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> Volontà di Potenza e Soggetto
Sgubonius
messagio Oct 23 2008, 06:08 PM
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Ecco qui quello che per me è in qualche modo un nodo quasi inestricabile ancora nel nell'insieme delle conseguenze che la volontà di potenza implica...

Passo subito a riportare la questione così come sono riuscito all'incirca ad enuclearla:
La volontà di potenza abroga totalmente il soggetto in nome di un gioco di forze in cui il trascendentale non ha più alcuna priorità oppure ne è l'estrema assurzione ad entità prima (come dice Heidegger insomma parlando di subjectum e passando attraverso Descartes e Leibniz)?

Inutile dire che entrambe le possibilità (che non sono in verità di fatto inconciliabili volendo forzare la cosa) hanno esimi sostenitori e altrettante citazioni dagli ultimi scritti di Nietzsche a supporto...


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SaYo
messagio Oct 29 2008, 04:15 PM
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eheh rifletti rifletti smile.gif

E sì, leggilo perchè è davvero bello.


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A proposito di cultura . . . ci sarebbe qualcosa da mangiare?"
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Sgubonius
messagio Dec 4 2008, 10:46 PM
Messaggio #3


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CITAZIONE(SaYo @ Oct 29 2008, 04:15 PM) *
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E sì, leggilo perchè è davvero bello.


Ho cominciato di recente "Differenza e Ripetizione", tralascio l'ampollosità della trattazione di Deleuze che è molto tecnica e un filo troppo accademica, però certamente dice delle cose molto interessanti sostanzialmente propugnando l'idea che la volontà di potenza insieme all'eterno ritorno siano la dissoluzione proprio della filosofia della rappresentazione ovvero dell'io rappresentante. Quando la differenza non viene negata nell'identità o non-contradditorietà ma viene affermata nel prospettivismo nietzschiano e nel ritorno della differenza stessa (ossimoro!!), si apre il baratro di chi comincia a pensare veramente come creatori di valori e non come cultori di fantasmi e asini carichi del falso J-A dello spirito di gravità (rima!!).

Quando posso leggerò anche Logica del Senso, ma immagino che la direzione della riflessione deleuziana sia all'incirca la medesima dell'altro suo saggio, in questo senso ora capisco in che termini parlavi di profondità (parola purtroppo troppo ambivalente).

Mi rimane da capire come può Heidegger affermare l'esatto opposto, pur apparentemente entrambi a ragione, cioè che sostanzialmente la VdP è la soluzione finale della metafisica della rappresentazione cartesiana (cogito me cogitare) e della soggettività/soggettità. Personalmente, e qui è un po' dove volevo arrivare fin dall'inizio quando parlavo di compossibilità delle due tesi, credo che H. sia stato spinto oltre dalla necessità di mettere insieme il blocco della metafisica come dimenticanza dell'essere per eliminarlo tutto insieme in nome del ritorno all'ypokeimenon greco, però nello specifico riferisce del subiectum in un senso più ampio che comprende sia il soggetto cartesiano sia quello "post-strutturalista" inesistente. Insomma l'idea di volontà (anche se di potenza) è già un eccessivo oblio dell'essere che si rivela per Heidegger e quindi poco gli importa che essa sia VdP, appetitus, certezza, differenza o identità, tuttavia anche lui riconosce la cesura fra Nietzsche e i predecessori, semplicemente riducendone l'importanza in nome di un piano globale di mistificazione dell'intera filosofia moderna.
Certamente per Heidegger la differenza è differenza ontologica e tutta la metafisica (N. compreso) continua a perdere questa differenza confondento ente ed essere, quindi proprio concordi lui e Deleuze non sono...

Ogni obbiezione è graditissima! laugh.gif


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SaYo
messagio Dec 11 2008, 08:41 PM
Messaggio #4


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CITAZIONE(Sgubonius @ Dec 4 2008, 10:46 PM) *
Ho cominciato di recente "Differenza e Ripetizione", tralascio l'ampollosità della trattazione di Deleuze che è molto tecnica e un filo troppo accademica, però certamente dice delle cose molto interessanti sostanzialmente propugnando l'idea che la volontà di potenza insieme all'eterno ritorno siano la dissoluzione proprio della filosofia della rappresentazione ovvero dell'io rappresentante. Quando la differenza non viene negata nell'identità o non-contradditorietà ma viene affermata nel prospettivismo nietzschiano e nel ritorno della differenza stessa (ossimoro!!), si apre il baratro di chi comincia a pensare veramente come creatori di valori e non come cultori di fantasmi e asini carichi del falso J-A dello spirito di gravità (rima!!).

Quando posso leggerò anche Logica del Senso, ma immagino che la direzione della riflessione deleuziana sia all'incirca la medesima dell'altro suo saggio, in questo senso ora capisco in che termini parlavi di profondità (parola purtroppo troppo ambivalente).

Mi rimane da capire come può Heidegger affermare l'esatto opposto, pur apparentemente entrambi a ragione, cioè che sostanzialmente la VdP è la soluzione finale della metafisica della rappresentazione cartesiana (cogito me cogitare) e della soggettività/soggettità. Personalmente, e qui è un po' dove volevo arrivare fin dall'inizio quando parlavo di compossibilità delle due tesi, credo che H. sia stato spinto oltre dalla necessità di mettere insieme il blocco della metafisica come dimenticanza dell'essere per eliminarlo tutto insieme in nome del ritorno all'ypokeimenon greco, però nello specifico riferisce del subiectum in un senso più ampio che comprende sia il soggetto cartesiano sia quello "post-strutturalista" inesistente. Insomma l'idea di volontà (anche se di potenza) è già un eccessivo oblio dell'essere che si rivela per Heidegger e quindi poco gli importa che essa sia VdP, appetitus, certezza, differenza o identità, tuttavia anche lui riconosce la cesura fra Nietzsche e i predecessori, semplicemente riducendone l'importanza in nome di un piano globale di mistificazione dell'intera filosofia moderna.
Certamente per Heidegger la differenza è differenza ontologica e tutta la metafisica (N. compreso) continua a perdere questa differenza confondento ente ed essere, quindi proprio concordi lui e Deleuze non sono...

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Mi fa molto piacere che tu non ti sia fermato al pregiudizio ed abbia preferito toccare con mano. Ora, purtroppo,
non ho tempo di risponderti per estesom anche se la faccenda è decisamente interessante perchè Deleuze introduce
nuovi elementi di complessità al (già complesso) asse di interpretazione Nietzsche-Heidegger. Sono d'accordo sulla
eccessiva accademicità di Diff. e Rip., credo però che Logica Del Senso ne sia un pochino più esente, anche se dipende
ovviamente dalla "soglia di accademicità" del lettore. Concordo pure sul fatto che..non sono concordi tongue.gif o perlomeno
mi risulta difficile pensare ad una forzatura che li veda sullo stesso asse ermeneutico. Mi congedo con una provocazione:
forse solo Deleuze ha saputo intercalarsi in quello spirito filosofico di problematicità che aveva pervaso Nietzsche durante
la costruzione de La Volontà di Potenza, forse Heidegger non ne è stato in grado.


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