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> Superuomo: natura o contronatura?
rasema74
messagio Dec 10 2009, 03:52 PM
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Ciao ragazzi,
sono ricominciate le vacanze e quindi rieccomi sul forum!
Vengo al dunque. Stavo leggendo tranquillamente "Frammenti di un insegnamento sconosciuto" di P.D. Ouspensky
quando a pagina 56 vengo colto da queste parole di G.I. Gurdjieff:
<<La via dello sviluppo delle possibilita' nascoste e' una via contro la natura, contro Dio>>
Non ho potuto fare a meno di pensare a tutto il discorso di Nietzsche sulla contronatura del Cristianesimo!
Ma veniamo per ordine.

Gurdjieff fa un discorso che si puo' sintetizzare cosi':
L'Assoluto crea l'universo.
Nell'universo l'uomo e' necessario in quanto "fabbrica" spontaneamente una certa sostanza che serve a garantire un certo equilibrio.
Se l'uomo vuole evolversi egli deve risparmiare questa sostanza, non disperderla piu' all'esterno.
L'accumularsi nell'uomo di questa sostanza e' l'inizio dell'evoluzione verso la Liberazione (il Superuomo per me)
Quindi per evolversi verso il Superuomo l'uomo deve andare contro la natura, contro Dio:
la Linea di Creazione e' opposta alla Linea di Evoluzione, l'evoluzione e' sempre e solo cosciente, la creazione e' meccanica.

Nietzsche:
<<Viziosa è ogni specie di contronatura. La più viziosa specie d'uomo è il prete; egli insegna la contronatura>>
<<La predicazione della castità è istigazione pubblica alla contronatura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni contaminazione della medesima mediante la nozione di "impurità" è vero e proprio peccato contro il sacro spirito della vita>>

E se il Superuomo non seguisse il "sacro spirito della vita" e fosse invece anch'egli un movimento contronatura?
E se a seguire lo spirito della vita fosse l'Ultimo uomo?

Il problema della filosofia di Nietzsche e' proprio questo,
che l'amore per il Superuomo e l'amore per la Vita sono contraddittori!

Ora mi cacciano dal computer, le solite forze dell'oscurita'!
A presto!

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Sgubonius
messagio Dec 15 2009, 03:29 PM
Messaggio #2


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C'è troppa trascendenza... il superuomo non è superiore come le emanazioni neoplatoniche, è semplicemente Altro, è semplicemente differente (nel doppio significato di diverso + attuante una differita).

La follia stessa non è un metro di misurazione del fallimento, tuttaltro, la schizofrenia è anzi uno dei casi psicologici che più si avvicina a quel pathos della contraddizione interna (rimando a Deleuze per dettagli). Così per il suo pensiero, che non ha lacune (che prevederebbo un sistema di cui sono lacune), dato che è un pensiero problematico nella sua stessa essenza, è "differenza in sé", qualcosa che tornando torna diverso ogni volta, inesauribile. Questo è l'esito tragico, e si tratta, come Dioniso, di incarnare questa lacerazione/differenza. La coscienza è sempre qualcosa di riflessivo, un pensiero che pensa se stesso, un ricucire, e in quanto tale una chiusura (hegeliana) che neutralizza tutto il potenziale vitale. Non si E' mai un superuomo, lo si DIVIENE soltanto. Con Nietzsche è finalmente finita l'epoca dell'io, dei padroni, della dialettica, si tratta di immergersi in un monismo immanente dove non sussiste padrone né servo (non discuto qui le analogie e differenze con lo Spirito Assoluto).

L'unica coscienza che veramente trascina verso il superuomo è la coscienza di essere dei mostri inconsci, delle macchine che creano il senso, ma che non hanno alcun senso in sé e per sé. Si può essere padroni solo del nostro essere schiavi, amor fati, si può essere coscienti solo di non-esserci, di mancare, continuamente a sé. E' una lacuna unica, nel senso che è una filosofia delle lacune, del mancare, del differire, ma è anche una ontologia del mancare, della potenza, e quindi pienamente affermativa (non c'è più l'idea che la lacuna sia un momento negativo della coscienza, come in Hegel, ma anche in Schopenhauer, con esisti opposti).

Tutto qui. Bisogna entrare in un'ottica in cui non c'è negativo e in cui più si manca e meglio è. La metafisica e il buddhismo non riescono a sostenere questa tragedia, l'una riaffermando il ritorno all'unità del soggetto, l'altra lasciando perdere tutto per il nulla puro e semplice che termini la sofferenza. Che poi ci sia un proliferare di "maestri" che predicano delle vie intermedie è comprensibilissimo, ma, se vuoi un consiglio, i filosofi pensano per professione, quindi teoricamente lo fanno meglio!


--------------------
"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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rasema74
messagio Dec 16 2009, 09:59 AM
Messaggio #3


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CITAZIONE(Sgubonius @ Dec 15 2009, 04:29 PM) *
C'è troppa trascendenza... il superuomo non è superiore come le emanazioni neoplatoniche, è semplicemente Altro, è semplicemente differente (nel doppio significato di diverso + attuante una differita).

La follia stessa non è un metro di misurazione del fallimento, tuttaltro, la schizofrenia è anzi uno dei casi psicologici che più si avvicina a quel pathos della contraddizione interna (rimando a Deleuze per dettagli). Così per il suo pensiero, che non ha lacune (che prevederebbo un sistema di cui sono lacune), dato che è un pensiero problematico nella sua stessa essenza, è "differenza in sé", qualcosa che tornando torna diverso ogni volta, inesauribile. Questo è l'esito tragico, e si tratta, come Dioniso, di incarnare questa lacerazione/differenza. La coscienza è sempre qualcosa di riflessivo, un pensiero che pensa se stesso, un ricucire, e in quanto tale una chiusura (hegeliana) che neutralizza tutto il potenziale vitale. Non si E' mai un superuomo, lo si DIVIENE soltanto. Con Nietzsche è finalmente finita l'epoca dell'io, dei padroni, della dialettica, si tratta di immergersi in un monismo immanente dove non sussiste padrone né servo (non discuto qui le analogie e differenze con lo Spirito Assoluto).

L'unica coscienza che veramente trascina verso il superuomo è la coscienza di essere dei mostri inconsci, delle macchine che creano il senso, ma che non hanno alcun senso in sé e per sé. Si può essere padroni solo del nostro essere schiavi, amor fati, si può essere coscienti solo di non-esserci, di mancare, continuamente a sé. E' una lacuna unica, nel senso che è una filosofia delle lacune, del mancare, del differire, ma è anche una ontologia del mancare, della potenza, e quindi pienamente affermativa (non c'è più l'idea che la lacuna sia un momento negativo della coscienza, come in Hegel, ma anche in Schopenhauer, con esisti opposti).

Tutto qui. Bisogna entrare in un'ottica in cui non c'è negativo e in cui più si manca e meglio è. La metafisica e il buddhismo non riescono a sostenere questa tragedia, l'una riaffermando il ritorno all'unità del soggetto, l'altra lasciando perdere tutto per il nulla puro e semplice che termini la sofferenza.


« Siamo ignoti a noi medesimi, noi uomini della conoscenza, noi stessi a noi stessi: è questo un fatto che ha le sue buone ragioni. Non abbiamo mai cercato noi stessi - come potrebbe mai accadere, un bel giorno, di trovarsi? »
(Nietzsche, Prefazione alla Genealogia della morale)

Mi dai sempre piu' l'impressione che leggi poco Nietzsche e troppo quelli che hanno scritto su di lui...
Ma dove la vedi in Nietzsche tutta questa apologia della differenza, della mancanza?
Ti posso chiedere QUALI opere di Nietzsche hai letto?

A te in questo momento FA COMODO vedere Nietzsche attraverso i suoi commentatori, piu' DILUITO...
Ricordati sempre che quello che scrivi dice MOLTO piu' su di te che su Nietzsche e,
dall'ultimo post, cominci a farmi preoccupare...
Per fortuna che sei ancora giovane a hai tutto il tempo di ravvederti!

CITAZIONE(Sgubonius @ Dec 15 2009, 04:29 PM) *
Che poi ci sia un proliferare di "maestri" che predicano delle vie intermedie è comprensibilissimo, ma, se vuoi un consiglio, i filosofi pensano per professione, quindi teoricamente lo fanno meglio!


Su questo punto Gurdjieff fa un'interessante annotazione.
Egli afferma che il Sapere e l'Essere debbano andare di pari passo, se l'Essere rimane indietro,
allora anche la Conoscenza si arresta. Cioe' uno puo' anche continuare a scrivere tutta la vita, a pensare,
ma questo non ha nessun valore, Heidegger la chiamava "chiacchiera" no?

E poi, visto il tuo ultimo elogio della follia, che cosa ne dici del morbo di Alzheimer,
di cui e' morto il piu' grande filosofo di professione, Kant?
Anche qui, sono certo, si puo' trovare qualcosa di interessante, di sublime no?
Ricordati che il PENSARE e' sempre un'attivita collaterale...
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