Queste due foto della Torre di Pisa sono, in realtà, la stessa foto, ma la torre di destra sembra più inclinata perché il nostro sistema visivo tratta le due immagini come un'unica scena. Questa immagine ha vinto pochi giorni fa il premio per la migliore illusione ottica dell'anno, sponsorizzato dalla Neural Correlate Society. (Cortesia F.A.A. Kingdom, A. Yoonessi ed E. Gheorghiu/McGill University)
Come possiamo dire che le due immagini sono "la stessa foto"? Solo attraverso delle misure. Ma definire l'operazione di misura è un procedimento astratto: un'idea.
I sensi ci ingannano, l'idea ristabilisce la verità?
Impressionante
in che senso l'operazione di misura è un processo astratto?
... l'operazione di misura è un altro modo di usare i sensi...
Il procedimento di misura va specificato e questo conduce a una discussione sostanzialmente teorica su cosa sia e come vada condotta la misura.
Se si da per scontato il modo in cui effettuare la misura, in genere si sta utlizzando un pregiudizio non esplicitato.
Per esempio per concludere tramite misure che le due immagini sono a tutti gli effetti "la stessa foto", tra i tanti modi possibili ne saltano subito alla mente due:
A ) misura con un righello
Si stampa l'immagine (o anche direttamente sullo schermo), e si confronta con un righello millimetrato la distanza tra punti considerati rilevanti.
B ) misura tramite i pixels
Le immagini sono digitali, quindi aprendo il file jpg si possono elencare i pixels di cui sono composte e confrontarli uno a uno.
E' evidente che la scelta del metodo A o B presenta vantaggi e svantaggi in entrambi i casi: ad esempio B ha lo svantaggio che se richiediamo l'uguaglianza di tutti i pixels non cogliamo il punto della questione; se le foto differiscono per un singolo pixel sul bordo le due immagini sono a tutti gli effetti equivalenti dal punto di vista della percezione visiva. E' necessario allora stabilire un criterio entro cui accettare l'equivalenza delle foto anche se alcuni pixels sono differenti, il che non è affatto semplice da decidere. Il vantaggio di questo metodo però è che possiamo utilizzare una procedura automatizzata, oggettiva: il conteggio dei pixels di tutta l'immagine.
D'altra parte se optiamo per il metodo A che sembra cogliere maggiormente la questione, dobbiamo effettuare un certo numero di scelte arbitrarie: quali distanze considerare per stabilire che le due foto sono la stessa, e con che precisione effettuare la misura; quest'ultimo punto conduce a un ulteriore problema perché il valore di precisione più ovvio da scegliere sarebbe quello corrispondente alla risoluzione dell'occhio umano, ma esso è inferiore alla ditstanza tra pixel e pixel di cui è composta l'immagine (infatti aguzzando la vista sui pixels chiari si riesce a percepire la discontinuità). Si deve quindi effettuare una scelta che dipende da un parametro, la separazione dei pixels, del tutto arbitrario e inifluente ai fini della questione iniziale.
In ogni caso appare evidente la natura teorica della descrizione dei procedimenti di misura, i quali non costituiscono affatto un "dato immediato".
Scusate la mia ingenuità, ma sono appunto i procedimenti teorici di misura, ovvero l'impostazione dei metodi, le regole e la successiva scelta (arbitraria) di uno di essi ad essere ''astratti'', ma una volta stabilita la teoria di misura(anzi ancora prima dovrò stabilire cosa intendo per ''stessa''. ), scelto il metodo con le sue regole mica ho misurato. Non so ancora se le due foto sono la stessa foto o no. Mi occorre la pratica, il dato empirico che posso averlo solo affidandomi ancora una volta ai sensi, sebbene adesso siano ''regolati'' nell'uso che ne farò.
Posso impostare una geniale, accurata e coerente teoria della conoscenza, ma non è detto che io sia in grado di conoscere o abbia mai conosciuto o possa mai farlo.
La mia domanda fondamentale è questa: vedo due foto che come dato immediato mi dicono essere diverse, poi teorizzo e misuro e to' , ammettiamo, sono uguali identiche (ma non stessa perchè occupano due posizioni diverse rispetto all'osservatore? ), la ''verità'' è ristabilita dall'idea, ma i sensi continueranno a vivere nella loro illusione e la mente pure perchè voleva ristabilire la verità, ma essa continuerà a valere nella nostra zucca, non ha impatto sulla nostra percezione sensibile (l'illusione ottica mica scompare una volta ristabilita la verità). Ma allora dove sta l'illusione? Nei sensi che vedono due foto diverse o nella testa che dice che le foto sono uguali? Qual'è la verità? Chi inganna chi? Cosa è davvero necessario ristabilire?
perdonatemi, ma le due simpatiche torri mi fanno ricordare di quando andai a pisa - agosto 2003- per vedere com'era la normale e mi sdraiai a torso nudo sul prato . fu un effetto ottico quella vigilessa che voleva sbranarmi?
Se vi interessano queste cose andatevi a vedere Gaetano Kanizsa, "Grammatica del vedere" (il Mulino). Magistrale.