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Sgubonius Inviato il: Dec 2 2012, 12:24 AM


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Caro Baol, benvenuto, e benritrovato al caro Freddie/Thomas!
Purtroppo la vitalità del dialogo qui è un po' passata, io stesso ripasso qui per una riminiscenza, con molto ritardo.

Credo dunque sia molto difficile fare qui ed ora quel lavoro che proponevi e che sarebbe sicuramente interessante.

CITAZIONE(baol ontologico @ Jul 6 2012, 10:48 PM) *
Umano troppo umano è dunque la nemesi al mondo dionisiaco del giovanissimo filosofo, del primo nietzsche.(è evidente)


Il dionisiaco rimane, mutandosi, fino alla fine in Nietzsche (i ditirambi), così come l'apollineo (ricordo che c'è un topic a riguardo). Credo che umano troppo umano sia un libro principalmente analitico, di analisi dell'uomo, il troppo umano deriva dal fatto che lui ci vuole andare proprio a fondo nell'uomo, fino a vedere anche quello che è "troppo", come nello zarathustra chiamerà l'uomo tutto orecchio, l'uomo tutto occhio, ecc.
Rispetto al primo Nietzsche sicuramente c'è un maggior rigore, una lama più "scientifica", che nella Nascita della Tragedia non poteva esserci.

CITAZIONE(baol ontologico @ Jul 6 2012, 10:48 PM) *
La prima figura simbolica è dunque "io sono nel deserto"....ovvero oltre la banale morte di dio egli è oltre anche a quello che molti considerano il suo maestro....lui stesso lo chiama maestro a solo per liquidarlo un istante dopo.....(e qui partono ulteriori considerazioni scocciate)
Qui mi mancano veramente le conoscienze....mi sembra di capire che lui è oltre anche l'etica (stoica?) di schopenauer...


Il deserto mi pare sia identificabile col nichilismo e col leone, ovvero con la liberazione della forze della conoscenza contro il "tu devi". L'umano troppo umano che è grande conoscitore è anche grande nichilista. Da qui parte poi lo zarathustra ("il deserto cresce, guai a chi a alberga deserti").

Sulla parte delle leggi chimiche ho sempre trovato fosse un vezzo di Nietzsche poco significativo, voleva spiegare tutto, poi mano mano il vizio si tramuta nella Volontà di Potenza semi-termodinamica, ma resta la cosa meno interessante...
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Sgubonius Inviato il: Mar 26 2012, 12:42 AM


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CITAZIONE(Valeriano @ Mar 15 2012, 07:05 PM) *
Nietzsche era un nemico Assoluto del divenire.Danzare, andare contro lo spirito di gravita transvalutare, (mirare alla mia opera) sarebbero e avrebbero il significato di andare oltre la vita? Ma mi faccia il piacere. Come interpreta Sgubonius queste parole (Non sono mai stato tanto modesto da volere qualcosa che non fosse per l' eternita. Intanto ti sei guadagnato Sgubi wink.gif un punto di merito presso la volonta di morte cristiana e Vattimo ma non spacciare con e dietro pensieri falsamente complessi questo tuo unico desiderio dominante.


Non capisco cosa tu abbia letto in quanto ho scritto. Andare oltre la vita, intesa nel senso spinoziano e schopenhaueriano di volontà di sopravvivenza, è uno dei fondamenti del pensiero nietzschiano perfino nei bigini da esame di maturità. Altrimenti non avrebbe alcun senso dover fabbricare col martello il concetto di Volontà di Potenza, su cui fra l'altro mi pare si possa dire che il nostro si è spaccato il cervello fino all'ultimo. La potenza include la vita come l'inanimato, la vita è inclusa nella potenza ma non la esaurisce. Per tutto questo ci sono i passaggi molto precisi, mi devi perdonare ma è tanto che non prendo in mano i testi e non saprei indicarteli.

@ Cassiopea: puoi darmi anche del tu! Per pignoleria ed evitare i fraintendimenti di Valeriano aggiungerei che il superuomo va al di là del sistema duale (su cui si fonda il giudizio, pensa a "buono-cattivo") per cui esiste l'ordine e il caos. Il mondo non è caotico né ordinato, caos e ordine sono pur sempre concetti che hanno un senso nel mondo e quindi a rigore non possono applicarsi al mondo nella sua totalità (vecchia storia da Platone a Wittgenstein). Tutto ciò che "possiamo dire", per riutilizzare Montale, è che il mondo si esprime in noi come caos e/o ordine, ovvero secondo la nostra volontà di potenza che lo vuole ordinato o caotico a seconda. L'oltreuomo va semplicemente oltre questo dualismo dialettico, ovvero contro il falso divenire hegeliano, per affermare un divenire tale da mettere da parte ogni attaccamento, ivi incluso quello alla vita, cioè alla misera autoconservazione dell'individuo (che è la radice della volontà di morte, non c'è niente di più soggettivista della nolontà schopenhaueriana).

Andiamo "oltre" la banalità del Nietzsche pensatore da carpe diem anticlericale.
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Sgubonius Inviato il: Mar 14 2012, 01:19 AM


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Ti rispondo con un po' di ritardo, purtroppo il forum è ormai poco frequentato...

... la tua esposizione è un po' semplificata, diciamo così!

Non è tanto che il mondo sia casuale nel divenire, piuttosto il mondo segue una logica (intendi logos nel senso più greco possibile) piuttosto precisa, ed è quella della Volontà di Potenza. Qualsiasi ordine e razionalità è una sintesi figlia di quella volontà di potenza. Dire che il mondo è caotico o casuale dunque è un po' superfluo, a voler fare i sofisti si potrebbe anche dire che nel momento stesso in cui dici "il mondo è XXX", anche se quel XXX è un attributo "negativo" (caotico, casuale sono nozioni che possiamo derivare solo indirettamente per negazione), già lo stai inquadrando, gli stai dando un ordine ed una logica. Parla, come sempre, la tua volontà di potenza. Se pensi a Montale quando diceva "Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", vedi esattamente come si può fare della poesia, cioè della poiesis, della produzione di senso, semplicemente definendo qualcosa per via negativa e quindi tramite il suo sottrarsi all'ordine comunemente inteso.


Fatta questa premessa (spero non troppo incasinata), dovrebbe essere chiaro che la questione del superuomo sta soltanto nella capacità di passare dal valutare al transvalutare, cioè passare dallo schematizzare tutto secondo parametri d'ordine e razionalità fissi (e probabilmente comuni, dialettici, imposti) ad un gioco ermeneutico di natura circolare e perennemente creativo. La transvalutazione e la volontà di potenza sostanzialmente sono la medesima cosa, sono la danza. Il valutare è una forma più "inefficiente" di VdP che si fa appesantire da una serie di "spiriti di gravità" come li definisce nello Zarathustra (ed alla fine da VdP ci si riduce a Volontà di Verità o volontà di persistenza, che in qualche modo è lo stesso). Rilke sarebbe più breve di me: "Wolle die Wandlung!" (desidera il mutamento). In soldoni l'opposizione e la differenza è tutta qui. L'uomo vuole se stesso, il suo perdurare, stare fisso, eretto, eterno, vero (e noterai tutta la questione morale qui), il superuomo vuole oltre se stesso, vuole superarsi e divenire altro: ogni verità assoluta gli è d'impiccio. Rispondendo infine alla tua domanda: volere la vita non è un valore (un valutare) ma un transvalutare, proprio perché il diktat fisso del volere va ad applicarsi ad un divenire. Verrà un momento (sublime) in cui si arriverà a desiderare anche qualcosa più della "vita" (ed è ovviamente la potenza, nello Z. si dice "che importa la felicità? io miro alla mia opera") e si dovrà essere in grado di stravolgere il valutare quotidiano. Il parlare per via negativa della premessa è esattamente un processo di "messa in divenire" dell'essere (il divenire tradizionalmente è infatti considerato come il negativo dell'essere, il non-essere). Concludendo quindi: dire ed accettare che il mondo è caotico o casuale diventa espressione tipica di una volontà di potenza affermativa al massimo grado, poiché capace di superare la rigidità di una valutazione univoca verso una transvalutazione che include il cambiamento potenziale.

Rimando ad eventuali approfondimenti la questione parallela del "alle Lust will Ewigkeit", ogni piacere vuole eternità, motto dell'eterno ritorno, ovvero proprio di quell'elemento paradossale di cintura fra essere e divenire. Trovi molto di questo nelle discussioni sul forum riguardanti anche Heidegger.
  Forum: Nietzsche spazio libero · Anteprima Messaggio: #8661 · Risposte: 5 · Visite: 14,503

Sgubonius Inviato il: Oct 13 2011, 03:53 PM


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Se non ricordo male ne avevamo già parlato, il punto è che la volontà di potenza è "oltre" la felicità così come è oltre l'uomo.
Per cui non c'è dubbio che per essere "felici" non si può abbandonarsi alla potenza, ma la potenza è un'etica, anzi forse è l'etica per eccellenza (spinoza), per cui non siamo in alcun modo di fronte ad alcune delle cose che hai scritto (annullamento, distruzione della ragione, ecc) ma anzi di fronte ad un essere, una ragione, una logica semplicemente ulteriore. Ma non mettiamoci i paraocchi, vediamo cosa sono stati gli uomini del rinascimento: monumenti di potenza. Michelangelo, soprattutto l'ultimo Michelangelo? La tetraggine e il misticismo di Leonardo? L'estasi raffaellesca? Non siamo più nella gabbiettina dell'umano, nonostante il cerchio e il quadrato dell'uomo vitruviano.
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Sgubonius Inviato il: May 20 2011, 09:11 PM


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CITAZIONE(rasema74 @ May 18 2011, 09:30 PM) *
Un Nietzsche è IMPENSABILE in Oriente!


Su questo sono assolutamente d'accordo! Mi pare anzi che fosse proprio quanto scrivevo a Fulcanelli.
Sulla dimostrazione o meno, a parte che i termini non mi sembrano centratissimi, dissentirei un po', ma non è neanche così importante in fondo la questione del dimostrare, non è Euclide questo, e nemmeno Spinoza tutto sommato. La cogenza rimane, sotto il profilo etico che si autogiustifica.
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8647 · Risposte: 1 · Visite: 14,414

Sgubonius Inviato il: May 1 2011, 07:16 PM


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CITAZIONE(Freddie @ Apr 28 2011, 04:12 AM) *
credo che se uno spirito è più forte del mio, per tanto io faccia non riuscirò mai a piegarlo alla mia volontà (naturalmente intendo per via di dialettica e non attraverso metodi coercitivi).


Microappunto che poi è di fondo è una delle cose più spinose in Nietzsche: buona parte della genealogia della morale si basa sulla possibilità della gerarchia di potenza di essere ribaltata proprio dalla dialettica (in particolare il servo-padrone hegeliano, rimando a Deleuze per i legami fra dialettica, morale e vittoria delle forze "reattive").

CITAZIONE(Freddie @ Apr 28 2011, 04:12 AM) *
Verissimo! ma faccio fatica a concordare con la visione "molto gerarchica"


Bisognerebbe ripensare il concetto di gerarchia in questo caso. Sicuramente bisognerebbe non prenderla alla lettera o etimologicamente (potere degli ieroi, i sacerdoti!). Il problema della gerarchia diventa forse meno "dissonante" se lo si armonizza pensandolo un po' spinozianamente, ovvero come un problema di "Ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum" (Etica, II, prop.VII). Ecco qui bisognerebbe dilungarsi e si complica molto la questione, in bilico fra gnoseologia ed ontologia (unite proprio dalla proposizione in questione) ed introducendo la questione dell'immanenza. La cosa più breve e utile che si possa dire è che la gerarchia è qui una questione di "fedeltà alla terra", di accettazione di un certo "ordo" (inevitabilmente gerarchico, cioè in cui determinati affetti ci si confanno più di altri, traducendo tutto in termini di VdP) che si salda anularmente con l'eterno ritorno dell'uguale. Poi ci si può tornare sopra.


CITAZIONE(Freddie @ Apr 28 2011, 04:12 AM) *
le domande che pone in alcuni punti Fulcanelli, credo abbiano attanagliato anche te in certi momenti o no?


Chiaramente le domande sono fondamentali, e non devono smettere di attanagliare. Credo che sia fondamentale però riforgiare meglio le domande, molto più che dare risposte. A Fulcanelli ho criticato soprattutto le domande infatti, una su tutte la domanda sul nichilismo (che va forse riformulata proprio in quanto definitivamente "senza risposta", come l'eterno ritorno prevede, e poi qui si riparte col discorso di sopra, cioè di come l'assenza di una soluzione ideale, dialettica, morale, sia il punto di partenza per lo sviluppo delle potenze dell'etica, che vivono anche dell'immanentizzazione, leggasi rendere attivo, del nichilismo).

PS: mi viene in mente fra l'altro, lo butto là come "appunto", che la questione della gerarchia come "ordo" è fondamentale proprio per l'ottica (ancora una volta tanto gnoseologica quanto ontologica) del prospettivismo nietzschiano. La gerarchia potrebbe essere pensata proprio come una gerarchia di prospettive, di punti di vista, a ciascuno dei quali corrisponde una potenza. In un testo di Nietzsche significativo si parla del "vedere più lontano" in relazione alla "giustizia" (Gerechtigkeit), lo analizza molto Heidegger questo punto, e sarebbe interessante riprenderlo ma non saprei più ritrovarlo, dev'essere un frammento del 1884.

PPS: le potenti risorse di internet mi hanno permesso di trovare il frammento in questione: "Giustizia, in quanto funzione di una potenza che guarda lontano intorno a sè, che vede al di là delle prospettive piccine del bene e del male, che ha dunque un più ampio orizzonte del vantaggio - l'intenzione di conservare qualcosa che è più di questa e quella persona" [Dall'edizione critica Colli-Montinari VII, II, 171]. Non stupisce che Heidegger ci fa tanto leva per "leibnitzizzare" Nietzsche (io direi invece che andrebbe spinozizzato!).
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8642 · Risposte: 13 · Visite: 31,739

Sgubonius Inviato il: Apr 28 2011, 09:14 AM


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Figurati, è un piacere, e un peccato che non ci sia più molto "traffico"!
  Forum: Nietzsche spazio libero · Anteprima Messaggio: #8641 · Risposte: 12 · Visite: 24,223

Sgubonius Inviato il: Apr 21 2011, 02:18 AM


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Con Zeitgeist si intende lo spirito del tempo, cioè, nella tipica analogia dell'anima mundi, si cerca in ogni sviluppo storico il manifestarsi di uno sviluppo spirituale unitario. In particolare significa trovare un legante fra i vari aspetti di un'epoca, per cui da una parte l'organizzazione sociale e politica, dall'altra quella culturale, con tutte le espressioni artistiche, filosofiche, scientifiche. Nel tuo caso il decadentismo è stato lo Zeitgeist di fine ottocento e inizio novecento, in contrapposizione alla tradizione positivista radicata nell'illuminismo settecentesco e alla parentesi della belle époque, per cui trovi fenomeni socio-politici e culturali che esprimono questa ideologia diffusa in quel periodo. L'analisi a partire dallo Zeitgeist è un ottimo modo per dare unità al discorso d'insieme.
  Forum: Nietzsche spazio libero · Anteprima Messaggio: #8635 · Risposte: 12 · Visite: 24,223

Sgubonius Inviato il: Apr 18 2011, 11:12 PM


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CITAZIONE(Jack_Mcevoy @ Apr 18 2011, 04:47 PM) *
Se conoscete qualche autore che ha circa questa idea mi farebbe davvero molto piacere conoscerlo!! tongue.gif


Heidegger?
Rousseau?
Schopenhauer?
Tutti i moralisti cristiani e non?

L'idea come l'hai presentata tu qui è abbastanza diffusa direi (tutto ciò che non è positivismo più o meno segue questa idea), ma non credo sia aderentissima a Nietzsche, o meglio ci vuole un po' di cautela. Per Nietzsche non abbiamo sbagliato da nessuna parte, non c'è stato alcun peccato originario che causa le inadeguatezze dell'uomo e gli fa costruire le cose sulla sabbia quando c'è a disposizione l'eternità della pietra. E' anzi la morale che si basa su questo schema di gioco (anche il naturalismo, per esempio il verismo di Verga, è è di questa stirpe, perché implicitamente dà al naturale un valore superiore all'artificiale, antiteticamente a Nietzsche). Lo smascheramento in Nietzsche è una cosa un po' da prendere con le pinze, perché dietro una maschera c'è un'altra maschera: smascherare il progresso non è un ritorno al passato o al naturale e originario, è piuttosto un invito a lanciarsi ancora più "oltre" (evidentemente oltre l'uomo, oltre la linearità della decadenza, quindi verso il circolo dell'eterno ritorno). Ma questo si fa affondando le mani nella decadence, nel nichilismo, e plasmandone fuori qualcosa dall'interno.

Per cui dovresti localizzare il problema che vuoi prendere e scegliere un numero limitato ma significativo di fenomeni culturali che siano saldamente collegati. Nella sola pars destruens (critica al concetto di progresso positivista diciamo) credo che Nietzsche e Schopenhauer (e Heidegger, e Rousseau, e i post-hegeliani Kierkegaard, Marx ecc) siano più o meno tutti sulla stessa barca e si prestino tutti al discorso. Se vuoi estendere il problema anche alla pars costruens diventa più delicato e Nietzsche diventa un pezzo unico, complicandoti però tutto quanto. Per me ti conviene tenerti sul semplice, parlare di decadence in senso lato, usare Nietzsche solo fino a dove è scolasticamente utilizzabile, se non vuoi usare Heidegger che è meno ambiguo, e poi nel resto vai sul velluto con tutto il decadentismo di fine ottocento inizio novecento, rimanendo sull'idea generica di disillusione (anche post-bellica e post-rivoluzionaria se vuoi) e di crisi del positivismo.
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Sgubonius Inviato il: Apr 17 2011, 01:29 PM


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Premesso che per Nietzsche il comunismo stesso è un'ideale decadente (perché dovrei voler essere come gli altri se sono superiore?), credo che non sia difficile trovare esempi un po' dappertutto per un argomento così vasto e duttile. Nietzsche ne fa un discorso psicologico, sociopolitico, filosofico e artistico insieme. Giusto qualche idea così: nella letteratura latina il tema della decadenza dei costumi (mos maiorum e balle varie) è forse il più diffuso in assoluto, se vai con Cicerone vai sul sicuro, sicuramente però da loro il processo di democratizzazione è stato inverso: dalla repubblica alla dittatura imperiale, per cui l'analogia democrazia-decadenza in questo caso non regge tanto, a meno che non rigiri un po' la frittata. Se fai greco la cosa più semplice è seguire Nietzsche stesso riguardo alla storia della tragedia (la decadenza in Euripide e Socrate). In storia credo che potresti selezionare degli episodi ad uso e consumo, per esempio la rivoluzione francese che decade nel terrore, quella russa nel regime sovietico. Nella storia dell'arte non mi quadrano gli autori citati (tipica associazione da professore che ti dice quelli che hanno a che fare con Nietzsche, e non col discorso), piuttosto dovresti cercare autori che mostrino la decadenza: Munch, Sironi mi vengono in mente in pittura, in musica il riferimento d'obbligo è il wagnerismo, in scrittura c'è proprio un movimento decadentista che parte ai poeti francesi (Baudelaire, Rmbaud) e va fino ad alcuni italiani (Corazzini, D'Annunzio in parte).

Non credo ci sia incompatibilità fra il discorso psicologico o culturale e quello sociale o politico. Ma bisogna chiarire bene un punto ed esemplificarlo, senza perdersi.
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Sgubonius Inviato il: Apr 3 2011, 10:18 PM


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Ma criticare significa qualcosa di preciso, non è "prendere partito contro". Altrimenti si gioca a picche e rispondi quadri. Essere critici con la scienza significa kantianamente vederne i presupposti (cfr. FW 344) e capire che non appartiene all'uomo della conoscenza un progresso verso l'assoluto (non appartiene a nessun uomo, semmai si può vedere di capire se e come super-appartiene al super-uomo). Da qui viene il problema Nietzsche in quanto pensatore più radicale. Da qui viene il problema del nichilismo (che è identico al problema della tecnica, Heidegger è solo un traduttore di N. in tutto questo) e il concetto di volontà di potenza (che è la massima affermazione del rapporto tecnico, proprio nella sua infondatezza e inadeguatezza all'assoluto, leggi prospettivismo).

Nessuno vuole fare di Nietzsche una statua, che può schiacciarci, ma di cominciare almeno a mettersi sullo stesso piano su cui si è messo lui nel punto più estremo del suo pensiero. Altrimenti veramente non ha senso confrontarsi col suo nome e col suo pensiero. Lasciamolo dove sta e parliamo di atomismo o di sociologia (ma ci vogliono altre competenze), non di filosofia, che è altro (e per quanto atipico sia Nietzsche, c'è tutto un nucleo del suo filosofare da cui vengono le implicazioni e non viceversa). Queste sono le vette di cui parli, dove c'è la rigidità del clima, dove i concetti sono precisi e radicali, aldilà della retorica di cui ho fatto uso solo per scopo espositivo.
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Sgubonius Inviato il: Apr 3 2011, 12:17 AM


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Ma non è che quanto dici sia una gran novità, sono tutti ideali e aspirazioni che esistevano prima di Nietzsche, che Nietzsche conosceva bene, e dei quali vedeva la limitatezza e il ripetersi della stessa ossessione. Questo senza neanche entrare nel merito del fatto che più che altro hai elencato una serie di desiderata, e non una effettiva posizione fondamentale su come confrontarsi col mondo (l'uso dell'aggettivo ontologico per esempio è decisamente improprio).

Nietzsche è andato un po' oltre questa roba, ha pensato profondamente il mondo, ha tirato fuori dal magma o dal caos dei concetti temprati col martello, che vanno trattati col livello di profondità filosofica che meritano e non si possono cauterizzare in nome dell'ennesima "fuga dal nichilismo" su tema della pace universale e del perfezionamento massonico dell'umanità. C'è ancora da decostruire un sacco di roba di tutto questo ideale, ed è questo che porta a mettere in discussione anche il razionalismo, la tecnica, la felicità di cui parlavamo sopra, l'umanità come concetto, l'Uno mistico, il problema del senso, del fenomeno e del noumeno.

Si può criticare Nietzsche per altro, perché la sua è una metafisica, come ha fatto Heidegger, perché è un totalizzatore, come ha fatto in parte Deleuze, per altre ragioni più specifiche e complesse, ma analoghe, come ha fatto in parte Cacciari, e via dicendo. Ma non si può farlo in nome di qualcosa che è esattamente quanto lui ripudiava e quanto ha prodotto la sua linea di pensiero. Altrimenti la critica diventa solo un non condividere più gli ideali, e non c'è nessuna cogenza.
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Sgubonius Inviato il: Mar 31 2011, 02:20 PM


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CITAZIONE(Fulcanelli @ Mar 30 2011, 02:48 PM) *
Perché ogni prospettiva,per essere tale,deve essere prospettiva di qualcosa e questo qualcosa è il mondo reale che probabilmente è inattingibile alla ragione fino in fondo,nella sua 'essenzialità',per così dire,ma non all'esperienza o,almeno,ad un certo tipo di esperienza(per es. il satori nel buddhismo zen o l'esperienza scientifica in modo virtuale).


Beh si tutto è possibile, ma non è questo il mondo concepito come volontà di potenza da Nietzsche. In Nietzsche la prospettiva è su altre prospettive, non c'è nessun mondo reale ultimo o primo (il noumeno) a cui tutto faccia riferimento, questo è detto esplicitamente (poi se vuoi ti cerco l'aforisma). La potenza non può permettersi alcuna forma di attualità, di passaggio all'atto, di (ri)soluzione, di sintesi dialettica, di armonia prestabilita, di emanazione ed idealismo, e tutte le altre amenità che il pensiero occidentale e orientale ha sempre postulato per far quadrare i conti fra l'Uno e il Molteplice.

CITAZIONE(Fulcanelli @ Mar 30 2011, 02:48 PM) *
Io dico che anche il prospettivismo a tutti i costi è un'asineria,probabilmente la più grossa detta finora,perché suggella e rende definitivo e senza via d'uscita il nichilismo


Assolutamente sì. Nietzsche è esattamente questo, non si esce dal nichilismo, uscire dal nichilismo, cioè cercare una verità unica ed eterna, è esattamente l'ossessione della storia del nichilismo (passivo) stesso. Renderlo definitivo, destinale, senza soluzione (che è esattamente quanto fa l'eterno ritorno) è renderlo "attivo". Il problema della vita e della morale sta qui, fra un'esistenza debole che ha bisogno di appoggiarsi di continuo sulla speranza di un futuro migliore in cui l'infelicità sarà retribuita, e un'esistenza "tragica" in cui è tutto prospettiva e creazione. Non è caos, è caosmo, dove i valori si creano e non li si pesca dal cielo.
Poi lo sai Nietzsche non ha mai ipotizzato un'etica disordinata, sregolata, caotica. Anzi, se il nazismo ha potuto utilizzarlo è perché la sua è poi una visione molto gerarchica, in cui al divenire si imprime il carattere dell'essere. Per cui mi pare che alla fine una buona parte di quello che elenchi tu ci sia in Nietzsche, e va oltre ogni morale (compresa quella attuale che è un miscuglio di immoralità del singolo e spirito di branco), non capisco dove ci sarebbe questa fallacia nel pensiero nietzschiano, non c'è neanche da reinventare chissà cosa o fare chissà quale rivoluzione.
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8622 · Risposte: 13 · Visite: 31,739

Sgubonius Inviato il: Mar 28 2011, 11:48 PM


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Credo che queste cose siano già state macinate più e più volte Fulcanelli.

Il problema dell'assenza del vero non finisce nel circolo vizioso dei falsi, ma nel circolo virtuoso delle prospettive, che è propriamente il campo dove cessa il regime della felicità e inizia quello della potenza (per i rapporti fra questi due concetti ci sono degli aforismi nei frammenti postumi degli ultimi anni che ahimé non posso indicarti perché non ricordo i numeri). Nietzsche non si oppone solo alla felicità borghese, ma dice chiaramente dopo una cosa dopo "che importa la felicità", e cioè: "io miro alla mia opera". L'opera è proprio l'affermazione creativa della molteplicità di prospettive, cioè della volontà di potenza, che si oppone in questo senso alla felicità come concetto "in psicologicis", assurto a particolare importanza proprio nell'epoca tardo romantica se non decadente in cui ha vissuto Nietzsche.

Questa è evidentemente una interpretazione, una prospettiva come un'altra, ma esiste un parametro (sempre prospettico, così siamo precisini) di consistenza della prospettiva e dell'interpretazione, la sua efficacia, ovvero la sua potenzialità di potenza (circolo virtuoso, che come il circolo per eccellenza, l'eterno ritorno, giustifica l'esistenza AL POSTO della felicità del calcolo edonista). L'inadeguatezza delle categorie e dei concetti di felicità (e infelicità) deriva da questo. Limitare Nietzsche alla formuletta da interrogazione scolastica della "gioia di vivere dionisiaca", è una banalizzazione che non rende la potenza, l'inesauribilità, la grandezza di Nietzsche e la sua unicità nella storia del pensiero. Tutto qui.

PS: il discorso sul rapporto col cristianesimo è complesso, se vuoi lo affrontiamo di là, ma non è stato certo impostato come lo sintetizzi tu.
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8620 · Risposte: 13 · Visite: 31,739

Sgubonius Inviato il: Feb 17 2011, 03:32 PM


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Dostoevskij, che era autore molto amato da Nietzsche, scrisse in una lettera una cosetta che è poi una chiave di gran parte della sua poetica/etica oltre che riassumere quanto hai detto sopra: "se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità".

Esempi migliori di quelli che potrei farti io li trovi proprio in Dostoevskij.
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Sgubonius Inviato il: Feb 17 2011, 04:04 AM


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Esagerato, le immagini sono tutte in Nietzsche comunque, e sono state già scoperte e sviscerate da altri da cui io attingo, i saggi ci sono già.
Sulla possibilità di un cristianesimo non metafisico bisognerebbe aprire un simposio. Le idee di fondo sono quelle: attenzione al Cristo come figura di immanenza, cioè di incarnazione di Dio nel mondo e per il mondo, attenzione alla croce come figura tragica, implicata dall'incarnazione stessa, contro l'idea più idealistica del dolore come "mezzo", e quindi la resurrezione (nella carne?) non come un fine ma come un reinizio ciclico. Certo la tradizione cristiana non si è mai mossa su queste linee, è stata sempre marcata dall'escatologia e dal derivarne dottrine morali contrappassistiche.
Tuttavia come ti dicevo credo che l'importante in una religione sia la fedeltà in sé molto più di ciò in cui la si ripone. Il trascendentalismo che accompagna spesso la dottrina è frutto di una certa paradossale mancanza di fede ed eccesso di speranza (complesso il rapporto fra le due fra l'altro), per cui non si crede a "questo" mondo per averne in cambio un "altro". Fedeltà somma sarebbe forse il vivere anche perfettamente secondo dottrina (qualunque essa sia: l'amor fati non prevede calcolo di convenienza), ma con l'innocenza del fanciullo, con la leggerezza del danzatore, e non quindi con la logica del "lavoratore" (servo), per il quale tutto è una fatica in vista del miglior riposo.

Se leggi i grandi mistici troverai nel loro ascetismo più sovrabbondanza che privazione. Non ne vogliono più perché hanno avuto troppo, non barattano un sacrificio per un bene futuro e sperato, sanno perfettamente che nel loro mantenersi ad una certa distanza (vedi il discorso di prima) dal soddisfare c'è il segreto della potenza, cioè il vedere più lontano come dice N., transvalutare tanto da non valutare (=barattare) più: si sperpera sapendo che la ricchezza è nel donare, che non è l'elemosina, ma è il creare continuo. E basterebbe, lo dice sempre N. nella Gaia Scienza af.341 (quello dell'Eterno Ritorno), aver vissuto un momento sublime, tanto grande da giustificare all'infinito tutto il resto non con la cattiva coscienza del prezzo da pagare, ma con il sì entusiasta dei grandi tragici, che chiamano a vivere la lacerazione in quanto tale senza risoluzioni nirvaniche. Quando San Juan de la Cruz parla del "fuoco" non è in alcun modo un mistico orientale.

Molto più di questo non saprei dirti. Credo che in fondo davvero conti questa buona coscienza, questa innocenza, questa esaltazione tragica. Quello che si fa, ciò in cui si crede può al più aiutare o impedire questo stato estetico/mistico. Il cristianesimo pare avere più degli altri culti forse solo questa possibilità di ritrarsi dalla logica di cattiva coscienza (rarissima da trovare nei vangeli) in nome per l'appunto dell'incarnazione che sa il suo destino di dilaniamento. Più di tutto è da dimenticare tutta l'ideologia del paradiso come restituzione del debito (cfr. la genealogia della morale). Ma per l'appunto è scelta sulla "miglior menzogna", quella più potenziante, come lo stesso Nietzsche fa per esempio in arte quando predilige una Carmen ad un Parsifal.
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Sgubonius Inviato il: Feb 16 2011, 02:52 AM


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Non credo di avere l'autoritas per risponderti! laugh.gif

Un appunto: il problema della disgiunzione o-o, di cui tratta fra l'altro anche Deleuze in Millepiani, è più "ontologico" che esistenzialistico, per usare una distinzione che ha avuto un certo sviluppo nel XX secolo. Ovvero non è tanto la scelta (difficilmente troverai in Nietzsche, soprattutto quello tardo, l'esaltazione della libertà e della scelta) che è in gioco, magari una scelta "autentica", che puzza di morale. Piuttosto l'o-o è la condizione di possibilità per un pensiero dell'irrisolvibile, di qualcosa che non si lascia accomunare da un concetto unico che salvi capre e cavoli, ma che determini una lacerazione tragico-dionisiaca. Da qui deriverà anche una certa libertà per una scelta che è quella dell'accettazione (non di ciò che si vuole, ma di ciò che si "può", lì sta la Volontà di Potenza), che ha però un carattere tutto particolare in quanto scelta limite, problematica e potenziale (cioè sempre a-venire, il che ciclicamente diventa poi un differire da e per sempre).
Non è auspicabile insomma un anarchismo o individualismo che si prestano troppo al risentimento, mezzo stirneriano e mezzo schopenhaueriano. Piuttosto l'accettazione ha la forma di una danza sulle strutture, sui valori, detta transvalutazione. Il fatto che una chiesa esista o meno, che sia più o meno meschina e simoniaca, credo faccia una differenza molto limitata. Anzi è più facile che magari si palesi lì un Raffaello. Sono ancora tutti da indagare questi rapporti complessi fra gruppo e singolo, accettazione e creazione, potere e potenza, in Nietzsche. E sempre si dovrà applicare la logica disgiuntiva di sopra che non dà nulla per scontato e non opta mai per uno dei due, li si accetta sempre nella loro disgiunzione e quindi differenza (spesso lui usa l'espressione "il pathos della distanza") e inconciliabilità.

Senza dubbio Nietzsche è profondamente europeo (troverai uno degli ultimi messaggi di questo forum dedicato proprio alla diatriba sulle influenze orientali in N.) ed è come dice Heidegger l'estrema sintesi del pensiero occidentale. Resta da capire se vogliamo fare come il succitato Martin, e promuovere l'ennesima nostalgia dell'inizio, del puro, dell'autentico, del valore d'uso come faceva Marx, oppure se vogliamo prendere atto che il nichilismo da buon minotauro va preso per le corna e mutato in attivo, abitante del labirinto circolare dell'orecchio, secondo le simbologie dei ditirambi di Dioniso (mentre col filo che tutto risolve non ci si può che impiccare). Anche la religione, come ogni "tecnica", è tipicamente una forma di nichilismo, una forma di volontà di potenza, e anche lì si tratterà di attivo (o x o y) e passivo (x contro y), né più né meno. Anche dalla globalizzazione, tipica espressione dell'uniformarsi tecnico e nullificante, bisogna trarre l'occasione per un passo di danza tragico e anzi è proprio nel leone che ci sono i germi del fanciullo.
Quindi quanto è deleterio (depotenziante) è sempre il katekein, il timoroso avanzare prudenti, col cordone ombelicale appeso all'origine, all'entrata del labirinto. Quanto è a-venire invece è sempre la sfida della disgiunzione che ritorna e non può che potenziare. Le radici identitarie sono pericolose, sono l'opposto di ogni danza, eppure anche il movimento repulsivo reattivo di strapparle in nome della libertà è solo una idealizzazione di altre radici e di altre origini. Semmai si deve fare in modo di riconquistarle, riaffermarle come un destino (leggasi come un avvenire), la danza miracolosa e ciclica sta tutta qui, in un fazzoletto, i "grandi eventi" non fanno baccano (e qui rimanderei in conclusione ancora a Deleuze, alla sua descrizione e spiegazione della "contro-effettuazione" nella Logica del Senso).
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Sgubonius Inviato il: Feb 15 2011, 01:41 PM


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Tu sai che una delle ultime cose scritte da Nietzsche, sull'orlo della demenza (?), è la frasetta "Dionysos oder der Gekreuzigte", Dioniso o il Crocefisso, con quella congiunzioncina disgiuntiva che è tutto un programma. Poco prima nei frammenti postumi aveva scritto che il crocefisso era pur sempre il "simbolo più sublime". Ecco Cacciari (che ha il difetto di autocompiacersi un po', ma in fondo le cose che deve dire le dice ed almeno un tempo era riuscito ad evidenziare dei problemi interessanti) ha analizzato, soprattutto nel libro Dell'Inizio, un certo rapporto fra il Cristo e la tragedia da una parte (questo già in Hegel e Schelling), ma anche per l'appunto quanto tu dicevi sul katechon paolino.

Usando l'ironia di Klossowski, si può dire che perché ci sia un AntiCristo ci deve essere anche un Cristo, e non è possibile pensare l'eterno ritorno senza il crocefisso. Quindi concorderei su tutto il discorso che fai, grosso modo, troppo spesso a guidare Nietzsche nelle sue critiche al cristianesimo è una presa di posizione (odio se non risentimento) personale. Tuttavia ti invitavo a ripensare a Cacciari per quanto riguarda il rapporto disgiuntivo e quello oppositivo (tipicamente Hegeliano) fra Cristo/Crocefisso e Anticristo/Dioniso.
Ovvero: un Anticristo non fa (di fatto) che lavorare per il Regno di Dio, come l'antitesi hegeliana, accelerando il suo arrivo, mentre il katechon, tutto ciò che è "kat-echon", cioè trattenimento, lo rallenta, entrambe le cose cioè esprimono una nostalgia dell'Inizio (o della Fine) che è il vero ostacolo all'accettazione dell'eterno ritorno (che è invece il mozzare la testa, o la coda, del serpente). Qui la cosa si fa complicatina, però diciamo che intanto il disgiuntivo "o-o" si evidenzia come il campo proprio della "differenza" non oppositiva (hegeliana-dialettica), e quindi come la premessa per uscire, con l'accettazione, da quell'ossessione per il perfectum, sia esso iniziale o finale, sia esso bigotto o brutalmente ateo.

Per semplificare, si potrebbe parlare di etica e di morale (è in Nietzsche stesso che c'è questo slittamento fra i termini: l'eterno ritorno e la vdp sono un'etica, non molto diversa da quella di Spinoza, che punta proprio a prescindere dalla morale). Tanto Dioniso quanto il Crocefisso contribuiscono all'etica, non in una sintesi Hegeliana, ma nella differenza fondamentale dell'o-o, dell'insintetizzabile. Morale è invece proprio tutto ciò che è katechon, tutto ciò che è paolino più che cristiano, che trattiene dalla hybris dell'ubermensch, dal portare la differenza alle sue estreme conseguenze.
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8610 · Risposte: 10 · Visite: 28,186

Sgubonius Inviato il: Feb 12 2011, 09:34 PM


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Mai letto Cacciari?
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8607 · Risposte: 10 · Visite: 28,186

Sgubonius Inviato il: Dec 27 2010, 03:23 PM


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Beh finché si parte dalla premessa che ci sia una veridicità delle cose non si potrà mai arrivare a Nietzsche.
Peraltro lo stesso parametro della felicità non è quello usato nello Zarathustra ("che importa della felicità?"), la felicità è l'ossessione morale dell'infelice.
L'ultimo nietzsche non ha molto a che fare col pensiero orientale, è un'appendice estrema del pensiero occidentale.
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8602 · Risposte: 13 · Visite: 31,739

Sgubonius Inviato il: Nov 6 2010, 07:59 PM


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Mi pare che Heidegger citi questa parte della nona elegia, d'altronde si presta.
  Forum: Letteratura e Poesia · Anteprima Messaggio: #8596 · Risposte: 14 · Visite: 64,630

Sgubonius Inviato il: Nov 3 2010, 03:23 PM


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Beh innanzitutto puoi dire che il frontespizio mi pare della prima edizione (o della seconda, controlla) della gaia scienza recava in esergo proprio una citazione di Emerson ("Per il poeta e per il saggio tutte le cose sono amiche e benedette, ogni esperienza è utile, ogni giorno sacro, ogni uomo divino" non mi chiedere da dove viene però!). Il resto non saprei dirti perché lessi Emerson troppo tempo fa e non potrei darti delle corrispondenze precise, ma quasi sicuramente se sfogli la gaia scienza 10 minuti trovi almeno 20 aforismi adatti. Nel caso puoi tentare una scorciatoia, seguendo questo link:

http://books.google.it/books?id=955XrNz142...p;q&f=false

Da lì puoi guardare quando ricorrono le parole fato o potenza o altre che sono cruciali in emerson e vedere cosa viene fuori.
  Forum: Nietzsche spazio libero · Anteprima Messaggio: #8592 · Risposte: 1 · Visite: 9,808

Sgubonius Inviato il: Sep 13 2010, 05:47 PM


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Spoilera spoilera che ormai il corriere di 10 giorni fa mi sa che non lo ritrovo!
  Forum: Nietzsche Link · Anteprima Messaggio: #8585 · Risposte: 1 · Visite: 8,162

Sgubonius Inviato il: Aug 25 2010, 02:42 AM


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Il problema è proprio quello che hai evidenziato (citando fra l'altro Levinas che è uno degli autori a cui indirettamente faccio riferimento):

- Se questo "Totalmente Altro" (uso a sto punto proprio la dicitura di Levinas) è tale, esso è oltre i limiti del pensiero proprio per costituzione, espandere anche solo la forma analogica sarebbe distruggerlo ipso facto. E' chiaro che siamo in un campo minato di paradossi, muoversi è difficile. Anzi è come essere nelle sabbie mobili: più ti muovi più vai a fondo, e non c'è altra cosa che tu possa fare. Sicuramente, come dice Heidegger, non puoi pretendere di uscirne come il barone di Munchausen, tirandoti per i capelli (ovvero come pretende di fare l'idealismo). A questo punto Heidegger ti direbbe che resta solo la "Gelassenheit", il lasciar-essere. Nietzsche almeno ci mette l'attività dell'accettazione!

- Il limite del pensiero non è più una constatazione semplicemente (un fatto empirico), ma è una scelta (un fatto etico, e anche estetico, ormai è lo stesso). Se usiamo Leibniz bisogna assolutamente toglierli l'armonia prestabilità, togliere al disordine generativo ogni unità, ogni convergenza, ogni quadramento dei conti. I conti li fanno quadrare le monadi nella loro rappresentazione, che è totalmente Altra rispetto a qualunque altra. C'è come un lancio di dadi all'origine (la formula è di Mallarmé) del pensiero, un lancio insensato che eppure è la macchina produttrice del senso, un lancio che il pensiero constata certamente ma non può indagare. Ed è su questa base che l'etica nietzschiana si forma, etica della creazione e della potenza (è sempre quella Differenza o distanza delle stelle, la costellazione è proprio il risultato del lancio di dadi, della differenza in sé, che ha disposto le differenze, le potenze, il cui gioco reciproco crea il senso). La domanda la poni, per forza, per ingiunzione etica, e la poni come si lancia un dado nel buio per generare altre costellazioni di pensiero. E' tutto volontà di potenza, è tutto creazione. Tranne la "morte", cioè l'atrofizzarsi morale (e la scienza, quando è dominio incondizionato della tecnica è tale).
  Forum: Nietzsche Pensiero · Anteprima Messaggio: #8583 · Risposte: 37 · Visite: 94,141

Sgubonius Inviato il: Aug 23 2010, 01:48 PM


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Il discorso è un po' più complesso di così, il disordine non è il casuale. Gli stoici si domandavano secoli addietro: quando inizia un "mucchio"? Implicitamente è una stoccata all'impostazione platonica che voleva ci fossero idee per tutto, compresa l'idea di "mucchio" (il mucchio in sé, il mucchio kat'exochen, par excellence) che pure appare più che altro come un concetto raffazzonato e impreciso. Questo sta solo a mostrare che esiste una soglia, una superficie, dove il "senso", il nome, il logos, fa la sua comparsa. Sotto semplicemente siamo in una situazione che sfugge al concetto (il mucchio è già comunque un concetto, che però tradisce la sua natura naturata e non naturante). Sfuggire al concetto non va soprattutto considerato come un opposto delle categorie dell'intelletto. Se noi percepiamo solo causalità, non per questo ciò che trascende la causalità è casuale, altrimenti, ignorando Kant (e altri) stiamo intraprendendo la via dialettica di Hegel, che nega il positivo, la tesi, solo per poter inglobare di nuovo "sotto concetto" anche l'antitesi. E' esattamente quanto è stato fatto dal calcolo differenziale in poi.

Diverso è un dis-ordine che invece si pone in un "totalmente Altro" dall'ordine, una eterogeneità che non lascia spazio ad alcuna dialettica del concetto sussumente. Non sarà causale come non sarà casuale. Non sarà ordinato come non sarà disordinato. E' esattamente il tipo di mondo che il "mucchio" permette di intravvedere: non è casuale la comparsa di un mucchio, ma non è nemmeno causale, cioè non è possibile dire a quale granello inizi. L'arte non fa che mettere in scena "mucchi", cioè concetti (o percetti), sicuramente quindi strutture ordinate, che tuttavia fragliano subito oltre se stesse, verso un abisso (caos). Non creano il caos "direttamente", lo affermano piuttosto. Lo stesso eterno ritorno (modello di ogni estetica e di ogni etica) è un concetto ferreo, ordinatissimo (è un massimo di ordine), che serve tuttavia solo ad affermare un massimo di caos possibile (un massimo di possibile, cioè un massimo di potenza).

In primis insomma bisogna partire dal presupposto che l'ordine è sempre generato, da noi, cosa che comunque almeno da Kant in poi è scontato. Vivere viene prima dell'ordine, l'ordine esiste solo per i viventi, il resto è "aldilà" dei valori. La vita eccede l'ordine, è solo l'Io che vi sottosta (qui la vita non è l'organismo, è l'aiòn). Poi resta da capire, se non vogliamo postulare che "noi siamo tutte le cose" come vorrebbe l'idealismo, come rapportarsi al "ciò" (es, lo stesso es di cui Nietzsche dice che pensa, es denkt, al posto dell'Io penso) che si sottrae a questo ordine. Ed è evidente che ciò che si sottrae è non sperimentabile, come il RANDOM della calcolatrice, perché l'ordine è la condizione di possibilità della percezione stessa. Può essere solo un'etica o un'estetica (quindi oltre i limiti della ragion pura gnoseologica) a rispingerci al salto, salto che è nel libero e nel creativo, inevitabilmente.

Tutto il pensiero di Nietzsche si gioca (mi pare) su questa linea, con una lucidità implacabile (almeno fino al 1889): è necessario superare l'uomo, il concetto, il dialettico, l'ordinato, e riguadagnare "ciò che si è", cioè una vita aldilà del bene e del male, una vita da stella danzante. Ma non c'è nulla di mistico o esoterico in questo passo, il pensiero ha la sua arma (l'eterno ritorno della volontà di potenza) con cui afferma nell'ordine ciò che lo trascende. Insomma o si postula l'idealismo, e allora la scienza può essere il senso ultimo dell'esistenza, altrimenti la scienza serve solo all'organismo, all'Io, che non è il produttore del senso (è semmai il prodotto, il precipitato). Stante che non si tratta di abolire del tutto l'Io (sarebbe l'idea di Schopenhauer), bisogna però fare dell'Io un "mucchio" e niente più. L'arte e l'eterno ritorno fanno questo, e lo fanno dall'interno, secondo l'ordinatissima logica dell'io penso, del cogito me cogitare, della rappresentazione.
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