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> VALORI IN VIA D’ESTINZIONE DELLA CIVILTA’ EUROPEA., Nietzsche: Katechon o Anticristo?
Mauro
messagio Feb 8 2011, 08:28 AM
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[font="Verdana"]NIETZSCHE: KATECHON O ANTICRISTO?


http://img823.imageshack.us/img823/7558/anticristo.jpg

Nella storia della nostra civiltà europea, c’è sempre stato un conflitto dinamico tra due concetti derivati dall’eredità cristiana/platonica: il KATECHON e l’ANTICRISTO.
Per San Paolo, nella seconda Lettera ai Tessalonicesi (2,6-7) il katechon era ciò che trattiene l’Anticristo dal manifestarsi pienamente.
L’Anticristo era ANOMOS, la progressiva svalutazione senza nome di tutti i valori.
Ecco come Anomos sta prendendo il controllo dell’umanità.

Con l’affermazione della globalizzazione e della cultura digitale, molti intellettuali hanno ribattezzato il nostro tempo “ la fine della Storia”.
Il mercato globale ha sostituito i valori d’uso con i valori di scambio, è tutto è diventato utilizzabile, manipolabile, convertibile e permutabile in denaro.
Tra i valori d’uso c’erano i princìpi della nostra civiltà europea, che sono in rapida via d’estinzione come le tigri o i panda.
E inutile che io sottolinei che per fine della civiltà europea non intendo l’Apocalisse, la fine del mondo. Lascio queste fantasie horror a Stephen King e alle Cassandre stile fiction televisiva.
Intendo una mutazione antropologica che cambierà il nostro stile di vita e che pervertirà per sempre la sua qualità.
Con la fine della civiltà europea l’umanità continuerà senza problemi a riempirsi la panza, fino a quando il consumo totale delle risorse terrestri sarà possibile.
Non risulta per adesso che dalla Luna o da Marte arrivino molte forme di energie combustibili ed edibili.
Eccovi, per la riflessione, una rassegna di valori occidentali quasi estinti:

LA GIUSTIZIA: vien quasi da ridere a pronunciarla, c’è sempre qualcuno che è più uguale e giusto degli altri, lo sapete bene.

LA DEMOCRAZIA: unire le proprie individualità per il bene comune, l’Agorà.
I Greci la inventarono prima per le loro litigiose città, e poi fecero il capolavoro di usarla uniti contro i barbari Persiani, cortigiani idolatri dell’oro e del Grande Re Serse.
La democrazia guerriera dei gloriosi spartani e quella del libero pensiero di Atene;
Maratona, le Termopili, Salamina e infine Platea.
Se pensiamo ai nostri padri fondatori, noi siamo dei miserabili che vanno a comando, come pecore idiote, a infilare in uno scatolone un pezzo di carta con scritto il nome di uno sconosciuto che ci rovinerà il fegato e la vita per molti anni.
Nell’Agorà democratica, c’era anche il mercato che i nostri padri consideravano solo un passatempo per innocui furfanti, pigri e ignoranti, che non amavano le fatiche degli studi e della vita militare.
Gli Spartani, infatti, li consideravano degli schiavi.

Ora il Mercato globale s’è divorato la democrazia.

L’ETICA. Anche il non fare ad un altro quello che non si vorrebbe lui facesse a noi, se l’è mangiato il Mercato.
Il fare profitto è il proseguimento della guerra con altri mezzi, questa è l’unica morale dei nostri tempi.
Gli antichi romani, i primi globalizzatori della nostra civiltà, con la loro cesariana capacità di sintesi, chiosavano:
“ Mors tua, vita mea.”
“Homo sine pecunia est imago mortis”.
L’essere umano senza bancomat è l’immagine stessa della morte.

L’AUTORITA’, da non confondersi con l’autoritarismo.
Un principio derivato dall’etica e che si può definire anche meritocrazia.
Un tempo quelle persone che si distinguevano per capacità, talento, umiltà, disponibilità, abnegazione, esperienza, venivano ascoltate in famiglia o nella società.
Ora se non hanno dei bei soldi in tasca, non valgono nulla.

IL DUBBIO METODICO E SCIENTIFICO.
Altra eredità degli antichi Greci: il dubbio è la forza della ragione perché apre le possibilità, due o più, che analizzate, permetteranno di escluderle tutte eccetto una soltanto, quella che risponde ai requisiti della ragione.
Ora invece siamo dominati dalla logica binaria dei computer, dove non esiste il dubbio sistematico, ma tutto si riduce a una scelta: yes o not, clicca sì o clicca no.
Lo vediamo anche dall’aumento del fanatismo religioso e politico.
Dopo l’11 settembre le persone, manipolate da nuove e invisibili forme di propaganda non cambiano idea su un leader che hanno votato, nemmeno se costui gli violenta la figlia.
E infine, cosa c’è di più irrazionale di un mercato globale che insegue un aumento del fatturato infinito, senza limiti?
Cosa c’è di più assurdo di un Profitto che non ha né regole né riferimento alla maggioranza dell’umanità?
Una macchina illogica di morte in mano a pochi Agenti dell’Alta Finanza, cannibali, irresponsabili e sordi ad ogni sofferenza umana.
Privati d’ogni forma di dubbio, ignari persino del più banale principio di non-contraddizione.

DIO O GLI DEI.
L’uomo non riconosce più niente di esterno a sé, anche se la nascita e la morte continuano a non appartenergli, perché lui stesso vuole farsi Dio o pluralità di Dei.
I risultati non tarderanno ad arrivare.

LA BELLEZZA.
In un mondo dove ogni persona ridotta a cosa può essere scambiata e utilizzata è tutto brutto, laido e massificato.

L’AGAPE.
Gemma del retaggio cristiano, l’amore disinteressato, l’amore umano di Gesù che perdona sulla croce i suoi torturatori con forza Sovrumana, Divina; la sua pietà per il ladro commosso dal suo dolore e che si porta gratuitamente in Paradiso; l’amore che non s’insegna, non si predica, ma soltanto si vive.
L’Agape non è una filosofia, una teoria ma è civiltà dell’agire, del cambiare se stessi, del tendere verso il mio prossimo, senza il quale il mio volto non ha nessuna cornice, nessun riflesso.
L’amore è la più bella esperienza umana, un atto di fede in cui uno mette la propria vita nelle braccia di un altro e vi si affida senza poter dimostrare che quella scelta è la più opportuna, può solo ammettere che quella via è l’unica giusta e sente che è un miracolo inspiegabile, contro ogni previsione, ogni calcolo, ogni dimostrazione matematica.

Questo sarà l’ultimo valore umano a sparire, e quando svanirà, solo allora sarà veramente il tempo dell’Anticristo.


Alla fine di questa mia breve storia del nichilismo di ANOMOS, sostengo che Nietzsche non fosse un alleato dell’Anticristo, ma un Antecristo, un aiutante del katechon, perché critico della modernità atea e illuminista e preparatore di un nuovo senso religioso.
Nietzsche ci ha lasciato tante pagine intrise di nostalgia per l’Assoluto, di un desiderio struggente di rifondare il naturale istinto alla venerazione dell’uomo e voleva liberare la follia di Gesù dall’asfissiante catechesi di San Paolo.
Chi meglio di lui ci ha fatto tabula rasa dei valori di questa modernità nichilista, dove al senso del nostro destino si è sostituito il progresso illimitato, dove alla devozione si è messa la tecnica, dove al posto della vitalità eternamente ritornante ci si prostra a idoli materiali?

L'esistenza di Nietzsche fu la vita di un profeta, di un animatore di venerazione, di un propagatore di passione per le idee e la vita.
Basta con questo luogo comune dell’Anticristo.
Nietzsche fu l’Antecristo, un ausiliario del katechon.[/font]
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Sgubonius
messagio Feb 16 2011, 02:52 AM
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Non credo di avere l'autoritas per risponderti! laugh.gif

Un appunto: il problema della disgiunzione o-o, di cui tratta fra l'altro anche Deleuze in Millepiani, è più "ontologico" che esistenzialistico, per usare una distinzione che ha avuto un certo sviluppo nel XX secolo. Ovvero non è tanto la scelta (difficilmente troverai in Nietzsche, soprattutto quello tardo, l'esaltazione della libertà e della scelta) che è in gioco, magari una scelta "autentica", che puzza di morale. Piuttosto l'o-o è la condizione di possibilità per un pensiero dell'irrisolvibile, di qualcosa che non si lascia accomunare da un concetto unico che salvi capre e cavoli, ma che determini una lacerazione tragico-dionisiaca. Da qui deriverà anche una certa libertà per una scelta che è quella dell'accettazione (non di ciò che si vuole, ma di ciò che si "può", lì sta la Volontà di Potenza), che ha però un carattere tutto particolare in quanto scelta limite, problematica e potenziale (cioè sempre a-venire, il che ciclicamente diventa poi un differire da e per sempre).
Non è auspicabile insomma un anarchismo o individualismo che si prestano troppo al risentimento, mezzo stirneriano e mezzo schopenhaueriano. Piuttosto l'accettazione ha la forma di una danza sulle strutture, sui valori, detta transvalutazione. Il fatto che una chiesa esista o meno, che sia più o meno meschina e simoniaca, credo faccia una differenza molto limitata. Anzi è più facile che magari si palesi lì un Raffaello. Sono ancora tutti da indagare questi rapporti complessi fra gruppo e singolo, accettazione e creazione, potere e potenza, in Nietzsche. E sempre si dovrà applicare la logica disgiuntiva di sopra che non dà nulla per scontato e non opta mai per uno dei due, li si accetta sempre nella loro disgiunzione e quindi differenza (spesso lui usa l'espressione "il pathos della distanza") e inconciliabilità.

Senza dubbio Nietzsche è profondamente europeo (troverai uno degli ultimi messaggi di questo forum dedicato proprio alla diatriba sulle influenze orientali in N.) ed è come dice Heidegger l'estrema sintesi del pensiero occidentale. Resta da capire se vogliamo fare come il succitato Martin, e promuovere l'ennesima nostalgia dell'inizio, del puro, dell'autentico, del valore d'uso come faceva Marx, oppure se vogliamo prendere atto che il nichilismo da buon minotauro va preso per le corna e mutato in attivo, abitante del labirinto circolare dell'orecchio, secondo le simbologie dei ditirambi di Dioniso (mentre col filo che tutto risolve non ci si può che impiccare). Anche la religione, come ogni "tecnica", è tipicamente una forma di nichilismo, una forma di volontà di potenza, e anche lì si tratterà di attivo (o x o y) e passivo (x contro y), né più né meno. Anche dalla globalizzazione, tipica espressione dell'uniformarsi tecnico e nullificante, bisogna trarre l'occasione per un passo di danza tragico e anzi è proprio nel leone che ci sono i germi del fanciullo.
Quindi quanto è deleterio (depotenziante) è sempre il katekein, il timoroso avanzare prudenti, col cordone ombelicale appeso all'origine, all'entrata del labirinto. Quanto è a-venire invece è sempre la sfida della disgiunzione che ritorna e non può che potenziare. Le radici identitarie sono pericolose, sono l'opposto di ogni danza, eppure anche il movimento repulsivo reattivo di strapparle in nome della libertà è solo una idealizzazione di altre radici e di altre origini. Semmai si deve fare in modo di riconquistarle, riaffermarle come un destino (leggasi come un avvenire), la danza miracolosa e ciclica sta tutta qui, in un fazzoletto, i "grandi eventi" non fanno baccano (e qui rimanderei in conclusione ancora a Deleuze, alla sua descrizione e spiegazione della "contro-effettuazione" nella Logica del Senso).


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"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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