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> Ricordo di chi
diechirico
messagio Oct 29 2007, 11:03 AM
Messaggio #1


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Su un’alta terrazza della sua antica città
un giovane distratto se ne stava
e, ammirandone dall’alto la maestosità,
in silenzio, in placida quiete aspettava.

Già da tempo seguiva quello strano rituale
ogni sera, di ogni giorno di ogni mese, da anni,
in silente attesa del solito finale
corroso e torturato dai suoi pensierosi affanni.

L’attesa, la città, tanti aveva lasciato sotto di lui,
e questo trovava fosse un comune altro modo
per sopravvivere ai suoi trascorsi buii
e per sciogliere alla gola quell’asfissiante nodo.

Chinò d'un tratto lentamente la testa
volgendo con calma lo sguardo dabbasso
e, con un’espressione vagamente mesta,
notò che alla sua corda non v’era appeso alcun sasso.

Poco dopo risollevò il capo sospirando
e di colpo cambiò degli occhi la sua espressione:
l’ombra che davanti gli apparve volando
pensò essere solo frutto della sua immaginazione.

Una coltre di malinconia gli annebbiò la vista
e gli parve di ricordar qualcuno
nei tratti indefiniti di quella figura funesta,
che sembrava implorare aiuto all’indirizzo di nessuno.

Il ragazzo, dallo sguardo offuscato,
non la perse di vista neppure un secondo.
Sorrise, col volto lievemente rigato,
aspettando l’alba nella notte che stava ormai svanendo.

Tentò così di rammentare la sua storia,
o semplicemente di dare un volto a quella presenza,
ma di ciò che era accaduto non aveva più memoria
e l’assenza del ricordo lacerò la sua coscienza.

Si sforzava lo stesso di tornare indietro con la mente
e ogni inutile tentativo lo faceva disperare:
perché quell’ombra per lui rimaneva poco più di niente
e, davanti ai suoi occhi, non la smetteva di tremare.

Da lontano si udì confuso un rintocco a morte
presagendo un qualche nuovo avvenimento:
s’interrogò noncurante sulla sua futura sorte
mentre un lampo improvviso lo lasciò quasi sgomento.

Il bagliore fu così grande che il cielo si squarciò
e l’ombra troppo delicata e troppo fragile
scappò via impaurita e chissà dove si rifugiò,
trascinandosi dietro una scia, di lei ancor più labile.

Il giovane ebbe così di morte un acuto sentòre:
si sentì trafitto da un dardo tremendo,
colpito al cuore da un acre dolore;
già da tempo avrebbe voluto morire, ridendo.

Alle sue spalle una nuova oscura figura
s’avvicinò silenziosa senza far rumore,
dicendo con voce roca: - Non aver paura,
ma qui siamo molto in alto, fa’ attenzione per favore…

Poi sussurrando: – Cosa fai qui fuori ancora?
E il ragazzo: - Aspetto un’altra… - disse
- Aspetto solo un’altra aurora.
L’altro lo guardò, aspettò che finisse:

scorse solo la sua nuca e la sua schiena,
protese in avanti verso il niente,
nella ricerca di una speranza vana.
Ma lui null'altro aveva in mente

se non i contorni di quell’ombra impaurita e triste,
che gli parvero, vaghi nel cielo,
un sordo coro di baccanti meste,
col viso coperto a metà da un velo.

Così, appoggiato alla ringhiera, in silenzio restò,
con le labbra serrate. Poi s’asciugò il viso.
Fu in procinto di dir qualcosa, ma non si voltò,
e accennò stanco un fugace sorriso.

Aprì, lento, la bocca distrattamente
- Non sarà poi un gran salto –
pensò, pensando ad alta voce involontariamente
- Fare attenzione? Basta essere abbastanza in alto…


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Ma cosa importa di me e di te! Altri uccelli voleranno oltre!
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