Superuomo: natura o contronatura? |
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Superuomo: natura o contronatura? |
Dec 10 2009, 03:52 PM
Messaggio
#1
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 222 Iscritto il: 28-March 07 Utente Nr.: 27 |
Ciao ragazzi,
sono ricominciate le vacanze e quindi rieccomi sul forum! Vengo al dunque. Stavo leggendo tranquillamente "Frammenti di un insegnamento sconosciuto" di P.D. Ouspensky quando a pagina 56 vengo colto da queste parole di G.I. Gurdjieff: <<La via dello sviluppo delle possibilita' nascoste e' una via contro la natura, contro Dio>> Non ho potuto fare a meno di pensare a tutto il discorso di Nietzsche sulla contronatura del Cristianesimo! Ma veniamo per ordine. Gurdjieff fa un discorso che si puo' sintetizzare cosi': L'Assoluto crea l'universo. Nell'universo l'uomo e' necessario in quanto "fabbrica" spontaneamente una certa sostanza che serve a garantire un certo equilibrio. Se l'uomo vuole evolversi egli deve risparmiare questa sostanza, non disperderla piu' all'esterno. L'accumularsi nell'uomo di questa sostanza e' l'inizio dell'evoluzione verso la Liberazione (il Superuomo per me) Quindi per evolversi verso il Superuomo l'uomo deve andare contro la natura, contro Dio: la Linea di Creazione e' opposta alla Linea di Evoluzione, l'evoluzione e' sempre e solo cosciente, la creazione e' meccanica. Nietzsche: <<Viziosa è ogni specie di contronatura. La più viziosa specie d'uomo è il prete; egli insegna la contronatura>> <<La predicazione della castità è istigazione pubblica alla contronatura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni contaminazione della medesima mediante la nozione di "impurità" è vero e proprio peccato contro il sacro spirito della vita>> E se il Superuomo non seguisse il "sacro spirito della vita" e fosse invece anch'egli un movimento contronatura? E se a seguire lo spirito della vita fosse l'Ultimo uomo? Il problema della filosofia di Nietzsche e' proprio questo, che l'amore per il Superuomo e l'amore per la Vita sono contraddittori! Ora mi cacciano dal computer, le solite forze dell'oscurita'! A presto! |
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Dec 18 2009, 03:43 PM
Messaggio
#2
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 754 Iscritto il: 15-May 08 Utente Nr.: 2,728 |
Hai frainteso un po' l'insieme del mio discorso.
Delle 3 vie da te indicate, io tenderei a posizionarmi FRA le ultime due. L'uomo è la coscienza scissa che si illude continuamente di essere "ego cogito". Il superuomo non è quindi la scissione squallida della psiche (la schizofrenia non è ancora la soluzione), è piuttosto il vivente che sia in grado di accettare sommamente la propria finitezza/manchevolezza/lacerazione interna (cfr. Hegel e la coscienza infelice o Heidegger e l'autenticità, seppur ciascuno concepisca la cosa in modo diverso, con risultati anche opposti). Proprio il paragone con Hegel sarebbe cruciale. Hegel passa dalla scissione solo per riaffermare una sintesi ulteriore, cercando così di non sopprimere la diferenza nell'uno. Per Nietzsche il problema è analogo, ma ribaltato testa-piedi. Per questo se in Hegel è la coscienza a percorrere tutta la fenomenologia fino allo Spirito (l'auto-coscienza di essere in sé e per sé la verità), in Nietzsche non si può pensare che sia sempre una coscienza a ristabilirsi dialetticamente. Deleuze parte soprattutto dal tentativo di pensare la differenza fuori dalla dialettica, toglierla insomma dal negativo. Le conseguenze sono molte, per esempio una certa abolizione della distinzione fra linguaggio e cosa (tutto è linguaggio), di teoria e prassi (su una scia un po' neoplatonica) o più in generale fra alto e basso. E' la questione dell'immanenza, che si lega a doppio filo con le tematiche nietzschiane dell'affermazione di questo mondo, senza negatività soprassensibili, senza ritorni nell'Aldilà (che non sia l'aldilà dal bene e dal male, cioè oltre ogni alto-basso o altro giudizio di valore umano). Concludo: quello che ho criticato fin dall'inizio è l'idea che il superuomo sia una coscienza unica e certa di sé come unità. Piuttosto il superuomo è quell'essere che ha cessato di considerare la mancanza un male, l'esilio una privazione, la morte di Dio come una colpa (vedi lo Zarathustra per tutti questi temi). Per questo non si tratta più di essere "soddisfatti" in generale. Il superuomo è l'insoddisfazione elevata a statuto, è volontà di volontà (cioè come ti dicevo è voler mancare di tutto per poter desiderare tutto, pathos della distanza). Si è solo quando si manca, ovvero l'essere è volontà di potenza. Il superuomo quindi paradossalmente è solo quando manca, non è un obbiettivo che si raggiunga come una sintesi hegeliana. Allo stesso modo non è una coscienza piena e padrona, ma è la coscienza di essere un "mancato" (da-per-sempre), è essere sempre un'altro, mantendo coerente solo la propria incoerenza (come una funzione che cresce sempre può avere derivata fissa). Si tratta in qualche maniera di uno stoicismo in cui all'impassibilità si sostituisce una sensibilità estrema, metamorfosi continua e mostruosa (kafkiana) in cui non c'è più organismo ma solo un corpo senza organi, uno spazio libero da determinazioni, capace di ogni potenza. Questo è quella vibrazione di cui parlavo, attiva e passiva insieme, fanciullo e vecchio disperato insieme, mostro e capolavoro, stasi e dinamismo, eterno ritorno e volontà di potenza, contraddizioni tutte vissute come tali e non risolte. Che altro ti posso dire? Si tratta di essere un attore senza parte fissa, mille maschere senza alcun volto, ecc... -------------------- "Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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