Nietzsche e Heidegger |
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Nietzsche e Heidegger |
May 4 2009, 08:49 PM
Messaggio
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 754 Iscritto il: 15-May 08 Utente Nr.: 2,728 |
Tento (con fatica) di riaprire qualche questione importante.
Probabilmente questi due sono i due filosofi più importanti, o comunque influenti, degli ultimi 150 anni, e nelle similitudini e differenze fra questi due si sono articolati molti dei pensieri originali del novecento (lasciando stare i neokantismi e gli analitici...). Dato che oltretutto Heidegger è l'unico pensatore che abbia seriamente inquadrato nietzsche, pensandolo profondamente e capendolo anche con spirito critico (anche con troppo spirito critico) è indubbiamente cruciale analizzare il confronto fra questi due. Continuo con un parere personale, elaborato solo dalla lettura dei due e di altri filosofi che bazzicano questo genere di pensieri (Vattimo, Deleuze, ecc...) e che è per cui del tutto aperto e suscettibile di errori. Mi pare che Heidegger parta subito con un forte distacco da Nietzsche, con una vera e propria ossessione di neutralizzarlo, di renderlo aproblematico accorpandolo alla "storia della metafisica". Sicuramente in questo gli viene in aiuto tutta la componente "positivista" che porta nietzsche dalla lettura di schopenhauer allo zarathustra, e soprattutto l'elaborazione del pensiero "tutto è volontà di potenza e niente altro" o più in genere l'enfasi per la "vita" come metro ultimo del porre valori. Ma nell'ultimo nietzsche (parte dello zarathustra, ecce homo e i ditirambi dioniso) la questione della morale, del rovesciamento del platonismo ecc... passa decisamente in secondo piano a poco a poco, tanto che il superuomo che emerge non può essere più ricondotto soltanto alla "metafisica dei valori" (come heidegger chiama la filosofia di nietzsche). Una parte fondamentale è giocata dalla questione del soggetto che si tramuta in maschera. Tutta l'analisi della metafisica di Heidegger si basa fortemente sull'idea che un soggetto (teso da un'equivalente della volontà di potenza che varia tanti nomi) si appropri dell'ente, e Nietzsche porta così all'estremo quest'idea da distruggere del tutto il rimasuglio sistemico di soggetto/oggetto e con questo è del tutto inassimilabile alla domanda guida "che cosa è l'ente". Certo non ci sarà mai in Nietzsche la differenza ontologica, ma di fatto c'è l'intuizione di quel percorso incerto in un fondamento più radicale di tutte le parole della tradizione di fissazione dell'ente. A riguardo si può prendere proprio un pezzo dai Contributi alla filosofia (dall'evento), di Heidegger: <<Un possibile, anzi il possibile in generale, si apre solo al tentativo. Il tentativo deve essere permetato da una volontà anticipatrice. La volontà, inquanto porsi oltre se stessi sta in un essere oltre-di-sé. Questo stato è l'originaria concessione del gioco dello spazio-tempo in cui viene a ergersi l'Essere: l'esser-ci. Esso è essenzialmente come azzardo (Wagnis). E solo nell'azzardo l'uomo raggiunge l'ambito della de-cisione. E solo nell'azzardo egli è in grado di ponderare. Il fatto che l'essere sia e non diventi perciò un ente si esprime nella maniera più netta in quanto segue: l'Essere è possibilità, ciò che non è mai lì presente, eppure, nel rifiuto mediante l'evento-appropriazione, sempre concede e nega.>> Ora senza entrare in questioni di ontologia fondamentale o di parole heideggeriane mi pare che questo passo trasudi del miglior nietzsche, cioè del nietzsche che realmente non si cura più delle genealogie morali e degli anticristi. Che poi al posto della volontà di volontà, del volere oltre se stessi, si usi la parola "Da-sein" o che si legga l'azzardo come essenziale velarsi dell'essere anzichè come falsità insita nella maschera... non vedo differenze così importanti. Addirittura azzardo da Ruhm und Ewigkeit: <<Höchstes Gestirn des Seins! Ewiger Bildwerke Tafel! Du kommst zu mir? - Was Keiner erschaut hat, deine stumme Schönheit, - wie? sie flieht vor meinen Blicken nicht? [...] Höchstes Gestirn des Seins! - das kein Wunsch erreicht, das kein Nein befleckt, ewiges Ja des Sein's, ewig bin ich dein Ja: denn ich liebe dich, oh Ewigkeit! - ->> <<Supremo astro dell’essere! Tavola di eterne immagini! Tu vieni a me? – Ciò che nessuno ha scorto, la tua muta bellezza, - come? non fugge essa dinanzi ai miei sguardi? [...] Supremo astro dell’essere! - che nessun desiderio raggiunge, che nessuno imbratta, eterno si dell’essere, eternamente sono io il tuo si: perché io ti amo, oh eternità! –>> PS: aggiungo per completare il discorsetto che non c'è divergenza fra i due per quanto riguarda necessità/possibilità, infatti entrambe convergono nella locuzione che si trova in heidegger di "necessità dell'assenza di necessità" che traduce la possibilità in una necessità (negativa). Anche la necessità che appartiene al superuomo è di questo stampo, cioè una possibilità (potenza) necessitata nell'eterno ritorno e nell'Amor Fati. Deleuze riprende la cosa con la bella immagine del lancio dei dadi, ed eventualmente si può tirare dentro nel discorso anche il celebre detto di Eraclito sull'Aion regno di un fanciullo che gioca come elemento di transizione e contatto. -------------------- "Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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Jul 2 2009, 01:50 PM
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 754 Iscritto il: 15-May 08 Utente Nr.: 2,728 |
Si si capisco molto bene cosa intendi, certamente per avere un ottica davvero completa è necessario in primis moltiplicare i punti di vista per tentare di trovare cosa possa trascendere l'interpretazione (o semplicemente formarne una più completa) e insieme sarebbe ideale anche approcciarsi sia filologicamente che speculativamente.
Purtroppo per questo bisogna essere professionisti e avere a disposizione molti testi! Ti posso assicurare che ho tentato di cercare il libro di D'Iorio che sembra molto interessante, anche in francese, e non è affatto facile da reperire! Certamente qui si parla più che altro di Deleuze ed Heidegger, e solo in riferimento a questi si può riferirsi all'ispirazione nietzschiana. Quello che mi ha sempre incuriosito peraltro nell'ambito dell'ermeneutica di Nietzsche è quella sostanziale contraddizione (ad esempio lo Jaspers ne parla diffusamente con molti esempi in un suo saggio) che sembra convivere nei suoi scritti e che in qualche modo alimenta di continuo e mantiene vivo il suo pensiero (Deleuze parla di paradossi e contraddizioni come pathos della filosofia). Per esempio l'eterno ritorno -dell'uguale- si trova in una certa incompossibilità con il disprezzo per l'opera (in tutti i sensi, quello che Derrida chiama scrittura) come forma fissa. Io credo che sopravviva fino nel tardo Nietzsche per farla breve l'idea che qualcosa di apollineo debba coniugarsi col dionisiaco, eppure progressivamente questo apollineo scompare. Qui si creano dei dubbi che col riferimento dei soli testi nietzschiani non possono essere sciolti ed è perciò inafferrabile il "vero" Nietzsche (intendevo questo con epochè non tanto una velleità ermeneutica ideale) perchè lui stesso ha più facce. La speculazione entra in gioco qui, inevitabilmente staccandosi dal pensato storico per muoversi verso l'avvenire dei problemi sollevati. Tornando alla questione Heidegger io non penso che sia oggi caduta la "necessità" di considerare le critiche di Heidegger. Il problema da speculativo ricade poi in tutti i campi (dell'etica e dell'estetica principalmente). Riprendo qui la contraddizione che ho segnalato nel paragrafo precedente: da una parte "la volontà di potenza come arte", cioè ancora uno sforzo eternizzante del soggetto che ha perso la verità e santifica il falso facendone una nuova certezza (di fatto H. legge così Nietzsche e non senza ragioni), dall'altra la dissoluzione del soggetto (autore dell'opera) quale si legge nello Zarathustra e in tutti gli ultimi scritti (per esempio il concetto dell'es denkt che ha una portata colossale e che Heidegger ignora del tutto). Deleuze complica enormemente le cose perchè poi lui ha una sua idea della filosofia molto "pratica", da fabbro quasi, e crea un proliferare di concetti e di giurisprudenza filosofica interminabile, per cui si può anche lasciarlo da parte nelle sue peculiarità, mantenendo solo l'istanza problematica che ha presentato contro la riduzione heideggeriana di N. ad un metafisco. Il problema ritorna alla fine alle solite questioni di questi topic: immanenza/trascendenza, soggetto?, apollineo ed opera d'arte?, il problema dell'essere ecc... queste mi pare siano questioni aperte in Nietzsche e che anche abbandonando la terminologia deleuziana si possono portare avanti "contro" Heidegger. Soprattutto considerando l'ultimo Nietzsche, quello che tende ai Ditirambi di Dioniso. Heidegger ha commesso un solo grande crimine: deproblematizzare Nietzsche. -------------------- "Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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