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> Konrad Lorenz, "E L’UOMO INCONTRO’ IL CANE"
Lord Brett Si...
messagio Jun 5 2007, 05:04 PM
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"E L’UOMO INCONTRO’ IL CANE"
("So kam der Mensch auf den Hund")
Konrad Lorenz

Bello, affascinante, veramente molto MOOLTO BELLO!
Lo consiglio a tutti, in particolare a chi ha un cane o vuole averne uno.
Ho avuto due setter inglesi (beh, cosa v’aspettavate!? Un mastino napoletano? Un maremmano? ;-) ed un epagnuel breton (quello che frega le birre dal frigo nella pubblicità heineken).
È tutto bello, 123 pagine entusiasmanti. Più lo risfoglio e più vorrei ricopiarlo tutto. Ad un certo punto "non si capisce" più se parla di cani o di esseri umani. Più semplicemente, parla di "forme di vita".

Dalla quarta di copertina della Piccola Biblioteca:
“Spesso ricorrendo a dei casi a lui stesso avvenuti, Lorenz riesce in queste pagine a illuminare rapidamente tutto l’arco della “caninità” con la grazia di un vero narratore, con la precisione e la sottigliezza di uno scienziato che ha aperto nuove vie proprio nello studio di questi temi, con la fertile intelligenza di un pensatore che, attraverso le sue ricerche sugli animali, è riuscito a porre i problemi umani in una nuova luce.”

Lorenz (1903-1989) ha preso il premio nobel 1973 per la medicina. Con la sua opera ha fondato l’etologia. E conosce molto bene anche Nietzsche, che cita direttamente nelle ultime pagine che riporto, ma di cui si può sentire la "presenza" ovunque:

Con ragione noi usiamo le qualità morali di persone legate da vincoli di amicizia secondo la loro disponibilità a compiere il più grande sacrificio senza pensare a una contropartita. Nietzsche, che – a differenza della maggior parte degli uomini – usava della brutalità solo come di una maschera, dietro la quale si nascondeva un’autentica bontà d’animo, disse le belle parole: “Sia tua ambizione amare sempre più dell’altro, non essere mai secondo!”. Con gli esseri umani, in determinate circostanze, posso anche riuscire ad adempiere a questo comandamento, ma nei legami di amicizia che ho con i miei cani io sono, invece, sempre, il ‘secondo’. (…)
Il semplice fatto che il mio cane mi ami più di quanto io ami lui è una realtà innegabile, che mi colma sempre di una certa vergogna
.”

Altri estratti:

L’indebolimento degli istinti (nei cani), cioè di quei binari rigidi su cui si muove gran parte del comportamento animale, ha rappresentato la premessa al sorgere di determinate libertà d’azione che sono specifiche dell’uomo. (…) Già nel 1898 C.O. Withmann, che per primo osservò e studiò tali fenomeni, disse in proposito: “Questi difetti dell’istinto non sono intelligenza, bensì la porta aperta attraverso cui quella grande educatrice che è “l’esperienza” ottiene di entrare, e che conduce a tutti i miracoli dell’intelletto!”

il cane chow rimane limitato, quasi come un lupo, a quei movimenti mimici con cui gli animali selvatici si comunicano i loro sentimenti di odio, di gioia, di sottomissione. (…) Si tratta di possibilità di comunicazione che l’uomo ha in larga misura perduto, in quanto egli possiede nel linguaggio un mezzo espressivo certamente più rozzo, ma più chiaro. Dal momento che può dire ciò che vuole, egli non è costretto a leggere negli occhi dei suoi compagni di specie i più lievi mutamenti d’umore. È per questo che la maggior parte delle persone trova negli animali selvatici una capacità espressiva molto scarsa, mentre in effetti è vero proprio il contrario. In particolare, il chow dà, a chi è abituato a trattare con cani aureus, l’impressione di essere impenetrabile. È la stessa cosa che accade a molti europei nei confronti della facce di certi popoli asiatici.”

Per dare in fine un'idea degli argomenti del suo racconto-saggio, ecco l'indice:

"-Potrebbe essere andata così.
-Le radici della fedeltà al padrone.
-Educazione.
-Cane e padrone.
-Cani e bambini.
-Accuse agli allevatori.
-Sbarre.
-Conflitti per un piccolo dingo.
-Peccato che non sappia parlare, capisce ogni parola.
-Obbligo morale.
-La fedeltà e la morte."


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andreademilio
messagio Jun 5 2007, 09:49 PM
Messaggio #2


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grazie per l'appassionata segnalazione. Con Lorenz, poco prima che morisse, parla Anacleto Verrecchia in Rapsodia viennese ( non ho l'opera)


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