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> Volontà di Potenza e Soggetto
Sgubonius
messagio Oct 23 2008, 06:08 PM
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Ecco qui quello che per me è in qualche modo un nodo quasi inestricabile ancora nel nell'insieme delle conseguenze che la volontà di potenza implica...

Passo subito a riportare la questione così come sono riuscito all'incirca ad enuclearla:
La volontà di potenza abroga totalmente il soggetto in nome di un gioco di forze in cui il trascendentale non ha più alcuna priorità oppure ne è l'estrema assurzione ad entità prima (come dice Heidegger insomma parlando di subjectum e passando attraverso Descartes e Leibniz)?

Inutile dire che entrambe le possibilità (che non sono in verità di fatto inconciliabili volendo forzare la cosa) hanno esimi sostenitori e altrettante citazioni dagli ultimi scritti di Nietzsche a supporto...


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"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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Joseph de Sil...
messagio Dec 16 2008, 01:18 PM
Messaggio #2


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Deleuze è un autore molto suggestivo da leggere, e ha senz’altro fornito un contributo importante alla recente filosofia novecentesca, ma rispetto alla storia delle interpretazioni del pensiero di Nietzsche vale per lui quello che vale per Heidegger: ciò che egli scrive su di lui ha a che fare, più che con la filosofia di Nietzsche, con la propria. Il suo Nietzsche e la filosofia per esempio, pur considerato uno “standard work” nell’ambito delle letture della filosofia nietzscheana e pur presentandone aspetti interpretativi importanti (non ultimo, per stare al tema qui trattato, quello della WzM intesa come plurale anziché, heideggerianamente, come unica), non è in senso stretto un’opera di ricostruzione del pensiero del filosofo tedesco, ma rappresenta piuttosto una testimonianza – certo appassionata e profonda – degli stimoli da lui ricevuti per costruire la propria visione del mondo; e lo stesso dicasi per Differenza e ripetizione, che certo non è proposto come lettura di Nietzsche, ma che “nietzscheano” lo è già a partire dal titolo, in cui si dichiara una modalità di interpretazione dell’eterno ritorno di Nietzsche come ritorno della differenza. Tanto per fermarmi a questo esempio ricordo che tale tesi, portante nel nietzscheanesimo di Deleuze, è fondata su errori di carattere documentale e filologico che la rendono altra cosa rispetto a quanto inteso da Nietzsche, e dunque sostanzialmente ne fraintendono il senso (per non ripetermi su ciò rinvio ad alcuni interventi che ho già inserito lo scorso anno su questo forum: cfr. la sezione Nietzsche spazio libero, “Ancora sulla sorella e la volontà di potenza”). Se si vuole si potrà rispondere naturalmente che è proprio la “Wirkungsgeschichte” ermeneutica ciò che permette il cammino della teoresi, nel senso che in Deleuze (come in Heidegger, in Foucault etc.) possiamo constatare quello che ne è stato della filosofia di Nietzsche nel corso del Novecento: sono senz’altro d’accordo, ma puntualizzo che l’importante è essere consapevoli che questo non ha a che vedere con la ricostruzione storiografica delle fonti, imprescindibile se si vuole ripercorrere la genesi e lo sviluppo delle idee di Nietzsche (come di qualsiasi altro autore). Insomma, per tornare al punto e chiudere: non è scontato che leggere Deleuze comporti avere una più chiara visione di Nietzsche, e anzi questo potrebbe essere un errore di prospettiva; leggere Deleuze (e non solo ciò che ha scritto, ma anche i testi su cui si è formato, il clima culturale nel quale ha sviluppato le sue idee etc.) significa infatti, in primo luogo, avere una più chiara visione di Deleuze. Il che certamente non è poco, visto che l’incontro con il filosofo francese è di quelli che lasciano il segno: ma è un incontro, appunto, soprattutto con lui.
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