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> Zarathustra, Dei poeti, Discussione tratta dal forum del Seminario permanente nietzschiano
andreademilio
messagio Nov 11 2007, 12:51 AM
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mattia
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4 messaggi Inserito il - 14 Ottobre 2007 : 23:36:23
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Zarathustra, Dei poeti
(le citazioni dalla opere di N. fanno riferimento a edizione Adelphi economica)

Fra i molti aspetti del problema della verità nello Zarathustra (e, in generale, nell'opera di Nietzsche), il rapporto con la menzogna è centrale. Il discorso "Dei Poeti" (p. 146-9) offre un buon approccio al tema. Motivo principale, che rimanda ad altri passaggi dello Zarathustra, è la formula: "i poeti mentono troppo". Come nota Montinari, essa compare però già in FW 84, a chiudere l'aforisma: "eppure è più pericoloso per una verità il fatto di trovarsi d'accordo con un poeta che l'essere da lui contraddetta! Infatti, come dice Omero: 'Molto mentono i poeti'" (p. 123). Questo passaggio offre una chiave di lettura per "Dei poeti". Ecco la mia tesi in breve: (1) il discorso dello Zarathustra riprende una serie di momenti della critica "illuminista" cui Nietzsche sottopone l'arte in MA e nelle opere seguenti. Tuttavia (2), l'affermazione ulteriore "Ma anche Zarathustra è un poeta" rimette in discussione tale posizione, ricollocandola ad un livello più complesso, in cui la contrapposizione secca fra scienza/poesia non tiene più.

(1) Come Montinari suggerisce, N. riprende la critica alla poesia svolta, ad. es., in VM 32: "Il poeta si atteggia come […] fosse uno che sa. […] in questo senso è anche lui un impostore" (VM 32, p. 23-4) "Noi sappiamo troppo poco e siamo poco capaci di imparare: così non possiamo non mentire. […] E siccome sappiamo poco, così piacciono al nostro cuore i poveri di spirito" (Dei poeti). Altri tre punti: a) In Za N. attribuisce ai poeti l'illusione di conoscere un "accesso segreto al sapere" (p. 147). In questo modo riprende il tema delle "vie più brevi" privilegiate dai (presunti) geni rispetto alla fatica del sapere, topos di MA e MO. cool.gif In stretto legame con a), N. mette in ridicolo la "Schwärmerei" romantica per la natura ("i poeti credono che sempre che la natura stessa sia innamorata di loro", p. 147). c) relazione fra poesia e sogno (citazione dall'Amleto), che sono spesso considerati da N. come atavismi risalenti ad un'età di superstizione.

2) Detto questo, N. passa da "Il poeta" a "Noi" (vedi sottolineatura sopra). Come deve essere letto ciò? Innanzitutto, va tenuto presente l'andamento del brano per quanto riguarda il rapporto Zarathustra/poeti. Possiamo isolare 3 momenti: IDENTIFICAZIONE: Dopo alcuni paragrafi iniziali, che, per così dire, introducono il tema, Zarathustra inizia con il noi-poeti. Torna quindi a parlare dei "poeti"in terza persona, ma un'ulteriore "noi" ("sempre ci sentiamo trarre in alto") ristabilisce l'identificazione; INTERMEZZO. C'è un intermezzo scenico, che segna una cesura nel brano )"Ah, quanto sono stufo…"), che si conclude con Zarathustra che afferma: "sono di oggi e di un tempo passato" (p. 148), ma allo stesso tempo di "domani" e "dopodomani" (p. 148). CONTRAPPOSIZIONE: Zarathustra dice: "Mi sono stancato dei poeti, vecchi e nuovi; per me, restano tutti in superficie e sono mari poco profondi. Non hanno pensato con sufficiente profondità: perciò il loro sentimento non si inabissò mai fino ad attingere i motivi profondi" (p. 148). A partire da qui vale la contrapposizione io (Zarathustra)/loro (i poeti). Ma come interpretare tutto questo? Se la mia lettura è condivisibile, il passaggio dall'identificazione alla contrapposizione sembra indicare che Zarathustra voglia rivendicare un modo "altro" di essere poeta, che accolga anche il momento della "profondità", qui contrapposto al nucleo semantico della superficie/illusione/menzogna. La mia tesi è che N. vuole sì conservare la passione per la "superficie" propria del poeta (il problema dei poeti è che essi mentono "troppo", non che mentono tout court), allo stesso tempo però smarcandosi da essi, in quanto tale "superficialità" deve fare da controcanto ad una visione tragica e "abissale". Solo fondandosi su quest'ultima, la superficialità diventa "buona volontà di menzogna" e può quindi differenziarsi dagli "imbrogli" del "commediante" alla Wagner. Detto altrimenti, l'ideale è ancora una volta l'unione di apollineo e dionisiaco raggiunto dai Greci, capaci di essere "superficiali - per profondità" (FW, Prefazione alla seconda edizione, p. 35). Il passo migliore, quello in cui questa duplicità costitutiva, questa doppia prospettiva (vedi anche la coppia "eroe/giullare" in FW 107) viene alla luce, mi sembra questo:

Dare all'esistenza un significato estetico, aumentare il nostro gusto per l'esistenza, è la condizione fondamentale di ogni passione della conoscenza. Così, anche qui, scopriamo una notte e un giorno, come condizione di vita per noi; voler conoscere [verità] e voler sbagliare [menzogna] sono flusso e riflusso. Quando l'uno domina assolutamente, l'uomo perisce (OFN, vol. V, tomo 2, 11 [162], p. 390).


Per ora, mi fermo qui.


ChiaraPiazzesi
Nuovo Arrivato


Germany
13 messaggi Inserito il - 09 Novembre 2007 : 17:04:30
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La lettura di Mattia mi sembra molto calzante. Mi chiedo, rapidamente, se non si possa tracciare un parallelo tra l'esperienza della verità in "Vom Baum am Berge" e la critica di Za ai poeti: il loro mancare di 'profondità', in particolare. Le osservazioni di Mattia sono tutte corrette. Penso però che si potrebbe cercare insieme di circostanziare di più che cosa significa questa 'profondità', cosa che raramente viene fatta: andare, in altri termini, al di là della formula nota dell'essere superficiali con profondità, e vedere, se c'è materiale (non lo so, lo chiedo a tutti voi), di che genere di esperienza si tratta, in che cosa consiste, se ci sono luoghi in cui Zarathustra la caratterizza eccetera. Per esempio, tutta la III parte del discorso sui poeti, che MAttia caratterizzava come una contrapposizione, è ricca di immagini marine sulla profondità, la pesca, l'acqua torbida ecc. Si potrebbe vedere come ricorrono queste metafore, o altre del discorso, per chiarirle.
E' una proposta.


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