Schopenhauer: problema della rappresentazione |
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Schopenhauer: problema della rappresentazione |
Nov 10 2007, 05:57 PM
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#1
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Advanced Member Gruppo: Members Messaggi: 84 Iscritto il: 9-October 07 Utente Nr.: 403 |
Sapendo che Nietzsche lesse in gioventù l'opera principale di Schopenhauer, il mondo come volontà e rappresentazione, mi sono affrettato a comprarlo ed ora lo sto leggendo e devo dire che lo trovo molto interessante, anche se non capisco una cosa.
Schopenhauer dice: il mondo è una mia rappresentazione. Egli critica il realismo affermando che per esso esistono degli oggetti indipendeti dal soggetto e che sono le cause ed il soggetto è colui che percepisce gli effetti. Dunque il realismo ed il materialismo partono dall'oggetto trascurando il soggetto. Schop. critica anche la visione opposta, quella fichtiana cioè che il soggetto è la causa degli oggetti. Schop. dice che lui non parte nè dal soggetto nè dall'oggetto; ma dalla RAPPRESENTAZIONE. Volevo chiedere: ma se tutto esiste UNICAMENTE perchè il soggetto rappresenta allora non è come dire(un pò come fichte) che il soggetto è l'origine del mondo e quindi degli oggetti. Se senza il soggetto crolla il mondo allora esso ne era la causa...AIUTATEMI, questo problema mi martella di continuo!!!! grazie ciao -------------------- Soltanto con Nietzsche finisce il Medioevo.
Alfred Bäumler. |
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Jan 12 2008, 04:47 PM
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#2
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 207 Iscritto il: 15-May 07 Utente Nr.: 103 |
In riferimento alla problematica Voluntas-Noluntas in Schopenhauer e agli esiti che ne derivano resta legittima, a mio avviso, l’argomentazione nietzscheana secondo la quale la noluntas schopenhaueriana dimostrerebbe che egli non si è liberato dal nichilismo cristiano. Posto infatti il Wille come essenza del mondo considerato “dall’interno”, è posto sì il rifiuto della distinzione sensibile-sovrasensibile tipico della metafisica classica, ma non quello tra esterno-interno (o fenomeno-noumeno, o essenza-apparenza), con il risultato che Schopenhauer non riesce veramente a liberarsi dell’atteggiamento nichilistico conseguente al dualismo di derivazione platonico-cristiana (svalutazione del mondo e tentativo dunque di negarlo); l’aggravante però, nel suo caso, è che laddove nei sistemi dualistici la svalutazione e la negazione riguardano appunto “solo” il mondo sensibile, in Schopenhauer – essendo assente proprio la distinzione metafisica sensibile-intelligibile – la negazione deve riguardare necessariamente il principio di cui il mondo sensibile non è che apparenza, cioè il Wille stesso, con il paradossale (nonché filosoficamente incongruo) risultato di un’autosoppressione totale del reale.
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Sep 27 2008, 01:59 AM
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#3
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 754 Iscritto il: 15-May 08 Utente Nr.: 2,728 |
in Schopenhauer – essendo assente proprio la distinzione metafisica sensibile-intelligibile – la negazione deve riguardare necessariamente il principio di cui il mondo sensibile non è che apparenza, cioè il Wille stesso, con il paradossale (nonché filosoficamente incongruo) risultato di un’autosoppressione totale del reale. Non difenderei schopenhauer nemmeno se ne dipendesse la mia vita e non dubito del fatto che sia forse il peggior nichilista della storia, però contesterei l'incongruenza filosofica, bisogna riconsiderare il problema così come lo aveva posto stirner fin dall'inizio. Se il mondo è soltanto rappresentazione e volontà, il resto viene dopo. La rappresentazione fonda soggetto (ovvero la costante che rappresenta sempre sè stesso, in senso cartesiano del cogito me cogitare) e oggetto mentre ovviamente la volontà opposta ad essa forma un apparente contrasto interno-esterno. Dico apparente perchè se il mondo è volontà e rappresentazione la posizione non è nè idealista nè realista (soggetto e oggetto vengono dopo) e in quanto tale è plausibile una posizione intermedia/ibrida fra interno ed esterno in quanto la rappresentazione non è nè interna nè esterna (int/est rispetto a chi, al soggetto?), come non lo è in fondo la volontà. E' un po' confuso in verità... Insomma l'autosoppressione del reale è anche plausibile, altrimenti non si potrebbe parlare di Schopenhauer come di un nichilista, ed è solo il passaggio alla volontà di potenza a superare la crisi della nolontà grazie alla possibilità della trasvalutazione dei valori. -------------------- "Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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Sep 27 2008, 02:58 PM
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#4
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 207 Iscritto il: 15-May 07 Utente Nr.: 103 |
[...] Se il mondo è soltanto rappresentazione e volontà, il resto viene dopo. La rappresentazione fonda soggetto (ovvero la costante che rappresenta sempre sè stesso, in senso cartesiano del cogito me cogitare) e oggetto mentre ovviamente la volontà opposta ad essa forma un apparente contrasto interno-esterno. Dico apparente perchè se il mondo è volontà e rappresentazione la posizione non è nè idealista nè realista (soggetto e oggetto vengono dopo) e in quanto tale è plausibile una posizione intermedia/ibrida fra interno ed esterno in quanto la rappresentazione non è nè interna nè esterna (int/est rispetto a chi, al soggetto?), come non lo è in fondo la volontà. E' un po' confuso in verità... [...] Premesso che la critica a Schopenhauer da me riportata è, come avevo scritto, di Nietzsche e non mia (sebbene io la condivida), respingo (amichevolmente, beninteso) il tentativo di difesa di Sgubonius. Anzitutto, seguendo il suo modello argomentativo, per cui “interno” ed “esterno” mancherebbero di un quid rispetto al quale darsi, se ne potrebbe concludere che anche il “dopo” di cui egli parla, essendo una categoria temporale come tale estranea alla Volontà (che è eterna), non si dà mai, poiché ontologicamente non c’è altro che la Volontà stessa. Ma il punto non è tanto questo: l’errore implicito nella lettura di Sgubonius (errore per la verità piuttosto comune, dovuto anche alla maniera dello stesso Schopenhauer di utilizzare i termini) consiste piuttosto nel prendere la locuzione “mondo come rappresentazione” nel senso di “realtà”, e intendere dunque che esistano o due realtà (mondo della rappresentazione e mondo della volontà) oppure una realtà unica ma per così dire “sdoppiata” (mondo che è a un tempo volontà e rappresentazione). In verità quando Schopenhauer parla di “mondo come rappresentazione” non intende una realtà altra rispetto alla Volontà, ma solo il modo in cui questa si individua, si oggettiva, insomma si esplicita fenomenicamente. Non a caso egli sottolinea di continuo che il mondo come rappresentazione è mera apparenza: ma allora, se così è, “realtà” è solo il mondo come Volontà: e questo non è altro che un tipo di monismo ontologico. E’ qui che cade la critica di Nietzsche: in primis, e ciò è noto, Schopenhauer continua a pensare secondo il modello nichilistico platonico-cristiano, per il quale il mondo sensibile è qualcosa di negativo e dunque dobbiamo liberarcene; in secondo luogo, e qui sta l’aporia denunciata da Nietzsche, mentre nel platonismo e nel cristianesimo la soppressione del mondo sensibile non comporta una revoca della realtà, poiché proprio in virtù del dualismo implicito in tali sistemi il mondo intelligibile rimane (almeno dal loro punto di vista), per il monista Schopenhauer la soppressione del solo mondo sensibile non è semplicemente pensabile, visto il suo mero statuto di apparenza (e del resto se anche questa fosse possibile non sarebbe con ciò soppressa la negatività, che in senso proprio è specifica dell’unica realtà, cioè della Volontà stessa): non resta dunque che una paradossale possibilità: l’ “autosoppressione” del reale. |
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