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> L'eterno ritorno dell'eguale
diechirico
messagio Jul 29 2007, 10:01 AM
Messaggio #1


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La Gaia Scienza
Libro Quarto

341.
Il peso più grande. Che cosa accadrebbe se un giorno o una notte nella più solitaria delle tue solitudini si insinuasse un demone e ti dicesse: «Questa vita che vivi adesso e che hai vissuto, dovrai viverla ancora innumerevoli volte; e non ci sarà niente di nuovo, in essa, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro e tutto quello che in essa c'è di indicibilmente piccolo e grande deve tornare, e tutto nella stessa sequenza e successione - persino questo ragno e questo chiaro di luna tra gli alberi, e persino questo istante e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene girata di continuo -, e tu con essa, infimo granello di polvere!». Non ti getteresti a terra e digrigneresti i denti e malediresti il demone che parla così? O hai già vissuto un attimo di immensità in cui gli risponderesti: «Tu sei un dio, e mai ho udito parole più divine!». Se quel pensiero si impadronisse di te, come sei adesso, ti trasformerebbe, forse stritolandoti; la domanda «vuoi che tutto ciò accada ancora una volta, innumerevoli volte?» sarebbe il più grande peso mai gravato sul tuo agire! Oppure, quanto dovresti essere ben disposto nei confronti di te stesso e della vita, per non desiderare nient'altro che quest'ultima, eterna conferma, questo sigillo?


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diechirico
messagio Jul 29 2007, 10:04 AM
Messaggio #2


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Questo, non ha bisogno di commenti.
Lirica pura.

DELLA VISIONE E DELL'ENIGMA
1
A voi, temerari della ricerca e del tentativo, e a chiunque si sia mai imbarcato con ingegnose vele su mari terribili, -
a voi, ebbri di enigmi e lieti alla luce del crepuscolo,
a voi le cui anime suoni di flauto inducono a perdersi in baratri labirintici:
giacché voi non volete con mano codarda seguir tentoni un filo; e dove siete in grado di indovinare vi è in odio il dedurre –
a voi soli racconterò l'enigma che io vidi, - la visione del più solitario degli uomini.
Cupamente andavo, or non è molto, nel crepuscolo livido di morte, - cupo, duro, le labbra serrate. Non soltanto un sole mi era tramontato.
Un sentiero, in salita dispettosa tra sfasciume di pietre, maligno, solitario, cui non si addicevano più né erbe né cespugli: un sentiero di montagna digrignava sotto il dispetto del mio piede.
Muto, incedendo sul ghignante crepitio della ghiaia, calpestando il pietrisco, che lo faceva sdrucciolare: così il mio piede si faceva strada verso l'alto.
Verso l'alto: - sebbene fosse seduto su di me, metà nano; metà talpa; storpio; storpiante; gocciante piombo nel cavo del mio orecchio, pensieri-gocce-di-piombo nel mio cervello.
«O Zarathustra, sussurrava beffardamente sillabando le parole, tu pietra filosofale! hai scagliato te stesso in alto, ma qualsiasi pietra scagliata deve - cadere!
O Zarathustra, pietra filosofale, pietra lanciata da fionda, tu che frantumi le stelle! Hai scagliato te stesso così in alto, - ma ogni pietra scagliata deve cadere!
Condannato a te stesso, alla lapidazione di te stesso: o Zarathustra, è vero: tu scagliasti la pietra lontano, - ma essa ricadrà su di te!».
Qui il nano tacque; e ciò durò a lungo. Il suo tacere però mi opprimeva; e l’essere in due in questo modo è, in verità, più solitudine che l’essere solo!
Salivo, - salivo, - sognavo, - pensavo: ma tutto mi opprimeva. Ero come un malato: stremato dal suo tormento atroce, sta per dormire, ma un sogno, più atroce ancora, lo ridesta. -
Ma c'è qualcosa che io chiamo coraggio: questo finora ha sempre ammazzato per me ogni scoramento. Questo coraggio mi impose alfine di fermarmi e dire: «Nano! O tu! O io!».-
Coraggio è infatti la mazza più micidiale, - coraggio che assalti: in ogni assalto in fatti è squilla di fanfare.
[...] Coraggio è però la mazza più micidiale, coraggio che assalti: esso ammazza anche la morte, perché dice: «Questo fu la vita? Orsù! Da capo!».
Ma in questa sentenza v’è un gran suono di fanfare. Chi ha orecchi, intenda.


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diechirico
messagio Jul 29 2007, 10:04 AM
Messaggio #3


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2
«Alt, nano! dissi. O io! O tu! Ma di noi due il più forte sono io -: tu non conosci il mio pensiero abissale! Questo - tu non potresti sopportarlo!». –
Qui avvenne qualcosa che mi rese più leggero: il nano infatti mi saltò giù dalle spalle, incuriosito! Si accoccolò davanti a me, su di un sasso. Ma, proprio dove ci eravamo fermati, era una porta carraia.
«Guarda questa porta carraia! Nano! Continuai: essa ha due volti. Due sentieri convergono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine.
Questa lunga via fino alla porta e all’indietro: dura un’eternità. E quella lunga via fuori della porta e in avanti – è un’altra eternità.
Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l’un contro l’altro: e qui, a questa porta carraia, essi convergono. In alto sta scritto il nome della porta: “attimo”.
Ma, chi ne percorresse uno dei due – sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?». –
«Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo».
«Tu, spirito di gravità! Dissi io incollerito, non prendere le cose troppo alla leggera! O ti lascio accovacciato dove ti trovi, sciancato – e sono io che ti ho portato in alto!
Guarda, continuai, questo attimo! Da questa porta carraia che si chiama attimo, comincia all’indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è un’eternità.
Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse avere già percorso una volta questa via? Non dovrà ognuna delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta, trascorsa una volta?
E se tutto è già esistito: che pensi, o nano di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia – esserci già stata?
E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l’una all’altra, in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le cose venture? E per conseguenza - - anche se stesso?
Infatti, ognuna delle cose che possono camminare: anche in questa lunga via al di fuori – deve camminare ancora una volta!
E questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna, e persino questo chiaro di luna e io e tu bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti – non dobbiamo tutti esserci stati un’altra volta?
- e ritornare a camminare in quell’altra via al di fuori, davanti a noi, in questa orrida via – non dobbiamo ritornare in eterno?». –
Così parlavo, sempre più flebile: perché avevo paura dei miei stessi pensieri e dei miei pensieri reconditi. E improvvisamente, ecco, udii un cane ululare.
Non avevo già udito una volta un cane ululare così? Il mio pensiero corse all’indietro. Sì! Quand’ero bambino, in infanzia remota:
- allora udii un cane ululare così. E lo vidi anche, il pelo irto, la testa all’insù, tremebondo, nel più fondo silenzio di mezzanotte, quando anche i cani credono agli spettri:
- tanto che ne ebbi pietà. Proprio allora la luna piena, in un silenzio di morte, saliva sulla casa, proprio allora si era fermata, una sfera incandescente, - tacita, sul tetto piatto, come su roba altrui: -
ciò aveva inorridito il cane: perché i cani credono ai ladri e agli spettri. E ora, sentendo di nuovo ululare a quel modo, fui ancora una volta preso pietà.
Ma dov’era il nano? E la porta? E il ragno? E tutto quel bisbigliare? Stavo sognando? Mi ero svegliato? D’un tratto mi trovai in mezzo a orridi macigni, solo, desolato, al più desolato dei chiari di luna.
Ma qui giaceva un uomo! E – proprio qui! – il cane, che saltava, col pelo irto, guaiolante, - adesso mi vide accorrere – e allora ululò di nuovo, urlò: - avevo mai sentito prima un cane urlare aiuto in quel modo?
E, davvero, ciò che vidi, non l’avevo mai visto. Vidi un giovane pastore rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca.
Avevo mai visto tanto schifo e livido raccapriccio dipinto su di un volto? Forse, mentre dormiva, il serpente gli era strisciato dentro le fauci e – lì si era abbarbicato mordendo.
La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava – invano! non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: «Mordi! Mordi!
Staccagli il capo! Mordi!», così gridò da dentro di me: il mio orrore, il mio odio, il mio schifo, la mia pietà, tutto quanto in me- buono o cattivo – gridava da dentro di me, fuso in un sol grido. –
Voi, uomini arditi che mi circondate! Voi, dediti alla ricerca e al tentativo, e chiunque tra di voi si sia mai imbarcato con vele ingegnose per mari inesplorati! Voi che amate gli enigmi!
Sciogliete dunque l’enigma che io allora contemplai, interpretatemi la visione del più solitario tra gli uomini!
Giacché era una visione e una previsione: - che cosa vidi allora per similitudine? E chi è colui che un giorno non potrà non venire?
Chi è il pastore, cui il serpente strisciò in tal modo entro le fauci? Chi è l’uomo, cui le più grevi e le più nere tra le cose strisceranno nelle fauci?
- Il pastore, poi, morse così come gli consigliava il mio grido; e morse bene! Lontano da sé sputò la testa del serpente - : e balzò in piedi. –
Non più pastore, non più uomo, - un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!
Oh, fratelli, udii un riso che non era di un uomo, - - e ora mi consuma una sete, un desiderio nostalgico, che mai si placa.
La nostalgia di questo riso mi consuma: come sopporto di vivere ancora! Come sopporterei di morire ora! –

Così parlò Zarathustra.


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diechirico
messagio Jul 29 2007, 10:07 AM
Messaggio #4


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lou
messagio Jul 29 2007, 03:57 PM
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E allora nuvola su nuvola rotolò sullo spirito: fino a che la follia predicò:
" Tutto passa, perciò tutto merita di passare!"
" E ciò stesso è la giustizia, quella legge del tempo, secondo cui il tempo deve divorare i suoi figli":
così predicò la follia.

Così parlò Zarathustra. Parte seconda. Della redenzione

Il Tempo/Crono/Saturno.........

ohhhh


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diechirico
messagio Jul 29 2007, 04:17 PM
Messaggio #6


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purtroppo non riesco a postare immagini, ma fa lo stesso...

http://www.math.dartmouth.edu/archive/c2w9...aturno.Goya.jpg


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lou
messagio Jul 30 2007, 08:55 AM
Messaggio #7


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L'eterno ritorno è solo un desiderio

" Oppure hai vissuto una volta un momento meraviglioso,
in cui gli risponderesti: " Tu sei un dio e non ho mai udito voce più divina" GS341

E' il desiderio di F. di passeggiare ancora con Cosima nelle campagne di Tribschen,
incontrare di nuovo la pericolosa divinità di Wagner
-lo incontrò la prima volta l'otto novembre 1868-
" M piace in Wagner ciò che mi piace in Schopenhauer:
l'atmosfera etica, la fragranza faustiana, croce, morte e sepolcro"F.N.

E' il desiderio che le amicizie della giovinezza
- Von Gersdorff, Overbeck, Rodhe-
vivano e rivivano come negli anni migliori
Poesia Fra amici 1882
" E' bello insieme tacere,
più bello insieme ridere"

Il possibile ritorno del senso dell'amicizia perduta
è quello che scorge nella bellezza apollinea
e nell'impeto dionisiaco del giovane
Heinrich von Stein
" Una splendida persona e uno splendido uomo"

.........................


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diechirico
messagio Jul 31 2007, 06:48 PM
Messaggio #8


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un desiderio? forse, ma secondo me è qualcosa di più delicato, intangibile.
è un anelito di vento, un pensiero da afferrare.
è il suo modo di dire di sì alla vita, cercando di esorcizzare la morte.
il problema è: una avolta afferrato, questo pensiero, che ne facciamo? siamo in grado di sopportarlo?
è come il pensiero stesso della morte.
è possibile pensarne, senza che si blocchi il respiro? che non si cerchi di confutare noi stessi?
oppure?

Non adiratevi che io abbia dormito:
ero solo stanco, non ero morto.
La mia voce aveva un suono cattivo,
ma era soltanto un russare, un respirare
pesante, il canto di un affaticato:
non un benvenuto alla morte,
non una seduzione della tomba.


Frammenti Postumi, 1888

d.


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diechirico
messagio Jul 31 2007, 06:51 PM
Messaggio #9


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Tu non lo sopporti più,
il tuo destino dispotico?
Amalo, non ti rimane altra scelta!


Frammenti Postumi, 1888


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lou
messagio Aug 1 2007, 02:53 PM
Messaggio #10


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I suoi esegeti dicono che N. non intendeva affermare che il Tempo ritornerà uguale.
Ma lui era un filologo, l’amante delle parole: possibile che volesse dire qualcos’altro da quello che disse?
Dicono che l’eterno ritorno è l’esaltazione dell’Attimo, che trova senso solo in sé stesso.
Ma il Tempo è un presente continuo e il passato non è altro che la mano che porge all’oggi il suo fardello, ricco o misero che sia.
Noi trasportiamo fardelli. E’ per questo che siamo così ricchi.


La Vita appartiene alla Vita, la morte appartiene solo a sé stessa.

Come dice il sig. Ferro da Latina:
“La vita ora la abbraccia forte
E anche a te
Perché
Più la ami più lei poi…
Ti amerà…” …la Vita


Un anelito di vento si vento o forse….

AL MAESTRALE

Io ti amo, Maestrale fragoroso,
Cacciatore di nubi,
che uccidi la tristezza e spazzi il cielo!
……
Via coloro che turbano i cieli,
e chiamano le nubi…..
Con lo spirito libero di tutti
gli spiriti muggisce qual tempesta
la mia felicità!

Noi danzeremo in mille e mille modi,
e libera si chiami l’arte nostra,
Gaia la nostra scienza.

La Gaia Scienza


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diechirico
messagio Aug 1 2007, 09:33 PM
Messaggio #11


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La peggiore obiezione
io ve la tenni celata - la vita si è fatta noiosa:
gettatela via, perché riacquisti sapore per voi!

Frammenti Postumi, 1888


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NIHILO
messagio Aug 2 2007, 09:55 AM
Messaggio #12


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L'aforisma 341 FW è pervaso da una potenza crepuscolare di
sapore faustiano. Per spiriti che amano l'interiorità e a cui sono
familiari le suggestioni gotiche della letteratura miltteleuropea
è un quadretto geniale.
Venendo all'eterno ritorno, io comincio a pensare che Nietsche
lo concepisse come la continua manifestazione di quello che noi
chiamiamo inconscio. Nietzsche ha forse intuito per primo l'esistenza
di un inconscio come struttura psichica, cioè come un insieme di
funzioni cerebrali che si attivano automaticamente senza ricorrere
alla mediazione dei circuiti sinaptici che invece presiedono all'elaborazione
di concetti logici.
Sono giunto a questa conclusione perchè mi sembra, per non saper
leggere nè scrivere, che interpretare la dottrina dell'EWDG secondo
gli schemi assiomatico-deduttivi conduca ad un inviluppo senza fine e soluzione.
DUNKEL SIND DIE WEGE DER GOTTLOSEN


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DIE EWIGE SANDUHR DES DASEINS WIRD IMMER WIEDER UMGEDREHT
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diechirico
messagio Aug 2 2007, 08:44 PM
Messaggio #13


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401.
Ricetta per chi soffre. - Il peso della vita ti diventa troppo grave? - Allora moltiplica il peso della tua vita. Quando chi soffre cercherà alla fine, assetato, il fiume Lete - dovrà diventare un eroe per trovarlo.

Umano, troppo umano.
Un libro per spiriti liberi


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lou
messagio Aug 2 2007, 09:02 PM
Messaggio #14


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Quando il Tempo ritornerà
ci troverà diseguali


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diechirico
messagio Aug 2 2007, 09:03 PM
Messaggio #15


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Getta il tuo peso nel profondo!
Uomo! Dimentica! Uomo dimentica!
Divina è l’arte del dimenticare!
Se vuoi volare,
se vuoi essere di casa nelle altezze,
getta in mare ciò che in te è di più pesante!
Ecco il mare, gettati nel mare!
Divina è l’arte del dimenticare!

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roberto.borghesi
messagio Jan 26 2009, 11:31 PM
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ritorno; ipotesi indimostrabile, impossibile, come la speranza di eraclito.
ma noi che siamo qui e ora, se siamo nel ritorno, possiamo più essere
origine? non siamo più soltanto copie? siamo fotocopie........di quale soggetto?
allora, come fogli, come foglie, andiamo leggeri nel vortice del vento, del tempo che è subito
ieri.........
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