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> La vostra filosofia di vita
Stellavioletta
messagio Apr 6 2007, 08:07 PM
Messaggio #1


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C'è una frase, una parola, o un concetto che rappresenta un pò la vostra filosofia di vita?
Io in pratica ce ne ho una al giorno! Però se dovessi definire con una parola la mia filosofia di vita direi di sicuro:sguaiata! biggrin.gif
In tutti i sensi...


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andreademilio
messagio Apr 6 2007, 11:57 PM
Messaggio #2


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bella domanda! ma adesso se non mi fai qualche esempio del tuo essere sguaiata muoio di curiosità

fisiofilia, meafisica, filasofia, biofilia

in realtà della vita non ho ancora capito granchè- e forse è questo che vuole da noi


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reiniku
messagio Jul 29 2007, 10:30 AM
Messaggio #3


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Sarò banale ma la frase che più rappresenta la mia filosofia di vita (anche se ogni filosofia, se è,veramente "di vita", è sempre in divenire e mai riducibile a una facile concettualizzazione)
è il socratico "Io so di non sapere".

La coscienza della propria ignoranza porta poi alla curiosità e allo stupore, elementi essenziali al mio approccio alla vita e alle cose.
Ma, curiosità e stupore, sono gli stessi elementi che trovo sempre più assenti nelle persone, sopratutto nei giovani e nei giovanissimi. Per questo credo che la filosofia dovrebbe essere somministrata in dosi massiccie fin dalla più tenera età, il suo ruolo sarebbe quello di favorire il mantenimento e il rafforzamento dell'essenziale natura filosofica dei bambini. A questo proposito il filosofo pratico Oscar Brenifier in Francia ha sviluppato in questi anni una pratica filosofica denominata Philosophie pour enfants (ha poco o niente a che vedere con la Philosophy for children di Mattew Lipman) che si prefigge proprio questo obiettivo: mantenere o, nel caso fosse troppo tardi, reinstaurare lo spirito curioso e filosofico innato nei bambini contraddistinto da quel domandare senza limiti (i famosi "perchè?") che è proprio dei piccoli.

Ecco il sito di Brenifier: http://www.brenifier.com/


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andreademilio
messagio Jul 30 2007, 12:54 AM
Messaggio #4


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Emanuele Severino biasima la consueta traduzione di ''thauma'' con ''stupore'': ''thauma'' sarebbe ''stupore e terrore'', per esempio di fronte al mare in tempesta (si pensi al nostro ''taumaturgo'', '' uno che fa cose che ci attraggono e respingono''). In questo senso la filosofia nascerebbe per tranquillizzarci, se vogliamo per drogarci. Quanti di noi sono veramente disposti a vivere nel ''perché?'', riconoscendo ogni volta che la certezza è follia?
Maria, ci spieghi perché Brenifier (non l'avevo mai sentito, grazie) è diverso da Lipman?

la firma di Stellavioletta (speriamo che torni a trovarci) è collegabile al thauma? "Lo studio della Bellezza è una lotta in cui l'artista urla di spavento prima di essere vinto". Baudelaire


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reiniku
messagio Jul 30 2007, 09:22 AM
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Allora: Lipman, americano, allievo di Dewey, professore di logica alla Columbia University, mise in relazione la mancanza dello studio della filosofia nelle scuole medie e superiori americane con lo scarso sviluppo delle competenze critico-riflessive e logico concettuali con cui le matricole arrivavano all'università. Così, nel corso degl anni '70, Lipman mise appunto la Philosophy for Children (P4C) rivolta a ragazzi della prima età scolare (ma, inizialmente, se non erro, era rivolta solo a studenti della scuola media). Cito testualmente dalla mai tesi la descrizione della P4C:
Tale “progetto educativo” trova la sua concreta attuazione nella lettura di racconti dalle
tematiche particolarmente stimolanti, sempre molto vicini all’esperienza dei giovanissimi e in grado
di portarli alla riflessione filosofica, allo sviluppo dello spirito critico nonchè alla capacità di
confrontarsi con le idee degli altri. I protagonisti dei racconti, strutturati sempre in forma dialogica,
sono bambini, ragazzi, adulti, animali che, a partire dalla loro esperienza, discorrono su questioni di
natura filosofica: il valore della vita, il pensiero, il rapporto mente-corpo, la verità, la giustizia. I
racconti, corredati da un manuale per il facilitatore (l'insegnante o l’operatore) in cui sono fornite
delle indicazioni metodologiche su come affrontare l’approfondimento del lavoro educativo,
rappresentano il cosiddetto curriculo della disciplina. I racconti di Lipman sono stati tradotti in
diverse Nazioni e hanno subito anche dei veri e propri riadattamenti a seconda delle esigenze dei
diversi contesti culturali.


Una particolarità della P4C sono i racconti (i famosi "curricula") che, salvo qualche riadattamento, sono sempre gli stessi da 30 anni.

La Philosophie pour enfants di Brenifier (ammetto che, a riguardo, non ci sono molte informazioni, a parte quelle in francese dello stesso Brenifier ma non certo dettagliate) invece non fa riferimento a dei racconti standardizzati come nella P4C e il fine non è tanto lo sviluppo delle singole abilità cognitive quanto quello dello spirito critico-sociale, del senso civico e politico.

Devo dire che, nel corso del mio studio, ho notato che tutte le pratiche filosofiche in Francia si contraddistinguono per la centralità della dimensione e della riflessione critico-sociale.


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andreademilio
messagio Jul 30 2007, 05:25 PM
Messaggio #6


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Grazie, Maria. Ti confesso che non mi piace chi vuole ''risvegliare'' l'altro. Mi piace chi , fosse anche Dio anzi soprattutto se Dio, scende sul piano degli apparentemente ultimi e comunica loro i suoi problemi, e ascolta i loro. Il dialogo, ma senza il Socrate di turno. Vorrei incontri pubblici in cui si improvvisasse. Forse la pratica filosofica che ci si avvicina è il dialogo socratico dei francesi, ma ho sfogliato Marc Sautet ed ho visto che fa il professore come tutti, cioè parla solo lui. Secondo me per far pensare tutti occorre che i maestri inventino la follia di mandare al diavolo quello che hanno imparato, e che ci dicano di loro stessi, come uomini e non intellettuali ( per esempio: ho ascoltato dal vivo piu volte Severino e Cacciari, ma non so quale tipo di femmina tiri loro ecc ). Ma temo che non lo facciano perché hanno imparato anche ( soprattutto?) per esibirsi sulla cattedra. O forse perché bisognerebbe essefre idioti, liberi cioè dalla vanità del saputo.
A parte il mio infantile e troppo comodo disfattismo, credo che si potrebbe ripartire dal dialogo, mettendo al centro l'individuo e la società. Insomma, i racconti di Lipman non mi afascinano, ci sento il paternalismo. Perché sto Lipman non viene e non ci dice:'' Uagliù, io è una vita che studio logica , ma poi vedo una bella ragazzina e non ci capisco più niente. Che raccontino è , questo?''

Non ci resta che il senso del possibile, perché la realtà ci strilla in faccia che il dubbio lo vogliono solo i baci perugina, e che neanche dietro uno schermo e protetti dal nick name siamo capaci di dire qualcosa di noi stessi. Basta vedere che non usiamo internet per incontrarci. Datemi torto, per favore!


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reiniku
messagio Jul 31 2007, 12:00 PM
Messaggio #7


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CITAZIONE(andreademilio @ Jul 30 2007, 06:25 PM) *
Grazie, Maria. Ti confesso che non mi piace chi vuole ''risvegliare'' l'altro. Mi piace chi , fosse anche Dio anzi soprattutto se Dio, scende sul piano degli apparentemente ultimi e comunica loro i suoi problemi, e ascolta i loro. Il dialogo, ma senza il Socrate di turno. Vorrei incontri pubblici in cui si improvvisasse. Forse la pratica filosofica che ci si avvicina è il dialogo socratico dei francesi, ma ho sfogliato Marc Sautet ed ho visto che fa il professore come tutti, cioè parla solo lui. Secondo me per far pensare tutti occorre che i maestri inventino la follia di mandare al diavolo quello che hanno imparato, e che ci dicano di loro stessi, come uomini e non intellettuali ( per esempio: ho ascoltato dal vivo piu volte Severino e Cacciari, ma non so quale tipo di femmina tiri loro ecc ). Ma temo che non lo facciano perché hanno imparato anche ( soprattutto?) per esibirsi sulla cattedra. O forse perché bisognerebbe essefre idioti, liberi cioè dalla vanità del saputo.
A parte il mio infantile e troppo comodo disfattismo, credo che si potrebbe ripartire dal dialogo, mettendo al centro l'individuo e la società. Insomma, i racconti di Lipman non mi afascinano, ci sento il paternalismo. Perché sto Lipman non viene e non ci dice:'' Uagliù, io è una vita che studio logica , ma poi vedo una bella ragazzina e non ci capisco più niente. Che raccontino è , questo?''

Non ci resta che il senso del possibile, perché la realtà ci strilla in faccia che il dubbio lo vogliono solo i baci perugina, e che neanche dietro uno schermo e protetti dal nick name siamo capaci di dire qualcosa di noi stessi. Basta vedere che non usiamo internet per incontrarci. Datemi torto, per favore!


Andrè, sono d'accordo: Sautet viene proprio criticato dai filosofi pratici per la sua tendenza a fare il maestrino!
Internet esiste anche per incontrarsi: ci sono diversi modi per incontrarsi, non solo fisicamente ma anche "concettualmente". Comunque, come ti ho detto, per il festival di Modena avrei dei problemi...Ma non ci si può incontrare ad agosto? Avrei tutto il mese libero, a parte i lavori legati al trasloco!


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