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roberto.borghesi Inviato il: Mar 10 2009, 10:12 AM


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CITAZIONE(Sgubonius @ Feb 4 2009, 01:21 AM) *
«Che cos’è amore? E creazione? E anelito? E stella?» – così domanda l’ultimo uomo, e strizza l’occhio.
La terra allora sarà diventata piccola e su di essa saltellerà l’ultimo uomo, quegli che tutto rimpicciolisce. La sua genia è indistruttibile, come la pulce di terra; l’ultimo uomo campa più a lungo di tutti.


Risponderebbe Zarathustra: «Io non sono di quelli a cui si possa chiedere il loro perché»

Scherzi a parte la straordinarietà di Nietzsche sta proprio nella sfuggevolezza, nel non essere più nel mondo della filosofia tradizionale scolastica della domanda e della risposta, ma nel permanere nel vorticare del problema. Quell'oblio giocoso del bambino sovrano eracliteo è proprio mi pare l'ideale etico ed estetico che serpeggia nello Zarathustra (credo che Pascoli avesse compreso qualcosa di simile nella sua poetica del fanciullino). L'amore è quindi l'ancora che ci trattiene in questa tempesta, è tanto la poesia come il gioco, una ruota rotante da sè, un sì alla vita, una sovranità della potenza nel comandare+obbedire, un'eterna rinascita primaverile di Dioniso e via dicendo tutte le metafore possibili e immaginabili.

La certezza è certezza del caso necessario... amor+fati.
«in tutte le cose io ho trovato questa certezza beata: che esse, sui piedi del caso, preferiscono – "danzare".»


caro amico eccomi dopo una pausa.
(ho seguito, comunque seppure di corsa
i dibattiti sul sito)
ho da chiederti questo:
come interpreti tu il fatto che zarathoustra si congeda
dal "vegliardo" nel proemio, senza fargli parola della morte di dio
ma la riannuncia solo a se stesso?
ho letto da un'altra parte dei contributi alla lettura di FW 374,
sul "prospettivismo" che ho associato a questo punto di ZA.
tacendo con il "santo" sulla morte di dio ZA/nietzsche significa
che la visione/"fede" singolare non è confutabile. è quella assoluta
che non regge più.......
un saluto
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roberto.borghesi Inviato il: Feb 3 2009, 04:43 PM


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CITAZIONE(Sgubonius @ Feb 3 2009, 03:27 PM) *
Beh non ricordo bene la questione di Pan, so che viene ripreso questo mito tardo e che ispira l'aforisma ma direi che probabilmente non è nemmeno importante tanto in questo frangente.

Potrebbe essere invece interessante analizzare la differenza che tu evidenziavi fra il pazzo e l'uomo più brutto che certamente non sono la stessa cosa (io parlavo di mancanza di sostanziale differenza infatti, purtroppo sono vincolato alla brevità!) ma rappresentano per così dire due facce della medesima "morte di Dio".
La differenza in ballo è quella (in verità fondamentale, ma non nell'ambito della morte, quanto nell'ambito della resurrezione) fra nichilismo passivo e nichilismo attivo.

L'uomo più brutto ha ucciso dio per debolezza praticamente, per incapacità di fede tale da vincolare se stesso totalmente al volere del dio. Tutto l'ateismo della peggior specie è così, gente incapace di avere un solenne testimone, incapace di affermare se stessa nell'eternità divina e quindi distruttori di sè e di ogni cosa: nolontà schopenhaueriana o nichilismo passivo. Questa condizione è come dicevi una sepoltura temporanea, non c'è eternità qui neanche nel restare morto di dio, e infatti cristianesimo, platonismo e schopenhauerismo sono infine molto simili, il dio tende sempre a riemergere (l'asino divinizzato nello Zarathustra).

Il pazzo invece ha in sè una consapevolezza, quella del nichilismo attivo appunto, che gli permette di uccidere edipicamente il dio-padre in modo autentico ed eterno (Deleuze parla di rendersi capaci dell'azione già compiuta, cioè dio/padre è già stato ucciso, bisogna ora evitare di cavarsi gli occhi per la disperazione della ripetizione. Qui ovviamente si innesta tutto il discorso sull'eterno ritorno e sulla sopportazione del brutto, che rimanda ad un superamento dell'uomo più brutto che non ammetteva eternizzazione della sua bruttezza. In Deleuze è la filosofia della differenza ad operare questo superamento in opposizione alla filosofia dell'uguaglianza metafisica e platonica che porta solo al nichilismo passivo appunto) e di sposare la madre-terra rimanendole fedele nell'anello. I germi di questo passaggio sono proprio nel seguito dell'aforisma 125 che ho citato prima e che tirano in ballo tutte le altre questioni del gioco eterno, del sì ruotante da sè e via dicendo.

Chiudo con una considerazione su Dioniso, che non è il Dio del superuomo, ma è il superuomo stesso. Questo fa parte della liberazione dal principio dualistico platonico per cui le idee sono altro e così è Dio, ed è mi pare un ideale proseguo della filosofia di Spinoza (che N. riconosceva come suo unico predecessore) che nell'essere univoco vedeva un Deus-sive-Natura, quindi se vuoi nel simbolismo edipico un dio che non è padre-superio ma è madre e oggetto d'amore (amor fati o amor dei intellectualis, sono in sostanza la medesima cosa nei diversi linguaggi di Nietzsche e Spinoza, entrambi filosofi della necessità e dell'univocità dell'essere in sostanza unica o volontà di potenza).


caro sgubonius, garzie. la tua risposta mi è piaciuta perché si sente che tu la filosofia la "vivi".
a) piace a me, ma penso sarebbe piaciuta anche a nietzsche l'idea che dio sia una "madre" e che sia un oggetto d'amore.
credo si debba ricordare, in proposito, che dioniso è spesso rappresentato come un dio fanciullo. se mi segui su questa via, allora, bisogna concludere , seguendo la tua via, che l "uber-mensch"(io fatico molto, ancora, a trovare la più prossima traduzione di questa parola), è un fanciullo. nell'"ora senza vove", ti ricordo, è detto:" è in te l'orgoglio della giovinezza, tu sei diventato giovane tardi; ma chi vuole diventare fanciullo, deve superare anche la sua giovinezza". ti ricordo che qui siamo nell'ambito del disco0rso sul "comandare". come non pensare al fanciullo eracliteo, che gioca, ma del quale è la "basileia"-la sovranità?
cool.gif l'"amor fati", sarebbe anche esso da collocare sotto un segno femminile? quando nietzsche scrive che "al di là del bene e del male c'è l'amore", intende, appunto, l'amor fati?. ma sappiamo davvero che cosa intenda nietzsche per "amore"? io, più mi confronto con il testo nietzscheano, e sempre meno certezze ho ......(vado, a presto)
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roberto.borghesi Inviato il: Feb 3 2009, 01:17 PM


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CITAZIONE(roberto.borghesi @ Feb 2 2009, 08:42 PM) *
"chi fa impara" dice ZA. conosci ZA meglio di me, o meglio, in un altro modo dal mio, ma acuto. da parte mia, alla affermazione "dio non muore da sé", obbietto che Pan, non risulta essere stato ucciso. si dce che sia morto, ma non se ne è certi; fosre è solo addormentato. il dio ucciso dall'uomo più brutto è il dio onniveggente, "panottico", senza pudore. ma, se dio fosse cieco?....
davvero la libertà passa dalla uccsione di un dio? ZA, come dici tu "constata" la morte di dio, ma non partecipa alla sua uccsione.
Egli rispetta l'uomo più brutto, la sua sofferenza dovuto al suo dio dall'occhio totale e giudicante. il dio di nietzsche è d'altra parte dioniso. egli è sì, pure lui un dio che viene ucciso, ma dai titani, non da un mortale.....(devo andare di là, scusami!)


eccomi. dunque, tu equipari l'uomo più brutto all'uomo folle. secondo non si equivalgono: dell'uomo folle è detto che fa parte di un "noi" che ha dato la morte a dio. dare la morte non è, sempre, assassinio. non sempre il dare la morte è un atto di violenza. invece , l'uomo più brutto è decisamente definito un "assassino", dunque, un violento. il rapporto dei due con la morte di dio è differente.
d'altra parte il dio assassinato dall'uomo più brutto, non si può escludere che risorga. invece, il dio a cui "gli uomini folli" hanno dato la morte "resta" morto. mi pare che quest'ultima sia una posizione più radicale.
mi pare che comunque, rispetto alla morte di dio ZA rimanga in equilibrio. dopo tutto egli è il "senza-dio". non va trascurato il fatto che egli non pronunci la famosa senetenza davanti al vegliardo a Za, dopo tutto non importa dimostrare nulla intorno a dio; si limita a prendre atto che è detto, nel volgo, che dio è morto.... (devo andare di nuovo).
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roberto.borghesi Inviato il: Feb 2 2009, 08:42 PM


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CITAZIONE(Sgubonius @ Feb 2 2009, 04:00 PM) *
Nello Zarathustra alla fine è chiara la posizione, è "l'uomo più brutto" che ha ucciso dio in quanto incapace di sopportare un tale testimone della sua bruttezza. Non a caso però è anche l'uomo più brutto il primo a redimersi nella caverna e ad affermare "non è proprio ora divenuto perfetto il mondo?" lodando Zarathustra e aggiungendo che per quel solo giorno la vita valeva ora la pena di essere vissuta (il famoso "attimo immenso" che rende l'eterno ritorno sopportabile e divino, una divinità che testimonia ora della bellezza).

Quindi non c'è grossa differenza sostanziale fra il pazzo e l'uomo più brutto, che sono poi l'umanità nel suo stato nichilistico, il frammento della gaia scienza dice infatti:
"Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci? Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni? "
Ecco che viene preventivato quanto sarà poi la dottrina di Z. col sacro gioco.

Zarathustra come profeta dell'eterno ritorno constata la morte di Dio e la supera.
Dio non muore da sè, ma viene sempre creato e ucciso. E' la libertà del gioco creativo che è in ballo, la ruota rotante da sè, un Deus sive Natura spinoziano per intenderci che non fondi alcuna morale nè partizioni il mondo in dualismi.


"chi fa impara" dice ZA. conosci ZA meglio di me, o meglio, in un altro modo dal mio, ma acuto. da parte mia, alla affermazione "dio non muore da sé", obbietto che Pan, non risulta essere stato ucciso. si dce che sia morto, ma non se ne è certi; fosre è solo addormentato. il dio ucciso dall'uomo più brutto è il dio onniveggente, "panottico", senza pudore. ma, se dio fosse cieco?....
davvero la libertà passa dalla uccsione di un dio? ZA, come dici tu "constata" la morte di dio, ma non partecipa alla sua uccsione.
Egli rispetta l'uomo più brutto, la sua sofferenza dovuto al suo dio dall'occhio totale e giudicante. il dio di nietzsche è d'altra parte dioniso. egli è sì, pure lui un dio che viene ucciso, ma dai titani, non da un mortale.....(devo andare di là, scusami!)
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #7600 · Risposte: 9 · Visite: 26,663

roberto.borghesi Inviato il: Feb 2 2009, 01:16 PM


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CITAZIONE(roberto.borghesi @ Jan 31 2009, 10:35 PM) *
l'aforisma 125 di FW riporta le parole di un uomo in preda all'infuriare della mente, come può essere furente la bocca di una sibilla. esse dicono: " dio è morto. dio rimane morto. e siamo noi che gli abbiamo dato la morte".
zarathoustra, nel proemio ", una volta lasciato il "santo vegliardo", considera come strano e quasi impossibile che questi non abbia sentito dire che "dio è morto". non aggiunge, tuttavia, che "noi" gli abbiamo dato la morte, né ha qui un atteggiamento "furente".
si può allora supporre che zarathoustra non si metta all'interno di quel "noi". allora: due sono le posizioni, in nietzsche, intorno all'annuncio della morte di dio. d'altra parte, in un frammento postumo del 1870 scrive : Motto: „der große Pan ist todt.“, ossia si da come motto la morte di un dio grande, come Pan. Egli, cioè, fa suo motto l'annuncio della morte di un gerande dio al tramonto della civiltà greca, cui seguì l'avvneto del cristianesimo. Allora: se in a) nietzsche pronuncia una morte di un dio, presumibilmente quello della trascendenza platonico-cristiana, rinnovando il gesto di dare la morte ad un dio, e inevitabilmente assimilandosi questo gesto agli ebrei che condannarono gesù, in cool.gif egli enuncia, invece, che appartiene alla divinità di potere "morire".
allora, si può giungere alla conclusione che parlare di morte di dio in nietzsche non è così semplice. certamente l'uomo furioso precisa che dio è morto, che dio "rimane" morto. e forse qui sta il senso di dare la morte di "noi", nel fatto che non diamo la possibilità a dio di risorgere. gli dei muoiono, ma poi risorgono; l'uomo "folle", invece grida che per "noi" dio resta morto, dunque la sua è una morte definitiva. sono queste le parole "enigmatiche2" che in modo "sibillino"(g colli. la sapienza greca, Eraclito: SG 14<A2>), l'uomo furente proclama. Ma se nietzsche fa dire ad un uomo "folle" queste parole non vuole lasciare intendere che in questa "profezia" si annida un "pericolo"? quale "valore" hanno, oggi, le parole di un "folle"?
zarathoustra, invece, si limita a dire che "dio è morto", e a constatare che il vegliardo non si è accorto di vivere in un tempo che vive la morte di dio. il vegliardo, nonostante dio sia morto. dunque, è possibile vivere come se dio0 fosse ancora, nonostante esso non sia più. ma, se per il vegliardo dio è ancora vivo, allora, in che senso zarathoustra può parlare di morte di dio? mi fermo.



aggiungo: quando l'uomo furente dice "noi", intende dire che chi ha dato la morte a dio sono coloro che sono fuori di sennjo e dunque che dare la morte a dio è una follia. togliere a un dio il diritto di morire "da solo", è questo il sacrilegio. un dio che muore per conto suo è un dio che può risorgere, mas un dio cui viene data la morte è un dio che "rimane" nella morte.
zarathoustra ertanto lascia intendere nietzsche non da la morte a nessun dio. si limita ad annunciare che dio è morto. d'altra parte il vegliardo, nel bosco, loda il "suo" dio. e non è di quel dio, del "suo" dio che zarathoustra annuncia la morte.
in tutto ciò, quale è la posizione di dioniso?
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #7598 · Risposte: 9 · Visite: 26,663

roberto.borghesi Inviato il: Jan 31 2009, 10:35 PM


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l'aforisma 125 di FW riporta le parole di un uomo in preda all'infuriare della mente, come può essere furente la bocca di una sibilla. esse dicono: " dio è morto. dio rimane morto. e siamo noi che gli abbiamo dato la morte".
zarathoustra, nel proemio ", una volta lasciato il "santo vegliardo", considera come strano e quasi impossibile che questi non abbia sentito dire che "dio è morto". non aggiunge, tuttavia, che "noi" gli abbiamo dato la morte, né ha qui un atteggiamento "furente".
si può allora supporre che zarathoustra non si metta all'interno di quel "noi". allora: due sono le posizioni, in nietzsche, intorno all'annuncio della morte di dio. d'altra parte, in un frammento postumo del 1870 scrive : Motto: „der große Pan ist todt.“, ossia si da come motto la morte di un dio grande, come Pan. Egli, cioè, fa suo motto l'annuncio della morte di un gerande dio al tramonto della civiltà greca, cui seguì l'avvneto del cristianesimo. Allora: se in a) nietzsche pronuncia una morte di un dio, presumibilmente quello della trascendenza platonico-cristiana, rinnovando il gesto di dare la morte ad un dio, e inevitabilmente assimilandosi questo gesto agli ebrei che condannarono gesù, in cool.gif egli enuncia, invece, che appartiene alla divinità di potere "morire".
allora, si può giungere alla conclusione che parlare di morte di dio in nietzsche non è così semplice. certamente l'uomo furioso precisa che dio è morto, che dio "rimane" morto. e forse qui sta il senso di dare la morte di "noi", nel fatto che non diamo la possibilità a dio di risorgere. gli dei muoiono, ma poi risorgono; l'uomo "folle", invece grida che per "noi" dio resta morto, dunque la sua è una morte definitiva. sono queste le parole "enigmatiche2" che in modo "sibillino"(g colli. la sapienza greca, Eraclito: SG 14<A2>), l'uomo furente proclama. Ma se nietzsche fa dire ad un uomo "folle" queste parole non vuole lasciare intendere che in questa "profezia" si annida un "pericolo"? quale "valore" hanno, oggi, le parole di un "folle"?
zarathoustra, invece, si limita a dire che "dio è morto", e a constatare che il vegliardo non si è accorto di vivere in un tempo che vive la morte di dio. il vegliardo, nonostante dio sia morto. dunque, è possibile vivere come se dio0 fosse ancora, nonostante esso non sia più. ma, se per il vegliardo dio è ancora vivo, allora, in che senso zarathoustra può parlare di morte di dio? mi fermo.
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roberto.borghesi Inviato il: Jan 31 2009, 07:01 PM


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CITAZIONE(rasema74 @ Jan 31 2009, 05:20 PM) *
Ma che infanzia hai avuto? Dove sei cresciuto, in un orfanotrofio?
Scusa se ci scherzo su, ma un'occasione cosi' non capita spesso!
Io rimango all'immagine classica dei fanciulli, spensierati,
magari un po' rompiballe. Non so, forse qui in Abruzzo siamo dei semplici,
ma questo e' quello che ho visto finora...
Questo e' ovvio, ma io trovo anche ovvio che Nietzsche volesse cambiare la societa',
e non starsene come un orso in mezzo ai monti a congelare!
Ma per cambiare la societa' dall'interno, praticamente,
il livello di aggressivita' deve essere pari a zero, appunto quello di un fanciullo
(o se vuoi dei fanciulli dell'ottocento, cosi' come li vedeva Nietzsche),
altrimenti finisce che ti mettono in croce o alla meglio ti legano!
Ti do un consiglio: quando nello Zarathustra trovi versi poetici come questi,
non farti imbambolare e prendi il bisturi, quasi sempre sono fregature!
Il sole e il calice fanno quello che devono fare senza motivi,
e per questo non sono condizionati dal risultato
(questo e' anche l'insegnamento fondamentale della Bhagavad Gita,
forse il libro piu' importante di tutta la filosofia indiana...)
D'altronde anche Nietzsche diceva da qualche parte:
"Possiamo versare in mare anche i vini piu' pregiati,
sicuri che non verranno sprecati, tanto tutto torna!"


eppure eraclito dice che l'"aioon[che riniuncio a tradurre] è un fanciullo che gioca infantilmente[assonanza
tra "pais" e "paizon",], che muove i pezzi; del fanciullo è la sovranità".
nel fanciullo, allora, è tutt'altro che assente il comand?. quando nietzsche, nello ZA dice che l'ultima
metamorfosi dello spirito[versione di giametta] è nel fanciullo,( quest'ultimo è per il "gioco del creare",
"ora lo spirito vuole la SUA volontà.....conquista per sé il SUO mondo".
i bambini, sulla spiaggia, spesso si "inventano" il loro gioco, "muovendo i pezzi".
nietzsche, come sempre, è un ottimo oservatore.
certo il bambino eracliteo nitzscheano non sarà un bambino autistico. eppure,
dice Za:" perduto per il mondo"(mi fido di giametta). domanda: di quale "sovranità" si tratta in un
bambino autistico che gioca sulla spiaggia? è a questa, paradossale, che ci rimanda ZA, infine?
da ultimo; nella "ruota che ruota da sola, non si può vedere il fanciullo che "gioca" con l'eterno ritorno
delle medesime cose?

  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #7592 · Risposte: 45 · Visite: 182,496

roberto.borghesi Inviato il: Jan 29 2009, 04:53 PM


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jan 29 2009, 02:07 PM) *
Grazie a te!
Comunque concordo praticamente su tutto ciò che dici, a parte forse sulla questione della responsabilità filosofica che (oltre che essere sinceramente poco importante) pretenderebbe prima il concetto di responsabilità che già è molto molto discutibile nell'ambito che si discute qui. Concordo quindi sia sulla questione della "mobilità" (Deleuze parla di "nomadismo") che su quella del tempo tripartito che si dissolve, idem per la questione dell'attivo creatore di valori e l'accettazione attiva di una ricezione, di una passività di fatto (Amor...fati), essere parlati dal linguaggio, essere decisi, ecc... questione questa peraltro molto vicina a Spinoza con un idea di eternità immanente che in fondo è la medesima.
Facevo anche l'esempio di Heidegger per vedere come la cosa abbia inevitabilmente anche questa diversa lettura che la fa ricadere di nuovo nell'ambito morale e metafisico (ed è appunto quanto H. vuole dimostrare).

se sei d'accordo, non va bene! laugh.gif. si può chiudere la discussione. invece io ci ho preso gusto. cerco subito un punto di discussione. tu scrivi che il concetto di responsabilità è "discutibile", qui. allora io sostengo che nietzsche è stato per tutta la sua vita una persona molto responsabile. prima di tutto verso la filosofia. se non lo fosse stato così, "in fondo sarei stato molto più volentieri un professore basileese [che dio] (aggiounge)]". E l'incipit di ecce homo:"in previsione del fatto che fra breve dovrò afffontare l'umanità con l'esigenza più grave che le sia mai stata posta, mi sembra necessario dire chi sono". NOn è questa una assunzione di responsabilità? E' il "pathos della verità" che spinge nietzsche. quando lascia basilea, cosa fa? egli si"autorizza da sè", per dirla con lacan, come filosofo. non ambisce a titoli accademici (il che non è di per se un "peccato"!). e questo atteggiamento potrebbe fare pensrare a una "irresponsabilità" da parte di nietzsche. ma egli sa bene che se il filosofo risponde solo a se stesso- a differenza del teologo, che risponde a dio-deve avere una "rettitudine"- questa "ultima virtù", come mi pare la chiami- , una capacità di risposta all'appello dell'intelligenza che comprende in se una componente di pericolo implicita; il pericolo che il "pathos" sommerga colui che lo pratica, come è accaduto a lui. "pietà per l'eroe", scrive, ancora, colli. fare filosofia come l'ha fatta nietzsche significa accettare il "pericolo", il rischio. ora se qualcuno affronta il pericolo senza un senso di responsabilitrà, ovvero di consapevolezza, è uno sconsiderato. nietzsche non lo era e dunque era responsabile. salute. ps. credo di capire cosa intendi quando scrivi dell'"ambito". ma vedi, certamente nietzsche è un "liberatore"-come lo è dioniso- ma non un "anarchico". per questo ha tenato di scrivere una "volontà di potenza", ma non vi è riuscito.
  Forum: Nietzsche Opere · Anteprima Messaggio: #7567 · Risposte: 39 · Visite: 167,022

roberto.borghesi Inviato il: Jan 28 2009, 10:20 PM


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jan 28 2009, 03:14 PM) *
Son dilettante anche io! laugh.gif

I motivi dell'adesione di Heidegger al nazismo sinceramente non li conosco bene, credo che fosse principalmente una questione di presunta "autenticità" che lui intravedeva in questo regime rispetto alla vita della chiacchera borghese e via dicendo... C'era quindi un'adesione attiva direi in questo senso.

Riguardo all'importanza dell'eterno ritorno è un dibattito apertissimo temo.
Senz'altro c'è da una parte l'idea che esso renda massimamente "controllabile" il divenire, il caos, sotto il possesso di un soggetto e quindi spinga in direzione della potenza, se si eternizza il presente come momento decisionale, lo si stira, si afferma il soggetto che decide nel suo decidere e si dà peso estremo all'atto della decisione. Fai ogni cosa come se dovesse ripetersi in eterno.
Dall'altra c'è invece l'idea che attraverso l'eterno ritorno della differenza il cerchio si "deplace", si sposti in qualche modo, in una ripetizione "vestita", cioè differente. La questione qui è mi pare epocale, nel senso che in questo ritorno il presente diventa una finzione in un tempo puro indiviso, il soggetto una maschera, e l'atto una libertà inutile. La sconfitta della morale è la sconfitta dell'uguale, del modello e della somiglianza, in nome dell'estrema individuazione dionisiaca (che non è il principio individuationis, anzi ne è l'opposto). L'innocenza del divenire è uno dei temi classici di N., e mi pare non lasci spazio ad un giudizio (morale) sul presente o sul futuro o su quant'altro. L'amor fati è la conseguenza, un'accettazione attiva, direi artistica ed estetica, in qui l'eternità non gioca il ruolo dell'imperativo categorico kantiano (fai ciò che possa diventare norma eterna) ma è invece il suggello dell'accetazione dell'esistenza, l'anello nuziale con cui si sposa la terra. Deleuze dice non "una volta per tutte" ma "tutte le volte" deve essere accettato il lancio di dadi, un lancio senza valore, senza attribuzioni di meglio e peggio. L'atto, l'azione, la decisione esteriore perde ogni peso, diventa leggerissima, oblio e innocenza, "gettate in mare ogni pesantezza", buttiamo in acqua il sasso del significato che sta in bocca al significante, mentre il peso, la misura, il valore, è in mano nostra, interiormente, in nome della volontà di potenza. "L'uomo è colui che valuta", il superuomo trans-valuta.

"Non intorno agli inventori di nuovi fragori: intorno agli inventori di valori nuovi ruota il mondo; "impercettibile" – così esso ruota"

innanzi tutto, grazie per continuare a discutere con me. cercherò di essere sempre all'altezza.
io penso che quando colli scrive che si tratta di "fare" qualcosa nella direzione di nietzsche, questo fare consista nel tentare di esercitare il pensiero a partire da lui.
per '"affare" heidegger; mi pare tu rimandi alla interpretazione di un "arci-nazismo", diffusa. per me, questa posizione di "purezza", rispetto a quella che tu chiami la "chiacchiera borghese", aggrava la responsabilità del filosofo di marburgo. intendiamoci; non intendo con questo attribuirgli una responsabilità diretta in relazione all'olocausto. gli imputo una responsabilità "filosofica", di pensiero. è con questa che, secondo me, non finiamo di misurarci. lo ha fatto in modo immenso per tutta la vita philippe lacoue labarthe, di cui ricorrono proprio oggi i due anni dalla morte. e qui chiudo per questo tema.
L'eterno ritorno delle medesime cose non è "controllabile". ciò che accade è già deciso, essendo io nella ripetzione. Il fatto è che io non so che cosa è deciso. "io sono deciso"; questa espressione va accolta in tutta la sua valenza in realzione al verbo essere. anzi, direi che il "gioco" sta prorpio qui, nel modo in cui si legge la frase. "fai ogni cosa come se dovesse ripetersi in eterno": ovvero, imprimi l'essere sul divenire. Il punto è che messa così è come se si dicesse: agisci bene in modo da meritare il pradiso.
la formula dell'eterno ritorno delle medesime cose, per me, non è una "religione", l'eternità in essa non è quella della tradizione platonico-cristiana. se sono già deciso, allora io mi decido per qualcosa che non è in mio potere-siamo, allora fuori dalla volontà di potenza-; l'etimologia latina parla di caduta e di taglio. allora non è il termine giusto, forse, per seguire la formula dell'eternoi ritorno delle medesime cose. invece di "io sono deciso", io decido, sarà opportuno dire: io accolgo, accetto, ricevo, questo attimo, lo ospito, come uno straniero, uno sconosciuto, ma non una volta, ma all'infinito. è chiaro che qui io affronto il pensiero di nietzsche secondo la lente della "decostruzione" (derrida, nancy, lacoue labarthe, kofmann). l'accoglienza dell' attimo, allora si da solo se si "gioca", ripeto, tutto il valore della frase "io sono deciso".
"il presente diventa una finzione": "il presente non esiste" scrive giorgio colli, mi pare in "dopo nietzsche". è chiaro che se il presente è una ripetizione, non è originale. se prae-sum è la radice, seguendo la logica della formula di nietzsche, al "presente" andrà sotituito un altro nome, che in questo momento non mi viene.
la morale: per me nietzsche è l'ultimo dei moralisti.che abbia smascherato radicalmente la relatività dei valori morali soprattutto del tempo cristiano, non c'è dubbio. ma zarathosutra, per fare un nome, è un facitore di valori. nietzsche non è un nihilsta negativo.
innocenza del divenire; è soprattutto in funzione "anticristiana", che intendo questa espressione. il movimento è sentito negativamente, di solito; ciò che vale è ciò che è ben piantato sulle proprie gambe, ciò che sta fisso, che sta fermo il più a lungo possibile il traballare è una colpa, è segno di instabilità, tanto più il ballare. si veda, in senso contrario, in proposito l'"ora senza voce". ora, ciò che invece nietzsche "trasvaluta" è proprio il valore della stabilità e del movimento. l'eterno ritorno delle medesime cose, se è vero che "fissa" le cose che si ripetono, tuttavia imprime ad esse la ripetizione e dunque un movimento infinito. questa è per me l'"innocenza del divenire".
i valori; si nuovi valori sono possibili. per me, per esempio, è la "grandezza", che ho ritrovato in nietzsche tramite colli, e che per me si connota, paradossalmente di un passo di colomba........grazie ancora per l'"occasione". salute.
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roberto.borghesi Inviato il: Jan 27 2009, 10:26 PM


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jan 27 2009, 07:23 PM) *
Se capisco bene intendi l'errore di Heidegger, quando nel suo Nietzsche lui parla chiaramente del brano "la visione e l'enigma" facendo notare come le due strade (presente e futuro, che si incontrano all'infinito in circolo) siano collegate sotto la porta dell'attimo, l'eterno ritornoè quindi il suggello della decisione dell'attimo, l'anello nuziale.

Secondo me però questo è abbastanza indubbio e non vedo errore, la svista (se c'è poi, sospendo il giudizio) è quando nella foga di accomunare N. alla storia della metafisica, Heidegger pone l'eterno ritorno come "imprimere al divenire il carattere dell'essere" frase nietzschiana ma ambigua e che nelle sue mani diventa facilmente una prova dell'affinità con l'io stabile e uguale a sè stesso del "cogito me cogitare" cartesiano e quindi punto estremo della volontà di potenza del soggetto che si eternizza e che eternizza il presente. La "differenza" è quindi rimasta estranea a Nietzsche poichè è "ontologica" e antecedente al discorso metafisico, di conseguenza anche la connessione colla filosofia originaria greca (Eraclito su tutti) viene a mancare e un'eventuale annessione di Zarathustra al mondo della scienza/tecnica che è metafisica diventa possibile.

Ma l'elemento che secondo me Heidegger dimentica è quindi soprattutto l'oblio che in Nietzsche è fondamentale, e che solo Deleuze recupera riconciliando appunto N. con un tempo aiòn dove l'io e il soggetto si infrangono quando il presente è schiacciato fra passato e futuro e di fatto indiviso grazie all'eterno ritorno (e alla volontà di potenza chiaramente). Qui lo Zarathustra profeta dell'ER è profondamente greco e assolutamente ascientifico (che non è anti-scientifico).

Insomma credo che siamo d'accordo, non penso però che questo abbia molto a che fare col Reich millenario o con Berlusconi, in fondo lo stesso Heidegger aveva (penso) abbandonato la sua effervescenza nazista negli anni '36-'40.


grazie. io sono un "dilettante" e perciò rispondo a modo mio.
"decisione dell'attimo", scrivi. Per me è il "dire sì", momento per momento. Ma, questo stato affermativo, non costituisce uno stato passivo, tuitt'altro. a me pare, invece, di avere letto in heidegger una accettazione, seppure dismessa, del suo presente. è questo che mi fa problema. mi domando: come è possibile che una intelligenza così fine abbia potuto accettare passivamente le urla naziste. non ricordo dove, ma già nietzsche annotava come al suo tempo il "tono" pubblico in germania andasse assumento un aspetto sinistro; urla da caserma, mi pare che scriva.
decisione, ovvero libertà. c'è libertà nella formula dell'eterno ritorno dlle medesime cose? Io la metto così: ammesso che la formula di nietzsche sia indimostrabile, ma non impossibile, allora se io la accolgo, ovvero, ci scommetto, io accetto che la ripetizione sia la medesima, dunque non la posso cambiare. ma cosa so io dell'ìattimo che verrà? e quanto so dell'attimo presente? in effetti la percentuale di ignoto, per quanto la tecnica delle previsioni possa andare in là, è assai alta. ora; se io non so, sono libero.paradosso. allora, piucché di oblio, parlerei di oscurità. già eraclito diceva che la "physis" ama nascondersi. non si tratta di essere oscurantisti, o amanti del thriller. tutt'altro. Se io mi decido, non è per la certezza assoluta,che non avrò mai. se mi decido devo scommettere. Quando nietzsche parla di pericolo, quando anche hòlderlin lo fa, io lo intendo in questo modo. d'altra parte, credo, è il senso che la parola "enigma" dovrebbe avere , secondo colli. E nietzsche amava l'enigma.
"eternizzare il presente"; per me il punto è qui. secondo la formula dell'eterno ritorno delle medesime cose, ogni attimo ha in sé una eternità, l'eternità del ritorno. Ma ciò non significa considerare eterno l'attimo così come è. se così fosse si considerebbe quest'attimo come totalmente chiaro, come già perfetto, indiscutibile e quindi reffrattario ad ogni mia critica. Il fatto è che in questo modo si considera l'attimo come immobile, mentre il fatto stesso che ritorni implica la sua mobilità, la sua "inquietudine".
se l'attimo è mobile, è aperto, la libertà è possibile allora, una libertà paradossale, certo, ma è in questo "spazio" che è possibile giocare l'eternità. SE l'attimo è mobile, è innafferrabile, nessuno ne è padrone, resta distante allora la volontà di potenza e c'è spazio per la "grandezza", ossia dalla logica della quantità si passa a quella della qualità.
ti confesso, infine, che di deuleuze, per motivi di tempo,(ma faccio così anche per altri autori, per questo sono consapevole delle mie "lacune") ho letto solo la parte in cui affronta direttamente il pensiero dell'eterno ritorno delle medesime cose. dunque sul resto mi rimetto a te. salute.

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roberto.borghesi Inviato il: Jan 26 2009, 11:31 PM


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ritorno; ipotesi indimostrabile, impossibile, come la speranza di eraclito.
ma noi che siamo qui e ora, se siamo nel ritorno, possiamo più essere
origine? non siamo più soltanto copie? siamo fotocopie........di quale soggetto?
allora, come fogli, come foglie, andiamo leggeri nel vortice del vento, del tempo che è subito
ieri.........
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roberto.borghesi Inviato il: Jan 25 2009, 11:06 PM


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jan 25 2009, 02:35 PM) *
Penso che in Deleuze la ripetizione come eterno ritorno sia pensata in maniera ancor più radicale e come componente fondamentale dell'esistenza (anzi in Heidegger l'eterno ritorno è proprio definizione stessa di existentia mentre la VdP è l'essentia che in D. è invece la differenza), per cui non è tanto l'idea che ritornino solo alcune cose, quando più che ritorni come ripetizione creativa solo il differente e che di conseguenza l'ipotetico superuomo deve essere in grado di "fare la differenza". La questione si lega indissolubilmente col concetto di tempo che da chrònos passa ad aiòn, tempo puro, e con la dissoluzione del sistema platonico morale di uguaglianza e somiglianza e quindi di ripetizione dell'uguale in copie.

In questo senso certamente lo Zarathustra è infinitamente greco e dionisiaco, vicino forse ad un solo filosofo del passato, Eraclito, che aveva liberato il Tempo dal bene e dal male («Aion è un bambino che gioca a dadi») e che aveva visto la sostanza come un fuoco, un calderone in ebollizione, il fuoco infatti è sempre vivo, in continuo movimento, e in ogni momento diverso dal momento precedente, ma allo stesso tempo sempre uguale a se stesso. Credo quindi che di scientifico in senso stretto ci sia poco.



"eterno ritorno delle medesime cose" significa che nel ritorno, nella ripetizione, non c'è nessuna differenza, ma non significa che a ritornare non siano le differenze. e non è un gioco di parole. resta valido, tuttavia, il fatto che a ritornare sia, sempre, il tutto; il grande e il piccolo, per semplificare. è questo il terribile dell'"amor fati". ma che "uno" si ripeta "grande" o "piccolo", dipende dall'ora in cui è. il presente è il punto della ripetizione, ma non per questo esso va accolto passivamente, acriticamente, come il migliore dei mondi possibili. proprio la consapevolezza della ripetizione identica deve spingere, ora, a una tensione verso un mondo il migliore possibile. dire sì al presente, non vuole dire sì ad esso così come è. nietzsche ha dato l'esempio, con la sua vita, di essere un "contestatore" del suo presente, nonostante avesse intuito questo pensiero. se si legge attentamente il nietzsche di heidegger si legge con chiarezza come è su questo punto che egli fraintese completamente nietzsche proprio lì dove lo sfiorò maggiormente; sul senso del presente. per lui il presente non andò la di là del nazionalsocialismo, anzi egli lo "eternizza":"una risposta- grosso modo è quella di parmenide-dice:l'ente è...........anche per nietzsche, che cosa signifcano "è" ed "essere": stabilità e presenza, eterno presente" (nietzsche, adelphi, milano, 1994, pg 386).(mi baso sulla traduzione). la parola chiave è per me "stabilità". consierare il presente come immobile, come stabile, significa negare la possibilità di un suo cambiamento, significa abbandonarsi allo status quo, addirittura considerare il presente coem eterno- il reich millenario-. è come se noi oggi volessimo considerare eterno berlusconi! Ma, tutto ritorna, per fortuna anche il riso e la gioia e anche noi qui a pensare con nietzsche. salute.
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roberto.borghesi Inviato il: Jan 22 2009, 09:59 PM


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CITAZIONE(Joseph de Silentio @ Oct 6 2008, 09:31 PM) *
Un aggiornamento, che mi sembra importante, in merito alle fonti nietzscheane riguardo il personaggio di Zarathustra. Oltre al già citato Emerson, due riferimenti fondamentali sono:

1) Symbolik und Mythologie der alten Völker, besonders der Griechen (quattro volumi, 1836 ss.) dell’archeologo Friedrich Creuzer, opera che Nietzsche aveva già trovato citata nel primo libro di storia della filosofia da lui letto, Genetische Geschichte der Philosophie seit Kant (1852, letto da Nietzsche nel 1864) di Karl Fortlage (per la ricostruzione della lettura nietzscheana di Fortlage cfr. Brobjer 2008, pp. 46 e 135, che rimanda alla lettera di Nietzsche inviata il 31 ottobre 1864 a Hermann Kletschke. Inedita in italiano, e dunque non presente nel primo volume dell’Epistolario Adelphi perché pubblicata per la prima volta solo nel 1993 nel volume di commento ai Sämtliche Briefe, tale lettera – oltre che in Brobjer che ne riporta alcuni passaggi – è reperibile anche in Benders e Oettermann 2000, pp. 115-116). Quando Nietzsche il 23 aprile 1883 scrive a Köselitz di aver appreso “per caso […] cosa significa ‘Zarathustra’: precisamente ‘aurea stella’” (Epistolario, Vol. IV, p. 345), non ricorda che tale etimologia era già presente appunto nell’opera di Creuzer, che egli aveva preso in prestito dalla biblioteca di Basilea nel 1871 (cfr. Lévy 1904, p. 100; Benders e Oettermann 2000, p. 275) e su cui, dopo averla acquistata, era tornato per dei corsi tenuti nei semestri 1875-76 e 1877-78 (cfr. Janz 1978, tr. it. 1981, pp. 208-209; Gentili 2001, pp. 289-290). Tale testo è tuttora presente nella biblioteca nietzscheana (cfr. Campioni et al. 2003, a cura di, pp. 174-175).
2) Culturgeschichte in ihrer natürlichen Entstehung bis zur Gegenwart (1874) dello storico della cultura e antropologo Friedrich von Hellwald, da cui Nietzsche (che lo aveva già letto nel 1875 e lo stava rileggendo durante la sua prima estate a Sils Maria nel 1881) riprende praticamente alla lettera quanto scrive, non a caso proprio nel 1881, nel suo primo riferimento a Zarathustra: “Zarathustra, nato sul lago Urmi, lasciò a trent’anni la sua patria, si recò nella provincia di Aria e in dieci anni di solitudine sui monti compose lo Zend-Avesta” (FP 11 [195], primavera-autunno 1881, poi in La gaia scienza, § 342, e in Così parlo Zarathustra, “Prefazione”, § 1). Hellwald aveva scritto: “Zarathustra, il grande profeta degli Iraniani […], nacque nella città di Urmi, vicino al lago che porta lo stesso nome. […] All’età di trent’anni egli lasciò la sua casa, andò verso est in provincia di Aria e lì, sulle montagne, passò dieci anni in solitudine, occupandosi della composizione dello Zend-Avesta” (Hellwald 1874, in Brobjer 2008, p. 84, dal cui inglese traduco. A p. 163 Brobjer cita il passo anche nell’originale tedesco). A scoprire che il passo nietzscheano è in realtà una trascrizione da Hellwald è stato nel 1993 Paolo D’Iorio (D’Iorio 1993; 2000), il quale riporta il confronto tra i testi originali.

Riferimenti bibliografici:
• R. J. Benders, S. Oettermann, Friedrich Nietzsche. Chronik in Bildern und Texten (Carl Hanser Verlag, München-Wien, 2000)
• T. H. Brobjer, Nietzsche’s Philosophical Context. An Intellectual Biography (University of Illinois Press, Urbana and Chicago 2008)
• G. Campioni et al. (a cura di), Nietzsches persönliche Bibliothek (Walter de Gruyter, Berlin - New York 2003)
• P. D’Iorio, Beiträge zur Quellenforschung (“Nietzsche Studien”, 22, 1993, pp. 395-402)
• P. D’Iorio, Genèse, parodie et modernité dans "Ainsi parlait Zarathoustra" (in G. Merlio – éd. –, Ainsi parlait Zarathoustra, Editions du temps, Paris 2000, pp. 25-43)
• C. Gentili, Nietzsche (il Mulino, Bologna 2001)
• C. P. Janz, Friedrich Nietzsche. Biographie (3 voll., Hanser, Müncher-Wien, II 1978), tr. it. Vita di Nietzsche, vol. II (Laterza, Roma-Bari 1981)
• A. Lévy, Liste inédite des livres empruntés par Nietzsche à la bibliothèque de Bâle 1869-1879, appendice a Id., Stirner et Nietzsche (Société Nouvelle de librairie et d’édition, Paris 1904, pp. 93-113)
• F. Nietzsche, Opere, edizione italiana condotta sul testo critico originale stabilito da Giorgio Colli e Mazzino Montinari: Vol. V, tomo II, La Gaia scienza, Idilli di Messina e Frammenti postumi 1881-1882, a cura di M. Carpitella (Adelphi, Milano 1991); Vol. VI, tomo I, Così parlò Zarathustra (Adelphi, Milano 1968)
• F. Nietzsche, Epistolario, edizione italiana condotta sul testo critico originale stabilito da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Vol. IV (Lettere 1880-1884) a cura di G. Campioni (Adelphi, Milano 2004)



mi complimento per la competenza. certamente nietzsche era "immerso" nel dibattito culturale del suo tempo. tuttavia, la granitica chiarezza della sua enunciazione dell'"eterno ritorno delle medesime cose"- è così, secondo me, che va sempre considerata la formulazione del pensiero- si innalza da tale contesto. se si legge e rilegge FW 341, si evince che nietzsche sposta da un piano cosmologico-scientifico ad un piano visceralmente "esistenziale" il valore del pensiero. l'aforisma è formulato in forma interrogativa:termina su di un punto interrogativo ed è strutturato in modso ipotetico. Ciò che qui nietzsche porpone è una "scommessa"-certamente non una fede, né una dimostrazione, non un dogma scientifico o religioso-. Atal punto questo pensiero di nietzsche, pur, all'apparenza, di una facilità di "lettura" è in realta un "enigma" (colli)- la sua formulazione ritorna in ZA III "la visioone e l'enigma", un "prò-blema", che perfino lettori come klossowski (per il quale nel suo " N e il circolo visioso") l'eterno ritorno è paragonato a una specie di metempsicosi, o deleuze (nel suo "N e la filosofia") per il quale solo una parte degli individui, quelli reattivi, fanno ritorno, mentre è chiarissmo che per nietzsche le "cose" tutte fanno ritorno. certo, è importante, allora avere presente il "contesto" per accostarsi a nietzcshe e al suo pensiero- e il lavoro della "scuola" italiana, in particolare quela ereditaria del magistero di colli-montinari è lodevolissimo-, ma questo può restare insufficiente e allora perfino la "cosiddetta "nietzsche renaissance" appare "zoppicante". concludo: il pensiero dell'eterno ritorno delle medesime cose è un pensiero "enigmatico"-nel senso di "sfida" che contiene questa parola, come ha sottolineato colli- e per accopglierlo non va trascurato il fatto che un suo ascendente ha una provenienza "sapienziale"; colli annota in "dopo nietzsche" come nietzsche in un frammento postumo enunciasse come i greci avessero avuto conoscenza di questo pensiero, evidentemente nella forma ad esso attribuita da nietzsche, addirittura, ipotizza colli, in un contesto eleusino!-. dunque, l'"ipotesi" dell'eterno ritorno delle medesime cose rova la sua formulazione primaria non a caso in un libro "scientifico" dal titolo ancora inattuale: gaia scienza.
salute.
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roberto.borghesi Inviato il: Jan 21 2009, 09:36 PM


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CITAZIONE(nemo @ Mar 4 2008, 09:49 AM) *
<img src="http://www.lealidiermes.net/images/antigone/antigone%20fonte.jpg" border="0" class="linked-image" />
Spaccata la roccia

liberata l'enorme pressione

l'anima fluisce

libera finalmente



a sils-maria, dopo il masso dell'eterno ritorno, proseguendo verso surlei c'è una cascata, la cascata che giorgio colli ricorda nella sua "ragione errabonda"[§40] " come la cascata fermata da una roccia trasmette a questa una energia. così sorge il mondo dell'espressione. ciò in cui si cambia l'impulso trattenuto è l'espressione". dunque, accanto alla "dottrina" dell'eterno ritorno sta la "filosofia dell'espressione".
  Forum: Area libera generale · Anteprima Messaggio: #7536 · Risposte: 42 · Visite: 62,185

roberto.borghesi Inviato il: Jan 14 2009, 11:19 PM


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E' il tema della grandezza che si svolge discreto lungo il prcorso di questo testo. A pg X della premessa, giametta scrive che lo ZA è un "breviario della grandezza". Impariamo a consultare questo "breviario", con una sana laica "adorazione".
  Forum: Nietzsche Opere · Anteprima Messaggio: #7532 · Risposte: 2 · Visite: 14,483


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