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> Potenza contro piacere, Analisi di Kaufmann
NIHILO
messagio Apr 9 2008, 08:39 AM
Messaggio #1


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Walter Kaufmann, intellettuale di origine tedesca ma, come tanti al suo
tempo, trapiantato negli Stati Uniti, ebbe il grande merito di diffondere
oltreoceano la filosofia del nostro.
Il suo più celebre saggio su Nietzsche, "Nietzsche, filosofo, psicologo,
anticristo", contiene un capitolo dal titolo "Potenza contro piacere ".
Voglio invitare chi ha letto questo saggio a commentare questo
capitolo e chi non lo ha letto a esprimere le considerazioni che gli
suggerisce il titolo summenzionato.
Io lo lessi molti anni fa, e questo capitolo mi è rimasto sempre impresso,
ne ricordo in parte il contenuto, ma non ho avuto la possibilità di rinfrescare
la memoria al riguardo perchè non trovo più il libro.
Spero di non aver avuto la sbadataggine di metterlo inavvertitamente tra i libri
che ho dato via.


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nemo
messagio Apr 9 2008, 10:14 AM
Messaggio #2





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CITAZIONE(NIHILO @ Apr 9 2008, 09:39 AM) *
Walter Kaufmann, intellettuale di origine tedesca ma, come tanti al suo
tempo, trapiantato negli Stati Uniti, ebbe il grande merito di diffondere
oltreoceano la filosofia del nostro.
Il suo più celebre saggio su Nietzsche, "Nietzsche, filosofo, psicologo,
anticristo", contiene un capitolo dal titolo "Potenza contro piacere ".
Voglio invitare chi ha letto questo saggio a commentare questo
capitolo e chi non lo ha letto a esprimere le considerazioni che gli
suggerisce il titolo summenzionato.
Io lo lessi molti anni fa, e questo capitolo mi è rimasto sempre impresso,
ne ricordo in parte il contenuto, ma non ho avuto la possibilità di rinfrescare
la memoria al riguardo perchè non trovo più il libro.
Spero di non aver avuto la sbadataggine di metterlo inavvertitamente tra i libri
che ho dato via.


Perchè contro?

per me, sono due condizioni umane che possono benissimo coesistere

anzi...
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NIHILO
messagio Apr 10 2008, 08:25 AM
Messaggio #3


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....direi che in questo caso bisogna lasciar da parte
il riferimento diretto alla sfera sessuale.


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nemo
messagio Apr 10 2008, 10:28 AM
Messaggio #4





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CITAZIONE(NIHILO @ Apr 10 2008, 09:25 AM) *
....direi che in questo caso bisogna lasciar da parte
il riferimento diretto alla sfera sessuale.



Infatti!

non parlavo di quella...
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NIHILO
messagio Apr 10 2008, 10:59 AM
Messaggio #5


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Il titolo vergato da Kaufmann invero fa riferimento
ad un dominio molto ampio del pensiero nicciano,
un dominio che egli sviluppò nel corso dei suoi ultimi
anni coscienti, e di cui si trovano già tracce evidenti in alcuni
aforismi di MAZ.....
Comunque, nemo, prova a scorgere un'antitesi tra questi due poli,
come fece il nostro.
Mi manca, però, la fuga sulla fascia laterale e la percussione in area
di rigore di Joseph.
BUNDESLIEGES STUERMER JOSEPH!!


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nemo
messagio Apr 10 2008, 11:28 AM
Messaggio #6





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CITAZIONE(NIHILO @ Apr 10 2008, 11:59 AM) *
Comunque, nemo, prova a scorgere un'antitesi tra questi due poli,



Potenza (volontà di potenza/superuomo) cioè presa di possesso totale del proprio "sè"

io credo avvicini addirittura al piacere (non vedo antitesi) solo l'uomo "nuovo" può godere
di ciò che lo circonda, in quanto, ha piena consapevolezza di sè e "vede, può vedere e vuole vedere"

il suo "esterno", ma anche il suo "interno".
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NIHILO
messagio Apr 23 2008, 10:19 AM
Messaggio #7


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Do un'altra traccia.
Heidegger sostiene che secondo Nietzsche l'essenza dell'ente
è la volontà di potenza, cioè che l'ente è SOLO in quanto volontà di
potenza, quindi la volontà di potenza fonda e costituisce l'ente.
Tuttavia, siccome ora - cioè dopo che Dio è morto, e quindi il
"mondo vero", vale a dire il platonico mondo delle idee, dell'immutabile,
del permanente, è negato, scadendo, attraverso un "contromovimento"
( penso in ted. si dica WIDERBEWEGUNG, ma non ne sono sicuro )
"trasvalutante", nel mondo apparente - l'ente soppianta, prende il posto
dell'Essere, - Heidegger dice che "occulta l'essere" - ma, privo ormai della sua
intrinsecità trascendente, si preserva solo dispiegando sè stesso,
quindi ripetendosi eternamente, questo dispiegamento può relizzarsi soltanto
confermando continuamente la sua essenza, cioè la volontà di potenza, inverando
il suo "superpotenziamento".
In ultima analisi secondo Heidegger Nietzsche afferma che l'ente nel suo insieme
sussiste solo superpotenziandosi continuamente, e che se l'ente cessa di superpotenziarsi
ciò significa che si depotenzia.
Ergo.....?


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Stirner
messagio Apr 24 2008, 11:15 PM
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CITAZIONE(NIHILO @ Apr 23 2008, 11:19 AM) *
In ultima analisi secondo Heidegger Nietzsche afferma che l'ente nel suo insieme
sussiste solo superpotenziandosi continuamente, e che se l'ente cessa di superpotenziarsi
ciò significa che si depotenzia.
Ergo.....?


Non può depotenziarsi. Nella visione nicciana ente = volontà di potenza; un depotenziamento sarebbe come dire un annullamento dell'ente(nel suo insieme). Superpotenziarsi vuol dire che la potenza non ha come fine il raggiungere un determinato quantum di potenza il quale, una volta raggiunto, resterebbe a mero stato di conservazione(in questo modo l'essenza dell'ente cesserebbe di essere volontà di potenza). Superpotenziamento è inteso come "il mai fermarsi" della potenza: il suo raggiungere un grado...fissarsi a quel grado....e poi "ripartire" verso più-potenza.

Dal Nietzsche di Heidegger:

""Ciò che i valori condizionano è la vdp. Il valore è la <condizione di conservazione, di potenziamento>. Affinché la vdp come superpotenziamento possa passare al grado superiore, questo grado deve essere non solo raggiunto, ma anche mantenuto, anzi, addirittura fissato attuando la potenza, altrimenti il superpotenziamento non potrebbe essere un superpotenziamento. Solo ciò che ha in sé sussistenza e uno stato stabile può <pensare> al potenziamento. Un grado deve prima essere divenuto in sé stabile perché si possa, poggiando su esso, aumentare il grado.""


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Soltanto con Nietzsche finisce il Medioevo.

Alfred Bäumler.
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NIHILO
messagio May 2 2008, 01:09 PM
Messaggio #9


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<< Stimo la potenza di una volontà da quanta resistenza, sofferenza,
tortura, tale volontà sopporta e sa trasformare a proprio vantaggio >>.
FP 1887-'88, gr. af.smi 10, af.ma 188.


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NIHILO
messagio May 22 2008, 09:46 AM
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CITAZIONE(NIHILO @ May 2 2008, 12:09 PM) *
<< Stimo la potenza di una volontà da quanta resistenza, sofferenza,
tortura, tale volontà sopporta e sa trasformare a proprio vantaggio >>.
FP 1887-'88, gr. af.smi 10, af.ma 188.

Non so se Nietzsche abbia mai letto - ti risulta o meno, Joseph? - il BUSHIDO,
cioè il testo in cui erano codificati i principi - soprattutto psicologici - della guerra,
e che era di fatto il viatico dei samurai, perchè un pensiero come quello espresso
da Nietzsche nell'aforisma surriportato è contenuto, nella sostanza, anche in questo
trattato nipponico, che si riferisce alla capacità di "trasformare lo svantaggio in vantaggio"
come una delle virtu indispensabili del guerriero.


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Sgubonius
messagio May 23 2008, 12:27 PM
Messaggio #11


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CITAZIONE(NIHILO @ May 22 2008, 10:46 AM) *
Non so se Nietzsche abbia mai letto - ti risulta o meno, Joseph? - il BUSHIDO,
cioè il testo in cui erano codificati i principi - soprattutto psicologici - della guerra,
e che era di fatto il viatico dei samurai, perchè un pensiero come quello espresso
da Nietzsche nell'aforisma surriportato è contenuto, nella sostanza, anche in questo
trattato nipponico, che si riferisce alla capacità di "trasformare lo svantaggio in vantaggio"
come una delle virtu indispensabili del guerriero.


Credo che sia molto difficile in quanto il giappone si è fatto conoscere solo verso la fine dell'ottocento, ma certamente un idea di questo tipo è veicolata da tutta la tradizione epicurea che a Nietzsche è molto cara e della quale infatti riprende proprio questa idea.


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"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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NIHILO
messagio May 23 2008, 12:53 PM
Messaggio #12


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CITAZIONE(Sgubonius @ May 23 2008, 11:27 AM) *
Credo che sia molto difficile in quanto il giappone si è fatto conoscere solo verso la fine dell'ottocento, ma certamente un idea di questo tipo è veicolata da tutta la tradizione epicurea che a Nietzsche è molto cara e della quale infatti riprende proprio questa idea.

Sì è vero, ma sai che Nietzsche, oltre ad avere scritto le sue opere più
importanti alla fine del XIX secolo, era anche molto informato sull'oriente.
Comunque più che di tradizione epicurea penso si possa parlare di tradizione
stoica nel contesto che nella fattispecie ci occupa.

-


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Sgubonius
messagio May 24 2008, 10:43 PM
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CITAZIONE(NIHILO @ May 23 2008, 01:53 PM) *
Sì è vero, ma sai che Nietzsche, oltre ad avere scritto le sue opere più
importanti alla fine del XIX secolo, era anche molto informato sull'oriente.
Comunque più che di tradizione epicurea penso si possa parlare di tradizione
stoica nel contesto che nella fattispecie ci occupa.

-


Stavo pensando anche io allo stoicismo all'inizio, però non saprei perchè lo stoico in fondo dice che ciò che non è in tuo potere è da sopportare come travisamento del logos a causa delle passioni ("ανέχoυ καί απέχoυ" sopporta e astieniti), non c'è un vero e proprio moto di "utilizzo" dello svantaggio a vantaggio, c'è più una remissione.
D'altro canto mi pare che nella gaia scienza (purtroppo sono tirchio e leggo tutto da prestito in biblioteca, quindi non posso consultare nulla!) Nietzsche parli proprio di Epicuro in questi termini di vera e propria "pietra filosofale" che trasforma pietra in oro (cosi infatti viene chiamato zarathustra dal nano, ed è anche l'idea che c'è quando parla del tramonto che rende d'oro anche il remo del pescatore). Le due atarassie (stoica ed epicurea) mi pare si distinguano proprio da una sorta di passività vs. attività, in un caso il male è da sopportare come logos e necessità (e certo può esserci una dimensione di amore per il sopportare che può tramutarlo in un bene, ma non mi pare sia immediato), nell'altro è da curare col tetrafarmaco per renderlo felicità.


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NIHILO
messagio May 26 2008, 10:01 AM
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CITAZIONE(Sgubonius @ May 24 2008, 09:43 PM) *
Stavo pensando anche io allo stoicismo all'inizio, però non saprei perchè lo stoico in fondo dice che ciò che non è in tuo potere è da sopportare come travisamento del logos a causa delle passioni ("ανέχoυ καί απέχoυ" sopporta e astieniti), non c'è un vero e proprio moto di "utilizzo" dello svantaggio a vantaggio, c'è più una remissione.
D'altro canto mi pare che nella gaia scienza (purtroppo sono tirchio e leggo tutto da prestito in biblioteca, quindi non posso consultare nulla!) Nietzsche parli proprio di Epicuro in questi termini di vera e propria "pietra filosofale" che trasforma pietra in oro (cosi infatti viene chiamato zarathustra dal nano, ed è anche l'idea che c'è quando parla del tramonto che rende d'oro anche il remo del pescatore). Le due atarassie (stoica ed epicurea) mi pare si distinguano proprio da una sorta di passività vs. attività, in un caso il male è da sopportare come logos e necessità (e certo può esserci una dimensione di amore per il sopportare che può tramutarlo in un bene, ma non mi pare sia immediato), nell'altro è da curare col tetrafarmaco per renderlo felicità.

Condivido in sostanza l'analisi, con una sola obiezione: nei precetti etici dettati da Epicuro, si raccomanda di
FUGGIRE il dolore, di "starne lontano" - apèchein -, e secondo me il punto debole di questa impostazione sta
nel fatto che non sempre ciò è possibile; mentre l'etica stoica prescrive di AFFRONTARE il dolore , di non sottrarvisi e
di annientarlo, trasformando così lo svantaggio in vantaggio. Pensa ai fachiri che si seggono sui cocci di vetro o attraversano
tappeti di braci ardenti. Ne risulta di necessità che seguendo le rispettive pratiche, l'epicureo diventi "rammollito"
mentre lo stoico si rafforza sempre di più, nel corpo e nello spirito.
L'etica stoica è molto vicina all'etica buddhista, l' "eudemonismo" epicureo illude gli umani che possa esistere
un paradiso in terra, non a caso la tesi di laurea di Marx verteva sull'atomismo democriteo in primis e in via
subordinata sull'etica epicurea.


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Sgubonius
messagio May 26 2008, 09:46 PM
Messaggio #15


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CITAZIONE(NIHILO @ May 26 2008, 11:01 AM) *
Condivido in sostanza l'analisi, con una sola obiezione: nei precetti etici dettati da Epicuro, si raccomanda di
FUGGIRE il dolore, di "starne lontano" - apèchein -, e secondo me il punto debole di questa impostazione sta
nel fatto che non sempre ciò è possibile; mentre l'etica stoica prescrive di AFFRONTARE il dolore , di non sottrarvisi e
di annientarlo, trasformando così lo svantaggio in vantaggio. Pensa ai fachiri che si seggono sui cocci di vetro o attraversano
tappeti di braci ardenti. Ne risulta di necessità che seguendo le rispettive pratiche, l'epicureo diventi "rammollito"
mentre lo stoico si rafforza sempre di più, nel corpo e nello spirito.
L'etica stoica è molto vicina all'etica buddhista, l' "eudemonismo" epicureo illude gli umani che possa esistere
un paradiso in terra, non a caso la tesi di laurea di Marx verteva sull'atomismo democriteo in primis e in via
subordinata sull'etica epicurea.


Effettivamente io ho sempre avuto un occhio di riguardo per l'epicureismo e anche Nietzsche dice che è probabilmente il parente più prossimo alle sue teorie (un aforisma della gaia scienza s'intitola "perchè sembiamo epicurei" ma non ricordo cosa dicesse!) però non predica una vera trasformazione dello svantaggio in vantaggio, quanto più un allontanarsi come dicevi tu.
Lo stoicismo ha questa dimensione di "ciò che non mi uccide mi rende più forte" ma ha una ragione di fondo che santura tutto il sistema rispetto all'idea nietzschiana nel senso che toglie la priorità al soggetto per metterla in un logos esterno, mentre nell'epicureismo è sempre l'individuo il protagonista.

Ci vorrebbe un mistone!


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Joseph de Sil...
messagio May 26 2008, 11:27 PM
Messaggio #16


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CITAZIONE(NIHILO @ May 22 2008, 08:46 AM) *
Non so se Nietzsche abbia mai letto - ti risulta o meno, Joseph? - il BUSHIDO,
cioè il testo in cui erano codificati i principi - soprattutto psicologici - della guerra,
e che era di fatto il viatico dei samurai, perchè un pensiero come quello espresso
da Nietzsche nell'aforisma surriportato è contenuto, nella sostanza, anche in questo
trattato nipponico, che si riferisce alla capacità di "trasformare lo svantaggio in vantaggio"
come una delle virtu indispensabili del guerriero.

Non mi è mai capitato di leggere qualcosa su Nietzsche e la cultura giapponese, né risultano, tra i libri della biblioteca nietzscheana, testi di questo genere. Ciò non vuol dire che il nostro, lettore infaticabile ed onnivoro, non potesse conoscere anche il bushido. Se dovessi averne notizie ti farò sapere.
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NIHILO
messagio Jul 16 2008, 01:07 PM
Messaggio #17


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KGW VIII 9 [ 33 ]
<< LA MANCANZA DI DISCIPLINA: in futuro si avrà bisogno dell'ascesi
per il rafforzamento della volontà, per la rinuncia volontaria >>.


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Joseph de Sil...
messagio Oct 15 2008, 11:08 PM
Messaggio #18


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CITAZIONE(NIHILO @ May 22 2008, 08:46 AM) *
Non so se Nietzsche abbia mai letto - ti risulta o meno, Joseph? - il BUSHIDO,
cioè il testo in cui erano codificati i principi - soprattutto psicologici - della guerra,
e che era di fatto il viatico dei samurai [...].

In un breve articolo uscito tre anni fa sulle "Nietzsche Studien" Thomas Brobjer (T. Brobjer, Nietzsche’s Reading About China and Japan, “Nietzsche Studien”, 34, 2005, pp. 329-336) si è occupato delle letture nietzscheane relative alla cultura cinese e giapponese. Queste in breve le sue considerazioni: “There is an extensive interest in Nietzsche’s thinking in China and Japan, and Nietzsche’s interest in and knowledge of Chinese culture was not non-existent, though limited. His knowledge of and interest in Japanese culture, on the other hand, seems to have been basically non-existent” (ivi, p. 329). In effetti, nonostante il titolo, il lavoro di Brobjer si sviluppa quasi esclusivamente sulla Cina, perché sul Giappone pare che davvero Nietzsche non abbia letto nulla o quasi. Ecco cosa scrive ancora Brobjer: “Nietzsche’s interest in and knowledge of Japanese culture and thinking was minimal, much less than that of Chinese. Most of Nietzsche’s very references to Japan and Japanese culture occur beetwen 1884 and 1887, and seem to be due to his friendship with the painter and writer Reinhart von Seydlitz (1850-1931) who was intensively interested in Japan” (ivi, p. 334). Dopo aver aggiunto che i due erano diventati amici dai tempi di Bayreuth (1876) e che si erano scambiati delle lettere fino al tracollo di Nietzsche, Brobjer conclude dicendo che “Nietzsche read Seydlitz short story Im toten Punkt in 1877 and in 1885 he several times refers to Seydlitz’s Le Japonisme [riguardo quest’ultimo Brobjer in nota aggiunge che potrebbe trattarsi di un lavoro letterario o riguardare, più verosimilmente, l’interesse di Seydlitz per l’arte e lo stile giapponese]” (ibid.). A questo punto non sembra molto probabile che Nietzsche conoscesse la storia giapponese e dunque il bushido.
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Sgubonius
messagio Oct 16 2008, 02:50 PM
Messaggio #19


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Aggiungo che se non sbaglio disprezzava abbastanza il mondo cinese, mi pare in ecce homo (ma faccio molta confusione fra quello e i postumi) non perde occasione di fare similitudini fra cose che non ama e questi fumatori d'oppio. laugh.gif


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Joseph de Sil...
messagio Oct 16 2008, 10:54 PM
Messaggio #20


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CITAZIONE(Sgubonius @ Oct 16 2008, 01:50 PM) *
Aggiungo che se non sbaglio disprezzava abbastanza il mondo cinese, mi pare in ecce homo (ma faccio molta confusione fra quello e i postumi) non perde occasione di fare similitudini fra cose che non ama e questi fumatori d'oppio. laugh.gif

Dipende da quello che intendi per “mondo cinese”. Se si fa riferimento all’ambito specificamente filosofico, per quanto Nietzsche in diversi luoghi critichi Lao-tse e soprattutto Confucio (cfr. per es. L’anticristo § 55 o Il crepuscolo degli idoli, “Quelli che migliorano l’umanità” § 5), è vero che tali critiche non sono più aspre di quelle che egli muove ad altri pensatori quali ad esempio Platone, dal quale era lontano ma che certamente non "disprezzava". Più tagliente appare invece la sua polemica nei confronti di quella che egli definisce, in senso dispregiativo, “cineseria”, termine da lui più volte utilizzato durante gli anni Ottanta (ma per fare riferimento al periodo cui alludi tu cfr. per es. FP 10 [17] autunno 1887, o Ecce homo, “Perché io sono un destino”, § 4). Tale categoria ha tuttavia una valenza espressamente socio-politica, non stricto sensu culturale o filosofica. In sostanza, a questo specifico proposito, Nietzsche riprende le considerazioni sviluppate in On Liberty da John Stuart Mill il quale (in pagine ampiamente segnate da Nietzsche nel suo esemplare) avanza il timore che l’Europa diventi un’altra Cina, denunciando il pericolo del livellamento dell’opinione pubblica che, sacrificando le diversità individuali, conduce verso una generale omologazione. A sua volta Mill si era ispirato alle riflessioni contenute in De la démocratie en Amérique di Alexis de Tocqueville (su cui tra l’altro aveva scritto anche un saggio letto da Nietzsche). E’ vero d'altra parte che, sebbene l’ispirazione principale di Nietzsche sia Mill, “la metafora del ‘cinese’ quale prototipo dell’ingranaggio della macchina moderna, individuo perfettamente allineato alle proprie condizioni di esistenza, è ricorrente nella letteratura dell’epoca: Nietzsche […] la ritrova in Schopenhauer, in Flaubert, in Renan e in generale nella pubblicistica politica” (M. C. Fornari, La morale evolutiva del gregge. Nietzsche legge Spencer e Mill, ETS, Pisa 2006, p. 280).
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