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> IL POETA E' UN FUORI DI ZUCCA?
Mauro
messagio Oct 28 2009, 05:35 PM
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IL POETA E’ UN FUORI-DI- ZUCCA?-LA PEDAGOGIA CREATIVA DEI GRECI E DI NIETZSCHE-

Una delle prime descrizioni del poeta, nella storia dell’umanità, la troviamo nel dialogo giovanile di Platone, lo “Ione”.
“Infatti, cosa lieve, alata e sacra è il poeta, e incapace di poetare, se prima non sia ispirato dal dio e non sia FUORI DI SENNO, e se la mente non sia interamente rapita.
Finchè rimane in possesso della sua facoltà razionale, nessun uomo sa poetare o profetizzare”.

Anni fa, il grande batterista- e cabarettista- della P.F.M., Franz di Cioccio, usava una divertente espressione diventata proverbiale: ”Out of the zucca”, FUORI DI MELONE.
Nella nostra cultura occidentale, il poeta è soggetto ad alcuni devastanti luoghi comuni, derivati da una perversa interpretazione di quell’antico testo greco, sopracitato.
1) IL POETA E’ UN PAZZO, UN “FUORI COME UN BALCONE”.
Mi fa una rabbia constatare che molte persone conoscano una sola poetessa italiana: Alda Merini.
Mentre noi poetici amiamo la grande Alda, capace di voli ardenti ed estasi erotiche sopraffine, questi antropoidi mi parlano della Merini che fuma una sigaretta via l’altra e, con compiaciuta ipocrisia, delle sue orribili esperienze nei reparti psichiatrici.
Che pena!Chi è più folle di questi sedicenti”realisti”?
2)IL POETA DIVENTA CELEBRE SOLO QUANDO E’ MORTO.
Amiche e amici cari, restiamo sempre anonimi, per carità! Io mi tocco, e vi consiglio, fatevi il ritocco!
Questi funerei interlocutori, grandi esperti della Famiglia Addams, li chiamo “gli addetti alle pompe funebri” e ho detto tutto.
3)IL POETA E’ UN TOSSICO E CAMPA POCO.
E qui si finisce sempre per parlare, invariabilmente, di Arthur Rimbaud e Jim Morrison, anche loro ridotti a stereotipi senza senso.
Tutto deriva dalla celeberrima lettera di A.R., detta del “Veggente”.
“Il Poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato deragliamento di tutti i sensi”,in cui il ragazzo prodigio Arthur si rià allo Ione, già letto a 15 anni!
Quali sostanze chimiche e quali abusi del proprio corpo, abbiano adoperato i nostri venerati e geniali Jim e Arthur, per questo fine, lo sapete tutti.
Sono stati affari loro, il moralista lo faccio per le tante cazzate che ho fatto nella mia, di vita.
Parliamo di concezioni poetiche piuttosto; io seguo, invece, l’antica pedagogia creativa greca.
Essere fuori di zucca vuol dire essere ENTUSIASTI.
Per i greci l’entusiasmo è una “possessione divina” che sottrae il poeta alle menate della vita quotidiana, alla tediosa scansione del tempo lineare, per portarlo in quella condizione tipica di chi ha in sé UN DIO ( EN-THEOS).
Nell’entusiasmo, infatti, non canta più il poeta ma IL DIO CHE LO ABITA, ed è in questo stato emotivo che nasce l’EPOPTEIA, la visione creativa che vola al di là d’ogni compromesso familiare e sociale, d’ogni grettezza materiale in stile “do ut des”.
Questa visione “al di sopra” del contingente e del finalizzato, questo rapporto speciale col dio, esige il sacrificio dell’Ego.
La vista superiore, ”l’EPOPTEIA”, ha la sua contropartita nella cecità per le cose prosaiche e pragmatiche della vita.

Questo indica l’espressione “FUORI DI SENNO”: il distacco che si crea tra l’Io e la cosiddetta “realtà” quotidiana.
Per questo i Greci raccomandavano ai poeti l’equilibrio e la misura, -nulla di troppo-, la misura e la consapevolezza-conosci te stesso-.
Proprio il contrario dell’assenzio e delle pasticche di L.S.D.
Arthur e Jim hanno confuso la gioia spontanea e naturale con l’ebbrezza chimica e materiale.
I Greci non andavano “fuori di melone” con le canne e gli sniffi, ma con stimoli naturali.
Praticavano del movimento fisico e si sceglievano dei luoghi incantevoli, vicino al mare, per vivere.
Abitavano in un clima mediterraneo, temperato e mite, poco ventilato.
Adottavano una dieta frugale, ricca di frutta e verdura, e suddividevano le ore della propria giornata in modo da ricavarne più luce ed energia possibile –in piedi presto, a letto con le galline-.
Il vino l’annacquavano e avevano un culto particolare per la fresca acqua delle fontane, chiamate Ninfe.
In parole povere: un giardino fiorito, con alberi da frutta, prospiciente al mare, fichi, un po’ di pane e di formaggio, in più tre o quattro amici bendisposti al dialogo e al sorriso.
Questa era la loro ricetta per andare “FUORI DI ZUCCA”.
Questo era il metodo che conduceva al sacro Entusiasmo.
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Sgubonius
messagio Oct 30 2009, 02:36 AM
Messaggio #2


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Beh Rimbaud non è soltanto quello, non è Jim Morrison!
C'è per esempio questa famosa frasetta (tratta sempre dal veggente) che mostra in che senso lo "enthousiasmos" sia del tutto slegato dal misero problema della norma di vita o in generale della prassi:

"Perché Io sono un altro. Se il rame si sveglia tromba, egli non ne ha nessuna colpa. Questo mi pare evidente: assisto allo sbocciare del mio pensiero: lo guardo, l'ascolto: dò un colpo d'archetto: la sinfonia si sommuove nel profondo, o salta fuori sulla scena."

(fra l'altro il "Je est un autre" si ritrova pari pari nella Gaia Scienza, aforisma 307)

Non si tratta di andare fuori di zucca, ma di entrarci, di stare danzando nell'intervallo che è il pensiero, che è l'illusione dell'io agente tutta ancora da smascherare. Si assiste soltanto allo sbocciare del pensiero, Nietzsche nell'aldilà del bene del male diceva "Es denkt", esso pensa, ed è proprio la stessa cosa.
La dieta, l'amico, i bioritmi, tanto quanto la droga all'estremo opposto non appartengono al poeta, quantomeno non nelle forme tradizionali che ne fanno una questione regolativa o sregolativa. Uscire dalla regola non può mai essere opporsi ad essa, altrimenti si è nella dialettica che Hegel ha insegnato benissimo è una falsa opposizione che alimenta soltanto il proprio nemico. Bisogna ancora andare fuori dai modi, da sè, dalla misura (tanto usata in termini positivi che negativi, perchè la misura è il valore, e qui è richiesto l'aldilà del bene e del male).

"Così si può dire effettivamente qualcosa a favore dell'eccezione, supposto che non voglia mai diventare regola."

Fare del proprio corpo un esperimento, ecco, questo è l'importante, un esperimento a cui si "assiste" soltanto come allo sbocciare di un fiore seguendo la metafora di Rimbaud (su questo Deleuze è interessantissimo, il suo concetto di corpo-senza-organi include tanto la droga come esperimento quanto come linea di morte anti-creativa, e in fondo, mi affido qui all'opinione di Federico Fellini non avendo io mai provato l'LSD!!, per un artista abituato alla sua stella danzante, la psichedelia è una cosa molto deludente). Nella Gaia Scienza è lo stesso Nietzsche a fornire delle indicazioni, quando parla di abitudini ma a tempo determinato, vero e proprio gioco fra il regolato e lo sregolato, ovvero fuor d'ogni regolazione: si ripete per differire, si ritorna eternamente in quanto volontà di potenza. La danza poetica, con le rime e le metafore, non è che questo medesimo gioco sotto forma di scrittura. Richiudendo il cerchio è quindi evidente che si deve prima essere (sempre dalla gaia scienza) "poeti della propria vita" (cioè creatori di essa, sempre nell'ambito dell'assistere) senza mai "conoscere sè stessi", non c'è conoscere sè stessi quando io è un altro, quando l'io è creazione di ripetizione! Lo Jone è decisamente uno dei punti più evidenti dell'idiosincrasia di Platone per il poetico così come lo intende Nietzsche e più in generale della distanza incolmabile fra i due.


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Mauro
messagio Oct 31 2009, 09:12 AM
Messaggio #3


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Caro Sgub, ti ringrazio per i tuoi commenti, come al solito, penetranti come il Serpente e fieri e possenti come l'Aquila. Perdona l'omaggio agli animali totemici del nostro bel sito, non è solo retorica!
Volevo conoscere il tuo parere su questa questione:non ti sembra che la divina mania, non sia una teoria originale di Platone, ma una sua divulgazione di culti divini antecedenti,tra cui senz'altro quelli dionisiaci?
Platone mi sembra interessante quando inventa i suoi miti e quando appunto, ci dà notizie del pensiero mistico dei suoi presursori.
Le quattro forme di mania , non sono altrettanti quattro templi che nascondono le sacre effigi di quattro dei?
Si è sempre detto che Platone , più che rivelare ,nasconde delle correnti mistiche greche originarie.
QUal'è il tuo pensiero,a proposito?Ci sono libri interessanti da consultare sull'argomento?
Sarebbe interessante sviluppare poi, il rapporto tra Nice e la mania sacra...a me sembra che lui ci penvava ogni giorno della sua vita...quando dice "vengo dal mito e vado al mito..." ciao!
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Sgubonius
messagio Nov 1 2009, 01:57 AM
Messaggio #4


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Boh io non ne so assolutamente nulla! tongue.gif

Lessi lo Jone qualche settimana fa e di quello ricordo qualcosa giusto per questo, e diciamo che la struttura del dialogo è molto precisa e non lascia tanto all'interpretazione, praticamente sostiene che l'artista parla di cose che non conosce, e perciò o è un millantatore, o è ispirato da qualcuno d'altro che le conosce (un dio).
Il problema è molto poco mistico, è un problema di technè (arte nel senso di tecnica), e di scongiurare il rischio dei "simulacri" (imitazioni fuori dalla scienza del modello, tipiche dell'arte creativa, poiesis?, e non solo rappresentativa). Per fare un tavolo io devo conoscere molto bene i tavoli, per narrare della guerra di Troia io dovrei conoscere molto bene la guerra di Troia. Dato che Omero non aveva questa scienza, la sua doveva essere una ispirazione divina, e non sarà una technè.
Dietro questa ispirazione si nasconde però l'inganno, dato che l'uomo estetico si commuove senza averne motivo per pura finzione scenica o retorica. Su Platone è stato detto penso di tutto, ma almeno per il poco che ho avuto modo di incontrare io la sua comunanza con Nietzsche è pari a zero, sono proprio i due opposti. Mentre Nietzsche sguazza nel mythos, direttamente e in prima persona ("io sono il tuo labirinto" non è una metafora per esempio, non c'è più la rappresentazione di mezzo), per Platone esso è solo pedagogia e sempre solo simbolo, e quando usa i predecessori (Parmenide o i rapsodi) è per opposizione e a suo vantaggio. Certo "rovesciando il platonismo" si possono recuperare spesso proprio queste posizioni antitetiche, che trovano qualche aggancio con i poeti greci (Pindaro forse) o con i filosofi presocratici (Eraclito probabilmente su tutti).


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Trestiton
messagio Jan 16 2016, 02:46 PM
Messaggio #5


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[quote name='Mauro' date='Oct 28 2009, 05:35 PM' post='8399']
IL POETA E’ UN FUORI-DI- ZUCCA?-LA PEDAGOGIA CREATIVA DEI GRECI E DI NIETZSCHE-

Una delle prime descrizioni del poeta, nella storia dell’umanità, la troviamo nel dialogo giovanile di Platone, lo “Ione”.
“Infatti, cosa lieve, alata e sacra è il poeta, e incapace di poetare, se prima non sia ispirato dal dio e non sia FUORI DI SENNO, e se la mente non sia interamente rapita.
Finchè rimane in possesso della sua facoltà razionale, nessun uomo sa poetare o profetizzare”.

Salve ,
primo intervento su un forum , spero di non commettere troppi errori.

Cos' è un poeta . Per rispondere a questa domanda e a tantissime altre che riguardano l' Uomo , ho dovuto , alla mia tenera età , iniziare ad interessarmi seriamente di psicoanalsi . Da questo imbattermi in Schopenhauer , Nietsche , Freud , Grecia Antica , Mito , Tragedia greca , Metafisica , Filosofia è stato un attimo .
Il mio contributo alla definizione di " poeta " :

L’ urgenza della istanza espressiva dell’ ES ( Inconscio ) trova nella Poesia l’ unica via per circonvenire le censure ( sociali , politiche , sessuali , religiose , . . . ) dell’ Ego ( Io ) e realizzarsi : questo processo , cioè manifestare una pulsione libidica sublimata , è proprio del Poeta al quale diviene necessario procurarsi lo strumento per comunicare con l’ esterno : la tecnica espressiva .[/b]

Da qui non si esce , poi si può infiocchettare l' argomento , variamente .

Saluti
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