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> rapporto fra Nietzsche ed i monoteismi ebraico e cristiano.
Blu
messagio Jun 19 2008, 03:32 PM
Messaggio #1


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Nota metodologica di massima.
Credo che il tema possa essere affrontato da almeno due angolazioni generali che mi pare utile specificare fin dal principio per evitare incomprensioni:

1)Prospettiva "storico-filologica".
Si analizza l'evoluzione del pensiero di Nietzsche, tenendo in considerazione da un lato i rapporti (Overbeck,Wagner,Burckhardt,Rohde,Rée etc. etc.) che ne hanno influenzato lo sviluppo, e dall'altro l'ambiente degli studi teologici del tempo ( scuola di Tubinga etc.). L'obiettivo non e' solo mettere a fuoco il contesto, ma anche capire su quali libri e su quale visione, conoscenza dei suddetti monoteismi si articola la Sua critica delle religioni.
Questa mi pare una via che possa fornirci indicazioni su quanto sia possibile (se lo è) o legittimo, parlare, ad esempio, di una teologia della "morte di Dio" su basi nietzscheane.

2)Prospettiva diciamo "ermeneutica".
La nostra dis-locazione spazio- temporale rispetto a Nietzsche e al suo contesto ci mette, come interpretanti, nella condizione (ed oserei dire nell'opportunita') di valutare quanto di questo pensiero sia "vivo o morto" ( come direbbe Heidegger).
Tentare di comprendere come fenomeni riguardanti il senso religioso contemporaneo siano o meno inquadrabili nella décadence
oppure paradossalmente siano l'espressione di un nichilismo attivo, sia un modo efficace di mettere a frutto le riflessioni di Nietzsche. Persino forzare almeno un po' la sua filosofia, magari prolungandone gli sviluppi/conseguenze al di la' delle sue stesse intenzioni, credo sia un buon modo per rispettarne il pensiero evitando di imbalsamarlo o peggio di farne una sorta di testo sacro il cui unico utilizzo consiste nella pedissequa ripetizione delle parole.

L'argomento e' vasto, molti libri sono gia' stati scritti al riguardo.
Credo che ci siano molti spunti interessanti di discussione per tutti i gusti e palati.

Un saluto.
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Sgubonius
messagio Jun 19 2008, 06:14 PM
Messaggio #2


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Da dove cominciare?? blink.gif


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NIHILO
messagio Jun 20 2008, 09:31 AM
Messaggio #3


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Ottimo l'inquadramento di blu che, come si può facilmente desumere
dai suoi primi interventi, è un'altro ottimo commilitone sopraggiunto a
rafforzare i nostri ranghi.
Per ora da parte mia solo una considerazione preliminare.
A mio avviso - mi si corregga se sbaglio - la prima teologia della
"morte di Dio" si è enucleata in embrione in Hegel, ed ha preso vigore
cominciando a svilupparsi in modo consistente negli esponenti della
scuola hegeliana, specialmente di sinistra - Feuerbach, Ruge, e non so se
anche Renàn -.
Nietzsche poi trasse spunto da diversi altri autori, di cui fa menzione nelle
sue epistole, tra questi c'era uno storico delle religioni che Nietzsche stimava
moltissimo, ma in questo momento non ne ricordo il nome.
Per quanto riguarda il secondo punto della traccia, oltre ad Heidegger, molto acuta
e penetrante mi sembra l'analisi di Gilles Deleuze.
Sul versante "americano" va tenuto in conto Kaufmann.


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Sgubonius
messagio Jun 20 2008, 11:45 AM
Messaggio #4


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Sul primo punto non so niente! Quindi mi chiamo fuori! laugh.gif

Sul secondo punto penso che non ci sia veramente un divario di posizione interpretativa tale fra noi e l'ottocento da giustificare una rivisitazione o un reinterpretamento del pensiero nietzschiano, anzi penso che proprio per la sua dimensione sostanzialmente astorica (e anche anti-storica spesso) e per il suo concentrarsi sull'individuo/uomo ("colui che valuta" dice nello zarathustra con una bizzarra relazione Mens,ntis-Mensch) anzichè sull società e sulle relazioni fra gli individui l'unica elemento capace di creare un gap sarebbe l'evoluzione biologica dell'uomo stesso, cosa che sappiamo avviene su tempi molto più lunghi.
Quindi mi pare sia tutto estremamente vivo!

Quello che invece è dato fare (e credo anche interessante) è un analisi trasversale coll'evoluzioni del pensiero (quindi soprattutto heidegger ma perchè no anche Vattimo per esempio) che non invalidano il risultato nietzschiano compiuto ma piuttosto lo utilizzano come base per conclusioni diverse, generalmente a mio parere molto strumentalizzando ai fini della propria ricerca, che non nascono per la differenza dei tempi di riflessione ma più che altro per diverse esigenze filosofiche sottostanti.

Ad esempio l'idea di Vattimo di una telogia del dio debole mi sembra una grossissima forzatura, oltre che di una vaghezza micidiale, Heidegger che sicuramente era un tantino più bravo di Gianteresio ha messo sul piatto un pezzo di carne ben più succulento, ma sostanzialmente invariando le conclusioni di Nietzsche con solo uno spiraglio stiracchiato di possibilità di una "religiosità autentica" appunto da nichilisti attivi post morte-di-dio, possibilità che era poi già nell'ultimo Nietzsche (Dioniso o il crocefisso).


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NIHILO
messagio Jun 20 2008, 12:30 PM
Messaggio #5


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Concordo Sgubonius, il grande merito di Heidegger è stato quello
di analizzare con acume profondissimo ed enorme dottrina gli aspetti
fondamentali del pensiero filosofico occidentale. E' stato secondo me
un grandissimo storico della filosofia teoretica. Ha evidenziato come
la metafisica occidentale ha eluso il problema dell'essere - la
questione dell'oblio dell'essere - per "esorcizzare l'ente" tentando di ridurre
sostanzialmente ad un "invariante" ciò che è intrinsecamente variante,
argomentando che la filosofia di Nietzsche rappresenta il culmine apicale
di questo tentativo; ma il suo dichiararsi "pastore dell'essere", colui che
finalmente indica la via che ci condurrà al "disvelamento" dell'essere forzandolo
alla alètheia non convince, appare tutto sommato come un funanbolismo tautologico.


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Sgubonius
messagio Jun 20 2008, 01:01 PM
Messaggio #6


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Io rimango comunque scettico sull'idea del Nietzsche ultimo metafisico, o meglio lo vedo più come "primo" anti-metafisico (primo fra virgolette perchè ovviamente i presocratici erano i primi, e forse alcuni come spinoza hanno toccato questa fine della metafisica prima di Friedrich).
In fondo mi pare che il contrasto ente-essere non sia molto lontano dal contrasto apollineo-dionisiaco, dove il principio di individuazione e la ragione che vuole fondare tutto si scontrano con il grande turbine caotico dell'essere. Di metafisico in Nietzsche c'è solo il concetto della VdP che in effetti rimane per me il peggior esito del suo pensiero, almeno considerato nell'ottica di farne un nuovo principio assolutizzante.
In questa dimensione Heidegger ha concettualizzato molto bene (anche troppo) per poi schiantarsi contro il muro del non-concetto per eccellenza, campo dove le sue armi erano del tutto innocue. In sostanza non ha detto niente di nuovo (però lo ha ridetto molto bene!).

Tornando al tema del topic io dico che c'è una profonda relazione fra Nietzsche/Zarathustra e il Cristo nella sua dimensione più profondamente umana. Lui stesso lo riconosceva e apprezzava Gesù uomo inattuale, distruttore della legge e forse primo a-morale. La critica dell'Anticristo mi sembra sia volta soprattutto al Cristianesimo platonico che è scaturito dai Vangeli, attraverso figure come San Paolo. In fondo penso che una teologia ritorni necessariamente, anche per gli atei, nella misura in cui si ragiona intorno all'uomo. Ognuno di noi ha necessariamente un "daimon" socratico a cui inevitabilmente obbedisce, così è anche per il superuomo, che fedele alla terra obbedisce al destino, con amore.


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Stirner
messagio Jun 20 2008, 10:54 PM
Messaggio #7


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jun 20 2008, 02:01 PM) *
Di metafisico in Nietzsche c'è solo il concetto della VdP che in effetti rimane per me il peggior esito del suo pensiero, almeno considerato nell'ottica di farne un nuovo principio assolutizzante.
In questa dimensione Heidegger ha concettualizzato molto bene (anche troppo) per poi schiantarsi contro il muro del non-concetto per eccellenza, campo dove le sue armi erano del tutto innocue. In sostanza non ha detto niente di nuovo (però lo ha ridetto molto bene!).



Io invece penso che la VdP sia il miglior(più profondo) concetto del pensiero di Nietzsche. Come fai a dire che Heidegger non ha detto nulla di nuovo? Io credo che sia il miglior studioso di Nietzsche mai esistito! Quali altri studi preferisci?


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Alfred Bäumler.
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Sgubonius
messagio Jun 20 2008, 11:19 PM
Messaggio #8


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CITAZIONE(Stirner @ Jun 20 2008, 11:54 PM) *
Io invece penso che la VdP sia il miglior(più profondo) concetto del pensiero di Nietzsche. Come fai a dire che Heidegger non ha detto nulla di nuovo? Io credo che sia il miglior studioso di Nietzsche mai esistito! Quali altri studi preferisci?


Appunto, uno studioso non è un inventore, è un ottimo concettualizzatore e rivisitatore di tutta la filosofia, ma le sue conclusioni personali (un po' come diceva nihilo) mi hanno sempre lasciato perplesso (questo vale per la maggior parte dei filosofi del 900 di fatto). Lo dico da grande estimatore di Heidegger, anche perchè grazie anche a lui si può capire meglio nietzsche in chiave "esistenzialista" se vuoi.

Sulla volontà di potenza mi pare che sia quasi un concetto che è stato costretto ad inserire (come si usa la forza in fisica, per spiegare le accellerazioni). Secondo me l'unica critica di metafisicità che si possa muovere a Nietzsche è proprio riguardante la VdP poichè presuppone ancora hegelianamente di mettere sotto concetto l'uomo, anullandone la contraddizione nell'identità di un unico grande principio. Molto spinoziano, troppo forse, relativamente poco devastantemente innovativo.


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Sgubonius
messagio Jun 20 2008, 11:24 PM
Messaggio #9


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CITAZIONE(Stirner @ Jun 20 2008, 11:54 PM) *
Io invece penso che la VdP sia il miglior(più profondo) concetto del pensiero di Nietzsche. Come fai a dire che Heidegger non ha detto nulla di nuovo? Io credo che sia il miglior studioso di Nietzsche mai esistito! Quali altri studi preferisci?



Il più profondo per me è l'eterno ritorno, e credo che ci siano pezzi della gaia scienza che confermano che anche lui la pensava così.
L'abissalità di una tale dimensione di scelta eterna (parallelo coll'essere-per-la-morte se vuoi) è poi quello che lo collega maggiormente ad un Heidegger e appunto ad una sorta di esistenzialismo.

Uno studioso che penso sia stato in grado anche di analizzare Nietzche collegandolo in maniera più polivalente alla storia della filosofia è Deleuze, anch'egli è stato un grande ma non ha inventato niente.


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Stirner
messagio Jun 21 2008, 10:49 PM
Messaggio #10


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Secondo me N non è stato COSTRETTO ad inserire la vdp nel suo pensiero. Se si prende l'ultimo Nietzsche come il più maturo allora, bisogna anche ricordare che la progettata opera della Vdp è stata una delle sue ultime preouccupazioni. Inoltre le teorie "gnoseologiche" nietzscheane, la risposta al quesito "perchè l'organico?" trovano un fondamento nella volontà di potenza. La Vdp è - per N - il principio, il "fatto", il pathos di OGNI accadere; la base di qualsiasi prospettivismo.
Se si analizza Nietzsche senza tener conto della vdp si ignora gran parte del suo pensiero più profondo. Sarebbe come non valorizzare le idee nella filosofia platonica o la Volontà in Schopenhauer.

"...la VdP poichè presuppone ancora hegelianamente di mettere sotto concetto l'uomo, anullandone la contraddizione nell'identità di un unico grande principio.."

Non solo l'uomo, ma il Tutto. Inoltre non mettere qualcosa sotto un concetto è l'antitesi della filosofia e della conoscenza umana.

P.s. la connessione più complessa rimane quella tra eterno ritorno e vdp.


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Sgubonius
messagio Jun 22 2008, 01:24 AM
Messaggio #11


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CITAZIONE(Stirner @ Jun 21 2008, 11:49 PM) *
Non solo l'uomo, ma il Tutto. Inoltre non mettere qualcosa sotto un concetto è l'antitesi della filosofia e della conoscenza umana.

P.s. la connessione più complessa rimane quella tra eterno ritorno e vdp.


Sul tutto hai ragione, ed è proprio questa la critica che gli "muovo". Infatti è proprio in questo che trovo la VdP la fase meno innovativa del pensiero di N dato che rispetto ad un analogo concetto spinoziano panteistico la differenza è minima se non nulla. Per approfondire confronta "Cosa può un corpo" di Deleuze su Spinoza dove trovi proprio l'idea che non le cose non si caratterizzano per l'essenza (cosa è) ma per la potenza (cosa può). Da qui deriva anche l'Ethica che è totalmente amorale, al di là del bene e del male.
Ho anche qualche dubbio che sia la più matura, mi pare che il concetto si presenti prima di quello dell'eterno ritorno ad esempio.

D'altro canto hai evidenziato una cosa molto interessante, e cioè che esiste una frattura fra il Nietzsche filosofo e il Nietzsche poeta/buffone (che è davvero l'ultimo e il più maturo). Ancora una volta non è un caso che la VdP sia di fatto tramontata come progetto unitario di concettualizzazione in quanto il dionisiaco (e perchè no la follia) ha finalmente prevalso sulle rimanenze metafisiche che spingevano il nostro Friedrich ad essere un uomo della conoscenza. Se Nietzsche è stato l'ultimo metafisico (per tornare ad Heidegger) lo è stato solo per la VdP. Se Nietzsche è stato il pensatore autentico dopo 2400 anni è soprattutto grazie all'eterno ritorno, allo zarathustra (come forma poetica opposta a quella saggistica) e alla "follia". Questa seconda tendenza è fortemente esistenzialista, e (secondo me giustamente, ma qui si va sul personale) ritorna all'uomo, anzichè al tutto.

La connessione è complessa davvero, anche perchè c'è di mezzo tutta la differenza ontologica ente-essere, c'è di mezzo un discorso infinito sul linguaggio e sull'ermeneutica, sull'arte ovviamente, c'è di mezzo il problema della metafisica e dell'epistemologia, insomma... c'è di mezzo tutta la filosofia del '900 che è indubbiamente scaturita per il 70% dai baffi del nostro.


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Stirner
messagio Jun 22 2008, 12:44 PM
Messaggio #12


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jun 22 2008, 02:24 AM) *
Sul tutto hai ragione, ed è proprio questa la critica che gli "muovo". Infatti è proprio in questo che trovo la VdP la fase meno innovativa del pensiero di N dato che rispetto ad un analogo concetto spinoziano panteistico la differenza è minima se non nulla. Per approfondire confronta "Cosa può un corpo" di Deleuze su Spinoza dove trovi proprio l'idea che non le cose non si caratterizzano per l'essenza (cosa è) ma per la potenza (cosa può). Da qui deriva anche l'Ethica che è totalmente amorale, al di là del bene e del male.


Ecco...io Spinoza non lo conosco molto bene. Tu che mi consigli di leggere? L'Ethica è sufficiente? Sono tante le connessioni tra Spinoza e Nietzsche?


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Sgubonius
messagio Jun 22 2008, 02:52 PM
Messaggio #13


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CITAZIONE(Stirner @ Jun 22 2008, 01:44 PM) *
Ecco...io Spinoza non lo conosco molto bene. Tu che mi consigli di leggere? L'Ethica è sufficiente? Sono tante le connessioni tra Spinoza e Nietzsche?


A me spinoza è piaciuto molto, io ho letto solo l'ethica che però non ti consiglio, nel senso che è lunga anche se strutturata molto bene, in sostanza (per restare in tema spinoziano!) potresti leggerti un buon saggio che risparmi tempo, ad esempio ti consiglio Deleuze che come avrai capito per me è uno che ci vede molto bene, oppure Loewith che però non ho ancora avuto occasione di leggere. Intanto ti cito direttamente cosa diceva Friedrich di Baruch:

“Sono pieno di meraviglia e di entusiasmo ! Ho un precursore e quale precursore ! Io non
conoscevo quasi Spinoza: per ‘istinto’ ho desiderato ora di leggerlo. Ed ecco che non solo la
tendenza generale della sua filosofia è identica alla mia: - fare dell’intelletto la passione più
poderosa; ma mi ritrovo ancora in cinque punti capitali della sua dottrina; questo pensatore, il più
abnorme e solitario, mi è vicino in sommo grado appunto in queste cinque argomentazioni: egli
nega il libero arbitrio; le cause finali; l’assetto morale del mondo; il disinteresse (das
Unegoistische); il male. Anche se tra Spinoza e me restano enormi diversità, queste sono da
attribuire soprattutto alla differenza dei tempi, della cultura della scienza (…)”

Se devo dare un mio parere posso dirti che come uomo e come filosofo (ancora nel senso sistematico della filosofia) Spinoza è stato il più grande. I suoi scritti sono puro concetto, dalla logica fluente ed inesorabile, fino alle conseguenze ultime. Non esiste per me picco maggiore che la ragione possa raggiungere. Detto questo Nietzsche lo ha superato "superando" la filosofia "metafisica". A questo proposito infatti nella Gaia Scienza dice:

”Questi vecchi filosofi erano senza cuore; filosofare fu sempre una specie di vampirismo. In certe figure, come
anche in quella di Spinoza, non sentite qualcosa di profondamente enigmatico e sinistro ? Non
vedete il dramma che qui si sta preparando, il costante, progressivo impallidire, la
desensualizzazione interpretata sempre più idealisticamente ? Non subodorate la presenza, nello
sfondo, di una qualche succhiatrice di sangue, che comincia coi sensi, e infine non le avanzano, e
non si lascia avanzare, altro che ossa e scricchiolii ? Voglio dire categorie, formule, parole. (Infatti,
mi si faccia venia, quel che restò di Spinoza, amor intellectualis dei, è uno scricchiolio, niente di
più. Che cos’è amor, che cosa deus, se manca loro ogni goccia di sangue ?). In summa: ogni
idealismo filosofico è stato fino a oggi qualcosa come una malattia…”


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Stirner
messagio Jun 22 2008, 03:51 PM
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grazie della lunga risposta! Quando avrò tempo e voglia leggerò Spinoza. Mi sai dire se è complesso da leggere? Sai, questa è una preouccupazione che sorge in me ogniqualvolta che mi avvicino ad un filosofo. Dopo aver letto il breve ma denso saggio di Heidegger "Che cos`è metafisica?" ogni nuovo pensiero filosofico che incontro è una "sfida". Tu l'hai letto questo libretto di Heidegger? Trovo che delle volte rasenti i limiti della logica(intendo il principio di non contraddizzione), ma resta qualcosa di veramente profondo ed eccelso....

P.s. per questa sera: FORZA ITALIA! laugh.gif


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messagio Jun 22 2008, 08:41 PM
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CITAZIONE(Stirner @ Jun 22 2008, 04:51 PM) *
grazie della lunga risposta! Quando avrò tempo e voglia leggerò Spinoza. Mi sai dire se è complesso da leggere? Sai, questa è una preouccupazione che sorge in me ogniqualvolta che mi avvicino ad un filosofo. Dopo aver letto il breve ma denso saggio di Heidegger "Che cos`è metafisica?" ogni nuovo pensiero filosofico che incontro è una "sfida". Tu l'hai letto questo libretto di Heidegger? Trovo che delle volte rasenti i limiti della logica(intendo il principio di non contraddizzione), ma resta qualcosa di veramente profondo ed eccelso....

P.s. per questa sera: FORZA ITALIA! laugh.gif


Heidegger è forse il più duro di tutti, bisogna calarsi nel suo mondo e nel suo linguaggio, ancora di suo direttamente e integralmente non ho letto nulla e un po' me ne vergogno!
Spinoza è più lineare, molto logico, sicuramente non è una passeggiata ma il discorso fluisce perfettamente quindi non è certo difficile di per se capire le idee generali (è quasi impossibile invece seguire perfettamente la deduzione tutta ad assiomi proposizioni e corollari). L'ethica non è un libro piacevolissimo da questo punto di vista proprio perchè non è per niente argomentativo/narrativo, è proprio "more euclideo", dimostrazione matematico/geometrica.
Una cosa a favore di Spinoza si può dire comunque, e cioè che come uomo è stato molto più coerente di molti altri (fra cui N. stesso). Sempre molto solo, col suo mestiere dignitoso, avverso da tutti eppure mai risentito, di animo veramente nobilissimo.

Ps: Ma perrotta gioca a calcio? Mi chiedo come macini gioco la roma con uno così! laugh.gif


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Joseph de Sil...
messagio Jun 23 2008, 05:12 PM
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CITAZIONE(Sgubonius @ Jun 20 2008, 10:19 PM) *
[...] la VdP [...] presuppone ancora hegelianamente di mettere sotto concetto l'uomo, anullandone la contraddizione nell'identità di un unico grande principio [...]

E’ evidente che Sgubonius, pur non ritenendo l’interpretazione di Heidegger così innovativa e, anzi, nutrendo perplessità su alcune delle sue conclusioni fondamentali, ne condivide però la nozione di volontà di potenza laddove la definisce un “principio” e qualifica tale principio come “unico”. Questo punto di vista, piuttosto diffuso in ambito ermeneutico, non lo è però altrettanto in quello filologico, dove anzi è da molti anni messo in discussione (così come sono messe in discussione, almeno sotto il profilo della ricostruzione storiografica del pensiero di Nietzsche, diverse conclusioni degli stessi Heidegger e Deleuze). In altre parole esiste – purtroppo spesso ignorato al di fuori delle cerchie specialistiche – tutto un autorevole filone di ricerca secondo cui la lettura della volontà di potenza come principio unico è, senza mezzi termini, errata (e non c’è bisogno di dire che, in quest’ottica, sono invalidate anche le analogie tra la metafisica di Spinoza e il Nietzsche della volontà di potenza). Non ho il tempo per riassumere le singole posizioni, ma fornisco alcune indicazioni bibliografiche con stralci di lettura (questi ultimi naturalmente non sono altro che spunti per chi volesse approfondire la questione).
Uno dei testi di riferimento a questo proposito è un ampio e rigoroso saggio di Wolfgang Müller-Lauter, co-fondatore delle prestigiose Nietzsche Studien; oltre a questo lavoro indicherò a titolo esemplificativo alcuni altri contributi (ce ne sono ben di più) che sostengono una posizione analoga (tutti i corsivi nelle citazioni sono degli autori).

Wolfgang Müller-Lauter, “Nietzsches Lehre vom Willen zur Macht”, Nietzsche Studien, 3, 1974, pp. 1-60, ripubblicato in traduzione francese come “La pensée nietzschéenne de la Volonté de Puissance”, in id., Physiologie de la Volonté de Puissance, Allia, Paris, 1998, pp. 27-110 – da cui cito (esiste anche la traduzione italiana: Id., “La volontà di potenza in Nietzsche”, in Volontà di potenza e nichilismo. Nietzsche e Heidegger, a cura di C. La Rocca, Parnaso, Trieste, 1998):
“Une volonté ‘en soi’ ou ‘come telle’ est une pure abstraction: elle n’existe pas en fait” (p.31).
La volonté de puissance est la multiplicité des forces dont le mode relationnel est la lutte. L’unité ne peut être entendue dans le domaine de la force lui-même que comme organisation” (p. 47).
Le monde dont parle Nietzsche se révèle être un jeu réciproque des forces, c’est-à-dire de volontés de puissance […]. L’on ne peut parler que d’unités qui se modifient de façon continuelle, et non de l’unité. L’unité ne représente jamais qu’une organisation promue par la domination temporaire de vouloirs-de-puissance dominants […]. La volonté de puissance n’est donc pas non plus une” (p. 48) (ma cfr. tutto il paragrafo, Volonté de puissance une et multiple, pp. 46-52).
“La volonté de puissance elle-même, conçue comme principe général et suprême, n’a aucune existence” (p. 59).

Mazzino Montinari, “Critica del testo e volontà di potenza”, Prassi e teoria, n. 1/79, Angeli, Milano, 1979, poi in id., Nietzsche, Editori Riuniti, Roma, 1981, 2° ed. 1996, pp. 47-65 (da cui cito):
“[Nietzsche] non vuole che la ‘volontà di potenza’ sia intesa come un noumeno […]. [Egli parla] di una molteplicità di ‘volontà di potenza’ (dunque non una sola ‘volontà di potenza’ che si spezzetta nell’individuazione)” (p. 54. Cfr. anche Id., Che cosa ha veramente detto Nietzsche, Astrolabio-Ubaldini, Roma, 1975, p. 111).

Barbara Stiegler, Nietzsche et la biologie, PUF, Paris, 2001:
“De même que la vie n’existe pas sans les vivants, la volonté de puissance ne peut se saisir que dans la pluralité discontinue des volontés de puissance en lutte” (p. 81).
“La volonté de puissance n’est jamais, pour Nietzsche, une instance anonyme et sans visage, qui traverserait, souveraine et inconditionnée, les différents corps sans jamais s’individuer elle-même” (p. 86) (e qui, in nota, la Stiegler si richiama esplicitamente a Müller-Lauter).

Yannick Souladié, “ ‘…und nichts außerdem’. La vie comme volonté de puissance”, Kairos, 23, 2004, pp. 229-242 (ora anche su http://www.hypernietzsche.org/ysouladie-1):
La volonté de puissance ne s’autorise pas l’identité” (p. 233).
“La volonté de puissance est tout mais elle n’est pas identique à elle-même: une quelconque forme de substantialisme, d’identité à soi-même est inconcevable chez Nietzsche” (p.234).

Eric Blondel, “Prolégomènes à une lecture philologique de Nietzsche”, E. Blondel, Philopsis édition numériques, 2007, pp. 1-80 (su http://www.philopsis.fr/spip.php?article70):
“On ne peut faire, comme Heidegger […]. La volonté de puissance n’est pas une réalité substantielle, elle n’est pas une substance. On ne peut ‘ontologiser’ la volonté de puissance. La volonté de puissance n’est pas un être” (p. 43).
“L’unité du mot (par exemple ‘volonté’) ne garantit en rien l’unité de la chose” (p. 46).

Francesco Moiso, “La volontà di potenza in Friedrich Nietzsche. Una riconsiderazione”, aut-aut, 253, 1993, pp. 119-136:
“La riduzione delle cose a una ‘moltitudine’ di ‘quanti di forza’ o di ‘potenza’ a carattere ‘irraggiante’, tesi cioè a impadronirsi di quanta più realtà circostante è possibile, costituisce il fondamento del concetto di ‘volontà di potenza’ (p. 129).
“Cieca aggregazione gerarchizzata di quanti di potenza” (ibid.).
“Pluralità di volontà di potenza” (p. 130).
“Moltitudine delle volontà di potenza” (p. 133).

Carlo Gentili, Nietzsche, il Mulino, Bologna, 2001:
“L’interpretazione heideggeriana è interamente sostenuta sull’ipotesi che la volontà di potenza […] funzioni come principio unico nel senso della metafisica […]. Che Nietzsche non la intenda in questo modo, che cioè prescinda dall’unicità della volontà di potenza e dunque dalla sua definizione come principio, lo dimostra la sua applicazione del concetto al mondo fisico” (p. 353).
“L’idea dei quanta di volontà di potenza distrugge l’idea di una volontà di potenza come principio unico, come ens metaphysicum” (p. 358).

Claudia Rosciglione, Homo natura. Autoregolazione e caos nel pensiero di Nietzsche, ETS, Pisa, 2004:
“Nietzsche […] non sacrifica mai, ma anzi sottolinea ed esalta, la natura plurale e molteplice della forza, la quale non è tutto-uno bensì l’insieme di diverse molteplici forze” (p. 132).
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Sgubonius
messagio Jun 23 2008, 08:00 PM
Messaggio #17


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Hai alimentato la discussione con dei contributi molto interessanti!
In effetti io partivo da una critica all'idea heideggeriana di Nietzsche come ultimo metafisico riconoscendo nella volontà di potenza l'unico punto debole (nel senso di facilmente interpretabile come metafisico) del pensiero nietzschiano.
Faccio fatica infatti a pensare l'idea che la VdP non sia un principio unitario. Mi spiego meglio: è facile dire "è polivalente, è molteplice, è divenire" per salvare capre e cavoli, ma in definitiva coll'introduzione della VdP si vuole trovare un principio sostanzialmente unico e comune, altrimenti non ha senso neanche introdurlo.
D'altronde io penso che non ci sia alcuna differenza fra introdurre un unica sostanza e un concetto unitario, o infinite diverse e un concetto infinitamente mutevole. Se io dico tutte le cose sono diverse, è come dire tutte sono ugualmente diverse (e quindi uguali).


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Joseph de Sil...
messagio Jun 24 2008, 07:47 AM
Messaggio #18


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jun 23 2008, 07:00 PM) *
[...] è facile dire "è polivalente, è molteplice, è divenire" per salvare capre e cavoli, ma in definitiva coll'introduzione della VdP si vuole trovare un principio sostanzialmente unico e comune, altrimenti non ha senso neanche introdurlo. [...]

“Per giungere alla versione definitiva dei suoi testi, Nietzsche svolge un paziente lavoro di assemblaggio dei materiali più diversi, vi inserisce un giuoco di continui riferimenti, mai dichiarati esplicitamente, ad altri autori e ad altre opere. Da ciò risulta, in molte pagine, una marcata polisemia: al senso più evidente di un’affermazione corrisponde sovente, in virtù di laboriosi intarsi, un significato più recondito, accessibile solo a chi sappia individuare la provenienza del lessico di cui Nietzsche si serve” (A. Orsucci, La Genealogia della morale di Nietzsche, Carocci, Roma, 2001, p. 39). Inizio il mio intervento con questa citazione perché spero che essa, sia pur in breve, possa contribuire a chiarire qual è il lavoro dei filologi: impegnati nello studio e nella ricostruzione non solo di ciò che Nietzsche ha scritto, ma anche di ciò che Nietzsche ha letto, non credo che abbiano il tempo né la voglia di mettersi a fare i salvatori di “capre e cavoli”! Del resto prova a leggere qualcuno dei saggi che ho citato: scoprirai (ma sono certo che tu lo sappia) che fare ricerca su Nietzsche non è “facile” come dici. Con questo non sto sostenendo, ovviamente, che la letteratura teoretico-ermeneutica non abbia peso; anzi, essa costituisce un importante stimolo e punto di riferimento: senza il Nietzsche di Heidegger saremmo certamente più poveri. Però per habitus e formazione ritengo che tutto, in filosofia, vada discusso argomentando e documentando quanto si afferma; anzi, mio intento forse, oltre quello di una sollecitazione specifica sul tema della volontà di potenza, era suggerire una pista, un metodo, un approccio che purtroppo spesso al di fuori degli ambiti specialistici è del tutto ignorato. Cambiando tema e per concludere, sarai consapevole più di me che il tuo argomento logico non è sostenibile: ma accetto la tua provocazione e mi permetto dunque, sia pur per puro gusto della discussione e senza alcuna presunzione, di respingerlo. Sostieni che “coll'introduzione della VdP si vuole trovare un principio sostanzialmente unico e comune, altrimenti non ha senso neanche introdurlo”. Andiamo a vedere cosa succede se traduciamo questa proposizione del linguaggio ordinario nei termini di quella che in logica è definita implicazione: “Se ha senso introdurre il concetto di Vdp, allora vuol dire che con esso si vuole trovare un principio unico”. Come si vede bene, questa implicazione rivela solo una persuasione (come tale indimostrata), ma fallisce nell’obiettivo di dimostrare che quello di volontà di potenza è un principio unico.
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messagio Jun 24 2008, 08:32 AM
Messaggio #19


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Hey ragazzi mi sono connesso poco fa dopo alcuni giorni,
per ora ho dato uno sguardo generale agli ultimi inetrventi
su questo topic, poi leggerò il tutto con calma, ma la mia
constatazione immediata è che noi - del forum - quando
vogliamo possiamo sviluppare un volume di fuoco - argo-
mentativo, si intende - non trascurabile.
Dobbiamo continuare così, perbacco!!|


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messagio Jun 24 2008, 10:13 AM
Messaggio #20


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CITAZIONE(Joseph de Silentio @ Jun 24 2008, 06:47 AM) *
“Per giungere alla versione definitiva dei suoi testi, Nietzsche svolge un paziente lavoro di assemblaggio dei materiali più diversi, vi inserisce un giuoco di continui riferimenti, mai dichiarati esplicitamente, ad altri autori e ad altre opere. Da ciò risulta, in molte pagine, una marcata polisemia: al senso più evidente di un’affermazione corrisponde sovente, in virtù di laboriosi intarsi, un significato più recondito, accessibile solo a chi sappia individuare la provenienza del lessico di cui Nietzsche si serve” (A. Orsucci, La Genealogia della morale di Nietzsche, Carocci, Roma, 2001, p. 39). Inizio il mio intervento con questa citazione perché spero che essa, sia pur in breve, possa contribuire a chiarire qual è il lavoro dei filologi: impegnati nello studio e nella ricostruzione non solo di ciò che Nietzsche ha scritto, ma anche di ciò che Nietzsche ha letto, non credo che abbiano il tempo né la voglia di mettersi a fare i salvatori di “capre e cavoli”! Del resto prova a leggere qualcuno dei saggi che ho citato: scoprirai (ma sono certo che tu lo sappia) che fare ricerca su Nietzsche non è “facile” come dici. Con questo non sto sostenendo, ovviamente, che la letteratura teoretico-ermeneutica non abbia peso; anzi, essa costituisce un importante stimolo e punto di riferimento: senza il Nietzsche di Heidegger saremmo certamente più poveri. Però per habitus e formazione ritengo che tutto, in filosofia, vada discusso argomentando e documentando quanto si afferma; anzi, mio intento forse, oltre quello di una sollecitazione specifica sul tema della volontà di potenza, era suggerire una pista, un metodo, un approccio che purtroppo spesso al di fuori degli ambiti specialistici è del tutto ignorato. Cambiando tema e per concludere, sarai consapevole più di me che il tuo argomento logico non è sostenibile: ma accetto la tua provocazione e mi permetto dunque, sia pur per puro gusto della discussione e senza alcuna presunzione, di respingerlo. Sostieni che “coll'introduzione della VdP si vuole trovare un principio sostanzialmente unico e comune, altrimenti non ha senso neanche introdurlo”. Andiamo a vedere cosa succede se traduciamo questa proposizione del linguaggio ordinario nei termini di quella che in logica è definita implicazione: “Se ha senso introdurre il concetto di Vdp, allora vuol dire che con esso si vuole trovare un principio unico”. Come si vede bene, questa implicazione rivela solo una persuasione (come tale indimostrata), ma fallisce nell’obiettivo di dimostrare che quello di volontà di potenza è un principio unico.

E' vero che la connessione teoretica fra la concezione spinoziana di Dio - come "potenza infinita" autoriproducentesi in perpetuo -
e il WzM nicciano è palese, con la differenza che secondo N. gli enti non promanano da Dio e non sono interrelati da una "rete" causale
che si dipiega in conformità ad un rigido Nòmos meccanicistico, ma si reggono "di per sè" in base al quanto di potenza che riescono ad irradiare.
Il punto focale secondo me è tuttavia un altro, e cioè - qui concordo in pieno con Joseph - se siamo arrivati a capire in primo luogo se Nietzsche
intendeva "metafisicizzare questo concetto" oppure, applicando il suo procedimento teoretico "sperimentale" prospettivistico scandagliarlo sempre più
a fondo, portando intanto alla luce quelle pagliuzze d'oro che era riuscito a tirare fuori.
In secondo luogo è molto probabile , se non quasi certo, che N. per evidenti ragioni non ha portato a fondo questo suo pensiero capitale
- se non ricordo male Heidegger sostiene che, per così dire, non lo ha pensato nella sua giusta luce - dall'angolo visuale della storia del pensiero
teoretico occidentale -.
L'argomentazione di Sgub è apodittica - il senso della Vdp è subordinato alla condizione che essa esprima un principio unico -, di tenore
quasi aristotelico, non v'è nè implicazione nè biunivocità.
Ma sapevamo che Sgub dà molto rilievo alla "intuizione trascendentale". laugh.gif


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