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> rapporto fra Nietzsche ed i monoteismi ebraico e cristiano.
Blu
messagio Jun 19 2008, 03:32 PM
Messaggio #1


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Nota metodologica di massima.
Credo che il tema possa essere affrontato da almeno due angolazioni generali che mi pare utile specificare fin dal principio per evitare incomprensioni:

1)Prospettiva "storico-filologica".
Si analizza l'evoluzione del pensiero di Nietzsche, tenendo in considerazione da un lato i rapporti (Overbeck,Wagner,Burckhardt,Rohde,Rée etc. etc.) che ne hanno influenzato lo sviluppo, e dall'altro l'ambiente degli studi teologici del tempo ( scuola di Tubinga etc.). L'obiettivo non e' solo mettere a fuoco il contesto, ma anche capire su quali libri e su quale visione, conoscenza dei suddetti monoteismi si articola la Sua critica delle religioni.
Questa mi pare una via che possa fornirci indicazioni su quanto sia possibile (se lo è) o legittimo, parlare, ad esempio, di una teologia della "morte di Dio" su basi nietzscheane.

2)Prospettiva diciamo "ermeneutica".
La nostra dis-locazione spazio- temporale rispetto a Nietzsche e al suo contesto ci mette, come interpretanti, nella condizione (ed oserei dire nell'opportunita') di valutare quanto di questo pensiero sia "vivo o morto" ( come direbbe Heidegger).
Tentare di comprendere come fenomeni riguardanti il senso religioso contemporaneo siano o meno inquadrabili nella décadence
oppure paradossalmente siano l'espressione di un nichilismo attivo, sia un modo efficace di mettere a frutto le riflessioni di Nietzsche. Persino forzare almeno un po' la sua filosofia, magari prolungandone gli sviluppi/conseguenze al di la' delle sue stesse intenzioni, credo sia un buon modo per rispettarne il pensiero evitando di imbalsamarlo o peggio di farne una sorta di testo sacro il cui unico utilizzo consiste nella pedissequa ripetizione delle parole.

L'argomento e' vasto, molti libri sono gia' stati scritti al riguardo.
Credo che ci siano molti spunti interessanti di discussione per tutti i gusti e palati.

Un saluto.
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NIHILO
messagio Jun 20 2008, 12:30 PM
Messaggio #2


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Concordo Sgubonius, il grande merito di Heidegger è stato quello
di analizzare con acume profondissimo ed enorme dottrina gli aspetti
fondamentali del pensiero filosofico occidentale. E' stato secondo me
un grandissimo storico della filosofia teoretica. Ha evidenziato come
la metafisica occidentale ha eluso il problema dell'essere - la
questione dell'oblio dell'essere - per "esorcizzare l'ente" tentando di ridurre
sostanzialmente ad un "invariante" ciò che è intrinsecamente variante,
argomentando che la filosofia di Nietzsche rappresenta il culmine apicale
di questo tentativo; ma il suo dichiararsi "pastore dell'essere", colui che
finalmente indica la via che ci condurrà al "disvelamento" dell'essere forzandolo
alla alètheia non convince, appare tutto sommato come un funanbolismo tautologico.


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DIE EWIGE SANDUHR DES DASEINS WIRD IMMER WIEDER UMGEDREHT
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Sgubonius
messagio Jun 20 2008, 01:01 PM
Messaggio #3


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Io rimango comunque scettico sull'idea del Nietzsche ultimo metafisico, o meglio lo vedo più come "primo" anti-metafisico (primo fra virgolette perchè ovviamente i presocratici erano i primi, e forse alcuni come spinoza hanno toccato questa fine della metafisica prima di Friedrich).
In fondo mi pare che il contrasto ente-essere non sia molto lontano dal contrasto apollineo-dionisiaco, dove il principio di individuazione e la ragione che vuole fondare tutto si scontrano con il grande turbine caotico dell'essere. Di metafisico in Nietzsche c'è solo il concetto della VdP che in effetti rimane per me il peggior esito del suo pensiero, almeno considerato nell'ottica di farne un nuovo principio assolutizzante.
In questa dimensione Heidegger ha concettualizzato molto bene (anche troppo) per poi schiantarsi contro il muro del non-concetto per eccellenza, campo dove le sue armi erano del tutto innocue. In sostanza non ha detto niente di nuovo (però lo ha ridetto molto bene!).

Tornando al tema del topic io dico che c'è una profonda relazione fra Nietzsche/Zarathustra e il Cristo nella sua dimensione più profondamente umana. Lui stesso lo riconosceva e apprezzava Gesù uomo inattuale, distruttore della legge e forse primo a-morale. La critica dell'Anticristo mi sembra sia volta soprattutto al Cristianesimo platonico che è scaturito dai Vangeli, attraverso figure come San Paolo. In fondo penso che una teologia ritorni necessariamente, anche per gli atei, nella misura in cui si ragiona intorno all'uomo. Ognuno di noi ha necessariamente un "daimon" socratico a cui inevitabilmente obbedisce, così è anche per il superuomo, che fedele alla terra obbedisce al destino, con amore.


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"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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Stirner
messagio Jun 20 2008, 10:54 PM
Messaggio #4


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jun 20 2008, 02:01 PM) *
Di metafisico in Nietzsche c'è solo il concetto della VdP che in effetti rimane per me il peggior esito del suo pensiero, almeno considerato nell'ottica di farne un nuovo principio assolutizzante.
In questa dimensione Heidegger ha concettualizzato molto bene (anche troppo) per poi schiantarsi contro il muro del non-concetto per eccellenza, campo dove le sue armi erano del tutto innocue. In sostanza non ha detto niente di nuovo (però lo ha ridetto molto bene!).



Io invece penso che la VdP sia il miglior(più profondo) concetto del pensiero di Nietzsche. Come fai a dire che Heidegger non ha detto nulla di nuovo? Io credo che sia il miglior studioso di Nietzsche mai esistito! Quali altri studi preferisci?


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Soltanto con Nietzsche finisce il Medioevo.

Alfred Bäumler.
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Sgubonius
messagio Jun 20 2008, 11:19 PM
Messaggio #5


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CITAZIONE(Stirner @ Jun 20 2008, 11:54 PM) *
Io invece penso che la VdP sia il miglior(più profondo) concetto del pensiero di Nietzsche. Come fai a dire che Heidegger non ha detto nulla di nuovo? Io credo che sia il miglior studioso di Nietzsche mai esistito! Quali altri studi preferisci?


Appunto, uno studioso non è un inventore, è un ottimo concettualizzatore e rivisitatore di tutta la filosofia, ma le sue conclusioni personali (un po' come diceva nihilo) mi hanno sempre lasciato perplesso (questo vale per la maggior parte dei filosofi del 900 di fatto). Lo dico da grande estimatore di Heidegger, anche perchè grazie anche a lui si può capire meglio nietzsche in chiave "esistenzialista" se vuoi.

Sulla volontà di potenza mi pare che sia quasi un concetto che è stato costretto ad inserire (come si usa la forza in fisica, per spiegare le accellerazioni). Secondo me l'unica critica di metafisicità che si possa muovere a Nietzsche è proprio riguardante la VdP poichè presuppone ancora hegelianamente di mettere sotto concetto l'uomo, anullandone la contraddizione nell'identità di un unico grande principio. Molto spinoziano, troppo forse, relativamente poco devastantemente innovativo.


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Joseph de Sil...
messagio Jun 23 2008, 05:12 PM
Messaggio #6


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jun 20 2008, 10:19 PM) *
[...] la VdP [...] presuppone ancora hegelianamente di mettere sotto concetto l'uomo, anullandone la contraddizione nell'identità di un unico grande principio [...]

E’ evidente che Sgubonius, pur non ritenendo l’interpretazione di Heidegger così innovativa e, anzi, nutrendo perplessità su alcune delle sue conclusioni fondamentali, ne condivide però la nozione di volontà di potenza laddove la definisce un “principio” e qualifica tale principio come “unico”. Questo punto di vista, piuttosto diffuso in ambito ermeneutico, non lo è però altrettanto in quello filologico, dove anzi è da molti anni messo in discussione (così come sono messe in discussione, almeno sotto il profilo della ricostruzione storiografica del pensiero di Nietzsche, diverse conclusioni degli stessi Heidegger e Deleuze). In altre parole esiste – purtroppo spesso ignorato al di fuori delle cerchie specialistiche – tutto un autorevole filone di ricerca secondo cui la lettura della volontà di potenza come principio unico è, senza mezzi termini, errata (e non c’è bisogno di dire che, in quest’ottica, sono invalidate anche le analogie tra la metafisica di Spinoza e il Nietzsche della volontà di potenza). Non ho il tempo per riassumere le singole posizioni, ma fornisco alcune indicazioni bibliografiche con stralci di lettura (questi ultimi naturalmente non sono altro che spunti per chi volesse approfondire la questione).
Uno dei testi di riferimento a questo proposito è un ampio e rigoroso saggio di Wolfgang Müller-Lauter, co-fondatore delle prestigiose Nietzsche Studien; oltre a questo lavoro indicherò a titolo esemplificativo alcuni altri contributi (ce ne sono ben di più) che sostengono una posizione analoga (tutti i corsivi nelle citazioni sono degli autori).

Wolfgang Müller-Lauter, “Nietzsches Lehre vom Willen zur Macht”, Nietzsche Studien, 3, 1974, pp. 1-60, ripubblicato in traduzione francese come “La pensée nietzschéenne de la Volonté de Puissance”, in id., Physiologie de la Volonté de Puissance, Allia, Paris, 1998, pp. 27-110 – da cui cito (esiste anche la traduzione italiana: Id., “La volontà di potenza in Nietzsche”, in Volontà di potenza e nichilismo. Nietzsche e Heidegger, a cura di C. La Rocca, Parnaso, Trieste, 1998):
“Une volonté ‘en soi’ ou ‘come telle’ est une pure abstraction: elle n’existe pas en fait” (p.31).
La volonté de puissance est la multiplicité des forces dont le mode relationnel est la lutte. L’unité ne peut être entendue dans le domaine de la force lui-même que comme organisation” (p. 47).
Le monde dont parle Nietzsche se révèle être un jeu réciproque des forces, c’est-à-dire de volontés de puissance […]. L’on ne peut parler que d’unités qui se modifient de façon continuelle, et non de l’unité. L’unité ne représente jamais qu’une organisation promue par la domination temporaire de vouloirs-de-puissance dominants […]. La volonté de puissance n’est donc pas non plus une” (p. 48) (ma cfr. tutto il paragrafo, Volonté de puissance une et multiple, pp. 46-52).
“La volonté de puissance elle-même, conçue comme principe général et suprême, n’a aucune existence” (p. 59).

Mazzino Montinari, “Critica del testo e volontà di potenza”, Prassi e teoria, n. 1/79, Angeli, Milano, 1979, poi in id., Nietzsche, Editori Riuniti, Roma, 1981, 2° ed. 1996, pp. 47-65 (da cui cito):
“[Nietzsche] non vuole che la ‘volontà di potenza’ sia intesa come un noumeno […]. [Egli parla] di una molteplicità di ‘volontà di potenza’ (dunque non una sola ‘volontà di potenza’ che si spezzetta nell’individuazione)” (p. 54. Cfr. anche Id., Che cosa ha veramente detto Nietzsche, Astrolabio-Ubaldini, Roma, 1975, p. 111).

Barbara Stiegler, Nietzsche et la biologie, PUF, Paris, 2001:
“De même que la vie n’existe pas sans les vivants, la volonté de puissance ne peut se saisir que dans la pluralité discontinue des volontés de puissance en lutte” (p. 81).
“La volonté de puissance n’est jamais, pour Nietzsche, une instance anonyme et sans visage, qui traverserait, souveraine et inconditionnée, les différents corps sans jamais s’individuer elle-même” (p. 86) (e qui, in nota, la Stiegler si richiama esplicitamente a Müller-Lauter).

Yannick Souladié, “ ‘…und nichts außerdem’. La vie comme volonté de puissance”, Kairos, 23, 2004, pp. 229-242 (ora anche su http://www.hypernietzsche.org/ysouladie-1):
La volonté de puissance ne s’autorise pas l’identité” (p. 233).
“La volonté de puissance est tout mais elle n’est pas identique à elle-même: une quelconque forme de substantialisme, d’identité à soi-même est inconcevable chez Nietzsche” (p.234).

Eric Blondel, “Prolégomènes à une lecture philologique de Nietzsche”, E. Blondel, Philopsis édition numériques, 2007, pp. 1-80 (su http://www.philopsis.fr/spip.php?article70):
“On ne peut faire, comme Heidegger […]. La volonté de puissance n’est pas une réalité substantielle, elle n’est pas une substance. On ne peut ‘ontologiser’ la volonté de puissance. La volonté de puissance n’est pas un être” (p. 43).
“L’unité du mot (par exemple ‘volonté’) ne garantit en rien l’unité de la chose” (p. 46).

Francesco Moiso, “La volontà di potenza in Friedrich Nietzsche. Una riconsiderazione”, aut-aut, 253, 1993, pp. 119-136:
“La riduzione delle cose a una ‘moltitudine’ di ‘quanti di forza’ o di ‘potenza’ a carattere ‘irraggiante’, tesi cioè a impadronirsi di quanta più realtà circostante è possibile, costituisce il fondamento del concetto di ‘volontà di potenza’ (p. 129).
“Cieca aggregazione gerarchizzata di quanti di potenza” (ibid.).
“Pluralità di volontà di potenza” (p. 130).
“Moltitudine delle volontà di potenza” (p. 133).

Carlo Gentili, Nietzsche, il Mulino, Bologna, 2001:
“L’interpretazione heideggeriana è interamente sostenuta sull’ipotesi che la volontà di potenza […] funzioni come principio unico nel senso della metafisica […]. Che Nietzsche non la intenda in questo modo, che cioè prescinda dall’unicità della volontà di potenza e dunque dalla sua definizione come principio, lo dimostra la sua applicazione del concetto al mondo fisico” (p. 353).
“L’idea dei quanta di volontà di potenza distrugge l’idea di una volontà di potenza come principio unico, come ens metaphysicum” (p. 358).

Claudia Rosciglione, Homo natura. Autoregolazione e caos nel pensiero di Nietzsche, ETS, Pisa, 2004:
“Nietzsche […] non sacrifica mai, ma anzi sottolinea ed esalta, la natura plurale e molteplice della forza, la quale non è tutto-uno bensì l’insieme di diverse molteplici forze” (p. 132).
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