[font="Verdana"][/font][size="4"][/size] Ho letto con grande piacere il topic sul nichilismo-dovreste pubblicarlo, è profondo e intenso per contenuti e lucidità-.
Volevo chiedere al qualche appassionato generoso,in sintesi: Quali sono i valoro creativi e costruttivi di Nietzsche, dopo la sua geniale analisi del nichilismo? Dice d'averlo superato ma non ho capito come...grazie.
Ti ringrazio per il chiarimento, Sgub...sei sempre molto acuto quanto gentile.Sai queste questioni sono molto importanti per me e mi sei di grande aiuto,grazie!
Ma come diceva il Grande Baffo, che importa di me! Volevo confrontarmi con te su un'altra questione: eterno ritorno e volontà di potenza,interconnessi in un modo a me ancora misterioso-dopo trent'anni che mastico e rimastico Nietzsche-sprigionano, a mio modesto avviso, quella "costruttività" che redime dal nichilismo.
Eterno Ritorno è non vivere più nell'ansia di mete future impraticabili ma nella costante scoperta del momento presente -con l'etica dell'Amor fati- e la VdP come arte è quel sigilla d'Eternità che il nostro Divenire chiede come impulso all'Essere.
Imprimere il sigillo dell'Essere sul Divenire, mi pare dica da qualche parte il nostro amico.COme è possibile questa trasfigurazione? -Avviene per magia nell.54 della Gaya Scienza-
In sintesi, caro Sgub, secondo te come s'interfacciano la nuova concezione del Tempo nicciano con la VdP come arte? Creare un'opera d'arte non è irrigidire in una forma statica il fluire vitale?Sono conciliabili in una sfere trasfigurata il Divenire e l'Essere?
Spero che tu voglia essere ancora così gentile da rispondermi.
Un grazie sentito. Ciao e stai bene.
CAro Fulcanelli,
ti ringrazio per il tuo intervento mirabile, nella prima parte esaustivo a livello teorico e nella seconda scoppietante di prosa filosofica alla Fritz! I miei sinceri complimenti.
Anche a te rivolgo la stessa seconda domanda che avevo rivolto a Sgub, per ampliare il dibattito.
Sempre nell'ottica del valore creativo, come si saldano l'eterno ritorno e la volontà di potenza come arte.C'è un nesso sul vivere per l'attimo come se tornasse indietro eternamente- la saldatura Essere e Divenire-ma mi piacerebbe approfondire la congiuntura che trovo molto intrigante per il pensiero filosofico.
Grazie per un tuo eventuale ascolto e interessamento concettuale .Ciao
Vale ovviamente anche tutto quanto detto da Fulcanelli, sul piano più etico-socio-politico (che comunque è un tuttuno in Nietzsche col piano filosofico che ho tentato di tratteggiare in apertura). Poi ci sarebbe da affrontare una questione molto spinosa qua, che magari rinvio per ora, riguardante i meccanismi interni della volontà di potenza (ovvero: come è possibile che la volontà di potenza diventi debolezza?), è forse il punto più controverso nella filosofia di Nietzsche (se approfondita fino alla sua "posizione di base").
Concludendo invece (nella misura in cui si può concludere qualcosa sotto il regime dell'eterno ritorno, cioè sempre e tuttavia mai "del Tutto") la questione di Eterno Ritorno e Volontà di Potenza, che è comunque stata affrontata penso in un topic che puoi trovare facilmente, penso che si tratti di continuare su quella strada che ho accennato prima. Ovvero: il tempo ciclico come sigillo anulare (questa è la simbologia dello Zarathustra), come prova, come test per saggiare la flessibilità di un soggetto, di una volontà che sia sufficientemente oltre-umana da diventare "volontà di volontà" (sinonimo in Nietzsche di VdPotenza) e quindi proprio volontà circolare. Non parlerei però di "cogliere l'attimo", è una banalizzazione pericolosa del pensiero di Nietzsche, che fa perno proprio su quella frase apparentemente innocua che citavi: "imprimere il carattere dell'essere al divenire" (oltre che sulla "porta dell'adesso" in La visione e l'enigma). Questa frase, di cui parla diffusamente Heidegger (e ci basa quasi la sua critica di Nietzsche come metafisico), è ambigua proprio perché va al nocciolo di tutto il caos nietzschiano. Su questo punto penso che tu possa trovare molto in giro nel forum, c'è un topic su Nietzsche e Heidegger che ruota attorno a questo. Non è esistenzialismo e non è carpe diem (il dies ha sempre l'etimologia del deus), è piuttosto l'opposto, la fuga dall'istante sovrano, dal pensare il tempo come uno spazio, fatto di somme di punti integrabili, verso l'Aiòn eracliteo, che è il regno di un fanciullo.
Provo a fare comunque un sunto estremo:
L'eterno ritorno è una nozione che circola (!) in filosofia da sempre. E' il modo più semplice per risolvere ogni "regressum ad infinitum" e l'alternativa più credibile al motore primo immobile aristotelico. C'è eterno ritorno in Platone, c'è eterno ritorno presso gli stoici, presso lo zoroastrismo, eccetera. Qual'è la differenza qui? Se è vero che l'ER imprime una condizione di staticità ad un divenire, esaurendo i casi possibili e riducendo il movimento ad una variazione localizzata (il circolo è il paradigma delle figure geometriche differenziabili e finite, con conseguente integrabilità e rapido calcolo dell'area, nonché il modello dell'insiemistica a cui si riduce il 90% della matematica), è vero anche che questo non esaurisce tutto il pensiero Nietzschiano (mentre esaurisce gran parte di quello stoico e platonico, con funzione puramente "distributiva", c'è un topic anche sul confronto fra stoicismo e nietzsche se vuoi). Cosa c'è di più? C'è la volontà di potenza. Se la volontà di potenza è creazione di valori, è volontà di volontà, è divenire, è differenza, non potrà mai chiudersi in un circolo "perfetto" (nell'etimo: perficiere = completare) che ne distribuisca la fenomenologia allocando tutti i casi in una casellina di tempo. Piuttosto l'eterno ritorno resterà un pensiero limite, una prova estrema per il pensatore del divenire, che chiama all'affermazione di un divenire che superi l'allocazione circolare prestabilità da e per sempre, che sia quindi creativo intrinsecamente ed eternamente. Gilles Deleuze ha diffusamente esposto le differenze fra un ritorno "dell'uguale" e un ritorno "della differenza" (cioè della creazione, della volontà, della potenza), e lo troverai come riferimento in quei topic. L'opera d'arte, e qui arriviamo al fulcro di caos e ambiguità, è proprio questa sintesi antihegeliana di Essere e Divenire. Mi appoggio necessariamente a Deleuze e a Derrida: se io ripeto la "differenza in sé", io ottengo sempre delle differenze, perché è proprio della "differenza in sé" di cambiare ripetendosi, di differire da se medesima, quindi non vigerà mai un rapporto biunivoco (insiemistico) e allocativo/distributivo fra essere e divenire, ma piuttosto ci sarà come un limbo, una membrana sottile, che separa-unendo i due mondi platonici. E' in questa logica antiplatonica e antihegeliana che si compie il pensiero di Nietzsche: l'opera d'arte non è mai un testo informativo, una ripetizione morta, rigida, significante un (solo) significato, ma è sempre una differenza in sé, una creazione permanente, che prolifera anche nella forma-morta (ma non vigono più distinzioni fra vivo e morto come non vigono fra essere e divenire: tutto è vivo e diveniente, tutto è VdP) dell'opera fissata. All'opera d'arte, come alla vita, manca sempre di essere un Tutto (contra Hegel), di essere insomma opera d'arte totale (contra Wagner): perché banalmente il Tutto non può "volere", non gli manca nulla, non ha nulla da desiderare (per lo stesso motivo per cui il vivente non può volere la vita, ma deve volere la potenza, contra Schopenhauer). E' fondamentale qui la lettura del capitoletto "Della Redenzione" dello Zarathustra (il redentore, oltre che Cristo è Wagner-Schopenhauer). L'opera d'arte, modello (non platonico) del superuomo, pur non essendo un fatto compiuto, è quanto emerge, attraverso la prova della fissazione "scritta" dell'eterno ritorno, dal mare di "frammenti e membra". Cito che si fa prima:
E il senso di tutto il mio operare è che io immagini come un poeta e ricomponga in uno ciò che è frammento ed enigma e orrida casualità.
E come potrei sopportare di essere uomo, se l’uomo non fosse anche poeta e solutore di enigmi e redentore della casualità!
Redimere coloro che sono passati e trasformare ogni ‘così fu’ in un ‘così volli che fosse!’ – solo questo può essere per me redenzione!
Ecco penso che qui si possa enucleare tutto il discorso. Redimere quindi non più nella nullificazione o totalizzazione (scontata la coincidientia oppositorum fra Schopenhauer-Wagner ed Hegel), ma nell'affermazione dell'orrida casualità a posteriori, in "après coup" dicevo prima citando Blanchot: "così volli che fosse" (una struttura che la grammatica non contempla, ma la grammatologia sì). Ma non si è redento il divenire nell'essere (sempre modellato sul tutto/nulla), lo si è redento nella creazione, nella santificazione del suo divenire stesso, nel suo mancare ed essere frammentario ed enigmatico, santificazione che passa dall'artista, dalla fissazione "scritta" (sottointendo qui tutto il discorso di Derrida sulla scrittura) di qualcosa di aleatorio di enigmatico, di "differente in sé" (l'esempio tipico, per consapevolezza, è Mallarmé).
Non so se è chiaro, non sono cose banalissime, ho cercato di renderle più semplici possibili senza sminuirle, evitando il più possibile le divagazioni che mi tentano. Le letture chiave in questo dibattito credo siano il "Nietzsche" di Heidegger (che mostra come si possa ridurre Nietzsche ad un filosofo metafisico interessato a farla finita col divenire e il differenziale, integrandolo nel grande cerchio degli istanti consecutivi) e "Differenza e Ripetizione" di Deleuze che libera di nuovo Nietzsche da questa interpretazione claustrale. Il discorso si articola quindi su questo nuovo modo di pensare i dualismi, né platonico, né hegeliano (le due grandi dialettiche), ma forse eracliteo (in uno dei frammenti si dice: "Dio è giorno e notte, inverno ed estate, guerra e pace, fame e sazietà. Se prende nomi diversi, lo fa come il fuoco quando, mescolato a spezie, prende nome dall'aroma di esse").
Carissimo Fulcinanelli (piuttosto loquace, derridianamente, cioè scrivendo!!), certo hai buttato un pezzo di carne al fuoco che rende complicate le manovre, bisognerebbe scindere i problemi e cercare la massima sintesi.
Riguardo il problema "spinoso" della forza reattiva, mi riferivo in verità ad una cosa un po' più radicale, la genealogia della morale la conosco ed è abbastanza semplice capire, su un piano come dicevo prima etico-socio-politico il perchè del risentimento. Il problema emerge se su questo piano vogliamo unificare anche il piano filosofico, che come anche l'alchemia professa, necessità di estrema semplicità e rigore nei concetti. Qui il problema è: se tutto è Volontà di Potenza (detto e ridetto da Nietzsche), la volontà di potenza sembrebbe commettere come un "errore di calcolo" nella reattività, ovvero un potenziamento "locale" (del risentito) a spese della potenza "globale" (uso termini matematici dato che anche Nietzsche si affida ad un approccio un po' termodinamico). Il problema qui è quello dell'emergere del "soggetto" che vuole la potenza nel magma caotico della Volontà di Potenza come unica sostanza (spinoziana?). Ovvero, se la volontà di potenza fosse una, perfettamente "comunicante", cioè immanente, non potrebbe "sbagliarsi" e snaturarsi nel risentimento, c'è quindi necessariamente l'emergere di una trascendenza (che sia anche un campo di trascendenza, cioè un trascendentale) da qualche parte, che crea le condizioni perché il risentito possa volere la PROPRIA potenza a spese della volontà di potenza globale. Non è più un problema di civiltà, di romani, greci, alessandrini o rinascimentali, è un problema di mondo, di vita, di volontà di potenza senza paese, nazionalità né soggetto fissato.
Spero sia chiaro, ho cercato di semplificare al massimo.
Ed è qui che viene sempre in aiuto Deleuze, che tratta diffusamente, nel suo Nietzsche, della genealogia della morale, e che poi ritornerà su queste questioni di continuo nei suoi lavori con Guattari (Anti-Edipo e Millepiani). E' sempre la formazione "territoriale" (il soggettivismo, il gruppo, il partito, la nazione, il popolo romantico-hegeliano) che tradisce la volontà di potenza immanente che di per sé sarebbe sprigionamento libero di potenze affettive spinoziane. Ma resta il problema: come si ripiegano questi strati? Come avviene questo tradimento del risentito? Quale Dio gliene dà la forza e la condizione di possibilità (il trascendentale)?
E così arrivo alla fine: la filosofia di Heidegger non è banale e non è in opposizione con quella di Nietzsche. Si può imparare da tutti, lo ha fatto Derrida per esempio, offrendo spunti tratti da entrambi. Quando Heidegger ad esempio propone l'essere come velantesi-svelantesi, siamo proprio nel campo dell'emergere misteroso del risentimento, seppur con linguaggi totalmente diversi. Heidegger si domanda "a che punto avremo (impersonale) sbagliato?" come e quanto Nietzsche. Lo stesso Nietzsche nella Gaia Scienza e nel contra Wagner parla chiaramente dell'importanza dei veli, del mistero, dei campi di trascendenza (soggetti) col loro egoismo.
La taglio proprio breve breve: è questo egoismo (a cui siamo arrivati così, come una necessità, una condicio sine qua non della volontà e quindi della volontà di potenza) e una certa condizione di IMpossibilità (leitmotiv di molti pensieri di Derrida) che costituiscono il problema. Essere egoisti sì, ma essendo contemporaneamente dei soggetti lacerati, dionisiaci, che differiscono da se stessi nel loro divenire, che quindi quando desiderano qualcosa per sé è sempre per un sé diverso, che continuamente si è superato e ha voluto ulteriore potenza. C'è altrettanto parassitarismo in Nietzsche dunque, quando predica l'eterno ritorno, il rischio maggiore, l'impossibilità stessa della vita e del divenire creativo, come casa (dell'essere?) da abitare con cautela, sempre pronti a traslare il cerchio fuori dal suo centro, dall'interno, come nel linguaggio si devono frequentare i suoi buchi, gli sbalzi poetici in cui la ripetizione biunivoca circolare meccanica del significante e del significato non coincidono più.
Insomma non è così banale il problema. Se si trattasse solo dei frustrati che si prendono delle rivincite con gli ideali religiosi e morali sarebbe molto più semplice, ma sotto c'è un problema molto più grosso, che riguarda la posizione filosofica di fondo in bilico fra immanenza e trascendenza (cioè per l'appunto divenire creativo intrinseco, differenza in sé, contro la distribuzione della differenza che si origina dall'uguale e dalle sue categorie logiche). Ovviamente dubito di essere stato chiaro ma sono sempre qua per andare più nel dettaglio e riprendere tutti i punti.
Non era mia intenzione usare paroloni, sono ormai deformato e fatico a farne senza. Comunque credo che il discorso sia chiaro nella sua essenza lo stesso.
1) Non hai centrato del tutto il problema: se la volontà di potenza fosse unica, non ne esisterebbe una debole e una forte. E la volontà di potenza non è mai declinata al plurale in Nietzsche, anche se deve essere prospettica. Se la quantità "totale" rimane invariata, e siamo d'accordo che l'eterno ritorno richiede questo, significa che la potenza è sempre presa a spese d'altri. Ma dove emerge allora la distinzione fra il passaggio di potenza legittimo e quello del risentito (perché entrambi sono "furti" se il totale è invariato)? Da come la metti tu, sembrerebbe che il forte ne ha diritto, mentre il debole lo deruba, ma questo presupporrebbe proprio un diritto costituito differente/anteriore/superiore a quello della volontà di potenza immanente che ammette il risentimento, cioè una qualche trascendenza (punto 2).
3) sono d'accordo, Spinoza è più rigido, ma comunque è quanto di più vicino ci sia.
4) questo problema degli "io" per me è fondamentale, proprio in connessione col punto 1 (e col 2). L'immanentismo non ammette facilmente l'io, sicuramente non degli io preesistenti. L'io, seguendo strettamente la logica dell'immanenza, dovrebbe venire fuori a posteriori, e questo Nietzsche lo sapeva e lo ha detto (non più "io penso", ma "esso pensa" si dice nell'aldilà del bene e del male). A questo punto non è problematica la moltiplicazione degli io, né il rapporto col nulla eckhartiano (che c'entra molto di striscio però qui, magari parleremo anche di questo se riusciamo a sbrogliarci). L'egoismo sarebbe però egoismo dell'es, della VdP, e sarebbe unico/immanente, e difficilmente si potrebbe pensare che siano proprio gli io a posteriori a lottiare fra loro per la potenza, quando ne sono un prodotto e uno strumento, per quanto necessario.
5) sono d'accordo anche su questo: Heidegger è interessante finché non tenta di assimilare Nietzsche alla metafisica con una palese cattiva fede.
Insomma provo a richiudere la questione in una colonna portante:
Pensare la volontà di potenza immanente, e contemporaneamente il risentimento, è possibile solo a condizione di indicare l'insorgere di un campo di trascendenza (cioè di un soggetto/io a posteriori) che si arroga un diritto che non ha immanentemente, e non viceversa (cioè si arroga nella lotta immanente un diritto che avrebbe per trascendenza). Non è una questione di parole, c'è una differenza penso interessante e importante. Non è la volontà di potenza (unica/immanente) che sbaglia o si indebolisce in qualche sua parte forte (?) mentre una sua parte debole (?) la spodesta ingiustamente (?). Ma è all'interno di un singolo egoismo universale che, a posteriori, in un campo di trascendenza, si crea il retromondo (che è necessario per il prospettivismo e quindi per la VdP stessa) che a sua volta può creare le paranoie del risentito quanto quelle del forte spodestato, che d'altronde diventerebbe subito un risentito se lamentasse il "furto"! C'è il rischio che Nietzsche ricada in una contro-morale del reazionario altrimenti.
Tutto il resto (Deleuze, Derrida in primis) scaturisce poi da questo problema: la necessità dei soggetti come referenti della potenza, e contemporaneamente la pericolosità della loro fuga dal piano di immanenza (sia nella nullificazione schopenhaueriana che nella totalizzazione hegeliana: le due forme pure di morale).
La punteggiaturaaaa!!!
Resto sulla parte di discussione, perché per il resto penso che si sia d'accordo, grosso modo, per cui non c'è molto da aggiungere.
Sì,effettivamente stiamo giungendo al punto vivo della questione che,per me,è l'errore fondamentale della concezione nietzschiana,e cioè questa tautologia:'Se il mondo è un insieme di innumerevoli vdp,esso è un magma irrazionale di energie prive di ordine in cui ognuna interpreta tutto il resto in modo prospettico.Dunque ogni interpretazione è da considerarsi falsa proprio perché non vi è alcun ordine nelle cose'.Ma se tutte le concezioni sono false anche questa lo è (cioè che il mondo sia vdp),per cui questa verità diviene l'ultima affermazione possibile alla ragione,la quale dopo di ciò non può far altro che auto-negarsi.Se la vita avesse bisogno di falsità per affermarsi,di semplificazione,dell''imposizione' di un ordine che in realtà manca, allora l'interazione del soggetto con la realtà,la sua 'presa' sul reale,sarebbe illusoria e,quindi,inadeguata a favorire opportunamente lo sviluppo della vita di quel medesimo soggetto.N. parte dal presupposto che più verità si sopporta,più si è forti.Il limite massimo di tale procedere verso la verità è il riconoscimento dell'assenza di qualsiasi ordine o 'forma' effettivamente esistente nel reale e cioè l'affermazione di quella 'verità' che è la meno consolatoria di tutte e che nel suo porsi si auto-nega:cioè che il tutto consiste di un insieme di vdp.Se però da un lato a livello psichico una asserzione o una concezione può favorire o meno (essere più o meno consolatoria) la vita di un soggetto in base alla sua intrinseca 'forza',dall'altro,a livello pratico, se non vi è una effettiva corrispondenza tra l'elaborazione razionale e la realtà,l'interazione con essa risulterà fallimentare e,quindi, inadeguata a consentire un'azione tale da favorire lo sviluppo del soggetto.Ad es.:se non vi fosse alcun ordine nelle cose,e anzi non vi fossero neanche cose,ed io volessi curare una patologia in un malato,tutta la biochimica,la conoscenza del metabolismo cellulare,dei batteri,dei virus ecc.sarebbero illusori e,quindi,falsi per cui ogni mio intervento sarebbe inadeguato e il malato morrebbe.Ma se,com'è effettivamente,io ammetto l'esistenza di quell'ordine che conosco tramite la scienza e intervengo opportunamente,riesco a curare il malato.Cosa significa questo?Che non è affatto vero che la vita ha bisogno di menzogna per affermarsi,ma,al contrario,di verità.Più conosco ciò che corrisponde al vero più posso interagire in modo vantaggioso per me stesso e per gli altri.Quindi è la verità a favorire la vita e non il contrario!N. giudicava decadente la morale cristiana perché questa ha sempre negato la scienza,lo 'spirito' nell'unico senso ammissibile,la ragione.Perché ora la nega lui stesso?Perché per transvalutare i valori deve negare un ordinamento immanente nel reale?Non bastava ammettere un'etica naturalistica contrapposta a quella ascetico-cristiana,che quindi approvasse le pulsioni,i desideri,il corpo anziché restituire valore agli aspetti brutali del carattere umano?Il superuomo non è un Goethe,un Mozart o un Michelangelo,ma un Cesare Borgia,uno Stalin,un Milosevic!L'etica pagana dei tempi di Pericle,che N.pone a suo proprio riferimento,aveva questi ultimi modelli come ideale? Oppure anche tra quei nobili vigeva il senso della giustizia,il concetto di 'buono' nella sua accezione comune e non in quella che N. nella Genealogia fa derivare da 'duonus' al fine di dimostrare come i valori siano collegati ad uno status sociale,e quindi imposti arbitrariamente anziché provenire dai sentimenti e dalla ragione, indipendentemente dalla appartenenza ad una classe sociale?Ammesso che la morale cristiana sia dannosa,non è vero che l'uomo non potrebbe essere tale senza una regolamentazione razionale degli istinti,cioè senza etica?Vuole ridurre a tutti i costi il valore della ragione,capovolge la consequenzialità logica delle cose (ad es.:'non si è felici perché si segue un'etica - qualsiasi etica - ma si è felici,dunque si agisce bene' o ancora 'si è istintivamente persone perbene,per istinto,non perché si è in grado di regolamentare la propria vita,di rendere armonici i propri sentimenti,istinti e azioni tramite la comprensione della natura,con la ragione.'Per quanto riguarda il 'debole' mi sembra ci sia molto da dire e da chiarire:innanzitutto il debole è sempre tale anche quando domina,poiché tale dominio lo ottiene grazie alla forza derivante dal numero di gran lunga superiore ai forti,cioè il debole è tale in quanto singolo,ma non quando si unisce in società e costituisce la società regolamentata dalla 'morale del gregge'.N.sembra stigmatizzi una volta per sempre il 'debole' definendolo come colui che nasce in una determinata condizione sociale e quindi è condannato al risentimento e,sia il suo subire covando livore,sia il suo rivoltarsi,è considerato con disprezzo(sappiamo cosa pensava della rivoluzione francese).Poi non si capisce per quale motivo il forte,il benriuscito debba corrispondere all'aristocratico visto che le più grandi menti dell'umanità, comprese quelle che lui stesso considera dei superuomini attraversano trasversalmente tutte le classi sociali.E' vero poi che una società basata sulla tirannia favorisce maggiormente lo sviluppo di uomini superiori?O invece bisogna determinare condizioni tali da consentire che le qualità di ognuno emergano,se ci sono?Cioè favorire una società la più democratica possibile,anzi oserei dire anarchica?L'etica non è come dici tu un retromondo,ma è la gestione delle condizioni di vita.Se le mie condizioni di vita sono buone,in base alle mie facoltà e capacità (etica) io sarò felice,se non lo sono anche se io fossi un genio o un aristocratico perirei come un cane.'Risentimento' è il nome dispregiativo per ciò che l'uomo schiavizzato,schiacciato dalla forza bruta di altri uomini reclama in nome di un elementare principio di non danneggiamento reciproco fondato sulla considerazione della pari dignità in cui la natura pone ogni essere vivente mettendolo al mondo e che trova il suo fondamento nella ragione e nel sentimento umani.Quando i primi forti hanno ucciso,violentato,umiliato i primi deboli non l'hanno forse fatto per una carenza,per ottenere qualcosa che gli mancava?Per come la vedo io se fossero stati davvero forti non avrebbero dovuto aver bisogno di nulla e non credo all'argomentazione che vuole che ogni forza debba necessariamente liberarsi,perché anche in questo caso si può controbattere dicendo che la forza può essere controllata,nel senso che è una caratteristica dell'esser forti dominare se stessi,o che può essere indirizzata a favore degli altri oltre che di se stessi!Il problema non è quindi 'come è possible che N. non consideri anche la morale del risentimento come legittima (poichè tutto è permesso)' rispondendo con motivazioni iperboliche,bensì 'perché si ostini a far coicidere 'buono' con 'nobile','aristocratico','forte' e 'cattivo'con'volgare','feccia','popolo','schiavo', 'debole'.Ho trovato due risposte e te le cito:1)Lettera di Erwin Rohde a Overbeck,a proposito di Al di là del bene e del male:"Sa che cosa temo per gli anni di Nietzsche che verranno?finirà per strisciare davanti alla croce,per nausea di tutto e per la sua venerazione per tutto quanto è 'distinto',che ha sempre avuto in corpo,ma che ora ha trovato una esaltazione veramente sgradevole."2)La volontà di potenza af. 329:"Ho forse danneggiato la virtù?Non più che gli anarchici abbiano recato danni ai prìncipi:proprio da quando vengono presi a fucilate siedono di nuovo più saldi sui loro troni...Perché è sempre stato così,e così sempre sarà:non c'è miglior modo di giovare a una causa che quello di perseguitarla e darle la caccia con tutti i cani...Questo ho fatto."E ora,come la mettiamo?Il prendere posizione a favore degli 'aristocratici',dei 'forti' non ha basi razionali è,come diceva Erwin Rohde,che conosceva bene N.,'una venerazione per tutto quanto è 'distinto' che ha sempre avuto in corpo'cioè una fissazione! E che dire del secondo argomento?Forse forse che ha attaccato la morale cristiana per rafforzarla?Beh se fosse così si capirebbe cosa si deve intendere per superuomo, riportando la mente a delle sue affermazioni,non ricordo dove,in cui si diceva che bisogna superare la morale cristiana in una morale più raffinata,una supermorale ottenuta grazie a duemila anni di cristianesimo.Allora cosa succede dalla Genealogia in poi?Si getta fumo negli occhi?La mia saggezza vi accecherà!L'etica dei forti è quella nazista e fascista,non quella degli aristocratici greci,che pure era biasimevole:l'eutanasia dei 'deboli' l'hanno messa in pratica e qui il razzismo non c'entrava niente,perché i'deboli' erano anche tedeschi ariani. Himmler si faceva vanto della sua etica aristocratica quando si impegnava a divenire 'duro' per superare la pietà suscitatagli dall'immane compito postogli dal problema della 'soluzione finale'.Ci sono due Nietzsche?Era una doppiezza voluta?strategica?al fine di non offrire perle ai porci?Una specie di esoterismo ed essoterismo?O una dualità psicotica già segno indelebile e mortificante della malattia? O anche tutte e due queste cose,perché l'una non esclude l'altra?
Lo statuto della verità nelle filosofie moderne è una cosa molto curiosa e interessante, certo non sono più pensabili a partire dagli schemi logici tradizionali. Il vero heideggeriano come svelamento è un esempio, e penso che la VdP come realtà, verità, "wirklichkeit" (ci sarebbe da fare una divagazione su questa parolina), sia da intendersi certo in senso molto più vicino a quello heideggeriano che alla actualitas o adaequatio scolastica.
Vieni comunque giustamente al dunque: wirklichkeit (già che ci siamo parliamone) viene da Wirk (inglese: work), cioè l'agire, il produrre, il lavorare. La wirklichkeit è ciò che agisce/produce/lavora, l'effettività si direbbe in italiano. Qui c'è molto di Hegel (è vero solo ciò che compie un processo, tramite il negativo del lavoro). Tradotto e rigirata la frittata in Nietzsche: è vero ciò che vuole la potenza, ciò che è quindi prospettico. Esiste una verità del prospettico, e mai una prospettiva sulla realtà. Quindi c'è una effettualità del desiderio, una sua realtà, esiste una tecnica efficace per "agire" qualora si prenda come correlativo dell'azione l'azione stessa (il "nostro" volere la potenza, avevo già parlato di come la VdP sia circolare quando tesa verso l'eterno ritorno). Proseguo con gli esempi matematici: esiste effettualità della derivata ma non della primitiva, conta solo quella, conta solo il differenziale (ecco perché in Francia si fa un gran parlare di Differenza). Ovvero come dicevi tu: "è il vero che conta PER la vita", c'è una verità del PER la vita, è vero che la morale è nociva PER la vita per esempio. Ci sarebbe un passaggio dalla actualitas alla potentia, alla dunamis. E' un "vero" circolare, autoreferenziale, effettuale. Direi che funziona come le strutture e il linguaggio (proprio nell'ottica di una VdP come "struttura" e "linguaggio"). Ma anche qui per ora sospendo l'approfondimento che non si finirebbe più.
Per tornare al punto, quello che avviene dalla Genealogia in poi è il passare da un piano sociale, storico, antropologico direi anche, ad un piano puramente filosofico. Non è più un problema di come il cristianesimo, il wagnerismo o lo schopenhauerismo facciano bene o male alla vita, questo è scontato, ma di come la vita lo permetta. La vita cioè la VdP. Diventa necessario che questo meccanismo sia interno alla "logica" (al linguaggio) della VdP e ciononostante sembra contraddirla (diventa una volontà di debolezza e annullamento). Anche io penso che Nietzsche diventi molto discutibile quando si arriva a muovergli una critica del concetto di "forte", e infatti sono stato il primo ad inizio topic a sollevare il discorso. Ed ecco che entra in gioco l'eterno ritorno, che è fondamentale proprio per capire il "mondo come VdP", Heidegger ha mostrato molto bene come esso sia un "disporsi dell'ente" e non solo un appello buttato là. L'eterno ritorno (la circolarità del volere di sopra) è il modo (struttura) immanente di disporsi della volontà (di potenza) tale per cui l'emergere del retromondo (inevitabile perché come dicevo garantisce il prospettivismo e l'effettualità di qualunque volontà che sia, l'attualizzarsi di una potenza che sia) non parta per la tangente ma rimanga "fedele" al suo centro (il moto circolare funziona così: un moto rettilineo verso la tangente continuamente rettificato da una forza che tiene legato l'oggetto ad un perno di rotazione). Puoi pensare anche alla durata bergsoniana per farti un'idea: è necessario che ci sia un coglione qualunque che guardi lo zucchero sciogliersi, ma Nietzsche aggiunge: è necessario che quel coglione voglia che lo zucchero si sciolga. Se vuole altro comincia a lamentarsi di ciò che vede, comincia a forzarlo, cioè comincia la morale. L'etica, per usare sempre questa opposizione, invece agisce solo sulla volontà di volontà, cioè ritorna all'immanenza della volontà di potenza. L'effettualità quindi, così concludiamo, non è agire su quello che generalmente chiamiamo reale (lo zucchero e l'acqua), cambiarlo, perché il reale è volontà di volontà (o VdP è sinonimo), per cui agire sul reale è agire sulla propria volontà chiusa in circolo. Il debole non può che impedire al forte di "diventare ciò che è", cioè una volontà di volontà impersonale, un puro evento spettatore dello zucchero scioglientesi, costringendolo a volere qualcosa d'altro o il nulla, non circolarmente. L'arte è la circolarità del volere, la fissazione di un pezzo di casualità (un colpo di dadi direbbe Mallarmé).
Non esistono modelli storici e sociali (tipo la Grecia di Pericle) per questo superuomo, esistono forse i modelli dell'arte (Goethe, un mezzo spinoziano, mi pare sia uno dei pochi esempi che lui fa), dei modelli fuori dal tempo cronologico in quanto hanno reso il tempo circolare (Così volli che fosse, cioè l'Aiòn: il regno di un fanciullo, non di Milosevic!). Tutti i concetti della Genealogia della Morale (Aristocratico, Forte, Debole, Risentimento) andrebbero riletti su quello che chiamavo piano filosofico puro (che sarebbe poi il piano unico della VdP dove tutto si appiattisce in una immanenza pura). E' quello che ho cercato di fare introducendo il tema dell'eterno ritorno immanente come volontà di volontà e dell'emergere trascendentale della dicotomia etica-morale. Diciamo che Nietzsche ha affinato la mira. Praticamente si tratta (così ritorno al titolo del topic) di creare, di creare sempre nuovi valori, ovvero di volere sempre la volontà creativa stessa, circolarmente, secondo il modello della grande opera d'arte che si fissa senza essere statica (è e-statica), che plasma la volontà (unica vera realta effettuale come dicevamo) sul fato (allo svelarsi del "vero", cioè della Volontà stessa: di nuovo il circolo).
Esiste questa armonia, che ha molto di quella stoica, questo erede circolare dell'apollineo, che però è ora armonia e struttura (Ripetizione) della Differenza.
Ah comunque, siccome magari non si capisce: sono sostanzialmente d'accordo con te, ma non vedo in cosa si debba correggere Nietzsche: ha già detto tutto lui, basta leggere con attenzione e cercare di lasciare un po' a margine le sue "fissazioni", che ci sono, ma che non inficiano la sostanza di fondo del suo pensiero.
Nietzsche è stato prima di tutto un pensatore, immenso, e in quanto tale aveva un ordine e una rigidità pari a quella di Hegel o Kant. E' proprio la rigidità che lo porta a certe ambiguità di forma e di linguaggio, stesso discorso per Heidegger.
Il "nemico" di Nietzsche è quasi sempre il nulla, soprattutto il nulla di volontà, però sempre di volontà si parla, per cui si parlerà sempre di una forma di etica o supermorale. E' necessario, è inevitabile come dicevo prima, per evitare il nulla. Si tratta a questo punto di piegare su se stessa la volontà, per evitare che si ripieghi sul nulla, abitare il nichilismo come processo, differendolo con la creazione continua (vedi anche certi discorsi di Heidegger e soprattutto Derrida), perchè questa dif-ferenza è la vita e l'essere, anziché professare un nuovo valore eterno che cammuffato da soluzione finale non fa che riaffermare la morte su scala planetaria (già da Hegel sappiamo che l'opposto non fa che corroborare il processo).
[[font="Verdana"]size="4"]CAri Sgubonius e Fulcanelli, volevo innanzitutto ringraziarvi per le esaudienti teorie filosofiche da voi dibattute a seguito del mio forse ingenuo interogativo.
Me ne sono rimasto -parafrasando un noto proverbio africano- nascosto come una formicuzza nell'erba, per non venire calpestato da quei due magnifici elefanti filosofici che siete! I miei complimenti davvero, anche per il vostro sforzo di essere chiari e non arcani al medio pubblico-come me-.
Volevo ancora porvi -sulla scia di questi argomenti-un semplice e forse puerile interrogativo.
Alla luce di quanto avete detto ,è possibile sia per la singola persona come per una comunità APPLICARE gli insegnamenti di Fritz alle proprie vite, senza finire ancora con le croci uncinati al braccio o nei deserti impraticabili dell'isolamento nichilista? Ho descritto due eccessi che possono scaturire da un uso della filosofia di Nice scorretto e poco critico, come lui stesso ammoniva scrivendo di non fare della sua persona una statua, che sarebbe crollata a schiacciare i suoi stessi troppo fanatici ammiratori! E quante volte nella Storia recente è successo!
Spero vogliate ancora trovare la gentilezza e la passione per la conoscenza già sopra dimostrate per rispondere a questa innocente formicuzza sempliciotta, che ancora vi ringrazia ,perchè vi assicuro, le vostre parole hanno un'importanza nella mia vita concreta.
Pertanto, è possibile un movimento concreto POST-NICCIANO?
Caro Mauro,il tuo,a mio avviso,è l'atteggiamento più corretto,dal punto di vista filosofico,perché mentre io e,penso me lo conceda, Sgubonius sembriamo essere in possesso di chissà quale conoscenza arcana,tu sembri essere consapevole di ciò che è essenziale per ogni vera ricerca e cioè 'sapere di non sapere'.Daltronde è ciò che affermano,in maniera diversa,i due autori di quel bellissimo libro pubblicato nel 1959 dal titolo 'Il mattino dei maghi',Louis Pauwels e Jacques Bergier,parafrasando un adagio del filosofo medievale Abelardo:'Più amo più voglio conoscere,più conosco più amo,perché tutto ciò che è conosciuto è bene'.Ti rispondo:io penso che il nazismo sia derivato,almeno per l'etica della durezza e dell'impietosità verso chi è in difficoltà o viene messo in condizioni di difficoltà,da un'accettazione totale degli insegnamenti nietzschiani con la sola variante del far coincidere i 'signori' con la nuova aristocrazia che il reich stava allevando (altro concetto nietzschiano) selezionando tra i tipi migliori della nobiltà tedesca e dei paesi conquistati e gli elementi del popolo più 'benriusciti'(a questo proposito puoi vedere 'Il mattino dei maghi' e 'Il nazismo magico' di Giorgio Galli),comunque ariani,e gli schiavi,i deboli con gli ebrei,con un occhio di strategica simpatia per i giudei di lingua araba,da sempre nemici giurati degli ebrei.Della prova dell'esistenza di un simile progetto me ne ha parlato una dott.ssa in chimica sposata con un feldmaresciallo della Wermacht,certo Maier,la quale mi ha anche confermato l'esistenza di studi avanzati,durante la II Guerra mondiale,sull'energia atomica ai quali essa stessa partecipò orientati proprio alla produzione della bomba atomica.Il primo nucleo di questa aristocrazia sembra fosse ubicato in Provenza,era addestrato con tecniche di meditazione orientale e doveva incarnare proprio il tipo di uomo che Nietzsche descrive come 'aristocratico' e cioè non soggetto a nessun sentimentalismo,spietato con i nemici e distaccato con i propri pari,votato agli dei germani intesi come emblemi della potenza ecc.Il nome di questo nucleo fondatore era SS Todenkopf(Testa di morto) e si differenziava dalle SS comuni per il ruolo che avrebbero rivestito e per la libertà d'azione che era loro conferita.Ora devo chiudere cmq riprendiamo il discorso.Ciao.
Potrei credere solo ad un Dio che danza! Certo! Questo tuo ultimo intervento è davvero mirabile per sintesi concettuale ed espressione plastica!Mi hai fatto venire una gran voglia di ballare con questo Dio(niso?) ; questa formicuzza si libera dall'erba e si mette a sgambettare!
Leggendoti ho avvertito come la sensazione di pareti di roccia che si fendono e fiumi carsici che emergono dalle viscere dalla terra -a cui portare venerazione!-
Sì, Sgub, questo è il movimento Nicciano! Sgambettiano insieme pertanto! Grande Sgub!
Primo contributo:Per la critica della concezione della volontà di potenza:
Ciò che è irrazionale è vero (volontà di potenza)
Ciò che è razionale è falso
Ciò che è razionale è falso perché si dimostra che si ricerca la 'regolarità',un 'ordine' nelle cose al fine di 'rassicurarci',perché la vita necessita di queste 'concezioni ordinate'.La ragione 'crea' e 'sovrappone' queste 'concezioni' del reale' (il 'mondo vero') alla realtà,che invece è caotica.La vita ha bisogno di falsità,ogni visione prospettica è falsa ed è funzionale unicamente all'ottenimento di più potenza sulle e contro le altre volontà di potenza.Si è 'forti' quando si è consapevoli della falsità delle proprie concezioni ('Tutto è falso,tutto è permesso' è il motto che Nietzsche trae dalla setta degli Hashashin).Si è 'deboli' quando,al contrario,le si crede vere in assoluto, pretendendo che siano tali per tutte le volontà di potenza.Il 'forte' sopporta la falsità delle proprie teorie,il 'debole' vuole la 'verità'. Quindi:ciò che è falso ha valore per la vita,ciò che è vero no,poiché ciò che è vero diviene la creazione di un 'mondo vero' fittizio,più desiderabile rispetto a quello reale e caotico,rifugio per i 'deboli' (coloro che non accettano il prospettivismo e la 'verità' di un mondo caotico). In realtà qui il criterio 'vero-falso' è stato sostituito da:'ciò_che_non_è_sopportabile - ciò_che_è_desiderabile',criterio che si sottrae alla ragione. Nietzsche vuole imporre un nuovo criteri di 'verità' che però non sia 'attaccabile' con la ragione,che sia assoluto.Se consideriamo due teorie,x e y,diremo che x è vera e y è falsa. Sia x che y sono razionali,ma solo una è vera.Ad es.:la concezione copernicana potrebbe essere x,quella tolemaica y.Perché la copernicana è vera e la tolemaica è falsa?In cosa consiste la 'veridicità' dell'una rispetto all'altra?Nell'evenienza che l'una aderisce meglio ai fatti dell'altra,ad esempio.Il che presuppone che i 'fatti', i fenomeni stiano in un certo modo anziché in un altro.Nel caso specifico:che il sole stia al 'centro' del nostro sistema planetario e non la terra,come affermava Tolomeo.Ma allora le cose hanno un loro ordine,non sono caos.Con la ragione posso comprendere questo 'ordine',e cioè da una visione oscura e confusa del reale posso ottenere una visione sempre più chiara e distinta.Se affermo che le teorie x e y sono false vorrà dire che ce ne sarà una terza,z ad es.,che sarà più vera,più rispondente a quell''ordine' che tento di descrivere.Ma la fiducia che quell'ordine esista è insito nella ragione,è costitutivo di essa e,senza questa fiducia non vi sarebbe ragione.O meglio,essa 'intuisce' che vi sia questa organizzazione nelle cose.Se,invece,le teorie x,y,z,....n sono da considerare tutte false,vuol dire che sono tali tranne una:quella che afferma che nelle cose non vi è alcun ordine razionale e che,quindi,si colloca al di là di questa numerazione infinita di teorie,per cui la chiameremo 'teoria 0'.La teoria 0 afferma ciò che tutta la serie di teorie x,y,z,...n nega,e cioè che nelle cose non vi è alcuna organizzazione,che tutto ciò che asseriscono le altre teorie esiste solo nella ragione,non nella realtà.Inoltre afferma che se la ragione ha elaborato quelle teorie è perché la vita(vdp) nella forma 'uomo' per potersi imporre ha bisogno di credere in un certo ordine delle cose,qualunque esso sia,piuttosto che soccombere dinanzi alla verità del caos.Essendo tutte le teorie razionali false,l'uomo deve convivere con la consapevolezza della falsità della ragione.L'uomo che sopporta tale consapevolezza è il 'superuomo'.Questa è la teoria 0.Ora vediamo quali sono i dubbi circa questa teoria:
1)Può la ragione ammettere un qualsiasi assunto senza ritenerlo vero?sapendo già in partenza che esso è falso?E in tal caso,quale sarebbe la differenza tra vero e falso?Sia le basi della logica classica,sia la prova dei fatti,l'esperienza,vengono considerate da Nietzsche delle mere costruzioni,'A' non è 'non A',il principio di non contraddizione,è respinto: 'A' non è 'A'; il 'fatto',la stessa 'cosalità',la concatenazione causale dei fenomeni, sono costruzioni della mente,tentativi di semplificazione del mondo al fine di poterci vivere.Anche la Fisica contemporanea,in un certo senso,afferma questo,anche la filosofia Samkhya,ma sia per l'una che per l'altra comunque le 'cose' esistono ed hanno un ordinamento al quale sottostà una organicità più complessa(le sub-particelle e forze atomiche per la Fisica e il purusha per il Samkhya).Annullando l'organizzazione che è nel reale,attribuendola solo ad un bisogno della vdp,che 'impone' tale ordinamento tramite la ragione,un'altra forma della vdp,non si condanna implicitamente la ragione stessa alla cecità,alla propria auto-negazione?Se le categorie di vero e falso non sono più definibili in base ai criteri logici o alla corrispondenza al reale,riconoscendo appunto la corrispondenza di questo alla costruzione mentale che se ne da,ma invece si fa corrispondere 'vero' a 'irrazionale',caos e falso a 'razionale',non si è istantaneamente abolita la validità di ogni ragionamento,il valore della ragione stessa,che si auto-nega,aprendo così un varco non alla libertà della ricerca,come pensava di fare Nietzsche abolendo il concetto stesso di 'verità' e,di conseguenza,aprendo nuovi orizzonti verso la ricerca intesa come 'interpretazione',bensì alla impossibilità di asserire qualsiasi cosa come veridica? Non si è ridotto il mondo ad un insieme caotico di energie in lotta tra loro in cui non vi è spazio per la ragione,intesa appunto come entità 'organizzata',neanche nella forma che questa assume nell'uomo,non diviene così,forse,il mondo,un abisso spalancato che inghiotte la vita e lo sguardo attonito dell'unica creatura cosciente che esso stesso ha concepito?Tramite questa tesi il pensiero occidentale è giunto ad una fase epocale nella quale al nichilismo corrisponde coerentemente l'autodistruzione dell'individuo.Questa fu la vera malattia di Nietzsche,non la sifilide o la psicosi.
Da tutte queste considerazioni possiamo concludere che:
1)la ragione e i sensi sono gli unici strumenti che abbiamo a disposizione per conoscere la realtà e,pertanto,non è possibile metterli in discussione o contestarli in alcun modo.
2)Se le teorie 'x,y,z,...n' sono false e la ragione le elabora al solo fine di semplificare la realtà per consentire alla vita intesa come 'volontà di potenza' di affermarsi,tali semplificazioni,essendo appunto false,non avrebbero alcun riscontro nella realtà,che sarebbe intesa come puro caos.Per questo motivo sarebbero soltanto illusioni che avrebbero un effetto rassicurante a livello psicologico,ma nessuna corrispondenza nella prassi.Sarebbe a dire che se la teoria atomica fosse una pura illazione escogitata per mettere ordine laddove non ce n'è e semplificare per mio comodo la realtà,non potrei mai,tramite essa,liberare energia atomica,poiché una tale astrazione esisterebbe solo nella mia mente a causa del mio bisogno di potenza ed io imporrei tale astrazione alla realtà caotica che,non possedendo alcun 'ordine atomico' in se stessa,non libererebbe un bel niente!Oppure,se volessi curare una malattia non potrei mai riuscirvi,perché la mia scienza medica,essendo falsa,non potrebbe riconoscere alcuna causa reale (Nietzsche ritiene che anche la concatenazione 'causa-effetto' non sussiste nella realtà)della malattia,nessuna legge chimica nell'organismo malato(non vi sono 'leggi chimiche',definite residui della morale,ma solo 'volontà di potenza' che contrastano tra loro),che corrisponda alla realtà,nessuna patologia, e persino l'idea stessa di 'organismo' esisterebbe solo nella mia mente che ha bisogno,per semplificarsi le cose,di pensare ordinato e razionale qualcosa che nella realtà è solo caos!Di conseguenza possiamo concludere che:
a)vi è necessariamente un'organizzazione nelle cose
è vera o verosimile quella concezione che meglio corrisponde alla organizzazione o organicità del reale
c)agendo su questa realtà organica si possono ottenere risultati prevedibili
d)proprio per questo,per tutto quello che si ammette ai punti a,b e c,soltanto ciò che è vero o verosimile consente alla vita di affermarsi e non il contrario!
Per passare all'etica: un medico sa bene perché la morale cristiana,ad es.,è errata e nuoce all'individuo: perché essa non rispetta l'equilibrio psico-biologico dell'individuo che l'adotta a suo stile di vita,il quale si costringe a reprimere eccessivamente i propri istinti,ad agire non per il proprio giovamento ma per quello degli altri,fino a sopprimere tutto ciò che egli è,sia psicologicamente,sia organicamente al solo fine di ottemperare ad una regola che è contraria alla conoscenza e alla natura e che tramite la logica del peccato e del premio nell'oltremondo genera quella scissione della personalità che è l'ipocrisia della moralina,il far credere di essere altruisti e pensare invece al proprio basso tornaconto - e oggi anno 2010 si pensa ancora che il proprio tornaconto non può che essere basso! - e la schizofrenia sociale che divide in modo innaturale ciò che è spirituale da ciò che è materiale,l'etica 'vera' dal vuoto che caratterizza la vita reale del povero peccatore!Vi rendete conto ora perché dico che il pensiero del Maestro va ripreso criticamente,cioè adottato individualmente, e poi finalmente praticato in questa realtà in cui ancora nulla è cambiato,ma dove tutto sembra sospeso,in attesa di trasformazione,di un un contromovimento che dia finalmente inizio a un nuovo Rinascimento,alla Grande Politica?
Ciao a tutti.Mi sembra ormai evidente che l'interpretazione del pensiero nietzschiano può dare adito a tutte le fantasie possibili e immaginabili,tanto che sembra sia questo il fenomeno più tangibile di tutti anziché la presa di coscienza delle problematiche di evidente importanza che esso solleva e la critica sistematica alle soluzioni sperimentali sostanziate da quel pensiero.N. stesso ci tiene a sottolineare che il suo pensiero rappresenta una soluzione assolutamente personale a quelle problematiche e definisce 'scimmie di Zarathustra' tutti coloro che si lasciano sedurre da quelle risposte.Io ritengo che tutte le interpretazioni date finora del suo pensiero abbiano subito la sua seduzione più che rappresentare una risposta autonoma ai temi da esso sollevati,il che sarebbe stata la conseguenza più naturale e certamente la più apprezzata da N. stesso.A mio avviso il pensiero nietzschiano va diviso in due fasi:1)la ricerca della libertà dal modo comune di concepire le cose,dagli 'idola' in cui si consolida la morale cristiana;2)la ricerca di una risposta individuale che riempia il vuoto lasciato dalla critica di quei modelli che sono andati in frantumi nella prima fase.Non vi è la fase in cui N. è illuminista e quella in cui è profetico:sappiamo quanto apprezzasse i 'metodi', fino a considerarli ciò che vi è di essenziale in filosofia.Ora,per criticare gli 'idola' quale strumento è più efficace della ragione e dell'analisi di tipo illuminista?E' un bisturi che N. utilizza,ma che ripone appena gli diviene inutile.E lo stesso nel costruire nuovi valori,nella fase successiva:quale strumento hanno sempre adottato le religioni?Quello di rendere incondizionati,non attaccabili dalla ragione i propri fondamenti (vedi quello che dice a proposito del codice di Manu) ed è esattamente quello che ha fatto lui con le sue teorie della volontà di potenza,di eterno ritorno e di superuomo.Ora tutti gli interpreti di N.,per quanto si rendano conto della differenza tra queste due fasi(o anche tre per alcuni), considerano il suo pensiero come un tutt'uno,non cogliendone le esigenze psicologiche che ne sono a fondamento e le strategie tramite cui tali esigenze trovano soddisfacimento,restando ipnotizzati dalla complessità e dall'oscura bellezza che si palesa alle loro menti.Tutti gli interpreti eccetto uno: Jaspers,che io considero uno dei migliori,non per la sua interpretazione,ma per la tutela che egli ha per la propria personalità,per la capacità di saper scegliere ciò che del pensiero del nostro gli sembra utile, apprezzabile (Karl Jaspers:'Nietzsche e il cristianesimo').L'insegnamento più importante di N. è quello che afferma la libertà per ognuno di essere se stessi(che poi diverrà 'divenire se stessi' in opposizione a Socrate):ma come si fa ad essere se stessi abbracciando in toto e passivamente le tesi di un altro,di Nietzsche stesso per esempio?Allora i vari interpreti che hanno fatto?Incapaci di sottrarsi alla seduzione e,allo stesso tempo,di elaborare una soluzione autonoma relativamente ai temi di oggettiva pregnanza sollevati da N.,da un lato si sono rifugiati in una non meglio precisata 'libera interpretazione'(ritenendo,così facendo,di essere comunque in linea col suo pensiero)distorcendone il senso e gli intenti quando non risultava 'comodo',dall'altro hanno provveduto a sotterrare sotto metri e metri di mistificazioni metafisiche proprio quelle tematiche vitali e scottanti che costituiscono il nucleo centrale del pensiero in generale e di quello nietzschiano in particolare,così restaurando la casta sacerdotale dei filosofi allineati con il potere('il prete e il filosofo vanno a braccetto con i potenti')che Nietzsche stesso disprezzava tanto.Alla luce di ciò non si può che concludere circa un'assoluta mancanza di onestà intellettuale da parte di tutti coloro che hanno tentato di interpretare N.Penso sia ora di liberarsi dai pregiudizi e attuare una lettura corretta dei testi nietzschiani,mettendo da parte le interpretazioni fantasiose o che titillino la propria vanità o che epurino quelle soluzioni che ci disgustano o ci contrariano.E questo è un lavoro enorme,non solo perché si deve 'leggere bene',ma anche perché vanno enucleati i temi essenziali e,per così dire,riportati alla luce,oltre che posti al vaglio della ragione.A tal fine ho qui sotto mano un mio piccolo contributo alla critica dell'ontologia della volontà di potenza,intesa da N. come sua risposta e soluzione del problema della posizione di nuovi valori:secondo me questa teoria è falsa e contraddittoria e,pertanto,non può essere considerata una risposta adeguata all'esigenza di costituire una Weltanschauung tale da consentire lo sviluppo di una nuova concezione e dell'individuo e della civiltà e rendere giustizia,riconoscendole come aspetto caratterizzante del pensiero occidentale,alle innovazioni che in campo scientifico e tecnologico coincidono con la formazione di un nuovo livello di consapevolezza,consapevolezza che,intesa come evoluzione coscienziale,costituisce il tema più proprio all'indagine filosofica,così come il 'mondo naturale' lo è per la Fisica.Nel prossimo post vedremo come e perché.A presto.
In difesa della Volontà di Potenza:
Col mondo vero hai abolito anche quello falso, non è più tanto utile/corretto parlare di una vita che ha bisogno di falsità, il rischio è che si ripristini un'idea di vero che ridiventa presto una contromorale e un nuovo valore eterno e fisso. E infatti alla fine dici giustamente che così è solo un nuovo ideale di vero "più assoluto" che si è riaffermato. Ed è proprio quel circolo (vizioso o virtuoso che sia) che hai evidenziato dopo a farla finita col dualismo vero-falso: esiste una teoria zero che è vera nel momento in cui dice che tutto è falso, tipica struttura da paradosso del barbiere, tipica bomba ad orologeria della logica, prova selettiva dell'eterno ritorno, cioè: ritorna solo ciò che è sufficientemente flessibile da "crederci", credere al mondo incompossibile, credere alla verità della falsità del tutto.
La vita stessa è falsità, ha bisogno solo di sé stessa, di moltiplicare le maschere (potenziarsi), la potenza stessa è "falsa", se ancora ha un senso questa parola, diciamo prospettica (senza nemmeno più il suo opposto dialettico o logico: l'assoluto di Hegel), che non significa nemmeno che ci si potenzia a spese degli altri, ma che ci si potenzia nella prospettiva, nella differenza con gli altri. Pensa al polemos Eracliteo: è lotta ma è anche armonia del discorde, Ares ma anche Artemide.
Bisogna fare a meno dell'idea che "le cose esistono" comunque, che hanno una loro struttura e il vero vi deve aderire. L'unica cosa che "esiste", tutto ciò che è, è volontà di potenza, ergo è sintesi falsa e prospettica di realtà, e non c'è una realtà assoluta prima, esiste la potenza di potenza e la volontà di volontà (sinonimi). Quindi non è che l'irrazionale sia vero e il razionale falso, non esistono proprio le categorie in questione. Il reale è razionale (un giorno bisognerebbe prendere di petto la questione Hegel-Nietzsche, Derrida ci ha provato trasversalmente, quando parla della scrittura) nella misura in cui il reale è volontà di potenza, e la volontà di potenza si palesa anche come razionalità. La razionalità non va abolita totalmente, come il mondo vero, come il tenere-per-vero metafisico, bisogna farne l'uso più indiscriminato possibile, cioè quello strumentale (tu hai detto bisturi, lui direbbe martello) e ciclico che secondo il modello della frase di sopra usa il vero ("tenere-per-vero" è la formula usata negli appunti per la VdP) per affermare il falso, bisogna avere l'elasticità di farlo, saper danzare è questo, non altro: "amor fati" e "così volli che fosse".
La teoria di Nietzsche non è irrazionale, ma fa un uso strumentale della ragione, filosofa col martello, è molto diverso. Citavo prima il discorso di Derrida sulla scrittura, lo riprendo solo per fare un esempio en passant: che uso fa la poesia della scrittura? Certo non cerca l'aderenza totale fra significante e significato, il panglossismo leibniziano, ma anzi gioca sulla differenza, danzando nello spazio metaforico, per affermare (comunicare, perché affermare è comunicare dovrebbe essere chiaro dalla questione del prospettivismo) qualcosa che non si sarebbe contenibile nel linguaggio rigido logico/matematico.
Se sia possibile ingannarsi così, è una bella domanda. L'arte ci fa credere che sia possibile.
PS: il pensiero di Nietzsche non è un dogma, è uno stimolo, e in quanto tale non esiste distinzione fra una sovrainterpretazione di Nietzsche e un pensiero individuale alla "diventa ciò che sei". Con Dio bisogna fare fuori anche l'io e questa ossessione filologica del "cosa avrà detto", cosa c'è sotto (noumeno, cosa in sé), ecc... Fare fuori poi significa in verità "fare un uso strumentale" come sopra. Noumeno, Io, Dio, linguaggio, ragione, vero, filologico, sono tutti fenomeni della VdP e in quanto tali non sono da eliminare tout court, ma da creare continuamente differenti. Finché rimastichiamo lo stimolo nietzschiano la nostra vita ne è potenziata, e tanto basta, non c'è altro dietro.
Sì,così se intendi per 'mondo vero' il mondo delle idee platonico,l'entificazione delle idee,come era per i realisti della scolastica, contrapposto al 'mondo apparente',il divenire.Ma non se lo comprendi come 'divenire con sue proprie leggi intrinseche' la cui descrizione è ciò che è vero.Qui l'errore sta nell'aver gettato alle ortiche ciò che nel divenire permane come 'forma' intrinseca ritenendolo un 'sovramondo' che si contrappone alla realtà,ma anche se ad es. un coniglio non è sempre lo stesso coniglio,perché diviene, resta sempre tale e non si trasforma in lucertola se non con un intervento magico o genetico!Il che ci dice che esistono regole ben precise alla base della vita e che se esiste vdp questa è conseguente all'organizzazione di quelle cellule che costituiscono la realtà chiamata 'coniglio'.Se poi io vedo un'altro essere che si muove e salta e somiglia in tutto a quello che chiamo 'coniglio' comprendo che,per quanto diverso,anche quello 'è' un coniglio! e che ha caratteristiche uguali al primo!Non sono io che immetto questi dati nella realtà,ma è la realtà che mi si palesa in quanto la posso com-prendere grazie alla ragione,così che se abolisco la ragione finalmente vedrò il caos e o impazzirò come Nietzsche o mi suiciderò come Deleuze.'Credere alla verità della falsità del tutto',ma che belle parole!che visione profonda!Però il computer che usi è il risultato di verità matematiche certe applicate alla realtà che,se non avesse un ordine 'in sé',mai e poi mai avrebbe consentito tale applicazione!E,a titolo informativo,ti faresti curare da un medico che crede alla 'verità della falsità' non del tutto,ma soltanto della biochimica?E,per passare all'ambito etico,quale sarebbe il tuo giudizio se una banda di delinquenti entrasse in casa tua uccidesse i tuoi cari,ti facesse nero di botte,ti rubasse tutti i tuoi averi,compreso quello che hai sul conto corrente e ti lasciasse nel vuoto a vivere solo nel ricordo straziante di tale tragedia per il resto dei tuoi giorni?Loro sarebbero i 'forti' degli ottimi esemplari di animale-uomo ben riuscito,senza alcuno scrupolo,(non come il pallido delinquente dello Zarathustra,che è ancora soggetto ai sensi di colpa,meschino!)ma dionisiacamente felici ed ebbri della estrinsecazione della loro potenza,volontà di potenza...si,lo ripeto per chi ha le orecchie dure:volontà di potenza!perché questo intendeva Nietzsche,volontà di dominio,potere contro ogni morale,e la cosa più insopportabile è proprio questo 'volersi aggiustare'a misura di anime belle e poetiche ciò che non è stato concepito per le anime belle e poetiche!!!'Se vai dalla donna non dimenticare la frusta!' ed ecco lì pronte le femministe,le donne emancipate sedotte dal nietzschepensiero a giustificarlo:'ma no.lui non intendeva frusta nel senso di frusta,ma era solo una metafora e poi in quel periodo soffriva per Lou von Salomè' si,si...è vero è vero e dovremmo rinunciare al concetto di vero per berci simili stronzate?chissà perché Lou non pensava neanche lontanamente di stare con lui!!!Ancora:il superuomo?no,suona troppo duro,troppo rozzo e poi 'uber' significa 'oltre' e non 'super',d'altronde il superuomo di Nietzsche non è cattivo,né buono,è al di là del bene e del male...mica soffre se tocca la kriptonite!In realtà lui voleva dire oltreuomo,si,si,oltreuomo...Menzogne,solo menzogne:Über (sometimes spelled ueber or uber, the former being a correct form in German just like über) (German pronunciation: [ˈyːbɐ] ( listen)) comes from the German language. It is a cognate of both Latin super and Greek ὑπέρ (hyper), as well as English over and above.Che significa superiore,esuberante,più potente!!!Oltreuomo...sì,un ectoplasma,magari!!!Per chi non lo sapesse,e qui chiudo,il signor Friedrich Nietzsche era a favore dello schiavismo,anzi riteneva una società fondata sullo schiavismo l'unica in grado di consentire uomini superiori,superuomini malvagi in un epoca che non era quella di Aristotele,e il tutto progettato a tavolino,come progetto a lungo termine:il Reich millenario!Haushoffer & Company non erano proprio degli ingenui,ignoranti e pazzoidi,e hanno capito Nietzsche fin troppo bene!Ma forse erano gli uomini sbagliati?In una società di signori e schiavi molti pensano che sarebbero i signori,gli aristocratici:e se invece vi capitasse di essere gli schiavi?nietzschiani per giunta,quindi senza possibilità di replica?(altrimenti dovreste autoetichettarvi come 'canaglia anarchica' soggetta al più vergognoso sentimento di vendetta che vi getterebbe nel peggiore stato di prostrazione ed autoflagellazione!).No,no basta!
La prima cosa che mi viene da pensare è che non hai capito un gran che di quanto scrivevo sopra. Non vedo cosa c'entrino le critiche in questione quanto meno, dato che rientrano perfettamente nella classificazione e trattazione di sopra.
In primis bisognerebbe disfarsi del dualismo che sta ancora nel pensare il materiale e il mentale (chiamali come vuoi poi: idea e cosa, res cogitans ed extensa, noumeno e fenomeno, volontà e rappresentazione) come due cose profondamente distinte in cui uno influenza l'altro o viceversa. Dato che nessuna delle due metà è pensabile a se stante, non ha alcun senso distinguere ancora i meccanismi, esiste una volontà di potenza che è la relazione prospettica (senza rimandare a nessun mondo assoluto prima) sintetizzatrice di realtà. Potremmo usare il dualismo aristotelico per capirci qualcosa in più: il potenziale e l'attuale. In Nietzsche (e probabilmente Spinoza) l'attuale è potenziale e viceversa: esiste solo la potenza, la volontà di, la tensione prospettica. Mondo di forze e non di corpi, i corpi vengono dopo come formalizzazione apollinea. Il coniglio è coniglio perché mi "affeziona" sempre nella stessa maniera (sensazione di pelo bianco, odore/sapore di un certo tipo, ecc...) e io lo chiamo così. Il ripetersi delle caratteristiche (e delle conseguenze) del tipo coniglio fa parte della falsità in cui la volontà di potenza si esercita. Il falso non è più l'opposto del vero, come l'immaginario non lo è più del reale e via dicendo. Esiste solo il falso, e il falso è il prospettico. Se io vedo un miraggio, quel miraggio esiste, non è né vero né falso, è un vero miraggio o della falsa acqua se vuoi, a seconda della prospettiva che prendi. Questa è la verità del falso, che supera vero e falso con un solo balzo, è la priorità del differenziale sull'assoluto.
Allo stesso modo non è che il caos sia irrazionale, il caos è solo l'estremamente complesso (nel senso etimologico di piegato in se stesso), le teorie scientifiche stesse lo intendono in questo modo. Per cui come ti dicevo esiste un "tutto il reale è razionale" anche per Nietzsche, se per razionale si intende la "ragione" circolare della potenza. Tutto ciò che esiste risponde a questa logica, a questo logos eracliteo. Il computer come la medicina sono tecniche, che funzionano se rispondono a criteri di potenza. La ripetizione, che fonda la tecnica, fa parte della struttura della volontà di potenza, per cui queste cose rientrano perfettamente nelle falsità prospettiche della volontà di potenza, che semplicemente invita a considerare le cose in divenire e differenzialmente (per esempio: tal medicina non è il bene sommo, ma fa bene se applicata in questo preciso caso: verità del relativo, cioè del falso in assoluto). Il contra platone sta solo nel dire che se un Sofista si finge coniglio, puzza come un coniglio, sa di coniglio, salta come un coniglio, esso è un coniglio, se un artista ha un divenire-pietra, esso è una pietra, in prospettiva e differenzialmente, ergo l'artista è più potente dello scienziato.
Per il resto basta che leggi Nietzsche: l'uomo è qualcosa che va superato (überwunden) = übermensch. Non è l'uomo superiore (né il re o il papa, ovvero chi ha il potere, né chi eccelle nel suo mestiere come il mago o il coscienzioso). E il superuomo è quasi sempre presentato come l'artista, lo è quando viene identificato in Goethe, lo è quando si dice "noi artisti", lo è quando si parla di "creazione" in continuazione, lo è in tutti i Ditirambi di Dioniso ("solo poeta, questo il pretende della verità"). Non è l'anima bella, ma è l'artista come superamento del limite umano della soggettività puntuale. Io posso essere il Borgia o Hitler della situazione, senza scrupoli e vincente in tutto, sicuramente questo è un volto della volontà di potenza, che risponde alla ciclicità del "voglio me stesso", ed in questo è superiore al moralista che vuole il nulla (ammesso che non ci sia poi una pulsione di morte dietro i Borgia e gli Hitler, cioè la ricerca della cessazione del volere e soprattutto del volere prospettico), ma non è ancora l'espressione più alta dell'esistente: il superuomo è definito così: "il tipo superiore di tutto ciò che è", leggasi il tipo superiore di volontà di potenza, quindi la suprema ciclicità di "volontà di volontà", quindi il volere se stessi sì, ma in quanto si è volontà di potenza (divenire ciò che si è). A questo grande passo, quello dell'eterno ritorno, in cui il soggetto imperante e dominatore si sfilaccia e si piega su se stesso, sopravvive solo l'artista, lo schizofrenico anche, che non ama se stesso ma ama il fato monista della VdP che prospetticamente si esprime in lui che danza nel divenire tutte le cose.
In poche parole: certo che Nietzsche potrebbe preferire 100 volte i nazisti al pubblico di Wagner (ma che strano che coincidano eh!) e 100 volte Borgia ai preti, e certamente professa una società in cui la moltitudine sta al suo posto; ma tutto questo appartiene all'uomo, non al superuomo. Quando si parla del superuomo, stiamo parlando di uno che può essere schiavo in catene, con la sua famiglia impalata ad un muro davanti a sé, con l'armageddon davanti, e nel contempo dire "non è proprio ora divenuto perfetto il mondo, ebbene, ancora una volta". Dev'essere un pazzo? Sì, probabile. Oppure dovrebbe essere un esteta che davanti ad una tragedia sofoclea chiede il bis.
"La prima cosa che mi viene da pensare è che non hai capito un gran che di quanto scrivevo sopra." Eh sì,cosa vuoi...mica tutti possono pervenire ad una così alta conoscenza.Però si da anche il caso che non tutti possano concordare con te!!Forse non tutti interpretano gli scritti di Nietzsche come li interpreti tu o Deleuze o Heidegger.Ma una cosa io non sopporto:che si attribuiscano ad un autore idee e parole che non solo non ha mai espresso,ma che neanche lontanamente potrebbero aver fatto parte del suo pensiero!E' questo quello che mi rattrista e mi disgusta allo stesso tempo:che si abbia bisogno di qualcuno dietro il quale celare le proprie miserie,il proprio vuoto e per far questo bisogna mettergli in bocca cose che non ha mai detto.Perché si ha bisogno di Nietzsche per dare autorità a quello che si dice?E poi,forse da qualche parte si è istituita una gara per dimostrare chi è più intelligente?E cosa si vince?Il modo di divenire se stessi ripetendo pari pari,o con qualche comoda epurazione,ciò che ha già detto Nietzsche?A me non interessa creare nuovi idoli ai quali prostrarmi dopo averli modificati a mia immagine,e sai chi mi ha insegnato questo?ma guarda un po',proprio un tale di nome Nietzsche!
"Non vedo cosa c'entrino le critiche in questione quanto meno, dato che rientrano perfettamente nella classificazione e trattazione di sopra."Centrano eccome,visto che io critico la teoria della volontà di potenza,tu invece l'accetti passivamente ("In difesa della Volontà di Potenza") anche se in ciò che non ti piace cambi il senso,rendi smisuratamente complesso ciò che non lo è al fine di renderlo accettabile,anzi 'elevato'.
"Col mondo vero hai abolito anche quello falso" vero,se accetti che tutto è vdp,ma io non lo accetto perché se non vi è vero e falso si è abolita la base della ragione e quindi la ragione stessa:ora la ragione non ha uno strumento esterno ad essa per autogiudicarsi ergo concludo che non posso rinunciare ad essa.
"non è più tanto utile/corretto parlare di una vita che ha bisogno di falsità"sì,ma è N.stesso che lo fa! la vdp individuata nel singolo si fa ragione:poiché la ragione ordina ciò che tramite i sensi percepisce attorno a sé,'impone' alla realtà,che è formata da altre vdp,le quali sono puro caos,irrazionali,(anche le altre 'ragioni' sono espressione della vdp)un proprio ordine arbitrario,ma questo ordine non esiste nella realtà in quanto questa è costituita di un insieme di vdp caotiche e irrazionali sia singolarmente che nel loro insieme,per cui tutto ciò che è percepito come 'oggetto' non sussiste,la causalità,neanche,la scienza,per niente,l'esperienza,il toccare con mano,pura illusione,ma a quale fine si cerca ordine,semplificazione ecc.?Risposta di N.:al fine di rassicurarci,affinché in questo mondo creato da noi si possa vivere,ergo se tutte le concezioni razionali sono false,perché la realtà è vdp irrazionale,cioè tutto è irrazionale,le concezioni della ragione in quanto logiche non avranno riscontro nella realtà,che è caotica,per cui io non ho più gli strumenti per agire su di essa in modo opportuno.Se al ragionamento non corrisponde un ordine interno alle cose,bensì caos, come posso intervenire tramite la conoscenza sulle cose se questa conoscenza esiste solo in me?Io credo che abbiano ragione Democrito e la scienza contemporanea:vi è un ordine nelle cose che può essere compreso tramite il linguaggio logico-matematico.I quanti possono anche essere intesi come quantità di potenza,energia,ma non sono nulla finché non si organizzano:perciò io dico che la volontà è conseguente all'organizzarsi delle particelle,perché la volontà è una facoltà e come tale richiede l'esistenza di un organismo che la produca,prima di ciò siamo noi ad immetterla idealmente nelle cose per spiegarcele!
"che non significa nemmeno che ci si potenzia a spese degli altri" questa è un'asineria grande quanto una casa,non si acquisisce potenza se non a spese di altri ed è proprio grazie alla contiguità con altre vdp che si può acquisire potenza!da dove altrimenti?dallo spirito santo?o dal prana?Il mondo nietzschiano è pieno,non vi è vuoto e una sostanza come il prana non è concepibile per lui.
"ma che ci si potenzia nella prospettiva, nella differenza con gli altri." La lotta intellettuale è una sublimazione della volontà di dominio,ma è sempre il potere che si vuole.
"Pensa al polemos Eracliteo: è lotta ma è anche armonia del discorde" Nietzsche non concorda totalmente con Eraclito:per questi il lògos sussiste nell'equilibrio che si determina tra i contrari (come nel taoismo,yin e yang) e costituisce proprio ciò che io chiamo 'l'organizzazione nelle cose' e che rende possibile un 'discorso' su di esse che può essere scientifico,artistico o filosofico.Per N. non vi è lògos ma vdp irrazionali che lottano tra loro e si delimitano reciprocamente usando anche la ragione (il lògos) come strumento del potere dell'irrazionale e facendola derivare da questi.La differenza a me appare lampante.L'eterno ritorno non è un 'equilibrio' derivato,ma superfetazione esasperata/ante della volontà di vita/potenza che considera come ultima ratio la volontà di volere se stessa eternamente,mentre Eraclito riteneva indifferente vivere o morire e a chi gli chiedesse 'ma allora perché vivi?' lui rispondeva 'appunto perché mi è indifferente!'
Vorrei continuare,ma preferisco andare a giocare con i bambini davanti al tempio.
"In primis bisognerebbe disfarsi del dualismo che sta ancora nel pensare il materiale e il mentale" Perché? è fuori moda? non è firmato Chanel? e poi chi ti dice che io intenda separare il mentale dal materiale?al contrario,direbbe Fritz,al contrario!
"Dato che nessuna delle due metà è pensabile a se stante" consegue da quanto detto sopra che non sussistono alcune 'due metà': l'organicità è 'corporificata' nelle cose così come nella mente,è un tutt'uno,è tutto materia/energia,ma con un ordine che sfugge nella sua intima essenza alla nostra visione prospettica la quale però si amplia sempre più tramite la conoscenza di ciò che è vero,ciò che sussiste effettivamente.Per 'intima essenza' non intendo un qualsivoglia noumeno bensì una consapevolezza totalizzante che si colloca al di là del pensiero discorsivo e diviene pura intuizione,superamento dei contrari,in particolar modo dell'antinomia soggetto/oggetto. L'errore degli stoici consiste nell'aver introdotto nel reale un ordine fittizio e rigido che escludeva sia il fluire delle cose,sia la spontaneità e la vitalità degli esseri senzienti,facendo della ragione qualcosa di opposto alle funzioni vitali proprie all'organicità naturale confondendo la 'ragione' intesa come facoltà logico/razionale con l'organicità propria al mondo naturale ed evirando quella facoltà sia dei suoi aspetti sentimentali e pulsionali,sia di quelle potenzialità che si discostano dalla pura capacità logica,come l'intuizione.
"Mondo di forze e non di corpi, i corpi vengono dopo come formalizzazione apollinea" tutto vero eccetto l'ultima parte:i corpi sono una nostra invenzione che la ragione/vdp determina in vista della propria sopravvivenza in un mondo caotico per 'imporre' a questo caos una qualche nozione che comunque gli è estranea.Non vi sono 'cose' se non nella nostra mente!Non vi è causalità.Questo mondo è dionisiaco,l'apollineo manca! e allora qual è il problema?!questo è il problema!
"Il falso non è più l'opposto del vero, come l'immaginario non lo è più del reale e via dicendo" appunto! Perché è tutto falso!L'autodistruzione sistematica della ragione,un'altra forma di nichilismo estremo come conseguenza a quella morale/religiosa del cristianesimo!Qui Nietzsche non costruisce più,langue disperato nel più cupo annullamento:l'unica via d'uscita è l'identificazione col dio dell'irrazionale inteso nella sua compiutezza,che 'si nutre dei propri escrementi',perché questa tensione alla totalità è insopprimibile,solo che il mondo che qui viene concepito e col quale ci si identifica è un mondo in cui non vi è spazio neanche per la ragione che lo ha pensato ergo,per estrema coerenza bisogna annullarla.Infatti nel periodo del ricovero a Basilea (caso strano il dottore che lo aveva in cura si chiamava Wille:Volontà in tedesco)tragicamente N. si nutriva dei propri escrementi.
"Esiste solo il falso, e il falso è il prospettico" Non si può credere il falso sapendo che è falso!E' una contradictio in adjecto!Posso credere che un'asserzione sia parzialmente vera o verosimile,ma non falsa.Il prospettivismo sta nella limitazione dovuta alla percezione sensoriale (ad es. vediamo il paesaggio piatto e ne concludiamo che la Terra sia piatta) o all'errore della ragione (pensiamo nel modo A e invece la spiegazione sta in o all'incapacità di comprendere una dinamica della realtà (ad es. come nasce e si sviluppa un tumore) o infine nel percepire il mondo qualitativamente,in modo artistico,assolutamente soggettivo.Il prospettivismo è la nostra condizione di soggetto che tendiamo a superare,non per abolirla,ma per rafforzarne la consapevolezza.
"Se io vedo un miraggio, quel miraggio esiste, non è né vero né falso, è un vero miraggio o della falsa acqua se vuoi, a seconda della prospettiva che prendi" Certo!Finché non hai bisogno di bere!!!Ecco perché dico che è la verità a favorire la vita e non il contrario: la Natura ci ha forniti di ragione perché la ragione è insita in essa che ha privilegiato l'uomo,forse anche i delfini,o altri esseri che potrebbero vivere su altri pianeti(chi può dirlo?) in modo da farne un microcosmo,per così dire,così che chi è dotato di intelligenza partecipa della divinità,con licenza parlando,dell'ebbrezza erotica,degli stati superiori di coscienza,del piacere globale dell'essere senziente,ma anche del dolore,del male che può attenuare e,a volte,superare grazie alla saggezza:'principio e bene supremo è l'intelligenza delle cose, perciò tale genere di intelligenza è anche più apprezzabile della stessa filosofia, e madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia intelligente, bella e giusta, né vita intelligente, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili' come dice Epicuro.Io considero superuomo chi realizza pienamente le proprie facoltà,sia fisiche che mentali:Spinoza,Goethe,Caravaggio,Leonardo da Vinci,Mozart, Beethoven,Newton,Archimede,Platone,Socrate,ecc.chiunque metta a frutto le sue peculiari qualità a favore della vita.Il superuomo è e deve restare un caso,non può essere progettato o voluto:nasce,è,e tutti gli altri uomini non possono che trarne vantaggio,anche se lo invidiano:ma il superuomo non fa pesare la propria superiorità,né crede di essere superiore.
"Allo stesso modo non è che il caos sia irrazionale, il caos è solo l'estremamente complesso" Se così fosse sarebbe dimostrata in pieno la mia tesi:l'estremamente complesso può essere compreso ergo ecc.
"Per cui come ti dicevo esiste un "tutto il reale è razionale" anche per Nietzsche, se per razionale si intende la "ragione" circolare della potenza" Sì,ma solo nella tua fantasia:'E sapete voi che cosa è per me 'il mondo'?Devo mostrarvelo nel mio specchio?Questo mondo è un mostro di forza,senza principio,senza fine,una quantità di energia fissa e bronzea,che non diventa né più grande né più piccola,che non si consuma,ma solo si trasforma,che nella sua totalità è una grandezza invariabile,un'economia senza profitti né perdite,ma anche senza incremento,senza entrate,circondata dal 'nulla' come dal suo limite...ecc. [1067 La volontà di potenza]'.
"Il computer come la medicina sono tecniche, che funzionano se rispondono a criteri di potenza' Si si...è la stesa logica dell'uomo allo stato primitivo che vedendo uno di noi che utilizza un computer prende una scatola per fare il tower,un vetro per monitor li collega e impone a questo totem magico di funzionare come quello che usa l'uomo civilizzato: e per cosa si usa questo totem?che cosa ci fa l'uomo tecnologicamente evoluto?Ma è ovvio:parla con gli dèi per farsi inviare tante cose buone.Ah sant'Heidegger!
"La ripetizione, che fonda la tecnica, fa parte della struttura della volontà di potenza' La ripetizione è una metafora che N. usa per imprimere alla realtà caotica un senso arbitrario per non doverla rinnegare,per non dover giudicare la 'realtà' che lui stesso si è costretto a concepire come coacervo di forze irrazionali contrapposte.Con questa 'struttura',come la chiami tu,non si potrebbe pensare neanche di costruire una radiolina!Grazie sant'Heidegger per aver gettato fango,come Madre Chiesa d'altronde,sulla scienza e sulla tecnica.Pre-ghiamo,a-men!
" tal medicina non è il bene sommo, ma fa bene se applicata in questo preciso caso" Fa...bene? Ma se non esiste vero e falso come fai a giudicare cosa è bene e cosa è male,anche in senso relativo?
" Il contra platone sta solo nel dire che se un Sofista si finge coniglio, puzza come un coniglio, sa di coniglio, salta come un coniglio, esso è un coniglio, se un artista ha un divenire-pietra, esso è una pietra, in prospettiva e differenzialmente, ergo l'artista è più potente dello scienziato" ah ah,bella filastrocca!
"Per il resto basta che leggi Nietzsche" ah davvero?!e dimmi quante altre volte dovrei rileggermi tutte le opere?è sempre un grande piacere,per carità di dio,ma ora,ora voglio criticarlo,i tempi sono maturi!
h
Non è che mi interessi tanto "cosa ha detto Nietzsche", l'ho scritto molto chiaramente almeno una volta nel Post Scriptum. L'importante è quale riflessione fa scaturire in noi e fra noi, anche le citazioni servono a questo. Se ho scritto che non avevi capito non è per ledere la maestà, è perché ci si capisca meglio e le critiche siano coerenti col contenuto. Allo stesso modo non vedo quando mai io mi sarei nascosto dietro Nietzsche (dopo in difesa di ci ho messo la risata apposta!!), io ti ho dato una mia idea/interpretazione, che cerca di mettere insieme più parti possibili del pensiero di Nietzsche e di altre suggestioni, non pretendo di darti dei dogmi né niente, chiedo solo, se dobbiamo risponderci, di farlo con più calma e cogenza possibili.
La tua critica alla volontà di potenza ha un senso, nella misura in cui non si considera la volontà di potenza come il tutto. D'altronde penso che sia inevitabile che una critica venga da "fuori" (da qualcosa che non è vdp, quindi la vdp non sarebbe il tutto), non può essere la vdp a criticare se stessa (e se lo facesse sarebbe per potenziarsi). Ma non mi sembra così scontato/necessario che con la VdP come tutto si abolisca la ragione, piuttosto la ragione va a fare parte di quel tutto, non devi rinunciarci, non si tratta quasi mai di "rinunciare" in Nietzsche, si tratta sempre di usare meglio. Credo che tutto l'inghippo stia qui. La VdP non è irrazionale (l'opposto di razionale) è al di là della ragione e in quanto tale la fonda in una effettualità più vasta. Perfino in Hegel quando si parla di reale-razionale si parla poi spesso di A = non A, eppure la Logica è l'effettualità del suo sistema. La razionalità intesa come tecnica (usando una parola heideggeriana, ma senza l'accezione negativa che ha in Heidegger) è effettuale nella misura in cui risponde all'effetualità della VdP e cessa di esserlo quando non è più il fattore principale (per esempio nell'estetica è uno strumento molto inaffidabile), non per questo bisogna rinunciarci, bisogna solo avere l'elasticità di spingere la volontà di verità fino a dove non diventa autodistruttiva, e di usufruire di altre creazioni di valori per altre situazioni. Non ho mai detto che se un computer è vitale non bisogna costruirlo o bisogna farlo a casaccio, certo che la tecnica serve ed è vitale, non sono Heidegger, certo che è possibile valutare prospetticamente se una medicina fa bene PER ME che la assumo e la valuto, non ti sto parlando di anti-illuminismo e di irrazionalismo, ma di usare poi le tecniche per il fine ultimo, cioè la potenza, e non per instaurare delle nuove morali. Anche l'artista che deve iniziare l'opera necessariamente segue delle tecniche, ma non per produrre un oggetto meramente tecnico riproduttivo, l'orizzonte è sempre quello della creazione ex novo. Se la VdP non è (solo) ratio, è però a tutti gli effetti un logos, un ordinamento, un (dis)equilibrio di forze, una distribuzione (nomade), ci sono poi alcune differenze con Eraclito (per quel poco che sappiamo di lui) come ce n'è per Spinoza, ma esiste di fondo lo stesso monismo dinamico di una sostanza magmatica e potenziale.
L'irrazionalità che Nietzsche deriva da Schopenhauer nella volontà è più che altro un "senza-scopo", fatto salvo il girare su se stessi, un mostro come lo sono certi macchini enormi e tritura-tutto. La volontà come sostanza è una concezione piuttosto antica che forse è molto più sensata di quella rigida della materia inanimata con il vivente che ne viene fuori "in qualche modo", per il semplice fatto che bergsonianamente ci deve essere un metronomo più o meno divino che "guardi lo zucchero sciogliersi". Non è più una volontà nel senso psicologico della parola, è una pulsione generalizzata della materia, uniformante, che si traduce poi se vuoi in fenomeni come la forza di gravità e i campi elettromagnetici (chi glielo "dice" alla terra di girare? e più banalmente chi ne regola la sincronia col resto del reale?).
Vengo al punto cruciale:
Tutte le questioni sulle cose come astrazioni nostre, sul vero come utile alla vita, sull'uso utile della ragione, sul superuomo come sommo uso delle facoltà, mi sembrano ineccepibili e non credo di aver detto il contrario. Ma prendi un caso come Beethoven: è difficile pensare che la sua grandezza derivi dalla razionalità logico-matematica, per questo interviene una "razionalità più vasta" come la definivi prima (ma non "più assoluta", proprio perché è intrinsecamente relativa e prospettica) che abbia il superuomo come tipo superiore (si intende qui superiore nel senso della potenza, che non è il potere, dopo affrontiamo il discorso).
Non è che siamo tanto distanti, ma si tratta solo di lenire il dualismo che continui a forzare fra irrazionale e razionale. Nietzsche ci dice soltanto: la ragione non è vitale sempre, a volte serve altro (tu stesso prima parlavi di intuizione: termine del romanticismo e dell'idealismo, del misticismo e del bergsonismo, proprio in antitesi con la deduzione logico-matematica) e ci vuole la flessibilità di adoperare il martello giusto ogni volta. L'eterno ritorno è uno di questi martelli, ed è il più potente, e conduce alla volontà di potenza come arte (l'ho spiegato sopra 2-3 volte, eventualmente lo ripeterò) dove il furto di potenza all'altro diventa una rappresentazione inadeguata del processo di potenziamento della volontà di potenza (il furto è un atto, non è mai una potenza).
In questo quadro, col monismo, la circolarità, e l'artista come oltre-umano mi pare che il tutto abbia sufficiente consistenza, e la critica che muovevi non sia essenziale in quanto è inglobata nell'idea che il tenere-per-vero e la ragione in generale servono sicuramente, ma non fanno ancora il superuomo (che non vi rinuncierà comunque, le ingloberà in quanto divenuto ciò che è, cioè VdP, in una effettualità ulteriore).
Per me nella tua concezione c'è un po' di ambiguità nel modo in cui il prospettivismo starebbe a fianco della realtà sussistente senza dualismo. O la realtà è prospettiva, e si fa solo negli interspazi, e si conosce creando ulteriori connessioni sintetizzatrici di realtà, oppure esistono due ordini ben distinti di realtà sussistente e percezione parziale. Tutto sommato non credo nemmeno che faccia una grossa differenza, la differenza grossa per me è poi la questione dell'artista e dello scienziato (banalizzando i tipi umani): se il mondo è da creare e non da conoscere, il primo ha un vantaggio comparativo sull'altro (sempre banalizzando e andando al sodo). Si può criticare Nietzsche, ma nello specifico non per l'incoerenza dei suoi pensieri fondamentali (Vdp, l'eterno ritorno, superuomo, nichilismo e creazione di valori), è sulla parte "socio-politica" che Nietzsche prende alcune cantonate, forse perché non è quello il campo d'applicazione coerente, si finisce nella fossa biologica di cui parla Schopenhauer, dopo, mi pare, se ne accorgerà.
Finisco ora di digerire, dopo aver letto tre volte, il vostro appassionante dibattito sulla Vdp, e la formicuzza rimette fuori la crapettina dai fili d'erba.
Accipicchia, siete due elefanti magnifici e m'avete rifornito di splendido avorio!-per la carità. è solo una metafora, sono animalista e non bisogna uccidere gli elefanti!-.
Rimetto fuori le antenne ovviamente non per concludere il vostro discorso, perchè la vostra bravura è stata tale da lasciare la questione BEN APERTA.
Perchè, comunque giustamente lo si critichi- e il MAstro Baffo ci esorta in continuazione a farlo nei suoi scritti! ,Nietzsche ha il merito di non averci lasciato nessuna Sacra Scrittura -e sul fatto che la VdP non è un dogma e un noumeno, mi sembra che, a vostro modo, siete d'accordo tutt'e'due-,sia benemerito!
Ricordiamo il suo monito:
"E il modo vero diventa favola".
Oggi vedo ancora troppi cacciatori di realtà e di verità mietere vittime, per non smettere un solo giorno di tenere Nietzsche come punto di riferimento.
Perchè non c'è forma di rispetto e di educazione più alta dell'ammettere: LA QUESTIONE E' ANCORA APERTA.
Su come si possano apllicare i valori del Baffo nella nostra vita, ad esempio, se per se stessi o in gruppo o ina vasta comunità:
LA QUESTIONE E' -e forse sempre resterà- ANCORA APERTA.
Posso solo applaudirvi per la vostra ricerca/passione intellettuale antifinalista e profonda, e dirvi col sorriso dell'amichevole affetto:
BRAVI! APPLAUDITEVI A VICENDA! SIETE STATI MAGNIFICI!
Grazie dalla vostra formicuzza, elefantoni miei!