

 

Allison, B. [1969] Nietzsche, Epistolario (1865-1900), la vita di Nietzsche attraverso una scelta delle sue lettere – Torino, Einaudi Editore

Cimmino, L. [2003] Problemi di terminologia filosofica nella traduzione a tedesco all’italiano, in Zingerle Cappai - Sozialwissenschaftliches Übersetzen als interkulturelle Hermeneutik – Il tradurre nelle scienze sociali come ermeneutica interculturale;  Milano, Franco Angeli Editore e Berlin, Dunker & Humblot

Del Camino Gutiérrez Lanza [2000] Leyes y criterios de censura en la España franquista. Traducción y receptión de textos literarios in Vega - Martín-Gaitero La palabra vertida : investigaciones en torno a la traduccion – Madrid, EDICLAS

Nord C. [1988] - Textanalyse und Übersetzen: theoretische Grudlagen, Methode und didaktische Anwendung einer Übersetzngsrelevanten Textanalyse – Heidelberg, Julius Groos Verlag

Pasqualotto, G. [1985] Commento in Così parlò Zarathustra, traduzione di Sossio Giametta, Milano, Fabbri Editori

Rega, L. [2001] – La traduzione letteraria : aspetti e problemi – Torino, UTET Editore.

Roger-Pol Droit [2006] Nietzsche, Le philosophe de la vie  in Le Point, n°1768

Rosa A. e AA.VV. [1974]- Antologia della letteratura italiana, L’ottocento e il novecento, Milano, Rizzoli Editore.

Rossi, F. [2002] La lingua in gioco, Da Totò a lezione di retorica – Roma, Bulzoni Editore         Vattimo, G. [1974] Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione, Milano, Bompiani.

Schmidt, R. [1995] Premessa terminologica, in Aa.Vv. Annali di Sociologia 9.1993-II Milano, Franco Angeli Editore e Berlin, Dunker & Humblot

Vega, M.A., Martín-Gaitero, R. [2000].La palabra vertida : investigaciones en torno a la traduccion – Madrid, EDICLAS,

Weinrich, H. [2005] – Textgrammatik der deutschen Sprache / -3. revidierte Auflage,  Hildesheim, Zürich; New York; Georg Olms Verlag

Zingerle, A. ; Cappai G. [2003] – Sozialwissenschaftliches Übersetzen als interkulturelle Hermeneutik – Il tradurre nelle scienze sociali come ermeneutica interculturale;  Milano, Franco Angeli Editore e Berlin, Dunker & Humblot

Žmegač Škreb Sekulić [2000] Breve storia della letteratura tedesca, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi                                                               

 

DIZIONARI CONSULTATI:

 

Beccaria, G.L. [2004] Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica – Torino, Piccola Biblioteca Einaudi

DIT, Dizionario Italiano-Tedesco Paravia 2004

Dizionario della lingua italiana De Mauro 2002

Dizionario della lingua italiana, Zanichelli 2006

Dizionario etimologico della lingua italiana Cortelazzo-Zolli, Bologna, Zanichelli 1988

 

 

 

Ringraziamenti

 

 

Desidero, a conclusione della presente trattazione ringraziare principalmente la professoressa Lorenza Geremia Rega ed il professor Reimar Klein per la loro disponibilità e cortesia.

Ringrazio tutti coloro che mi sono stati accanto in tutti questi anni, gli “amici di lotta” di Firenze e i compagni di corso di Trieste.

Desidero ringraziare Thomas Calmasini del sito www.friedrich-nietzsche.it per l’aiuto fornitomi in questi mesi. 

Grazie ai miei genitori per il loro aiuto morale (ed economico, sic!). Grazie ai miei fratelli, di sangue e non.

Grazie a Valentino.

Grazie a Valentina.

Grazie a Sara.

Grazie a Dio.

 

               E a tutti voi.

                                   

 

 

                                    Marco Bonciani

Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi.

Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me, adesso è un dio a danzare, se io danzo. (trad. di M. Montinari)

http://www.cronologia.it/storia/a1886a.htm

id.

F. Nietzsche, Epistolario (1865-1900), la vita di Nietzsche attraverso una scelta delle sue lettere. A cura di Barbara Allison – Torino, Einaudi editore [1969:211-212]

http://www.campodecriptana.de/blog/2006/07/27/590.html

http://www.mercatiesplosivi.com/contraddizione/parole.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Nietzsche

[Il] tempo del nichilismo trionfante è quando i valori supremi si svalutano, la volontà si attenua e ci si chiede: “a che pro?”. Dovrebbe lasciare il posto, al termine di un lungo e difficile processo, all’ “oltreumano”. E’ stato tradotto erroneamente con “superuomo”, perché non è né Superman né il rappresentante di una nuova specie. L’ “oltreumano” designa ciò che potrebbe essere una trasformazione a venire della vita umana, che diviene allo stesso tempo più saggia e più forte, perché non è rinchiusa in una natura immutabile. Questo umano del futuro desidererà con una potenza diversa dalla nostra, abbastanza forte da volere che ritornino le conseguenze dei suoi atti. Questo è il senso della celebre visione dell’ “eterno ritorno”. [N.d.T.]

www.psicologiaitinerante.it/24_appunti_di_psicologia/24_06_la_teoria_strutturale.html

http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/031125.htm