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noluntas Inviato il: Jan 11 2008, 03:08 PM


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CITAZIONE(NIHILO @ Jan 10 2008, 10:22 AM) *
Benvenuto noluntas, ottimo esordio.
Presumo che tu apprezzi anche la dottrina buddhista.


Non c'è dubbio!
Sto giust'appunto leggendo alcuni libri del Dalai Lama, acquistati in occasione della sua visita qui a Milano il mese scorso (occasione, che non mi sono lasciato scappare, naturalmente, presenziando alle sue interessantissime lezioni!).
Le analogie con la filosofia di Schopenhauer si sprecano e ciò è puntualizzato dallo stesso filosofo nel volumetto "Il mio oriente" (Adelphi), che raccoglie i manoscritti vari del meister, con citazioni puntuali nel merito del raffronto tra le varie fedi religiose (orientali e occidentali): una miniera d'oro!
Segnalo la lettura di questo agile pamphlet a te e a tutti quanti.
Grazie dell'accoglienza e degli apprezzamenti!

P.S. Complimenti per la scelta del tuo nick! A cosa lo si deve, per caso?
Pensa che è da un po' che medito di raggruppare i miei "scarabocchi" filosofici sparsi, nell'ambito di una raccolta che intendo intitolare proprio "Pro nihilo": il che ti rende ai miei occhi automaticamente gradito..
  Forum: Filosofi e Filosofie · Anteprima Messaggio: #4012 · Risposte: 17 · Visite: 94,892

noluntas Inviato il: Jan 11 2008, 02:54 PM


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CITAZIONE(Stirner @ Jan 9 2008, 03:56 PM) *
ciao noluntas, grazie per la lunga e completa risposta. Ma non ho ancora capito un esmpio pratico: immagina che tu e un altra persona state guardando una mela, l'altra persona muore. La mela continua ad esistere o cessa di esistere? Essa esisteva nel mondo dell'altra persona solo perchè sussisteva un soggetto conoscente, ma dal momento che è venuto meno dovrebbe cessare di esistere anche la mela...capito il dilemma?
Quando io muoio cesserà di esistere tutta l'umanità?

Schop. è un filosofo molto interessante però la critica fatta da Nietzsche al suo concetto di volontà è pertinente: la Volontà di Schop. è qualcosa di assurdo, in quando non può sussistere una "Volontà" senza voluto(la volontà schopenhaueriana non vuole qualcosa di preciso) e senza volente(soggetto che vuole), in quanto queste due proprietà sono inseparabili dal concetto di Volontà.

Meglio la Volontà di Potenza di Nietzsche tongue.gif tongue.gif

risp appena puoi....



La mela cessa di esistere DAL TUO PUNTO DI VISTA, quindi anche fattivamente, poichè il problema è puramente gnoseologico e soggettivo, ovvero è come se la mela smettesse di esistere tout court.
Ciò che conta alla fine è che smetta di esistere per te, in quanto sei impossibilitato a percepirla: ergo, essa per te non esiste più, pur continuando a sussistere nella rappresentazione di qualcun'altro che la scorgerà. Ma essa non sarà più la "tua" mela, concepita cioè secondo la tua visione (difatti, uno che ne è allergico, avrà una prospettiva differente da un altro che ne è ghiotto; eppure la mela è sempre la medesima..)
Ricorda che non esistono le categorie di esistenza/non esistenza in sè, quindi in senso stretto, ma solo da un punto di vista SOGGETTIVO e, pertanto, relativo.
Si può concludere che anche la mela cesserà di esistere con te, in quanto con te perirà anche il tuo "modus" esclusivo di percezione e quindi la tua univoca modalità di rapportarti agli oggetti.
In virtù di ciò, Schopenhauer era convinto, pur paradossalmente, che, morto il soggetto, anche il mondo cessasse di esistere insieme ad esso, a conferma della natura illusoria dei fenomeni, cioè legati ad una percezione che è effimera come un sogno e come il soggetto stesso che la sperimenta (che infatti muore).
Da qui il collegamento con le religioni orientali per quel che attiene il problema della conoscenza (il buddismo afferma che anche l'io è privo di una sua consistenza, o meglio, che il soggetto scopre la sua essenza nel concetto di vacuità - simile alla noluntas - cioè nella perfetta coscienza meditativa che le cose siano prive di una loro autonomia esistenziale). Insomma vita=sogno: questa è la formula sintetica che induce poi lo stesso Schopenhauer, nel primo libro de "Il mondo come v. e r.", ad affermare che "vita e sogno sono fogli di uno stesso libro(...)".

Sulla dinamica volere/non volere, riconosco che è un problema ostico da concettualizzare (e Schopenhauer vi dedica l'intero libro quarto con parte dei supplementi).
La mia interpretazione è la seguente: il non volere tout court, va da sè, è utopico, sia logicamente, sia empiricamente. Si tratta, dunque, di utilizzare la volontà contro se stessa: il punto è VOLERE DI NON VOLERE. Mi spiego.
Si consideri che la volontà si serve per manifestarsi della mediazione dell'intelletto (che le fornisce i cosiddetti motivi per agire), che, però, le è naturalmente succube (così afferma il meister). Tale vaglio (quello dell'intelletto), può giungere a razionalizzare il fatto che taluni oggetti, propri della volontà inconscia, siano, o insormontabili, o addirittura sconvenienti e, di conseguenza, dissociarsene. Guarda, per esempio, alla dinamica della rinuncia (non necessariamente morale)
Proprio nel momento stesso in cui l'intelletto realizza di essere massimamente schiavo del volere irrazionale (quindi al culmine della sua sudditanza), si ha il principio della sua emancipazione.
Quest'ultima, dice Schopenhauer, avviene per gradi (suicidio, contemplazione estetica, castità e ascesi): il suicidio rifiuta la vita (cioè le sue condizioni contingenti), ma non il desiderio di vivere, ergo è irrisolutivo; l'arte (contemplazione estetica) è conoscenza pura, cioè senza implicazioni finalistiche, quindi è il momento in cui l'intelletto nega alla volontà i motivi per manifestarsi ed agire; la castità è rifiuto della sessualità come strumento di procreazione e quindi perpetuazione della vita (e del suo volere, ad essa connesso) a livello generazionale; l'ascesi (vita monacale, per intenderci) è rinuncia radicale dell'esistente, persino sconfinante nell'inedia perseguita (cioè il dominio della fame che normalmente porta al nutrimento del corpo, il quale è a sua volta oggettivazione fenomenica della volontà e quindi ricettacolo dei suoi istinti).
Questo spiega perchè Nietzsche rinnega Schopenhauer, bollandolo come "l'ultimo baluardo del decadentismo cristiano"; ciò detto, non mi sembra che Nietzsche abbia però fatto una fine migliore del suo antico maestro, ma su questo ho invero tutta una mia teoria, che, se interessa, esporrò a momento debito...

Mi è finita la pausa pranzo.. Mi riprometto di integrare la risposta durante il week-end (viva i venerdì), adducendo le ragioni del perchè io non mi senta, a differenza tua, di accettare la svolta della Wille zur Macht!

Grazie dell'attenzione e a risentirci!
  Forum: Filosofi e Filosofie · Anteprima Messaggio: #4011 · Risposte: 17 · Visite: 94,892

noluntas Inviato il: Jan 8 2008, 10:25 PM


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CITAZIONE(Stirner @ Nov 10 2007, 05:57 PM) *
Sapendo che Nietzsche lesse in gioventù l'opera principale di Schopenhauer, il mondo come volontà e rappresentazione, mi sono affrettato a comprarlo ed ora lo sto leggendo e devo dire che lo trovo molto interessante, anche se non capisco una cosa.

Schopenhauer dice: il mondo è una mia rappresentazione.

Egli critica il realismo affermando che per esso esistono degli oggetti indipendeti dal soggetto e che sono le cause ed il soggetto è colui che percepisce gli effetti. Dunque il realismo ed il materialismo partono dall'oggetto trascurando il soggetto.
Schop. critica anche la visione opposta, quella fichtiana cioè che il soggetto è la causa degli oggetti.
Schop. dice che lui non parte nè dal soggetto nè dall'oggetto; ma dalla RAPPRESENTAZIONE.

Volevo chiedere: ma se tutto esiste UNICAMENTE perchè il soggetto rappresenta allora non è come dire(un pò come fichte) che il soggetto è l'origine del mondo e quindi degli oggetti. Se senza il soggetto crolla il mondo allora esso ne era la causa...AIUTATEMI, questo problema mi martella di continuo!!!!

grazie ciao



Esordisco in questo forum rispondendoti più che volentieri, anche alla luce del fatto che sono un entusiasta cultore di Schopenhauer (come testimoniato anche dal nickname), oltre che fresco di lettura de "Il mondo come volontà e rappresentazione".
Il tuo quesito è assai pertinente, ma anche risolvibile nella siffatta maniera: l'Io fichitiano altro non è che lo Spirito del mondo di Hegel, quindi una sorta di logos creatore (ed auto-creatore), che ha nel mondo la sua immanenza contingente (detta Non io o antitesi). Quindi l'Io di Fichte è a tutti gli effetti ciò da cui il mondo fattivamente e concretamente dipende.
Tale concretezza nella filosofia di Schopenhauer non sussiste, poichè il mondo non esiste in sè, ma solo nell'idealità, quindi nell'intelletto del soggetto che lo percepisce attraverso il principium individuationis (spazio e tempo e causalità); tant'è che si pone il paradosso che in assenza del soggetto, anche l'oggetto viene meno, essendo il secondo legato a doppio filo con il primo: "Non esiste il sole, ma solo l'occhio che lo percepisce, non la terra, ma solo una mano che la tocca".
L'io fichtiano rappresenta dunque l'essenza del tutto, se vogliamo, la cosa in sè di Kant (e dello stesso Schopenhauer), che però per gli hegeliani è manifesta, mentre per gli ultimi due rimane inconoscibile; il soggetto di Schopenhauer NON è un creatore (come si può creare ciò che non ha un'autonomia in sè, come il mondo, che è anch'esso pura rappresentazione?): anche per questo il nostro rigetta le religioni teistiche (e non soltanto per il loro risvolto ottimistico, quindi metafisico, ma anche per questa elementare ragione teoretica..). L'essere umano per Schopenhauer è esso stesso parte della rappresentazione, ma a sua volta rappresentante solo in virtù del fatto che egli incarna il massimo grado dell'oggettivazione della volontà (difatti ha la ragione per formulare concetti astratti e connessioni logiche, preclusa agli altri esseri viventi). L'uomo non crea, ma si limita a constatare ciò che vede e di cui riconosce la medesima essenza che è quella stessa a lui peculiare, cioè volontà di vivere (tant'è che il suo punto di partenza è l'esperienza personale, cioè l'osservazione del suo corpo in quanto fenomeno primo e più complesso della volontà che sia presente in natura).
Io mi ero chiesto, piuttosto, ai primordi del mio studio se mai la Volontà schopenhaueriana ricalcasse la medesima valenza panteistica dell'Idea hegeliana, proprio per il fatto che, se proprio deve sussistere un fattore che si avvicina alla nozione di "creatore", questa è proprio la volontà.
Ebbene ciò è da escludere almeno per 4 semplici motivi:
1- la volontà per Schopenhauer è libera e senza scopo; l'Idea di Hegel è soggetta alla necessità e si manifesta solo ed esclusivamente in maniera traidica (in sè; per sè; in sè e per sè. Per Fichte: Io; non Io; sintesi tra Io e Non io): il suo scopo è l'autocoscienza.
2- Schopenhauer rigetta lo storicismo (Nietzsche mutuerà da lui il concetto di "eterno ritorno dell'uguale"), in quanto lo scenario della storia è il medesimo: homo homini lupus, il quale si ripropone anche in natura con la volontà che addirittura fagocita se stessa ai diversi livelli della sua oggettivazione (es: l'animale che si nutre di un altro animale); per Hegel la storia è lo scenario dello Spirito del mondo che giunge al compimento del suo percorso ideale, che è poi quello di riconoscersi e di concepirsi come tale.
3- In Schopenhauer permane la distinzione fenomeno/noumeno, ereditata da Kant; in Hegel non sussiste, poichè l'Idea non è solo l'essenza del mondo (come lo è la volontà di Schopenhauer: "impeto cieco e irrefrenabile"), ma il mondo stesso.
4- il sistema idealistico è intrinsecamente positivo, mentre la weltanschaaung schopenhaueriana è radicalmente negativa. La sua risoluzione non è già scritta, come in Hegel, in cui solo e sempre opera l'Idea in sè e per sè, ma è atto del soggetto che si emancipa dalla volontà in un processo graduale di rinnegamento di quest'ultima, che ha il suo apice nell'ascesi e quindi nella Nolontà (cioè non volontà di vivere).
Tieni presente che Schopenhauer non rinnega solo realismo e materialismo (cioè l'oggetto con una sua propria autonomia slegata dal soggetto), in quanto correlati, ma anche l'idealismo stesso (cioè la sola presenza del soggetto che nega l'oggetto, o che diviene a sua volta oggetto stesso), criticando aspramente, parimenti a Hegel, lo stesso Fichte (definito con Schelling uno dei tre ciarlatani, sicari della verità!)
Spero di essere stato sufficientemente chiaro e sintetico! In ogni caso, rimango a disposizione.
Saluti e alla prossima!
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