La filosofia universitaria, abbozzo della mia tesina di laurea |
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La filosofia universitaria, abbozzo della mia tesina di laurea |
Aug 31 2007, 11:31 PM
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 1,113 Iscritto il: 20-March 07 Da: Pescara, dove sono nato Utente Nr.: 6 |
Introduzione
‘’ Da un esame di laurea. < Qual è il compito di ogni istruzione superiore? > Fare dell’uomo una macchina. < Qual è il mezzo a questo scopo? > Egli deve imparare ad annoiarsi. < Come si giunge a questo? > Con il concetto del dovere. < Qual è il suo modello in proposito? > Il filosofo: egli insegna a sgobbare. < Qual è l’uomo perfetto? > L’ impiegato statale. < Quale filosofia fornisce la più alta formula dell’ impiegato statale? > Quella di Kant : l’impiegato statale come cosa in sé elevato a giudice sull’impiegato statale come fenomeno. ‘’ Quando mi iscrissi a filosofia pensavo di trovarci Socrate : un ambiente in cui dialogare per cercare insieme la verità. Ho trovato professori in cattedra e studenti a prendere gli appunti. Il sistema è questo , a Chieti e dappertutto. Devo rassegnarmi oppure scrivere quello che penso? E se mi rassegnassi non tradirei me stesso? La mia scelta è di rispettarmi e questo breve scritto vuole essere innanzitutto autentico. Il primo capitolo sarà su Arthur Schopenhauer, La filosofia delle università: il suo ‘’no’’ è inaudito. Il mio ha ragioni e potenza diverse, ma fa bene sentirsi in tanto grande compagnia. Il secondo capitolo riguarderà José Ortega y Gasset , La missione dell’università e Jacques Derrida, L’università senza condizione: solo riscoprendo chi siamo possiamo difenderci dal presente e aprirci al futuro. Infine tenterò di esporre che cosa non accetto della situazione attuale e come la migliorerei. Cap. 1 Professori o filosofi ? Schopenhauer e l’università '' Tutto lo scandalo filosofico di questi ultimi cinquant'anni è stato possibile soltanto per opera delle università, con il loro pubblico di studenti, che accettano con credulità tutto quanto piace dire al signor professore.'' Schopenhauer parla della filosofia tedesca dopo Kant , quando a Berlino nasce l'università moderna e i tre grandi si chiamano Fichte Schelling Hegel. Anche S. insegnò , e proprio a Berlino, dal 1820 al 1831 , e osò sfidare la celebrità di Hegel tenendo le sue lezioni negli stessi orari di Herr Geist. Fu una delle peggiori delusioni della sua vita: la gioventù tedesca lo schienava per affollare l’aula dell’ odiatissimo collega. Ma perché grida allo scandalo ? è solo risentimento personale ? Due sono le parole chiave di questo libello : Chiesa e Kant. La filosofia universitaria tedesca ha due colpe imperdonabili : essere serva della Chiesa e aver tradito il più grande filosofo della storia. “ Anzitutto un governo non assolderà infatti della gente per contraddire direttamente , o anche indirettamente , ciò che esso fa proclamare da tutti i pulpiti per opera di migliaia di preti , o di insegnanti di religione , suoi impiegati “ ‘’ In conseguenza , sino a che sussisterà la Chiesa , nelle università potrà venire insegnata soltanto una filosofia costruita con un riguardo costante alla religione di Stato , che corra parallelamente a questa nella sua sostanza , e che quindi – pur confusa nell’aspetto , stranamente adornata e resa in tal modo difficilmente comprensibile – non sia in fondo mai null’altro che una parafrasi e un’apologia della religione di Stato . ‘’ Al contrario , filosofia e religione non hanno niente in comune : la prima cerca di sapere , la seconda crede. Certo , entrambe provano a svelare il mistero dell’universo , ma la filosofia vuole servirsi solo della ragione mentre la religione ha fede in misteri che alla ragione si chiudono. La cosa migliore sarebbe che se ne stessero ognuna per conto proprio . S. rifiuta pertanto la filosofia della religione e della filosofia cristiana dice che ‘’ equivale per così dire a parlare di una aritmetica cristiana , che consideri come pari il 5 ‘’ I professori si sottomettono perché ‘’ tengono famiglia ’’ , cercano stipendio ed onori . S. li paragona ai sofisti , e come il divino Platone vuole combatterli fino in fondo. ‘’ Che la filosofia non sia adatta per guadagnare il pane , è già stato chiarito da Platone nelle descrizioni dei sofisti , da lui contrapposti a Socrate (…) L’utilizzare la filosofia come strumento di guadagno fu e rimase presso gli antichi il contrassegno dei sofisti rispetto ai filosofi. Il rapporto tra i sofisti e i filosofi era quindi del tutto analogo a quello tra la fanciulla che si concede per amore e la prostituta pagata ‘’ È solo questione di soldi ? Ciò che manca ai professori è autenticità : vivono sulla filosofia e non per essa. ‘’ Quando si tiene presente il prossimo , o in generale quando si hanno degli scopi mediati , l’intelligenza non potrà mai giungere alla suprema tensione richiesta , la quale esige per l’appunto l’oblio di sé e di ogni scopo ; nel primo caso si rimane invece legati all’illusione e alla pretesa di far valere l’apparenza “ Non ci sarebbe neanche da rimproverarli , visto che il compito si conviene ai pochissimi . Ma loro si danno arie da filosofi , corrompono i cervelli della gioventù studiosa, si uniscono per soffocare le vere intelligenze . ‘’ La dappochezza infatti , una volta affermatasi , si oppone ostilmente proprio a ciò che vale , e l’erbaccia invadente soffoca la pianta utile ‘’ La filosofia è la ‘’ più alta e nobile aspirazione dell’ umanità ‘’ , esige dedizione assoluta e la capacità oltremodo rara di andare oltre la comune natura umana, oltre cioè la soddisfazione dei bisogni elementari . ‘’ Per contro , la prima condizione per delle vere e autentiche creazioni nella filosofia , come nella poesia e nelle belle arti , è una tendenza del tutto anormale che presuppone , contro la regola della natura umana , un’aspirazione completamente oggettiva, rivolta .òa una produzione estranea alla persona , in luogo dell’aspirazione soggettiva al benessere della propria persona : proprio per questo tale tendenza è chiamata molto appropriatamente eccentrica, e tra l’altro la si deride anche come donchisciottesca ‘’ Ma come fanno i professori a nascondere la loro inadeguatezza e a restare in cattedra indisturbati ? Qual è il loro trucco ? ‘’ (…) un altro artificio tutto particolare , la cui invenzione è da attribuirsi ai signori Fichte e Schelling . Mi riferisco allo scaltro stratagemma di scrivere in modo oscuro , cioè incomprensibile ; a tal riguardo la vera e propria finezza sta nel presentare il proprio caos in modo che il lettore debba credere sua la colpa di non comprenderne nulla ‘’ Questo è un tema caro a S. , autore tra i più chiari . ‘’ (…) i buoni scrittori si sono sempre vivamente sforzati di condurre i loro lettori a pensare proprio ciò che essi stessi hanno pensato : chi infatti ha qualcosa di buono da comunicare , si preoccuperà che ciò non vada perduto ‘’ I professori non hanno idee proprie, si preoccupano solo dello stipendio e di non urtare la Chiesa. La loro fortuna è avere davanti studenti inesperti e creduli , da impressionare con vuoti giri di parole e contegno solenne. Un’arte da commedianti e falsari. I loro libri sono una scopiazzatura dalle opere dei grandi del passato , i cui concetti vengono saccheggiati e messi insieme alla meglio . Sono ‘’ sempre affaccendati a raffrontare e soppesare opinioni altrui , anziché occuparsi delle cose stesse ‘’ E Kant? ‘’Kant infatti è forse il cervello più originale che mai sia stato prodotto dalla natura . Pensare con lui e alla sua maniera è qualcosa che non può essere paragonato a null’altro , poiché egli possedeva un grado di chiara riflessione del tutto caratteristico , quale mai è toccato a nessun altro mortale ‘’ Ciononostante i professori lo trattano come un cane morto . Non è difficile capire il motivo : ‘’ Egli infatti ha posto fine , con la più grande serietà , al teismo ebraico nella filosofia , cosa che essi cercano di nascondere , mascherano e ignorano , non potendo senza tale teismo vivere , non potendo cioè senza di esso né mangiare né bere ‘’ Certo , anche Kant può tornar utile , e i professori mano lesta non mancheranno di sgraffignargli qualche termine , così, giusto per spruzzare un minimo di scientificità sulle loro chiacchiere pelose. ‘’ Così si comportano ad esempio gli hegeliani riguardo alla parola ‘categorie’ , con cui essi indicano ogni sorta di concetti ampi e generali , senza preoccuparsi nella loro felice innocenza né di Aristotele né di Kant ‘’ I professori continuano a parlare di teologia speculativa come se Kant non fosse mai esistito. Sono scaltri però : non recuperano gli argomenti confutati , ma si riempiono la bocca con la loro nuova parola d’ordine : ‘’ l’assoluto ‘’ , l’incondizionatamente necessario . Già Kant ammoniva che non è possibile pensare qualcosa come necessario senza le condizioni richieste dall’ intelletto , e S. ribadisce : ‘’ ( … ) l’esser necessario non significa assolutamente null’altro se non il derivare da una ragione sussistente e data : una tale ragione è quindi proprio la condizione di ogni necessità . L’incondizionatamente necessario è allora una contradictio in adjecto , cioè non un pensiero , ma una vuota espressione , che certo costituisce un materiale molto usato per la costruzione della filosofia professorale ‘’ Un altro espediente truffaldino per riaggiogare la filosofia al carro della religione è pretendere che esista in noi una ‘’ coscienza di Dio ‘’ , una inspiegabile facoltà che ci permetta di appercepirlo immediatamente . Appunto , l’ ‘’ immediato ‘’ è l’ ultima invenzione dei sofisti travestiti da filosofi ; permette di saltare d’ un colpo le categorie kantiane dell’ intelletto , categorie che permettono la conoscenza solo a partire dall’ esperienza e quindi escludono l’intelligibilità di Dio. ‘’ Per mezzo di una simile ‘ coscienza di Dio ‘ , tutto ciò che i filosofi sino a Kant si sono sforzati di dimostrare sarebbe allora qualcosa di immediatamente presente alla coscienza . Tutti quei filosofi del passato debbono esser dunque stati davvero degli imbecilli (…) ‘’ Allo stesso modo si parla di ‘’ libertà del volere ‘’ e ‘’ idee innate ‘’ , insomma si fa di tutto per occultare il fatto che ‘’ la Critica della ragione pura è stata una serissima lettera di dimissioni di quella che sinora si era comportata come ancilla theologiae ‘ ’ Il risultato è che la filosofia kantiana , cioè la più grande conquista del pensiero , giace negletta e la gioventù universitaria non la legge o si limita ad una frettolosa scorsa . ‘’ Reinhold , il primo apostolo di Kant , dice di essere penetrato nel vero significato della Critica della ragione pura soltanto dopo averla faticosamente studiata per cinque volte ‘’ Ma perché è indispensabile leggere e rileggere Kant ? ‘’ Il pensare infatti all’ unisono con uno spirito veramente grande fortifica il nostro spirito , gli fornisce un movimento regolare e gli attribuisce il giusto impulso ‘’ Sia chiaro : S. non dice che se non leggiamo libri non possiamo pensare . Al contrario : ‘’ Leggere significa pensare con la testa altrui invece che con la propria . Il furore di leggere libri della maggior parte dei dotti è una specie di fuga vacui , un fuggire dal vuoto di pensiero dei loro cervelli (…) L’arte di non leggere è molto importante . Essa consiste nel non prendere in mano quello che di volta in volta il vasto pubblico sta leggendo ‘’ Ma capolavori come la Critica della ragione pura vanno letti , e lo sforzo che ci richiedono viene alla fine premiato dalla possibilità di elevarci al di sopra di noi stessi e godere di una oggettività altrimenti impossibile . I suoi capitoli più profondi ci risvegliano dai nostri errori e ci svelano il segreto del mondo : ‘’ L’ unità sintetica dell’appercezione è cioè quella connessione del mondo in una totalità , fondata sulle leggi del nostro intelletto , e quindi inviolabile ( … ) Questo modo di trattazione , proprio esclusivamente di Kant , si può considerare come lo sguardo più staccato che mai sia stato gettato sul mondo , e come il grado supremo di oggettività . Il seguirlo garantisce un godimento spirituale , non eguagliato forse da nessun altro ‘’ S. condanna la filosofia universitaria del suo tempo , uccisa dall’ inautenticità . Non crede che i professori possano in futuro migliorare , e sugli studenti non fa nessun affidamento . La filosofia è solo del genio , che sacrifica tutto alla ricerca della verità e per questo viene spesso ignorato e perseguitato dai suoi mediocri contemporanei. Tuttavia non vuole abolirla . La cosa migliore è togliere ai professori gran parte del loro potere , limitare i danni : ‘’ (…) io ritengo auspicabile che ogni insegnamento della medesima sia nelle università strettamente limitato alle lezioni di logica , intesa come scienza chiusa e rigorosamente dimostrabile , e inoltre a una storia della filosofia , da esporsi in modo molto succinto e da esaurirsi completamente da Talete sino a Kant , in solo semestre , in modo che per la sua brevità e perspicuità conceda meno spazio possibile alle opinioni proprie del signor professore , e serva soltanto da filo conduttore per il futuro studio indipendente ‘’ La storia della filosofia deve limitarsi ad indicare ‘’ gli indiscutibili punti di contatto tra i sistemi anteriori e quelli posteriori ‘’ , ma evitare l’arbitrio degli hegeliani , ‘’ i quali prospettano ogni sistema come apparso necessariamente , e costruendo a priori la storia della filosofia ci dimostrano che ogni filosofo ha dovuto pensare proprio ciò che ha pensato , e null’altro ‘’ Ma ciò significa negare l’eccezionalità di quegli eroi del pensiero che hanno illuminato il nostro cammino , equiparandoli alla ‘’ merce corrente della natura , con in fronte il marchio di fabbrica , uno qualunque con la sua normale razione di tre libbre di cervello grossolano (… ) ‘’ Morale della favola : i professori facciano il meno possibile e lascino in pace gli spiriti eletti che soli hanno diritto alla filosofia . E se qualcuno osasse rivendicare ‘’ siamo tutti uguali ! ‘’ , eccolo servito : ’’ Le cose non possono stare diversamente : la natura è aristocratica , più aristocratica di qualsiasi società feudale basata su caste . La tirannide della natura parte quindi da una base molto ampia , per terminare in un vertice assai aguzzo , e anche se alla plebe e alla canaglia , che non può tollerare nulla al di sopra di sé, riuscisse di abbattere tutte le altre aristocrazie , essa non potrà far nulla contro di questa , senza neppur meritare un ringraziamento , poiché tale aristocrazia è davvero concessa dalla ‘ grazia di Dio ‘ Cap. 3 Alla ricerca del dialogo perduto Entriamo in un’aula. Una persona parla e tutte le altre ascoltano. Più precisamente prendono appunti. C’è chi si distrae e non fa nulla, ma le mani che scrivono sui loro quaderni le parole del professore stanno davvero facendo qualcosa ? Il più delle volte questi appunti non sono nemmeno schematici, il risultato di un tentativo di rielaborazione: trascrivono e basta. Perché mai ? Noi studenti veneriamo a tal punto i professori da non voler perdere neanche una loro sillaba ? Abbiamo dimenticato un elemento presente nell’ aula, in ogni aula : l’esame. Aleggia implacabile, ed ogni studente lo considera ben più reale della tanto chiacchierata ‘’ricerca della verità’’. Ma che cos’è un esame ? L’esame è, perlopiù , un duplice esercizio di vanità : quella del professore e quella dello studente. La vanità-amor proprio del professore sta nel volersi sentir ripetere le stesse parole da lui pronunciate a lezione; la vanità-vacuità dello studente sta nell’accontentarlo, nel pensare solo al libretto dei voti. Ecco perché i nostri appunti sono soprattutto una trascrizione. Lo studente non conta niente. E niente fa per contare di più, per esistere effettivamente. I programmi dei corsi li decide il professore, così come i metodi d’insegnamento. La libertà dello studente è fare qualche domanda, possibilmente aderente al discorso del professore e che comunque non necessariamente riceverà risposta. A volte le domande sono false, apparenti : le facciamo per compiacere il docente, riformulando a parole nostre quello che ha appena detto e dimostrargli così che siamo stati attenti. Ma come sono questi programmi ? Il più delle volte riguardano un determinato autore o un certo problema che sta a cuore al professore. Succede anche che anno dopo anno li si ritrovi tali e quali o quasi. I libri scelti sono spesso del professore medesimo. Il risultato è che lo studente finisce per non avere un’idea complessiva della materia studiata, e i classici della tradizione li legge poco o niente. Inoltre i corsi non vengono vivacizzati dalla trattazione di pensatori opposti tra di loro, così da rendere drammatica l’esposizione e magari emozionare chi ascolta. Senza emozione resta solo l’imparaticcio. I metodi d’insegnamento sono … il metodo d’insegnamento : monologo dalla cattedra. Ciò costringe gli studenti alla passività, non li coinvolge nel processo vivo del pensare. Si esercita la memoria e non il ragionamento. In questo modo frequentare un corso di filosofia è come andare a medicina o in qualunque altra facoltà. Il linguaggio utilizzato è tecnicistico , ripete gli stessi termini del filosofese senza illustrarli con un lessico chiaro per tutti. A parte la noia , il risultato è che lo studente impara a parlare e a scrivere come una scimmia dei libri che ha letto, e a credere che la filosofia sia mettere strane parole nel vuoto dei propri pensieri. Un’ altra caratteristica della nostra accademia è che gli orologi assurgono a divinità. Finito l’orario della lezione tutto finisce. Gli studenti traggono un sospiro di sollievo e il professore si invola. Ma dove va ? Che cosa avrà di così urgente? Possibile che mai una volta nasca spontaneamente una discussione, si organizzi qualche incontro al di fuori delle aule , insomma si superi la dimensione dell’ operaio che timbra il cartellino ? E i lati positivi dove sono ? Probabilmente faccio fatica a trovarli perché quelli negativi li soffro particolarmente. Se lo studente mette al primo posto la laurea e fa del conformismo e dell’infingimento la sua divisa, resta poco da sperare. L’impressione generale è che la filosofia universitaria odierna sia un teatro in cui ognuno recita il suo ruolo prestabilito, evitando ogni spontaneità e mirando a finire lo spettacolo nel modo più indolore possibile. L’inautenticità regna sovrana. Non c’è mai nulla di personale, di passionale: è un lavoro come gli altri. La filosofia universitaria potrà salvarsi se gli studenti proveranno a mettere in discussione le presunte certezze del sistema. Ad esempio: siamo sicuri che i professori ‘’ne sappiano di più’’ e quindi debbano parlare soprattutto loro ? Siamo sicuri che ‘’formazione’’ voglia dire subire la volontà altrui ? Siamo sicuri che trascorrere anni della nostra vita nella subordinazione sia degno della nostra gioventù ? I professori ‘’ne sanno di più’’ nel senso che hanno esperienza,letture, mestiere. Ma io credo che proprio per questo dovrebbero scendere dalla cattedra e porsi sullo stesso piano dello studente. La loro cultura deve mettersi al servizio del giovane, deve stimolarlo, provocarlo, prenderlo sul serio mostrandogli che nella ricerca della verità non ci sono gerarchie. Ascoltare lo studente significa insegnargli che anche lui può pensare. C’è bisogno di abbattere la distanza di sicurezza che ci conserva ognuno nel nostro guscio. Bisogna mostrarsi come persone e non semplicemente come professori e studenti. Se anche nell’università l’espressione di sé è proibita, lo stare in una classe perde senso. Va nascendo la ‘’didattica a distanza’’, che sostituisce alla comunità in carne e cogito uno schermo. Mi sembra logico: ‘’a distanza’’ stiamo anche noi, sebbene riuniti insieme, proprio perchè riuniti insieme. Noi studenti dobbiamo reagire ai programmi imposti, chiederne la ragione, domandare perché non si possa tracciare insieme il cammino da percorrere. Mi sembra un’ ovvietà, e quasi mi vergogno a rivendicarla. Dobbiamo portare in aula i nostri interrogativi , gli autori che abbiamo incontrato da soli, fare della lezione una questione di vita. Non è possibile che tutto sia già programmato, che ogni volta si assista al solito copione. Noi studenti dobbiamo riunirci periodicamente e discutere insieme con i professori. Essere adulti. Si potrebbero formare programmi aperti al contributo di tutti, vitali perché tutti li riconoscerebbero come propri. L’alienazione diventerebbe attività e la formazione un processo faticoso ma gioioso. Il professore non verrebbe più percepito come un’ autorità impositiva e guardiana, ma si intreccerebbe una feconda relazione capace di valorizzare ambo le parti. Questo cambiamento, però, deve nascere dagli studenti. Bisogna che ciascuno senta disagio e si ribelli. Non la ribellione facinorosa che porta soltanto ad un consolidamento del sistema. Ma prendere coscienza che ne va della nostra vita, di noi stessi, di un futuro che non può essere ridotto ad un posto di lavoro. Che senso ha studiare i grandi pensatori, uomini che hanno voluto il cambiamento e sofferto per esso, se poi non siamo nemmeno capaci di vivere con dignità il nostro corso di studi? Il professore va considerato un alleato, non un padrone. La parole chiave può essere ‘’dialogo’’. Il vero dialogo è quello in cui ognuno mette al primo posto la ricerca della verità e non se stesso. Bisogna addirittura voler essere confutati, desiderare che l’altro ci porti aldilà di noi stessi. Dialogare è ammettere che ogni persona può insegnarci, deve essere ascoltata, non deve subire il nostro privilegio. Forse è chiedere troppo alla nostra natura, egoista e spaventata. Ma a che cosa serve il futuro se non lo indirizziamo al superamento? Si potrebbe anche ammettere che il sistema vigente abbia avuto la sua verità. Ma se chi lo vive ne soffre, forse è giunta l’ora di cambiarlo. Non credo di essere il solo a soffrire questo sistema: mi basta guardare le facce dei miei coetanei, e in esse rispecchiarmi. È che non crediamo di avere il diritto di fare dell’ università quello che vogliamo. L’università la sentiamo estranea, una necessità. Siamo stati educati al dovere, al rispetto dell’autorità, a considerare lo spazio pubblico diverso da quello privato. E invece non è così. L’università è nostra, esiste per noi, può essere una nostra creatura. Certo, serve energia, volontà di sacrificio, coraggio, magari un pizzico di follia ( e se la follia fosse una nuova ragione calunniata a quella vecchia ? ), ma restare come siamo significa sprecare la nostra libertà. Conclusione Abbiamo visto come Schopenhauer sia un nemico giurato della filosofia universitaria del suo tempo. I professori non fanno vera filosofia perchè parafrasano la religione di Stato. Hanno tradito l’insegnamento di Kant e avvelenato i loro allievi. L’unico rimedio è limitare il loro insegnamento ad un breve corso di storia della filosofia e alle lezioni di logica. La filosofia è destinata agli spiriti superiori che sacrificano tutto alla ricerca della verità senza accettare alcun compromesso. A differenza di Schopenhauer, nella descrizione della situazione attuale ho concentrato l’attenzione sul rapporto studente-professore. Non c’è una relazione vitale: i docenti la fanno da padroni e gli studenti subiscono per convenienza. Solo se noi giovani sapremo riattivarci ed uscire dallo stato di minorità, la filosofia universitaria potrà essere una palestra del pensiero ed un’esperienza di vera formazione. Dalla passività al dialogo, dalla gerarchia alla ricerca comune della verità. Bibliografia A. Schopenhauer, Ueber die Universitaets-Philosophie, in Parerga und Paralipomena,1851,( La filosofia delle università , trad. it. d. Giorgio Colli , Adelphi , Milano 1992 ) A. Schopenhauer , L’arte di insultare , trad. it. d. Franco Volpi , Adelphi , Milano 2002 F. W. Nietzsche , Goetzen – Daemmerung , 1888 ( Crepuscolo degli idoli , trad. it. d. Ferruccio Masini , Mondadori , Milano 1975 ) -------------------- '' i pensieri sono azioni '' : facciamo insieme! filAsofia meAfisica fisiofilia 3332725782
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Aug 31 2007, 11:54 PM
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 1,113 Iscritto il: 20-March 07 Da: Pescara, dove sono nato Utente Nr.: 6 |
Secondo me, uno che scrive queste cose una telefonata di saluto se la merita.
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Sep 1 2007, 12:22 PM
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 1,113 Iscritto il: 20-March 07 Da: Pescara, dove sono nato Utente Nr.: 6 |
Sat, 1 Sep 2007 10:19:54 Da: "Gianni Vattimo" <gianni.vattimo@unito.it>
A: "andrea demilio" <andreademilio2003@yahoo.it> Oggetto: Re: filosofia universitaria: abbozzo della mia tesina di laurea Caro D'Emilio, dici cose sacrosante, tanto che non si vede perché dovrebbe essere una tesi di laurea. Il primo pensiero che mi viene è: presenteresti come tesi di fisica teorica una riflessione su come la si insegna nelle università? Mi risponderai che la filosofia è altro, ha tra i suoi temi proprio se stessa e il modo di trasmettersi e svilupparsi. Si e no. Ceerro, la questione sta a monte: perché si insegna filosofia nelle scuole e nelle università? ciò che chi ci paga, lo stato, si aspetta da noi è che facciamo si che gli studenti, avendo fatto il corso,sappiano nomi, pensieri di questo o di quello. Serve? Bah. Persino a te sembra essere servito, almeno per produrre le tue critiche.. Alla fine,per la tesi, devi vedetrtela con il tuo relatore, con la facoltà, ecc. Destino cinico e barol Bah e poi bah Un saluto cordiale Gianni Vattimo Il 01/09/07, andrea demilio <andreademilio2003@yahoo.it> ha scritto: http://www.friedrich-nietzsche.it/forum/in...p?showtopic=446 guarda il terzo capitolo, almeno non dovrei chiamarti più '' Gianni'' e forse neanche scriverti, ma a Chieti sono stato felice di conoscerti. ( sono quel coglionetto che ti regalò Heine e fece il casinuccio, ricordi? aspetto ancora il libro che mi quasi promettesti) -------------------- '' i pensieri sono azioni '' : facciamo insieme! filAsofia meAfisica fisiofilia 3332725782
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Sep 1 2007, 12:52 PM
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 1,239 Iscritto il: 12-July 07 Utente Nr.: 219 |
andrea, devi riposarti di più!!
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