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> la morte di dio
roberto.borghesi
messagio Jan 31 2009, 10:35 PM
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l'aforisma 125 di FW riporta le parole di un uomo in preda all'infuriare della mente, come può essere furente la bocca di una sibilla. esse dicono: " dio è morto. dio rimane morto. e siamo noi che gli abbiamo dato la morte".
zarathoustra, nel proemio ", una volta lasciato il "santo vegliardo", considera come strano e quasi impossibile che questi non abbia sentito dire che "dio è morto". non aggiunge, tuttavia, che "noi" gli abbiamo dato la morte, né ha qui un atteggiamento "furente".
si può allora supporre che zarathoustra non si metta all'interno di quel "noi". allora: due sono le posizioni, in nietzsche, intorno all'annuncio della morte di dio. d'altra parte, in un frammento postumo del 1870 scrive : Motto: „der große Pan ist todt.“, ossia si da come motto la morte di un dio grande, come Pan. Egli, cioè, fa suo motto l'annuncio della morte di un gerande dio al tramonto della civiltà greca, cui seguì l'avvneto del cristianesimo. Allora: se in a) nietzsche pronuncia una morte di un dio, presumibilmente quello della trascendenza platonico-cristiana, rinnovando il gesto di dare la morte ad un dio, e inevitabilmente assimilandosi questo gesto agli ebrei che condannarono gesù, in cool.gif egli enuncia, invece, che appartiene alla divinità di potere "morire".
allora, si può giungere alla conclusione che parlare di morte di dio in nietzsche non è così semplice. certamente l'uomo furioso precisa che dio è morto, che dio "rimane" morto. e forse qui sta il senso di dare la morte di "noi", nel fatto che non diamo la possibilità a dio di risorgere. gli dei muoiono, ma poi risorgono; l'uomo "folle", invece grida che per "noi" dio resta morto, dunque la sua è una morte definitiva. sono queste le parole "enigmatiche2" che in modo "sibillino"(g colli. la sapienza greca, Eraclito: SG 14<A2>), l'uomo furente proclama. Ma se nietzsche fa dire ad un uomo "folle" queste parole non vuole lasciare intendere che in questa "profezia" si annida un "pericolo"? quale "valore" hanno, oggi, le parole di un "folle"?
zarathoustra, invece, si limita a dire che "dio è morto", e a constatare che il vegliardo non si è accorto di vivere in un tempo che vive la morte di dio. il vegliardo, nonostante dio sia morto. dunque, è possibile vivere come se dio0 fosse ancora, nonostante esso non sia più. ma, se per il vegliardo dio è ancora vivo, allora, in che senso zarathoustra può parlare di morte di dio? mi fermo.
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roberto.borghesi
messagio Feb 2 2009, 01:16 PM
Messaggio #2


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CITAZIONE(roberto.borghesi @ Jan 31 2009, 10:35 PM) *
l'aforisma 125 di FW riporta le parole di un uomo in preda all'infuriare della mente, come può essere furente la bocca di una sibilla. esse dicono: " dio è morto. dio rimane morto. e siamo noi che gli abbiamo dato la morte".
zarathoustra, nel proemio ", una volta lasciato il "santo vegliardo", considera come strano e quasi impossibile che questi non abbia sentito dire che "dio è morto". non aggiunge, tuttavia, che "noi" gli abbiamo dato la morte, né ha qui un atteggiamento "furente".
si può allora supporre che zarathoustra non si metta all'interno di quel "noi". allora: due sono le posizioni, in nietzsche, intorno all'annuncio della morte di dio. d'altra parte, in un frammento postumo del 1870 scrive : Motto: „der große Pan ist todt.“, ossia si da come motto la morte di un dio grande, come Pan. Egli, cioè, fa suo motto l'annuncio della morte di un gerande dio al tramonto della civiltà greca, cui seguì l'avvneto del cristianesimo. Allora: se in a) nietzsche pronuncia una morte di un dio, presumibilmente quello della trascendenza platonico-cristiana, rinnovando il gesto di dare la morte ad un dio, e inevitabilmente assimilandosi questo gesto agli ebrei che condannarono gesù, in cool.gif egli enuncia, invece, che appartiene alla divinità di potere "morire".
allora, si può giungere alla conclusione che parlare di morte di dio in nietzsche non è così semplice. certamente l'uomo furioso precisa che dio è morto, che dio "rimane" morto. e forse qui sta il senso di dare la morte di "noi", nel fatto che non diamo la possibilità a dio di risorgere. gli dei muoiono, ma poi risorgono; l'uomo "folle", invece grida che per "noi" dio resta morto, dunque la sua è una morte definitiva. sono queste le parole "enigmatiche2" che in modo "sibillino"(g colli. la sapienza greca, Eraclito: SG 14<A2>), l'uomo furente proclama. Ma se nietzsche fa dire ad un uomo "folle" queste parole non vuole lasciare intendere che in questa "profezia" si annida un "pericolo"? quale "valore" hanno, oggi, le parole di un "folle"?
zarathoustra, invece, si limita a dire che "dio è morto", e a constatare che il vegliardo non si è accorto di vivere in un tempo che vive la morte di dio. il vegliardo, nonostante dio sia morto. dunque, è possibile vivere come se dio0 fosse ancora, nonostante esso non sia più. ma, se per il vegliardo dio è ancora vivo, allora, in che senso zarathoustra può parlare di morte di dio? mi fermo.



aggiungo: quando l'uomo furente dice "noi", intende dire che chi ha dato la morte a dio sono coloro che sono fuori di sennjo e dunque che dare la morte a dio è una follia. togliere a un dio il diritto di morire "da solo", è questo il sacrilegio. un dio che muore per conto suo è un dio che può risorgere, mas un dio cui viene data la morte è un dio che "rimane" nella morte.
zarathoustra ertanto lascia intendere nietzsche non da la morte a nessun dio. si limita ad annunciare che dio è morto. d'altra parte il vegliardo, nel bosco, loda il "suo" dio. e non è di quel dio, del "suo" dio che zarathoustra annuncia la morte.
in tutto ciò, quale è la posizione di dioniso?
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Sgubonius
messagio Feb 2 2009, 04:00 PM
Messaggio #3


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Nello Zarathustra alla fine è chiara la posizione, è "l'uomo più brutto" che ha ucciso dio in quanto incapace di sopportare un tale testimone della sua bruttezza. Non a caso però è anche l'uomo più brutto il primo a redimersi nella caverna e ad affermare "non è proprio ora divenuto perfetto il mondo?" lodando Zarathustra e aggiungendo che per quel solo giorno la vita valeva ora la pena di essere vissuta (il famoso "attimo immenso" che rende l'eterno ritorno sopportabile e divino, una divinità che testimonia ora della bellezza).

Quindi non c'è grossa differenza sostanziale fra il pazzo e l'uomo più brutto, che sono poi l'umanità nel suo stato nichilistico, il frammento della gaia scienza dice infatti:
"Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci? Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni? "
Ecco che viene preventivato quanto sarà poi la dottrina di Z. col sacro gioco.

Zarathustra come profeta dell'eterno ritorno constata la morte di Dio e la supera.
Dio non muore da sè, ma viene sempre creato e ucciso. E' la libertà del gioco creativo che è in ballo, la ruota rotante da sè, un Deus sive Natura spinoziano per intenderci che non fondi alcuna morale nè partizioni il mondo in dualismi.


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"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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roberto.borghesi
messagio Feb 2 2009, 08:42 PM
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CITAZIONE(Sgubonius @ Feb 2 2009, 04:00 PM) *
Nello Zarathustra alla fine è chiara la posizione, è "l'uomo più brutto" che ha ucciso dio in quanto incapace di sopportare un tale testimone della sua bruttezza. Non a caso però è anche l'uomo più brutto il primo a redimersi nella caverna e ad affermare "non è proprio ora divenuto perfetto il mondo?" lodando Zarathustra e aggiungendo che per quel solo giorno la vita valeva ora la pena di essere vissuta (il famoso "attimo immenso" che rende l'eterno ritorno sopportabile e divino, una divinità che testimonia ora della bellezza).

Quindi non c'è grossa differenza sostanziale fra il pazzo e l'uomo più brutto, che sono poi l'umanità nel suo stato nichilistico, il frammento della gaia scienza dice infatti:
"Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci? Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni? "
Ecco che viene preventivato quanto sarà poi la dottrina di Z. col sacro gioco.

Zarathustra come profeta dell'eterno ritorno constata la morte di Dio e la supera.
Dio non muore da sè, ma viene sempre creato e ucciso. E' la libertà del gioco creativo che è in ballo, la ruota rotante da sè, un Deus sive Natura spinoziano per intenderci che non fondi alcuna morale nè partizioni il mondo in dualismi.


"chi fa impara" dice ZA. conosci ZA meglio di me, o meglio, in un altro modo dal mio, ma acuto. da parte mia, alla affermazione "dio non muore da sé", obbietto che Pan, non risulta essere stato ucciso. si dce che sia morto, ma non se ne è certi; fosre è solo addormentato. il dio ucciso dall'uomo più brutto è il dio onniveggente, "panottico", senza pudore. ma, se dio fosse cieco?....
davvero la libertà passa dalla uccsione di un dio? ZA, come dici tu "constata" la morte di dio, ma non partecipa alla sua uccsione.
Egli rispetta l'uomo più brutto, la sua sofferenza dovuto al suo dio dall'occhio totale e giudicante. il dio di nietzsche è d'altra parte dioniso. egli è sì, pure lui un dio che viene ucciso, ma dai titani, non da un mortale.....(devo andare di là, scusami!)
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roberto.borghesi
messagio Feb 3 2009, 01:17 PM
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CITAZIONE(roberto.borghesi @ Feb 2 2009, 08:42 PM) *
"chi fa impara" dice ZA. conosci ZA meglio di me, o meglio, in un altro modo dal mio, ma acuto. da parte mia, alla affermazione "dio non muore da sé", obbietto che Pan, non risulta essere stato ucciso. si dce che sia morto, ma non se ne è certi; fosre è solo addormentato. il dio ucciso dall'uomo più brutto è il dio onniveggente, "panottico", senza pudore. ma, se dio fosse cieco?....
davvero la libertà passa dalla uccsione di un dio? ZA, come dici tu "constata" la morte di dio, ma non partecipa alla sua uccsione.
Egli rispetta l'uomo più brutto, la sua sofferenza dovuto al suo dio dall'occhio totale e giudicante. il dio di nietzsche è d'altra parte dioniso. egli è sì, pure lui un dio che viene ucciso, ma dai titani, non da un mortale.....(devo andare di là, scusami!)


eccomi. dunque, tu equipari l'uomo più brutto all'uomo folle. secondo non si equivalgono: dell'uomo folle è detto che fa parte di un "noi" che ha dato la morte a dio. dare la morte non è, sempre, assassinio. non sempre il dare la morte è un atto di violenza. invece , l'uomo più brutto è decisamente definito un "assassino", dunque, un violento. il rapporto dei due con la morte di dio è differente.
d'altra parte il dio assassinato dall'uomo più brutto, non si può escludere che risorga. invece, il dio a cui "gli uomini folli" hanno dato la morte "resta" morto. mi pare che quest'ultima sia una posizione più radicale.
mi pare che comunque, rispetto alla morte di dio ZA rimanga in equilibrio. dopo tutto egli è il "senza-dio". non va trascurato il fatto che egli non pronunci la famosa senetenza davanti al vegliardo a Za, dopo tutto non importa dimostrare nulla intorno a dio; si limita a prendre atto che è detto, nel volgo, che dio è morto.... (devo andare di nuovo).
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Sgubonius
messagio Feb 3 2009, 03:27 PM
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Beh non ricordo bene la questione di Pan, so che viene ripreso questo mito tardo e che ispira l'aforisma ma direi che probabilmente non è nemmeno importante tanto in questo frangente.

Potrebbe essere invece interessante analizzare la differenza che tu evidenziavi fra il pazzo e l'uomo più brutto che certamente non sono la stessa cosa (io parlavo di mancanza di sostanziale differenza infatti, purtroppo sono vincolato alla brevità!) ma rappresentano per così dire due facce della medesima "morte di Dio".
La differenza in ballo è quella (in verità fondamentale, ma non nell'ambito della morte, quanto nell'ambito della resurrezione) fra nichilismo passivo e nichilismo attivo.

L'uomo più brutto ha ucciso dio per debolezza praticamente, per incapacità di fede tale da vincolare se stesso totalmente al volere del dio. Tutto l'ateismo della peggior specie è così, gente incapace di avere un solenne testimone, incapace di affermare se stessa nell'eternità divina e quindi distruttori di sè e di ogni cosa: nolontà schopenhaueriana o nichilismo passivo. Questa condizione è come dicevi una sepoltura temporanea, non c'è eternità qui neanche nel restare morto di dio, e infatti cristianesimo, platonismo e schopenhauerismo sono infine molto simili, il dio tende sempre a riemergere (l'asino divinizzato nello Zarathustra).

Il pazzo invece ha in sè una consapevolezza, quella del nichilismo attivo appunto, che gli permette di uccidere edipicamente il dio-padre in modo autentico ed eterno (Deleuze parla di rendersi capaci dell'azione già compiuta, cioè dio/padre è già stato ucciso, bisogna ora evitare di cavarsi gli occhi per la disperazione della ripetizione. Qui ovviamente si innesta tutto il discorso sull'eterno ritorno e sulla sopportazione del brutto, che rimanda ad un superamento dell'uomo più brutto che non ammetteva eternizzazione della sua bruttezza. In Deleuze è la filosofia della differenza ad operare questo superamento in opposizione alla filosofia dell'uguaglianza metafisica e platonica che porta solo al nichilismo passivo appunto) e di sposare la madre-terra rimanendole fedele nell'anello. I germi di questo passaggio sono proprio nel seguito dell'aforisma 125 che ho citato prima e che tirano in ballo tutte le altre questioni del gioco eterno, del sì ruotante da sè e via dicendo.

Chiudo con una considerazione su Dioniso, che non è il Dio del superuomo, ma è il superuomo stesso. Questo fa parte della liberazione dal principio dualistico platonico per cui le idee sono altro e così è Dio, ed è mi pare un ideale proseguo della filosofia di Spinoza (che N. riconosceva come suo unico predecessore) che nell'essere univoco vedeva un Deus-sive-Natura, quindi se vuoi nel simbolismo edipico un dio che non è padre-superio ma è madre e oggetto d'amore (amor fati o amor dei intellectualis, sono in sostanza la medesima cosa nei diversi linguaggi di Nietzsche e Spinoza, entrambi filosofi della necessità e dell'univocità dell'essere in sostanza unica o volontà di potenza).


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roberto.borghesi
messagio Feb 3 2009, 04:43 PM
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CITAZIONE(Sgubonius @ Feb 3 2009, 03:27 PM) *
Beh non ricordo bene la questione di Pan, so che viene ripreso questo mito tardo e che ispira l'aforisma ma direi che probabilmente non è nemmeno importante tanto in questo frangente.

Potrebbe essere invece interessante analizzare la differenza che tu evidenziavi fra il pazzo e l'uomo più brutto che certamente non sono la stessa cosa (io parlavo di mancanza di sostanziale differenza infatti, purtroppo sono vincolato alla brevità!) ma rappresentano per così dire due facce della medesima "morte di Dio".
La differenza in ballo è quella (in verità fondamentale, ma non nell'ambito della morte, quanto nell'ambito della resurrezione) fra nichilismo passivo e nichilismo attivo.

L'uomo più brutto ha ucciso dio per debolezza praticamente, per incapacità di fede tale da vincolare se stesso totalmente al volere del dio. Tutto l'ateismo della peggior specie è così, gente incapace di avere un solenne testimone, incapace di affermare se stessa nell'eternità divina e quindi distruttori di sè e di ogni cosa: nolontà schopenhaueriana o nichilismo passivo. Questa condizione è come dicevi una sepoltura temporanea, non c'è eternità qui neanche nel restare morto di dio, e infatti cristianesimo, platonismo e schopenhauerismo sono infine molto simili, il dio tende sempre a riemergere (l'asino divinizzato nello Zarathustra).

Il pazzo invece ha in sè una consapevolezza, quella del nichilismo attivo appunto, che gli permette di uccidere edipicamente il dio-padre in modo autentico ed eterno (Deleuze parla di rendersi capaci dell'azione già compiuta, cioè dio/padre è già stato ucciso, bisogna ora evitare di cavarsi gli occhi per la disperazione della ripetizione. Qui ovviamente si innesta tutto il discorso sull'eterno ritorno e sulla sopportazione del brutto, che rimanda ad un superamento dell'uomo più brutto che non ammetteva eternizzazione della sua bruttezza. In Deleuze è la filosofia della differenza ad operare questo superamento in opposizione alla filosofia dell'uguaglianza metafisica e platonica che porta solo al nichilismo passivo appunto) e di sposare la madre-terra rimanendole fedele nell'anello. I germi di questo passaggio sono proprio nel seguito dell'aforisma 125 che ho citato prima e che tirano in ballo tutte le altre questioni del gioco eterno, del sì ruotante da sè e via dicendo.

Chiudo con una considerazione su Dioniso, che non è il Dio del superuomo, ma è il superuomo stesso. Questo fa parte della liberazione dal principio dualistico platonico per cui le idee sono altro e così è Dio, ed è mi pare un ideale proseguo della filosofia di Spinoza (che N. riconosceva come suo unico predecessore) che nell'essere univoco vedeva un Deus-sive-Natura, quindi se vuoi nel simbolismo edipico un dio che non è padre-superio ma è madre e oggetto d'amore (amor fati o amor dei intellectualis, sono in sostanza la medesima cosa nei diversi linguaggi di Nietzsche e Spinoza, entrambi filosofi della necessità e dell'univocità dell'essere in sostanza unica o volontà di potenza).


caro sgubonius, garzie. la tua risposta mi è piaciuta perché si sente che tu la filosofia la "vivi".
a) piace a me, ma penso sarebbe piaciuta anche a nietzsche l'idea che dio sia una "madre" e che sia un oggetto d'amore.
credo si debba ricordare, in proposito, che dioniso è spesso rappresentato come un dio fanciullo. se mi segui su questa via, allora, bisogna concludere , seguendo la tua via, che l "uber-mensch"(io fatico molto, ancora, a trovare la più prossima traduzione di questa parola), è un fanciullo. nell'"ora senza vove", ti ricordo, è detto:" è in te l'orgoglio della giovinezza, tu sei diventato giovane tardi; ma chi vuole diventare fanciullo, deve superare anche la sua giovinezza". ti ricordo che qui siamo nell'ambito del disco0rso sul "comandare". come non pensare al fanciullo eracliteo, che gioca, ma del quale è la "basileia"-la sovranità?
cool.gif l'"amor fati", sarebbe anche esso da collocare sotto un segno femminile? quando nietzsche scrive che "al di là del bene e del male c'è l'amore", intende, appunto, l'amor fati?. ma sappiamo davvero che cosa intenda nietzsche per "amore"? io, più mi confronto con il testo nietzscheano, e sempre meno certezze ho ......(vado, a presto)
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Sgubonius
messagio Feb 4 2009, 01:21 AM
Messaggio #8


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«Che cos’è amore? E creazione? E anelito? E stella?» – così domanda l’ultimo uomo, e strizza l’occhio.
La terra allora sarà diventata piccola e su di essa saltellerà l’ultimo uomo, quegli che tutto rimpicciolisce. La sua genia è indistruttibile, come la pulce di terra; l’ultimo uomo campa più a lungo di tutti.


Risponderebbe Zarathustra: «Io non sono di quelli a cui si possa chiedere il loro perché»

Scherzi a parte la straordinarietà di Nietzsche sta proprio nella sfuggevolezza, nel non essere più nel mondo della filosofia tradizionale scolastica della domanda e della risposta, ma nel permanere nel vorticare del problema. Quell'oblio giocoso del bambino sovrano eracliteo è proprio mi pare l'ideale etico ed estetico che serpeggia nello Zarathustra (credo che Pascoli avesse compreso qualcosa di simile nella sua poetica del fanciullino). L'amore è quindi l'ancora che ci trattiene in questa tempesta, è tanto la poesia come il gioco, una ruota rotante da sè, un sì alla vita, una sovranità della potenza nel comandare+obbedire, un'eterna rinascita primaverile di Dioniso e via dicendo tutte le metafore possibili e immaginabili.

La certezza è certezza del caso necessario... amor+fati.
«in tutte le cose io ho trovato questa certezza beata: che esse, sui piedi del caso, preferiscono – "danzare".»


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roberto.borghesi
messagio Mar 10 2009, 10:12 AM
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CITAZIONE(Sgubonius @ Feb 4 2009, 01:21 AM) *
«Che cos’è amore? E creazione? E anelito? E stella?» – così domanda l’ultimo uomo, e strizza l’occhio.
La terra allora sarà diventata piccola e su di essa saltellerà l’ultimo uomo, quegli che tutto rimpicciolisce. La sua genia è indistruttibile, come la pulce di terra; l’ultimo uomo campa più a lungo di tutti.


Risponderebbe Zarathustra: «Io non sono di quelli a cui si possa chiedere il loro perché»

Scherzi a parte la straordinarietà di Nietzsche sta proprio nella sfuggevolezza, nel non essere più nel mondo della filosofia tradizionale scolastica della domanda e della risposta, ma nel permanere nel vorticare del problema. Quell'oblio giocoso del bambino sovrano eracliteo è proprio mi pare l'ideale etico ed estetico che serpeggia nello Zarathustra (credo che Pascoli avesse compreso qualcosa di simile nella sua poetica del fanciullino). L'amore è quindi l'ancora che ci trattiene in questa tempesta, è tanto la poesia come il gioco, una ruota rotante da sè, un sì alla vita, una sovranità della potenza nel comandare+obbedire, un'eterna rinascita primaverile di Dioniso e via dicendo tutte le metafore possibili e immaginabili.

La certezza è certezza del caso necessario... amor+fati.
«in tutte le cose io ho trovato questa certezza beata: che esse, sui piedi del caso, preferiscono – "danzare".»


caro amico eccomi dopo una pausa.
(ho seguito, comunque seppure di corsa
i dibattiti sul sito)
ho da chiederti questo:
come interpreti tu il fatto che zarathoustra si congeda
dal "vegliardo" nel proemio, senza fargli parola della morte di dio
ma la riannuncia solo a se stesso?
ho letto da un'altra parte dei contributi alla lettura di FW 374,
sul "prospettivismo" che ho associato a questo punto di ZA.
tacendo con il "santo" sulla morte di dio ZA/nietzsche significa
che la visione/"fede" singolare non è confutabile. è quella assoluta
che non regge più.......
un saluto
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Sgubonius
messagio Mar 10 2009, 01:01 PM
Messaggio #10


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CITAZIONE(roberto.borghesi @ Mar 10 2009, 10:12 AM) *
caro amico eccomi dopo una pausa.
(ho seguito, comunque seppure di corsa
i dibattiti sul sito)
ho da chiederti questo:
come interpreti tu il fatto che zarathoustra si congeda
dal "vegliardo" nel proemio, senza fargli parola della morte di dio
ma la riannuncia solo a se stesso?
ho letto da un'altra parte dei contributi alla lettura di FW 374,
sul "prospettivismo" che ho associato a questo punto di ZA.
tacendo con il "santo" sulla morte di dio ZA/nietzsche significa
che la visione/"fede" singolare non è confutabile. è quella assoluta
che non regge più.......
un saluto


Purtroppo temo che nemmeno io sia uno a cui chiedere "la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro ecc..." però in questo caso mi sembra una bella lettura quella da te proposta. Zarathustra non è un ateista da propaganda, uno di quelli che si vantano del loro essere senza fede, anche perchè conosce molto bene l'importanza della fede (nell'eterno ritorno) come unico sostegno di ogni verità intesa come tenere-per-vero.

Si potrebbe tentare di rileggere (ora non lo ricordo bene altrimenti lo avrei direttamente citato) come Zarathustra dialoga con il papa nelle ultime pagine, perchè là sicuramente c'è molto sull'utilità di disilludere in modo (secondo me) del tutto reattivo un credente rinfacciando una verità che peraltro tale non è.


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