Data: Sat, 22 Sep 2007 05:17:57 +0200 (CEST)
Da: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: Ermanno Bencivenga a Modena il 14 settembre 2007
A: ebencive@uci.edu
http://www.friedrich-nietzsche.it/forum/in...p?showtopic=527
Mio padre Alfredo ( insieme leggemmo Platone amico mio) ha commentato la terza parte del video così:'' Perché la prossima volta non ci parli a tu per tu con Bencivenga? Parlare in piazza può sembrare solo una esibizione. ''
Intanto ciao, Ermanno
Andrea ( D'Emilio), Pescara
p.s.: conosco Marco Ammirata di Rende, ed è stato di cuore con me.
Data: Sat, 22 Sep 2007 16:00:00 -0700
A: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it>
Da: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: Re: Ermanno Bencivenga a Modena il 14 settembre 2007
Grazie per il video, Andrea, e saluti cari a te e a tuo padre. Il quale sembra saggio. Parlare in piazza va benissimo, ma forse avresti dovuto anche parlarmi di persona: venire in treno o al bar. Invece non ti ho visto. Sarà per un'altra volta. A presto. Ermanno
P.S. Non so chi sia Marco Ammirata, o almeno non ricordo. E.
Data: Sun, 23 Sep 2007 02:23:06 +0200 (CEST)
Da: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: spero non finisca qui
A: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu>
grazie a te, Ermanno. Ti fa onore dare retta ad un ragazzo come me. Anche per vanità lo fai. Pensa che mesi addietro ho inviato la stessa e-mail selvatica a quasi 100 proff universitari di filosofia qui in italia, precisando che l'eventuale loro risposta l'avrei pubblicata. Hanno risposto in 7, e se vorrai te li dirò. A questi sette sono disposto a perdonare tanto, persino che non abbiano 20 annni!
non ho dormito ieri notte e sono stanco-nauseato di me , più che altro. Mi piacerebbe tanto poter continare a scriverci, e stai tranquillo: non sono così coglione da credermi anche lontanamente al tuo livello. Però una cosa la sento: non c'è solo vanità in me.
grazie ancora
Marco Ammirata è calabrese come te, tutto qui: mi piace parlare di persone che conosco come se fossero universali
tu pensi che non siano GESTIBILI centinaia di persone che stanno lì a pensare. né credi che ciò possa accadere. lo studio, l'intelligenza , l''esperienza e la bencivenghità ti danno il diritto di crederlo. Io ho solo i miei fantasmi e ti chiedo il permesso di lasciarli uscire. magari ne verrà fuori qualcosa, anzi ne sono certo.
scusami se mi prendo confidenza, ma c'è un grande fosso di ruffianeria giovanile da superare. Ciao e spero alla prossima!
Andrea
Data: Sat, 22 Sep 2007 18:09:51 -0700
A: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it>
Da: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: Re: spero non finisca qui
Ciao ancora Andrea:
I livelli non c'entrano; c'entra la disciplina.
Se passi i prossimi quarant'anni a studiare, il
tuo cosiddetto livello verrà esaltato. Il che mi
porta a un'importante precisazione. Io non credo
affatto che centinaia di persone che pensano
insieme non siano gestibili; credo invece che
gestirle richieda molto lavoro e molto esercizio,
da parte di tutti. Diffido della "spontaneità", o
per meglio dire: la spontaneità è un effetto
prodotto da grandissima preparazione, come negli
attori o musicisti che "improvvisano". In ogni
circostanza, dunque, bisogna chiedersi quali
siano le risorse disponibili e cercare di fare
una piccola differenza entro quell'ambito. Se
metti un microfono in mano a mille persone e crei
un casino, dai ragione ai nemici della cultura;
se vuoi mettere un microfono in mano a mille
persone, preparati a un anno di lavoro
preliminare insieme a loro perché il risultato
sia tale che tutti possano esserne fieri.
Ancora un caro saluto
Ermanno
Data: Sun, 23 Sep 2007 03:26:49 +0200 (CEST)
Da: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: parte della mia tesina di laurea triennale per novembre ( non mi soddisfa)
A: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu>
Rispondimi quando potrai/ vorrai, non preoccuparti. Nessun saluto!
Cap. 3 Alla ricerca del dialogo perduto
Entriamo in un’aula. Una persona parla e tutte le altre ascoltano. Più
precisamente prendono appunti. C’è chi si distrae e non fa nulla, ma
le mani che scrivono sui loro quaderni le parole del professore
stanno davvero facendo qualcosa ? Il più delle volte questi appunti
non sono nemmeno schematici, il risultato di un tentativo di
rielaborazione: trascrivono e basta. Perché mai ? Noi studenti
veneriamo a tal punto i professori da non voler perdere neanche una
loro sillaba ?
Abbiamo dimenticato un elemento presente nell’ aula, in ogni aula :
l’esame. Aleggia implacabile, ed ogni studente lo considera ben più
reale della tanto chiacchierata ‘’ricerca della verità’’. Ma che cos’è un
esame ? L’esame è, perlopiù , un duplice esercizio di vanità : quella
del professore e quella dello studente. La vanità-amor proprio del
professore sta nel volersi sentir ripetere le stesse parole da lui
pronunciate a lezione; la vanità-vacuità dello studente sta
nell’accontentarlo, nel pensare solo al libretto dei voti. Ecco
perché i nostri appunti sono soprattutto una trascrizione.
Lo studente non conta niente. E niente fa per contare di più, per
esistere effettivamente. I programmi dei corsi li decide il professore,
così come i metodi d’insegnamento. La libertà dello studente è fare
qualche domanda, possibilmente aderente al discorso del professore
e che comunque non necessariamente riceverà risposta. A volte le
domande sono false, apparenti : le facciamo per compiacere il
docente, riformulando a parole nostre quello che ha appena detto
e dimostrargli così che siamo stati attenti.
Ma come sono questi programmi ? Il più delle volte riguardano un
determinato autore o un certo problema che sta a cuore al professore.
Succede anche che anno dopo anno li si ritrovi tali e quali o quasi. I
libri scelti sono spesso del professore medesimo. Il risultato è che lo
studente finisce per non avere un’idea complessiva della materia
studiata, e i classici della tradizione li legge poco o niente. Inoltre i
corsi non vengono vivacizzati dalla trattazione di pensatori opposti tra
di loro, così da rendere drammatica l’esposizione e magari
emozionare chi ascolta. Senza emozione resta solo l’imparaticcio.
I metodi d’insegnamento sono … il metodo d’insegnamento :
monologo dalla cattedra. Ciò costringe gli studenti alla passività, non li
coinvolge nel processo vivo del pensare. Si esercita la memoria e non
il ragionamento. In questo modo frequentare un corso di filosofia è
come andare a medicina o in qualunque altra facoltà. Il
linguaggio utilizzato è tecnicistico , ripete
gli stessi termini del filosofese senza illustrarli con un lessico
chiaro per tutti. A parte la noia , il risultato è che lo studente impara a
parlare e a scrivere come una scimmia dei libri che ha letto, e a
credere che la filosofia sia mettere strane parole nel vuoto dei propri
pensieri.
Un’ altra caratteristica della nostra accademia è che gli
orologi assurgono a divinità. Finito l’orario della lezione tutto finisce.
Gli studenti traggono un sospiro di sollievo e il professore si invola.
Ma dove va ? Che cosa avrà di così urgente? Possibile che mai una
volta nasca spontaneamente una discussione, si organizzi qualche
incontro al di fuori delle aule , insomma si superi la dimensione dell’
operaio che timbra il cartellino ?
E i lati positivi dove sono ? Probabilmente faccio fatica a trovarli
perché quelli negativi li soffro particolarmente. Se lo studente mette al
primo posto la laurea e fa del conformismo e dell’infingimento la sua
divisa, resta poco da sperare. L’impressione generale è che la
filosofia universitaria odierna sia un teatro in cui ognuno recita il suo
ruolo prestabilito, evitando ogni spontaneità e mirando a finire lo
spettacolo nel modo più indolore possibile. L’inautenticità regna
sovrana. Non c’è mai nulla di personale, di passionale: è un lavoro
come gli altri.
La filosofia universitaria potrà salvarsi se gli studenti proveranno a
mettere in discussione le presunte certezze del sistema.
Ad esempio: siamo sicuri che i professori ‘’ne sappiano di più’’ e
quindi debbano parlare soprattutto loro ? Siamo sicuri che
‘’formazione’’ voglia dire subire la volontà altrui ? Siamo sicuri che
trascorrere anni della nostra vita nella subordinazione sia degno della
nostra gioventù ?
I professori ‘’ne sanno di più’’ nel senso che hanno esperienza,letture,
mestiere. Ma io credo che proprio per questo dovrebbero scendere
dalla cattedra e porsi sullo stesso piano dello studente. La loro cultura
deve mettersi al servizio del giovane, deve stimolarlo, provocarlo,
prenderlo sul serio mostrandogli che nella ricerca della verità non ci
sono gerarchie. Ascoltare lo studente significa insegnargli che anche
lui può pensare.
C’è bisogno di abbattere la distanza di sicurezza che ci conserva
ognuno nel nostro guscio. Bisogna mostrarsi come persone e non
semplicemente come professori e studenti. Se anche nell’università
l’espressione di sé è proibita, lo stare in una classe perde senso. Va
nascendo la ‘’didattica a distanza’’, che sostituisce alla comunità in
carne e cogito uno schermo. Mi sembra logico: ‘’a distanza’’ stiamo
anche noi, sebbene riuniti insieme, proprio perchè riuniti insieme.
Noi studenti dobbiamo reagire ai programmi imposti, chiederne la
ragione, domandare perché non si possa tracciare insieme il cammino
da percorrere. Mi sembra un’ ovvietà, e quasi mi vergogno a
rivendicarla. Dobbiamo portare in aula i nostri interrogativi , gli autori
che abbiamo incontrato da soli, fare della lezione una questione di
vita. Non è possibile che tutto sia già programmato, che ogni volta si
assista al solito copione.
Noi studenti dobbiamo riunirci periodicamente e discutere insieme con
i professori. Essere adulti. Si potrebbero formare programmi aperti al
contributo di tutti, vitali perché tutti li riconoscerebbero come propri.
L’alienazione diventerebbe attività e la formazione un processo
faticoso ma gioioso. Il professore non verrebbe più percepito come
un’ autorità impositiva e guardiana, ma si intreccerebbe una feconda
relazione capace di valorizzare ambo le parti.
Questo cambiamento, però, deve nascere dagli studenti. Bisogna che
ciascuno senta disagio e si ribelli. Non la ribellione facinorosa che
porta soltanto ad un consolidamento del sistema. Ma prendere
coscienza che ne va della nostra vita, di noi stessi, di un futuro che
non può essere ridotto ad un posto di lavoro. Che senso ha studiare i
grandi pensatori, uomini che hanno voluto il cambiamento e sofferto
per esso, se poi non siamo nemmeno capaci di vivere con dignità il
nostro corso di studi? Il professore va considerato un alleato, non un
padrone.
La parole chiave può essere ‘’dialogo’’. Il vero dialogo è quello in cui
ognuno mette al primo posto la ricerca della verità e non se stesso.
Bisogna addirittura voler essere confutati, desiderare che l’altro ci
porti aldilà di noi stessi. Dialogare è ammettere che ogni persona può
insegnarci, deve essere ascoltata, non deve subire il nostro privilegio.
Forse è chiedere troppo alla nostra natura, egoista e spaventata. Ma
a che cosa serve il futuro se non lo indirizziamo al superamento? Si
potrebbe anche ammettere che il sistema vigente abbia avuto la sua
verità. Ma se chi lo vive ne soffre, forse è giunta l’ora di cambiarlo.
Non credo di essere il solo a soffrire questo sistema: mi basta
guardare le facce dei miei coetanei, e in esse rispecchiarmi. È che
non crediamo di avere il diritto di fare dell’ università quello che
vogliamo. L’università la sentiamo estranea, una necessità. Siamo
stati educati al dovere, al rispetto dell’autorità, a considerare lo spazio
pubblico diverso da quello privato. E invece non è così. L’università è
nostra, esiste per noi, può essere una nostra creatura. Certo, serve
energia, volontà di sacrificio, coraggio, magari un pizzico di follia ( e
se la follia fosse una nuova ragione calunniata a quella vecchia ? ),
ma restare come siamo significa sprecare la nostra libertà.
Conclusione
Abbiamo visto come Schopenhauer sia un nemico giurato della
filosofia universitaria del suo tempo. I professori non fanno vera
filosofia perchè parafrasano la religione di Stato. Hanno tradito
l’insegnamento di Kant e avvelenato i loro allievi. L’unico rimedio è
limitare il loro insegnamento ad un breve corso di storia della filosofia
e alle lezioni di logica. La filosofia è destinata agli spiriti superiori che
sacrificano tutto alla ricerca della verità senza accettare alcun
compromesso.
A differenza di Schopenhauer, nella descrizione della situazione
attuale ho concentrato l’attenzione sul rapporto studente-professore.
Non c’è una relazione vitale: i docenti la fanno da padroni e gli
studenti subiscono per convenienza.
Solo se noi giovani sapremo riattivarci ed uscire dallo stato di
minorità, la filosofia universitaria potrà essere una palestra del
pensiero ed un’esperienza di vera formazione. Dalla passività al
dialogo, dalla gerarchia alla ricerca comune della verità
Data: Sat, 22 Sep 2007 19:02:24 -0700
A: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it>
Da: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: Re: parte della mia tesina di laurea triennale per novembre ( non mi soddisfa)
Caro Andrea:
Io invece ti saluto perché sono abituato così. E mi dichiaro completamente d'accordo con l'analisi lucida e appassionata che conduci in questo scritto. Del resto, con me sfondi porte aperte: sono entrato nell'università nel 1968 e da allora non ho mai cambiato idea sugli obiettivi. Ho però maturato una qualche consapevolezza dei metodi, e soprattutto della necessità dell'autodisciplina. Gli ignoranti in cattedra mantengono il loro potere, in buona parte, perché i loro sudditi diventano loro complici cercando le strade più facili per arrivare ... chissà dove ... Tu parli giustamente di assunzione di responsabilità. Per un kantiano come me, la responsabilità è il vero senso della libertà, ed equivale a sua volta a dovere morale, a rispetto non del potere ma della razionalità.
Detto questo, occorre pensare globalmente e agire localmente. Che cosa possiamo fare per avvicinarsi all'ideale di libertà/responsabilità che condividiamo? Purtroppo gli obiettivi del 1968 non sono stati neanche approssimati perché si è pensato che il dialogo potesse nascere naturalmente, che abbattere gli steccati e le autorità fosse sufficiente. E invece si sono creati nuovi steccati e nuove autorità. Bisogna ammettere che costruire il dialogo sarà difficile, che passerà anche per le piazze di Modena, e poi magari per i caffè di Modena, e per gli scambi virtuali fra persone che a malapena si conoscono, e per tante altre strade faticose e tortuose, da percorrere comunque con passione e con coraggio non solo a vent'anni, ma anche a sessanta, perché non è solo una questione di ormoni, ma di umanità.
Un caro saluto
Ermanno
Data: Sun, 23 Sep 2007 10:14:49 +0200 (CEST)
Da: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: fantasia e metodo
A: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu>
sei una bella persona: ho quasi la sensazione che potrei continuare con le mie bambocciate ricevendo puntualmente i tuoi saluti e le tue risposte. ok, l'Ermanno è giusto. D'ora in poi ti diventerò serio. Intanto beccati il mio grazie e i miei saluti abruzzesi, perché...così sono abituato.
Alla prossima e non temere: nessuno può fermare chi non si ferma da solo.
p.s.: ricorderò e userò la distinzione tra ormoni e umanità. Grazie.
Data: Sun, 23 Sep 2007 10:20:03 +0200 (CEST)
Da: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: devono sapere che tu non sei uno che non risponde.
A: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu>
pubblico nel forum di www.friedrich-nietzsche.it e dove capiterà ( pure l'amico fritz era kantiano, o no? mattacchione a suo modo ma autentico come Emanuele - ho letto il Ritrattino di Massimo Piattelli Palmarini) le tue risposte.
autodisciplina: ci proverò.
Data: Sun, 23 Sep 2007 10:48:40 +0200 (CEST)
Da: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it> Aggiungi alla Rubrica
Oggetto: invito bencifregno
A: "Ermanno Bencivenga" <ebencive@uci.edu>
http://www.friedrich-nietzsche.it/forum/in...p?showtopic=543
a 'sto punto, quando puoi e vuoi ( è la seconda volta che ti appioppo 'sta formula leguleia), non ti resta che venire nel forum!
buona giornata e scusami.
p.s.: sarebbe bencifregno ( ''fregno'' a Pescara vuol dire ''fregno'', cioè grosso modo ''fico'' ma con un senso di fierezza e allegria alla Gabriele Manthonè) se portassi nel forum qualche tua studentessa/studente della California. O no?