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lae
messagio Nov 6 2007, 12:21 AM
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Nietzsche, nei suoi appunti, cita un certo articolo di Lubke sui Maestri Cantori. Qualcuno sa indicarmi se posso e dove rintracciarlo e se ne esiste per caso una traduzione in italiano.
Vi ringrazio.
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andreademilio
messagio Nov 6 2007, 10:15 PM
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in quali appunti?


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lae
messagio Nov 7 2007, 08:50 PM
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Ciao Andrea, ho trovato questo rifermento nella cronologia della Nascita della Tragedia Ed. Adelphi Piccola Biblioteca dove si dice che probabilmente nel settembre 1979 N. scrive a proposito dei suoi primi incontri con Wagner. Di seguito vengono riportati questi appunti intitolati Richard Wagner 1869 dove ho trovato il riferimento a questo articolo.
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andreademilio
messagio Nov 8 2007, 01:11 AM
Messaggio #4


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'' (...) In seguito mando alla signora von Buelow l'articolo di Luebke sui Maestri Cantori (...)'' Altri frammenti, D (1) Richard Wagner. 1869, in Frammenti postumi

autunno 1869- aprile 1871, Adelphi, Piccola Biblioteca, 2004, p. 282 ( è il primo volume della nuova edizione dei postumi). Nella nota a p. 375 leggiamo:'' (...) nel

ms. cancellato: di Hanslick. Qui Nietzsche, verosimilmente, si confonde: nella lettera del 2 luglio ( 30 luglio secondo nuova datazione), Cosima ringrazia

Nietzsche per averle spedito uno scritto di Luebke contro Wagner ( probabilmente l'opuscolo di W. Luebke e E. Hanslick, Ueber Richard Wagner, Berlin,

1869) e chiede informazioni sui vari articoli apparsi nella '' Neue Freie Presse'' di Vienna contro i Maestri Cantori. Tra questi, W. Luebke, Richard

Wagner's '' Meistersinger'' in Karlsruhe, in ''Neue Freie Presse'', 4 marzo 1869. Cfr. KGB II, 2, p. 28, e Nachbericht zur zweiten Abteilung, KGB II, 7, p.

266. Nietzsche- come risulta dai Diari in data 2 luglio- aveva spedito a Cosima il saggio di Luebke:'' Ho scritto al prof. Nietzsche e gli rispedisco il

miserabile articolo di Luebke sui Maestri Cantori.''

Lae, perché ti interessa Luebke?


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lae
messagio Nov 8 2007, 09:17 AM
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Grazie Andrea, in raltà non mi interessa Lubke di per sè, ma siccome sto trattando a proposito della posizione di N. riguardo alla tradizione trobadorica e alla figura del poeta cantore e di quanto questo evento letterario/filosofico abbia influito nelle opere nicciane e sia confluito (forse, devo ancora stabilirlo sebbene mi paia ci siano ottime probabilità) nell'aggettivo gaia di scienza, mi interessava leggere l'articolo per vedere di cosa trattava, il titolo mi incuriosiva, ma magari tratta di altro e non c'entra nulla con il tema che sto trattando.
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andreademilio
messagio Nov 9 2007, 06:33 PM
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Sulla ''gaia scienza'' nel Medioevo, Thomas ( Freddie) inserì nel vecchio forum un paio di pagine tratte da Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, Ed. Mediterranee. Il link era http://www.friedrich-nietzsche.it/forum/in...hp?showtopic=45 Thomas, puoi recuperarlo?


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Joseph de Sil...
messagio Nov 10 2007, 10:40 PM
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CITAZIONE(lae @ Nov 8 2007, 09:17 AM) *
[...] a proposito della posizione di N. riguardo alla tradizione trobadorica e alla figura del poeta cantore e di quanto questo evento letterario/filosofico abbia influito nelle opere nicciane e sia confluito (forse, devo ancora stabilirlo sebbene mi paia ci siano ottime probabilità) nell'aggettivo gaia di scienza [...]

Da Al di là del bene e del male: "[...] E' senz'altro comprensibile da ciò perché l'amore come passione - è la nostra specialità europea - debba essere assolutamente di origine nobile: è noto che la sua scoperta spetta ai poeti-cavalieri provenzali, a quegli splendidi ingegnosi uomini del «gai saber» cui l'Europa deve tante cose e quasi quasi se stessa" (JGB, 260).
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Joseph de Sil...
messagio Nov 10 2007, 11:27 PM
Messaggio #8


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Da Ecce Homo: "Le Canzoni del principe Vogelfrei, che misi in versi per lo più in Sicilia, ricordano esplicitamente il concetto provenzale della «gaya scienza», quella unità di cantore, cavaliere, e spirito libero, che differenzia quella meravigliosa e precoce civiltà dei Provenzali da tutte le civiltà equivoche; l’ultima poesia soprattutto, «Al Mistral», una sfrenata canzone a ballo […] è in perfetto stile provenzale" (EH, La Gaia scienza).
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Freddie
messagio Nov 11 2007, 06:04 AM
Messaggio #9


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Cioè non è che posso fare tutto io! laugh.gif
A parte gli scherzi era questo ... lunghetto da leggere ma secondo me interessante.. non so lae se ti possa essere utile.


Che N. avesse scelto il nome di gaia scienza in ricordo di un concetto provenzale della gaya scienza è confermato anche dalla sorella di N. nell'introduzione del 1922 (casa Editrice Monanni) ma cerchiamo di dare un significato più profondo e di spiegare che cosa significa GAYA SCIENZA...
Prima dobbiamo dire due parole sul termine gotico, impiegato per l'arte francese che impose il suo stile a tutta la produzione del medioevo e la cui espansione si estende dal XII al XV secolo. Alcuni pretendono, a torto, che questa parola derivi dai Goti, antico popolo della Germania; altri hanno creduto che questa forma d'arte venisse chiamata cosi, per la sua originalità e la nuovissima singolarità che fecero scandalo nel XVII e XVIII secolo e che quindi, per derisione, le fosse stato imposto un termine equivalente a barbara : questa è l'opinione della Scuola classica, imbevuta dei decadenti principi del Rinascimento. La verità, che è sulla bocca del popolo, è riuscita a mantenere e conservare l'espressione Arte gotica, nonostante gli sforzi dell'Accademia per sostituirle quella di Arte ogivale.
Esiste in questo una ragione oscura che avrebbe dovuto far riflettere i nostri linguisti sempre alla ricerca dell'etimologia. Qual è, quindi, la ragione per cui pochissimi lessicologi si siano trovati nel giusto? — Perché la spiegazione dev'essere cercata nell'origine cabalistica della parola anziché nella sua radice letterale.
Alcuni autori perspicaci, e non superficiali, colpiti dalla similitudine che esiste tra gotico e goetico, hanno pensato che ci dovesse essere uno stretto rapporto tra Arte gotica e Arte goetica o magica. Per noi art gotique non è altro che una deformazione ortografica della parola argotique, la cui omofonia è perfetta, conformemente alla legge fonetica che regola la cabala fonetica in tutte le lingue e senza tener conto alcuno dell'ortografia. La cattedrale, quindi, è un capolavoro d'art goth o d'argot.
Dunque i dizionari definiscono la parola argot come « il linguaggio particolare di tutti quegli individui che sono interessati a scambiarsi le proprie opinioni senza essere capiti dagli altri che stanno intorno ». È, quindi, una vera e propria cabala parlata. Gli argotieri, quelli che si servono d'un tale linguaggio, sono i discendenti ermetici degli argonauti, i quali andavano sulla nave Argo, parlavano la lingua argotica, — la nostra lingua verde — navigando verso le fortunate rive della Colchide per conquistare il famoso Vello d'Oro. Ancor oggi si dice d'un uomo molto intelligente, ma anche assai scaltro : sa tutto, capisce l'argot. Tutti gl'Iniziati si esprimevano in argot, anche i vagabondi della Corte dei Miracoli, — col poeta Villon alla loro testa, — ed anche i Frimasons o frammassoni del medioevo, « che costruivano la casa di Dio », ed edificavano i capolavori argotiques ancor oggi ammirati. Anche loro, i nautes costruttori, conoscevano la strada che portava al Giardino delle Esperidi...
Anche ai nostri giorni gli umili, i miserabili, i disprezzati, i ribelli avidi di libertà e d'indipendenza, i proscritti, i vagabondi ed i nomadi parlano in argot, dialetto maledetto, bandito dalla buona società, da quei nobili che non lo sono affatto, dai borghesi pasciuti e benpensanti, avvoltolati nell'ermellino della loro ignoranza e della loro fatuità. L'argot resta il linguaggio d'una minoranza d'individui che vivono al di fuori delle leggi codificate, delle convenzioni, degli usi, del protocollo, ad essi si applica l'epiteto di voyous, cioè di voyants e, quello ancor più espressivo, di Figli o Bambini del sole. Infatti, l'arte gotica è Vart got o cot (x°), Yarte della Luce e dello Spirito. Si potrebbe credere che questi siano soltanto dei giochi di parole. Noi ne conveniamo di buon grado. L'essenziale è che guidino la nostra fede verso una certezza, verso la verità positiva e scientifica, chiave del mistero religioso e non la mantengano, invece, errante nel labirinto capriccioso dell'immaginazione. Quaggiù non esistono né il caso né la coincidenza, né i rapporti fortuiti; tutto è previsto, ordinato e regolato, e non spetta a noi modificare a nostro piacimento la volontà imperscrutabile del Destino. Se il senso comune delle parole non ci permette nessuna scoperta capace di elevarci, d'istruirci, d'avvicinarci al Creatore, allora il vocabolario diventa inutile. Il verbo, che assicura all'uomo l'incontestabile superiorità e il potere sovrano, esercitato su tutti gli esseri viventi, perde, in questo caso, la sua nobiltà, la sua grandezza, la sua bellezza e diventa soltanto un'affliggente vanità. Ma la lingua, strumento dello spirito, vive di per sé, anche se è solo il riflesso dell'Idea universale. Noi non inventiamo nulla, non creiamo nulla. Tutto è in tutto. Il nostro microcosmo non è altro che una particella, infima, animata, pensante, più o meno imperfetta del macrocosmo. Ciò che noi crediamo di scoprire con lo sforzo della nostra intelligenza esiste già da qualche altra parte. La fede ci da il presentimento di ciò che esiste; e la rivelazione ce ne da la prova definitiva. Spesso noi passiamo accanto al fenomeno o al miracolo, quasi lo tocchiamo, ma non lo vediamo neppure, come se fossimo ciechi e sordi. Quante meraviglie, quante cose insospettate potremmo scoprire se sapessimo sezionare le parole, romperne il guscio e liberare il loro spirito, la luce divina da esse racchiusa Gesù si esprimeva solo con parabole; possiamo noi negare la verità ch'esse ci insegnano? E, nella conversazione corrente, non sono forse i doppi sensi, le approssimazioni, i bisticci di parole o le assonanze che caratterizzano le persone di spinto, felici di poter sfuggire alla tirannia della lettera, e che si mostrano, quindi, a loro modo cabaliste senza saperlo? Aggiungiamo, infine, che l'argot è una delle forme derivanti dalla Lingua degli Uccelli, madre e signora di tutte le altre, lingua dei filosofi e dei diplomatici. È quella lingua, appunto, della quale Gesù svela la conoscenza ai suoi apostoli, inviando loro il suo spirito, lo Spinto Santo. Essa insegna il mistero delle cose e svela le più nascoste verità. Gli antichi Incas la chiamavano Lingua di corte, perché era conosciuta dai diplomatici, ai quali forniva cosi la chiave d'una duplice scienza: la scienza sacra e la scienza profana. Nel medioevo era chiamata Gaia scienza o Gaio sapere, Lingua degli dei. La Tradizione ci tramanda che gli uomini la parlavano prima della costruzione della torre di Babele, che fu causa della sua perversione, e per la maggioranza dei partecipanti fu anche causa del totale oblio del sacro idioma.
Oggi, a parte l'argot, ritroviamo un po' di quell'antico carattere in alcune lingue locali come il piccardo, il provenzale, ecc, e nel dialetto degli zigari.
(FULCANELLI, IL MISTERO DELLE CATTEDRALI, Ed. Mediterranee)


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CITAZIONE
Dei buoni denti e uno stomaco forte - t'auguro questo!
E se ti sei trovato col mio libro,
ti troverai di certo anche con me.
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andreademilio
messagio Nov 11 2007, 03:06 PM
Messaggio #10


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grazie Thomas


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lae
messagio Nov 11 2007, 08:34 PM
Messaggio #11


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Grazie a tutti, l'avevo tenuto il post di Freddie happy.gif e alcune delle indicazioni di Joseph sono i rifermenti che stavo appunto utilizzando per ricostruire l'argomento nicciano. Sono convinta che la potente gioia dionisiaca della Nascita della Tragedia confluisca in toto nel termine gaia e sicuramente la figura del trovatore, il poeta cantore riproduce nella sua forma artistica (musica/canto -poesia/parola) il gioco / lotta (equilibrio) tra il dionisiaco e l'apollineo.
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Joseph de Sil...
messagio Nov 13 2007, 10:50 PM
Messaggio #12


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Rispetto alla questione del titolo Gaia Scienza, il fatto che Nietzsche citi Emerson nell’epigrafe alla prima edizione di quest’opera potrebbe non essere casuale: Giuliano Campioni, nel suo saggio «Verso qual meta si deve viaggiare». Lettura dell’aforisma 223 da Opinioni e sentenze diverse di Friedrich Nietzsche (da G. Campioni, A. Venturelli, a cura di, La biblioteca ideale di Nietzsche, Guida, 1992), alle pp. 139-140, nota 9, riporta la tesi di G. W. Allen (Waldo Emerson. A biography, New York, 1981) secondo la quale l’espressione «gai science» si riscontra nel saggio emersoniano Poetry and Imagination, incluso in Letters and social aims, che Nietzsche conosceva. Campioni aggiunge anche che E. Baumgarten, in Das Vorbild Emersons im Werk und Leben Nietzsches, già dal 1957 aveva notato che Emerson, nel Journal del 6 luglio 1841, si autodefiniva “a professor of the Joyous Science”. Gli stessi riferimenti sono stati più di recente riportati anche da Benedetta Zavatta nel suo saggio «Un frammento di fato…»: L’influenza di Emerson sulla critica nietzscheana al Cristianesimo (reperibile sul sito dell’HyperNietzsche). In questo lavoro troviamo anche un altro passo di Emerson, tratto da Considerations by the way, che avrebbe potuto altresì influenzare Nietzsche nella definizione di “gaia scienza”; tuttavia, stando alle parole di Nietzsche stesso, nella chiusa di una sua lettera a Rohde dei primi di dicembre del 1882 (anch’essa citata da Zavatta, e che qui riporto direttamente nella traduzione italiana) leggiamo: “Quanto al titolo Gaia scienza, ho avuto in mente soltanto la gaya scienza dei troubadours” (cfr. Epistolario, vol. IV, p. 274).
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