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> Domanda+presentazione :)
*Cassiopea*
messagio Mar 1 2012, 09:12 PM
Messaggio #1


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Buonasera a tutti rolleyes.gif
sono una studentessa al quinto anno di liceo delle scienze umane e giusto domani ho una prova scritta su Nietzsche, quando si dice il caso laugh.gif ...
Sono appassionata di filosofia da quando ha iniziato a far capolino nel mio corso di studi e Nietzsche, assieme a Schopenhauer e Kierkegaard, è stato uno degli autori che maggiormente mi ha colpita e mi ha affascinata. Quando ho "scoperto" questo forum ho visto un'incredibile opportunità di confronto di idee e per ampliare le proprie conoscenze... quindi ringrazio tutti in anticipo per le possibili discussioni smile.gif

Vorrei porre una domanda, per rompere il ghiaccio, che mi sono posta qualche tempo fà, durante i primi pomeriggi passati su Nietzsche:
il nostro filosofo sostiene la casualità del mondo e del divenire, non esiste alcun ordine razionale, accettando così la visione dionisiaca della realtà; ma accettare un'insensatezza nell'universale implica accettare un'insensatezza anche a livello individuale? Non esiste alcun valore assoluto, eppure Nietzsche ci consiglia di vivere sapendo di essere unici ed irripetibili, accettando la vita in tutte le sue forme: ma accettare la vita stessa non è forse un valore?

Sono sicura che mi sorgeranno altre domande, se avrete voglia di commentarle con un parere personale sarei felicissima ^^ grazie a tutti, a presto!! laugh.gif


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"Bisogna ancora avere del caos dentro di sè per generare una stella che danza * ..."
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Sgubonius
messagio Mar 14 2012, 01:19 AM
Messaggio #2


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Ti rispondo con un po' di ritardo, purtroppo il forum è ormai poco frequentato...

... la tua esposizione è un po' semplificata, diciamo così!

Non è tanto che il mondo sia casuale nel divenire, piuttosto il mondo segue una logica (intendi logos nel senso più greco possibile) piuttosto precisa, ed è quella della Volontà di Potenza. Qualsiasi ordine e razionalità è una sintesi figlia di quella volontà di potenza. Dire che il mondo è caotico o casuale dunque è un po' superfluo, a voler fare i sofisti si potrebbe anche dire che nel momento stesso in cui dici "il mondo è XXX", anche se quel XXX è un attributo "negativo" (caotico, casuale sono nozioni che possiamo derivare solo indirettamente per negazione), già lo stai inquadrando, gli stai dando un ordine ed una logica. Parla, come sempre, la tua volontà di potenza. Se pensi a Montale quando diceva "Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", vedi esattamente come si può fare della poesia, cioè della poiesis, della produzione di senso, semplicemente definendo qualcosa per via negativa e quindi tramite il suo sottrarsi all'ordine comunemente inteso.


Fatta questa premessa (spero non troppo incasinata), dovrebbe essere chiaro che la questione del superuomo sta soltanto nella capacità di passare dal valutare al transvalutare, cioè passare dallo schematizzare tutto secondo parametri d'ordine e razionalità fissi (e probabilmente comuni, dialettici, imposti) ad un gioco ermeneutico di natura circolare e perennemente creativo. La transvalutazione e la volontà di potenza sostanzialmente sono la medesima cosa, sono la danza. Il valutare è una forma più "inefficiente" di VdP che si fa appesantire da una serie di "spiriti di gravità" come li definisce nello Zarathustra (ed alla fine da VdP ci si riduce a Volontà di Verità o volontà di persistenza, che in qualche modo è lo stesso). Rilke sarebbe più breve di me: "Wolle die Wandlung!" (desidera il mutamento). In soldoni l'opposizione e la differenza è tutta qui. L'uomo vuole se stesso, il suo perdurare, stare fisso, eretto, eterno, vero (e noterai tutta la questione morale qui), il superuomo vuole oltre se stesso, vuole superarsi e divenire altro: ogni verità assoluta gli è d'impiccio. Rispondendo infine alla tua domanda: volere la vita non è un valore (un valutare) ma un transvalutare, proprio perché il diktat fisso del volere va ad applicarsi ad un divenire. Verrà un momento (sublime) in cui si arriverà a desiderare anche qualcosa più della "vita" (ed è ovviamente la potenza, nello Z. si dice "che importa la felicità? io miro alla mia opera") e si dovrà essere in grado di stravolgere il valutare quotidiano. Il parlare per via negativa della premessa è esattamente un processo di "messa in divenire" dell'essere (il divenire tradizionalmente è infatti considerato come il negativo dell'essere, il non-essere). Concludendo quindi: dire ed accettare che il mondo è caotico o casuale diventa espressione tipica di una volontà di potenza affermativa al massimo grado, poiché capace di superare la rigidità di una valutazione univoca verso una transvalutazione che include il cambiamento potenziale.

Rimando ad eventuali approfondimenti la questione parallela del "alle Lust will Ewigkeit", ogni piacere vuole eternità, motto dell'eterno ritorno, ovvero proprio di quell'elemento paradossale di cintura fra essere e divenire. Trovi molto di questo nelle discussioni sul forum riguardanti anche Heidegger.


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"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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