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> Dediche a Nietzsche
Nachtlied
messagio Mar 13 2009, 05:35 PM
Messaggio #41


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CITAZIONE(BlackSmith @ Mar 13 2009, 04:38 PM) *
Io rispondevo a Natiled, e in un certo senso anche a te, che il ponte creato tra un "testo" e il suo "lettore" non deve essere costruito con l'ingegneria razionale che conosciamo, o che abbiamo studiato, magari con grande dedizione, e mi sembrava un pochetto presuntuoso sbarazzarsi facilmente di quei ponti, che come appunto un arcobaleno fatto di luci e colori, potrebbe senza nessuna struttura razionale collegare in modo più vicino il"mondo" dell'autore e quello del "lettore". Ma tu qui non rispondi.

Vedi, questo può avvenire solo dopo che Nietzsche è stato 'analizzato' attentamente.
Hai ragione per quanto riguarda l'ermeneutica. Tuttavia non dimenticarti che qui nessuno ha nessuna presunzione, ma ognuno ha voglia di sapere, di cercare, e il primo passo per fare questo è un'analisi spogliata dalle emozioni e dai pregiudizi. O quanto meno un tentativo di ciò.

Se in un secondo momento ti senti di esprimere quello che provi, indipendentemente da quello che pensiamo noi (ci mancherebbe!), puoi farlo, ma devi stare attento a come presenti un autore come Nietzsche, che potrebbe essere frainteso molto facilmente. E con questo non voglio assolutamente dire che io lo conosco benissimo e l'ho capito meglio degli altri, mi attengo solo ai risultati dei miei studi, tutto qui.

CITAZIONE(BlackSmith @ Mar 13 2009, 04:38 PM) *
Poi per quanto riguarda l'irrazionalità, della quale mi guardo bene dall'esaltarla", facevo riferimento alla prima opera di N. e sottolineavo come la stragrande maggioranza non ha mai scritto per intero il suo titolo,nella sua intierezza, che quando apparì per la prima volta sembrò parecchio curioso... N.d.T dallo spirito della musica. Ma tu qui non rispondi.

Rispondo io.
Non credo che sia tanto importante il sottotitolo delle prime due edizioni, perché nel 1886 N. torna sull'argomento e decide di cambiarlo in Grecità e pessimismo, che acquista tutto un altro sapore che sarà pienamente coerente con il resto dell'opera nietzscheana.

CITAZIONE(BlackSmith @ Mar 13 2009, 04:38 PM) *
Poi ancora parlavo del vissuto come condizione imprescindibile per la pre-conscenza. E mi chiedevo se il vissuto di ognuno di noi potrebbe più o meno essere compatibile con la comprensione di N. Ma tu neanche qui rispondi.

Spero che Sgub mi perdonerà se rispondo ancora io.
Scusa, ma Nietzsche non è un filosofo da vivere, l'immediatezza non è coerente con la fatica delle altezze, dei ghiacci e del deserto; con lo sforzo che lo spirito deve fare per trasformarsi finalmente in fanciullo.
Nietzsche non può (secondo me, e con questo non voglio essere presuntuosa) essere compreso, se prima non si compie quel percorso che lui stesso ci invita a compiere, cioè quello dello studio accurato, filologico, rigoroso e meticoloso... ma sempre con cervello, ovviamente! wink.gif
Nietzsche è un filosofo per studiosi accorti, non per ingenui.

Poi ti ripeto, se sei convinto del contrario, tanto meglio, và pure avanti con il tuo racconto e dimostraci di esserci sbagliati, io riporto solo quanto si può estrapolare (cercando nel possibile di non interpretare troppo) dal suo pensiero.
Ricordiamoci infine, che anche la superficialità dei greci, è in realtà tale "per profondità"! tongue.gif



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Sgubonius
messagio Mar 13 2009, 05:43 PM
Messaggio #42


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Ma che ti rispondo a fare? Tu liquidi le faccende con troppa superficialità.
Posso scriverti 8 pagine sull'importanza della musica in Nietzsche ma a che pro? Non è questa la questione in ballo.
Il sensismo a cui fai riferimento è un assurdo, un mondo della vaghezza che si basa solo sul non voler andare a fondo nella questione estetica. L'ermeneutica moderna si fonda su un circolo, il circolo ermeneutico per l'appunto, in cui il soggetto è trascinato dentro insieme all'oggetto nell'interpretazione. Immagino tu lo sappia eppure non lo hai pensato profondamente. Approcciarsi un testo è come vedere un paesaggio, nè più ne meno. Non importa "cosa ha voluto dire" la natura quando ce lo propone, importa cosa ci dice ok? Fin qui ci siamo non ho opposto resistenza di alcun genere.

Tu mi pare hai ancora una visione sensazionalistica per cui se uno sta pensando è un freddo morto che non si emoziona, allora bisogna ascoltare musica scalare montagne prendere il sole... La razionalità è solo una logica ma ne esistono mille e alle logiche non si sfugge, non esiste l'irrazionale, anche se ora decidi di muoverti in base a un dado sei sempre razionale logicamente rispetto a quel dado. Andiamo un attimo oltre, andiamo al pensiero sottostante, alle domande fondamentali, e chiediamoci se quanto stai scrivendo è veramente coerente con le linee etico-estetiche della filosofia nietzschiana. Sofferenza, dolore son parole che trovi anche nelle canzoni per ragazzine, dove i sensi sono percezioni immediate e sincere (???) e dove si vive romanticamente, pienamente, appassionatamente!!! Ma quale vissuto??? Oblio è il bambino.


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Nachtlied
messagio Mar 13 2009, 06:16 PM
Messaggio #43


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CITAZIONE(Sgubonius @ Mar 13 2009, 01:10 PM) *
Ho appena terminato "Il Pensiero Debole" che non è un gran caopolavoro di filosofia però in questo senso è quantomeno pedante e chiaro!! Deleuze parla proprio di come in Nietzsche si tratta di portare l'impotenza (connaturata nell'uomo, soprattutto idealista) a potenza. Insomma pensare debole è per pensatori forti che se lo possono permettere!!!


Questa tematica l'avevo trovata in Nietzsche, dove Deleuze insiste da morire sul possibile fraintendimento della potenza come "forza", che poi penso sia noto un pò a tutti...


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BlackSmith
messagio Mar 13 2009, 06:26 PM
Messaggio #44


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Ma quale vissuto???
Cosa intendeva allora Schleiermarcher quando parlava dell'impossibilità di "interpretare" un testo senza conoscere l'individuo che l'ha prodotto e del suo linguaggio come pura creazione artistica, se questo poi lo colleghiamo a ciò che diceva Dilthey a proposito del proprio vissuto, erlebenis e comprensione, qui sta la circolarità. Il comprendere, insomma riesce ad operare un "inveramento" (che palle parlare difficile), dell'esperienza vissuta, innanzitutto attraverso un processo di generalizzazione: posso, cioè, scoprire che la mia esperienza vissuta ha qualcosa in comune con quella degli altri e che la mia vita non è qualcosa di così particolare da non sembrare condiviso. Posso scoprire ,cioè, che nella mia vita c'è qualcosa di universale che la lega a quella di tutti gli altri uomini e l'unico elemento universale che ci accomuna è la sofferenza, e per mezzo della sofferenza il linguaggio diventa globale e comprensibile da tutti, da te, da me, da quello che sta in groelandia a quello che sta nel burundi.
Per quanto la poca importanza della musica per Nietscshe, nattiled, non ti rispondo neanche, accidenti a te!
Ti rispondo però sulla montagna e sui ghiacciai, anche se mi sembra così stupido ribadire che quelle sono metafore della Sofferenza umana. Il nostro amico era appossionato anche di botanica e trovava incredibile come potesse spuntare l'erba e il "fiorellino" in quei terreni freddi ed nospitali, e nella botanica così come nella fatica sofferente delle scalate alle velte più alte, il messaggio è sempre lo stesso: solo dalla sofferenza può nascere la "bellezza", solo da questa può nascere l'opera-d'arte.
Sgub sul trascurare il vissuto finanche della ragazzina e dei suoi innamoramenti, e delle cose che a te sembrano stupide nella formazione di un individuo, faccio finta di non aver letto, intelligente come sei, sai benissimo quanto lquelle superficialissime esperienze abbiano contato finanche su Nietzsche. Oh vuoi dirmi che quello che ha scritto Nietzshe non hanno niente a che vedere con le sue esperienze di amori e amicizie. Bho, questo modo di vedere le cose così radicalscic, così accademiche.
Abbassate la guardia, si vede che avete studiato, che state studiando e anche bene, vi ho fatto i complimenti per la preparazione.
Adesso aiutatemi a capire cosa vuole dire la mezzanotte profonda. Io di Nietzsche non c'ho capito un acca!




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Nachtlied
messagio Mar 13 2009, 07:04 PM
Messaggio #45


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CITAZIONE(BlackSmith @ Mar 13 2009, 06:26 PM) *
Per quanto la poca importanza della musica per Nietscshe, nattiled, non ti rispondo neanche, accidenti a te!
Ti rispondo però sulla montagna e sui ghiacciai, anche se mi sembra così stupido ribadire che quelle sono metafore della Sofferenza umana. Il nostro amico era appossionato anche di botanica e trovava incredibile come potesse spuntare l'erba e il "fiorellino" in quei terreni freddi ed nospitali, e nella botanica così come nella fatica sofferente delle scalate alle velte più alte, il messaggio è sempre lo stesso: solo dalla sofferenza può nascere la "bellezza", solo da questa può nascere l'opera-d'arte.

Forse mi sono spiegata male... Nietzsche ha amato la musica da quando era bambino, fino al giorno in cui Overbeck lo andò a trovare a Torino in seguito alla preoccupazione di Burckhardt suscitata dalla famosissima lettera di un N. ormai folle, giorno in cui, commosso, riconobbe l'amico e insieme suonarono il piano e danzarono.
N. adorava la musica, componeva (anche se con scarso successo) ed essa è stata uno dei punti chiave per tutta la sua filosofia.
Il fatto è che torna male portare come esempio il caso specifico della GT, proprio perché il sottotitolo è stato cambiato: lo spirito della musica era infatti, in quella prima fase, riferito a Wagner e a un germanesimo che poi si è esaurito.
Era solo quella la critica che ti portavo.

Per quanto riguarda quella che tu chiami "sofferenza umana", la questione non è affatto semplice, e lo stesso N. se ne è interessato parecchio.
La teatrocrazia di Wagner ne è un esempio: essa si attua proprio attraverso la sofferenza suscitata nel pubblico per mezzo del dramma.
Promuovendo un'arte come Erlebnis, ci si allontana dalla funzione che essa aveva presso i greci nell'età tragica e che dovrebbe/potrebbe (?) tornare ad avere.
Detto meglio, suscitando sofferenza come esperienza di vita vissuta nel pubblico, l'arte di Wagner (ma anche di chiunque altro si comporti così) impedisce la ricostituzione dell'unità originaria - del dionisiaco per intenderci - e favorisce invece la dissoluzione, la decadenza, sottomettendo così la massa a sé e aumentando al tempo stesso la richiesta di arte come di un prodotto di consumo, che quindi addormenta l'uomo e lo allontana dalla vera vita.
La sofferenza deve essere vissuta, esperita personalmente, ma non rappresentata.

Sulla mezzanotte nello Za potrei scriverti pagine e pagine, perché è un tema tutt'altro che semplice.
Mi limiterò solo a ricordarti che è necessaria, perché "Mezzogiorno è anche mezzanotte".
E' necessaria quanto lo è il dolore profondo per il piacere maggiore, insomma, per riuscire ad amare la vita nella sua totalità.
Se mi dai il riferimento preciso, magari trovo anche qualcosa di più, visto che è un tema di cui mi sono occupata...


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BlackSmith
messagio Mar 13 2009, 07:32 PM
Messaggio #46


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Per quanto riguarda quella che tu chiami "sofferenza umana", (tu come la chiameresti ?) la questione non è affatto semplice (bhe mi pareva) e lo stesso N. se ne è interessato parecchio (ah ecco).
La teatrocrazia di Wagner, ne è un esempio: essa si attua proprio attraverso la sofferenza suscitata nel pubblico per mezzo del dramma, forse meglio nella tragedia eraclitea dove chiarische come quella civiltà riuscisse a sublimare collettivamente la sofferenza.
Promuovendo un'arte come Erlebnis ( io non la promuovo dico che poi deve tradursi in espressione e per me l'unica è quella artistica), ci si allontana dalla funzione che essa aveva presso i greci nell'età tragica e che dovrebbe/potrebbe (?) tornare ad avere (loro infatti andavano oltre l'Erlebnis utilizzando le pubbliche rappresentazioni tragiche).
Detto meglio, suscitando sofferenza come esperienza di vita vissuta nel pubblico, l'arte di Wagner (ma anche di chiunque altro si comporti così) impedisce la ricostituzione dell'unità originaria - del dionisiaco per intenderci - e favorisce invece la dissoluzione, la decadenza, sottomettendo così la massa a sé e aumentando al tempo stesso la richiesta di arte come di un prodotto di consumo, che quindi addormenta l'uomo e lo allontana dalla vera vita.
( per Nietzsche quella civiltà nella N.d.T.d.S.d.M, non era per niente decadente, anzi in quell'opera N. ribalta proprio quell'idea che sembrava ormai ampiamente e fortemente consolidata)
Sulla mezzanotte nello Za potrei scriverti pagine e pagine, perché è un tema tutt'altro che semplice.
Mi limiterò solo a ricordarti che è necessaria, perché "Mezzogiorno è anche mezzanotte".
E' necessaria quanto lo è il dolore profondo per il piacere maggiore, insomma, per riuscire ad amare la vita nella sua totalità.
Se mi dai il riferimento preciso, magari trovo anche qualcosa di più, visto che è un tema di cui mi sono occupata...
Si grazie siccome io non l'ho capita. Prima però, mi spieghi perchè ai suoi amic più cari augurava ogni male possibile e ogni sofferenza, per N. cos'era la sofferenza, e da cosa proveniva questa profonda conoscenza che sembra avere della sofferenza e c'entra qualcosa con le baccanti, c'entra qualcosa con l'eterno ritorno.Aiutami!
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Nachtlied
messagio Mar 13 2009, 07:53 PM
Messaggio #47


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La teatrocrazia di Wagner è un esempio migliore, perché la sofferenza diventa proprio lo strumento con cui governare la massa.
Quando parlo di teatrocrazia e di decadenza, mi riferisco ovviamente agli scritti posteriori alla prima ed. della GT cui tu ti stai riferendo.
Sulla sofferenza se vuoi possiamo aprire un topic a parte, sarebbe interessante, e tutt'altro che semplice.
Quello che più di tutto mi preme chiarire, è l'impossibilità di rappresentare, di simboleggiare, di rimandare ad un universale in N.
Infatti, nello Za, in cui il linguaggio è simbolico e metaforico, le figure retoriche non rimandano a qualcosa fuori di sé, ma diventano essenziali dal punto di vista cognitivo, proprio per questa inutilità/impossibilità della rappresentazione intesa come tale.
Lo stesso linguaggio dello Za è danzante, nel senso che non si limita semplicemente a rimandare alla vita, ma la ripropone interamente, ricreando la tensione di questa, per far sì che venga compresa ed assimilata nella sua totalità, compreso cioè il pensiero "abissale" che essa porta: l'eterno ritorno.


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Colui che ha ...
messagio Mar 13 2009, 09:56 PM
Messaggio #48


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Il Problema è che la poesia usa la menzogna per asserire qualcosa di più reale dei ragionamenti stessi.

Poi se si intende la poesia quei patetici sentimenti di infinità, tipici di Leopardi ed altri isterici, affetti dal male della vita o meglio della paura di suicidarsi, allora io, in primis, odio la poesia. (per non parlare di questo Catullismo che ci circonda, che vomita non solo su ciò che è degno di massimo rispetto, ma sulle parole stesse...)
Ma di fronte ai Canti di Maldoror come non posso ghignare ad un Nietzsche? Se Nietzsche avesse scritto qualcosa di lontanamente vicino a Lautreamont gli avrei prestato ascolto, ma Nietzsche è un filosofo, e come tale, deve avvalorarsi. Come poi del resto i poeti condannano i filosofi per altri motivi.


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Colui che ha ...
messagio Mar 13 2009, 09:58 PM
Messaggio #49


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CITAZIONE(Sgubonius @ Mar 10 2009, 07:32 PM) *
[...]
Mi sono stancato dei poeti, vecchi e nuovi; per me, restano tutti in superficie e sono mari poco profondi.


Nietzsche non era un buon lettore di Pindaro; vorrei sapere se per Nietzsche 'non sono profondi' i tragici...


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Sgubonius
messagio Mar 13 2009, 10:23 PM
Messaggio #50


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Blacksmith cerchiamo di tornare a capirci un po' che altrimenti degeneriamo tutti!!
L'ermeneutica è un discorso che eviterei di toccare anche per mia ignoranza in merito, comunque non si da gnoseologia senza ermeneutica, ed è semplicistico in generale pensare senza porsi il problema della conoscenza e dell'interpretazione. Quando parlavo di vissuto io parlavo del proprio vissuto, quello dell'autore è altrettanto ininfluente e non volevo però davvero entrare nel merito perchè è un discorso troppo lungo e su cui penso in fondo ci troveremo a concordare dopo aver sciolto i nodi.

La questione che volevo chiarire è invece come possa essere l'arte che nietzsche auspica. E credo che possa interessarti in generale per il libro anche e interessa anche me perchè son qui perchè molte cose ancora non le padroneggio, e amo confrontarmi per arrivare a risultati (calcola che io sono autodidatta quindi non ho professori che mi spieghino e simili). La mia prima speranza è che qualcuno mi "confuti" o comunque mi aiuti a mettere in discussione come tu stai facendo ora.
In particolare ho riscontrato una tendenza nei lettori di nietzsche a perdersi nelle idee più affascinanti del filosofo tedesco (eterno ritorno ridotto a ritornello, il sì alla vita, il dionisaco, ecc...) senza riuscire a sopportare davvero il peso di questo pensiero, che è un pensiero che inaridisce tutto, che per crare prima rade al suolo ogni abitudine, ogni sentimentalismo, ogni consolazione. L'obbiezione quindi era rivolta più che altro all'idea che con Nietzsche si possa affermare il soggetto, che si possa fare un romanzo di formazione ad esempio (la storia del fantasma quarantunenne mi pareva in questa direzione), che sia una esaltazione della vita "vissuta davvero", perchè la vita ci vive, la volontà di potenza ci muove, l'uomo è orrida casualità e solo un superuomo può redimerlo. Volevo solo introdurre un discorso di questo genere, per capirci meglio e anche per aiutare te.

Riguardo alla mezzanotte, che come viene spesso aggettivata è "profonda" rappresenta il momento in cui tutto è ombra (contrario del meriggio dove le ombre sono nulle) ed è come già detto benissimo da Nachtlied il momento della sofferenza. Ai due momenti temporali si accostano i due momenti spaziali: abisso e vetta, che sono la medesima cosa nella ruota del vivere.
La profondità della notte è quanto è più difficile accettare che ritorni molto banalmente. Ecco perchè la mezzanotte è anche "chiara" (qui peraltro ci sarebbe da citare Holderlin ma ve lo risparmio!) ed è anche la morte (l'episodio delle tombe che si scoperchiano, il ragno e il cane che ulula, la fine in generale della giornata) che concede di fatto l'esistenza alla vita (qui Heidegger potrebbe venire in aiuto, o perfino Sartre, quando il nulla diventa condicio sine qua non per pensare l'essere).

Proprio ora; il mio mondo divenne perfetto, mezzanotte è anche mezzogiorno, dolore è anche un piacere, maledizione è anche una benedizione, notte è anche un sole, – andate via o vi toccherà imparare: un saggio è anche un folle.

Ma questo mi sa che lo sappiamo tutti molto bene. Non vedo perchè ripeterlo, io resterei invece nella questione di un arte senza autore che è vitale ed interessantissima, oltre che fondamentale. La sofferenza è una strada già iper-battuta.


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Sgubonius
messagio Mar 13 2009, 10:31 PM
Messaggio #51


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CITAZIONE(Colui che ha trovato @ Mar 13 2009, 09:56 PM) *
Ma di fronte ai Canti di Maldoror come non posso ghignare ad un Nietzsche? Se Nietzsche avesse scritto qualcosa di lontanamente vicino a Lautreamont gli avrei prestato ascolto, ma Nietzsche è un filosofo, e come tale, deve avvalorarsi. Come poi del resto i poeti condannano i filosofi per altri motivi.


Nietzsche da filosofo sciorina la sua estetica, e attraverso questa gusta un certo tipo di poesia. Pindaro e i tragici erano senza dubbio fra i poeti apprezzati (basti pensare al "diventa ciò che sei") mentre la critica del "Dei Poeti" è rivolta chiaramente ai tanti romantici wagneriani che si accalcano e i tanti poetuccoli che credono di aver qualcosa di profondo da esprimere ma in fondo sono solo degli intorbiditori d'acque.

PS: Leopardi non lo sottovaluteri così. Il male di vivere è il primo passo, viva il male di vivere ("spesso ho incontrato il mal...").


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BlackSmith
messagio Mar 13 2009, 11:47 PM
Messaggio #52


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CITAZIONE(Sgubonius @ Mar 13 2009, 10:31 PM) *
Nietzsche da filosofo sciorina la sua estetica, e attraverso questa gusta un certo tipo di poesia. Pindaro e i tragici erano senza dubbio fra i poeti apprezzati (basti pensare al "diventa ciò che sei") mentre la critica del "Dei Poeti" è rivolta chiaramente ai tanti romantici wagneriani che si accalcano e i tanti poetuccoli che credono di aver qualcosa di profondo da esprimere ma in fondo sono solo degli intorbiditori d'acque.

PS: Leopardi non lo sottovaluteri così. Il male di vivere è il primo passo, viva il male di vivere ("spesso ho incontrato il mal...").

Adesso ti faccio rivoltare sgub, non solo con la poesia degenerata, ma
rincaro la dose con un sottoprodotto della poesia nella forma dialettale.
Che orrore!

Tortorella versus Holderlin

Preghiera di perdono

O sacro essere! turbato ho l’aurea
Tua divina quiete, e del più occulto,
Più cupo dolore della vita
Molto appreso hai tu da me.
Dimentica, perdona! Come le nuvole
Davanti alla placida luna io passo, e a splendere
Tu tranquilla riprendi
Di tua bellezza, o dolce luce!

Priari pu castigu

O suli di sta’ terra quannu
t’arruspigghi vidi tutti cosi beddi e
na luna puttana lassi,
ma quannu ti va curchi di li cosi
tinti un ti n’adduni.
Chi dilusiuni pi tia fussi,
si la notti, di bottu t’arruspiggiassi !

Immagino che non vuoi neanche la traduzione di fronte a tale oscenità.
Peccato che Il Tortorella è uno stupido siciliano, in francese sarebbe più elegante,
in tedesco non so forse apparirebbe più potente.
Per qualche saggio potrei contare invece di Heidegger, non so forse su Camilleri. tongue.gif


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messagio Mar 13 2009, 11:54 PM
Messaggio #53


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Ho sbagliato il verso laugh.gif

Priari pu castigu

O suli di sta’ terra quannu
t’arruspigghi vidi tutti cosi beddi,
ma quannu ti va curchi na luna puttana lassi
e di li cosi tinti un ti n’adduni.
Chi dilusiuni pi tia fussi,
si la notti, di bottu t’arruspigghiassi !

Così è giusta! Così è perfetta! Che forza! tongue.gif


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Colui che ha ...
messagio Mar 14 2009, 12:07 AM
Messaggio #54


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CITAZIONE(Sgubonius @ Mar 13 2009, 10:31 PM) *
Nietzsche da filosofo sciorina la sua estetica, e attraverso questa gusta un certo tipo di poesia. Pindaro e i tragici erano senza dubbio fra i poeti apprezzati (basti pensare al "diventa ciò che sei") mentre la critica del "Dei Poeti" è rivolta chiaramente ai tanti romantici wagneriani che si accalcano e i tanti poetuccoli che credono di aver qualcosa di profondo da esprimere ma in fondo sono solo degli intorbiditori d'acque.

PS: Leopardi non lo sottovaluteri così. Il male di vivere è il primo passo, viva il male di vivere ("spesso ho incontrato il mal...").



Leopardi l'ho ritenuto sempre più abile come pensatore o meglio come critico, che come poeta... è ovvio che v'è una coscienza particolare dietro (mentre Goethe era ancora attaccato alla benignità della natura, Leopardi asseriva ben altro...) ma ormai la poesia di Leopardi dovrebbe tramontare, insieme, appunto, a quel genere di poesia... quella dei gesti, dello puro stile


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BlackSmith
messagio Mar 14 2009, 07:54 AM
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Sgub, tu dici è semplicistico in generale pensare senza porsi il problema della conoscenza e dell'interpretazione.
, a me viene il dubbio che siamo in generale più attenti a quello che rispondiamo, piuttosto che a quello che l'altro ci vuole dire.
Io dicevo citando Schleiermarcher che l'interpretazione di un oggetto della nostra conoscenza, in questo caso di un testo non può prescindere dalla conoscenza dell'individuo che l'ha generato e del suo linguaggio, sottolineando poi come il linguaggio inteso come forma artistica sia quello più immediato e più vicino alla "conoscenza", la poesia di Holderlin per esempio era immediata e più vicina alla "conoscenza" di quanto Heidegger stesso diceva attraverso un complesso e lungo processo di ragionamento. Insomma Holderlin in quattro versi riusciva a dire quello che Heidegger non riusciva con duemila pagine.
E non è soltanto questione di forma. Ti spiego, supponiamo che un grande poeta, un grande pittore o un grande muicista osservi un oggetto o legga un testo, bene, la sua compenetrazione con l'oggetto della conoscenza stessa è immediato, si parla infatti di ispirazione. Io chiamerei la poesia, la pittura, la musica, pensieri veloci. Per pensiero veloce intendo quella caratteristica del linguaggio come prodotto dell'intuizione che essendo una scintilla non può che essere espressa altrettanto velocemente, e quindi o in versi, o con delle pennellate, oppure con le note. Tutto questo intendiamoci non viene così per caso, ma è frutto di un elemento che accomuna i più grandi, la sofferenza, la sofferenza è quell'elemento essenziale che rende la pelle così sottile, la vista così acuta, l'udito così sviluppato tanto da sentire quello che noi comuni mortali non sentiamo. Tu dici che La sofferenza è una strada già iper-battuta., bhe allora sgub se è così iper-battuta, si sarà certamente arrivati ad una conclusione. Allora spiegami tu per N. cos'era la sofferenza, e da cosa proveniva questa profonda conoscenza che sembra avere della sofferenza e se c'entra qualcosa con la sua filosofia e che ruolo ha. Vorrei sapere come mai per esempio il linguaggio della sofferenza è l'unico linguaggio comprensibile da tutti ,di diversi razze, di diverse religioni, la Sofferenza sembra l'unico linguaggio Universale. comprensibile finanche dal superuomo purtroppo!


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Agli uomini dei quali mi importa qualcosa io auguro sofferenze, abbandono, malattie, maltrattamenti, disprezzo..., io desidero che non restino loro sconosciuti il profondo disprezzo di sé, il martirio della diffidenza di sé, la miseria del vinto
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Sgubonius
messagio Mar 14 2009, 03:25 PM
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CITAZIONE(Colui che ha trovato @ Mar 14 2009, 12:07 AM) *
Leopardi l'ho ritenuto sempre più abile come pensatore o meglio come critico, che come poeta... è ovvio che v'è una coscienza particolare dietro (mentre Goethe era ancora attaccato alla benignità della natura, Leopardi asseriva ben altro...) ma ormai la poesia di Leopardi dovrebbe tramontare, insieme, appunto, a quel genere di poesia... quella dei gesti, dello puro stile


Terrei in sospeso, anche se sarebbe davvero interessantissimo, perchè ci vorrebbe un topic adatto non inquinato da altro.
Non mi pare insomma che Leopardi (tolte le primissime composizioni) sia puro stile, quello si può dire del neoclassicismo, di Manzoni poeta, di un certo Foscolo, ma non per un poeta individuale e sofferto come Leopardi. Poi c'è la questione filosofica per cui chiaramente da nietzschiano "il sabato del villaggio" è uno schopenhauerismo da superare, però io resto sempre dell'idea che finchè il poeta scrive (e non si arrende al vero insomma) è sempre in quel momento oltre, anche oltre il suo stesso nichilismo.

CITAZIONE(Blacksmith @ Mar 14 2009, 12:07 AM) *
Vorrei sapere come mai per esempio il linguaggio della sofferenza è l'unico linguaggio comprensibile da tutti ,di diversi razze, di diverse religioni, la Sofferenza sembra l'unico linguaggio Universale. comprensibile finanche dal superuomo purtroppo!


Non so dove vuoi trascinarmi colle tue poesie, in ogni caso non mi fido!! rolleyes.gif
Rispondo invece rapidamente alla questione.
Ritengo sia solo un dibattito per gli storici il capire cosa X abbia inteso davvero o cosa Y abbia fatto e perchè, quello che conta è sempre il pensiero, di Nietzsche resta un pensiero, poi possiamo travisarlo come ci pare, basta essere continuamente in ascolto di quanto ci ha detto e riconsiderare sempre il pensiero pensandolo, leggere Nietzsche serve solo a pensare. Senza il vero non si dà neanche il problema dell'interpretazione.
Riguardo al problema dell'espressione invece: non esiste solo la sofferenza, esiste il suo opposto che è il piacere, già schopenhauer ne parla e molto bene anche se poi per lui l'arte rimane una questione solo consolatoria e infondo futile. Se dunque il poeta dice le cose meglio del filosofo, è anche vero che il filosofo sa cosa dire. Quasi tutti i poeti moderni sono anche filosofi, perchè prima si deve pensare attentamente per poter trovare quella parola che includa un certo pensiero e lo suggerisca.

Però ci stiamo un po' allontanando dal problema fondamentale...


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messagio Jun 16 2009, 10:46 PM
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CITAZIONE(Sgubonius @ Mar 14 2009, 04:25 PM) *
Terrei in sospeso, anche se sarebbe davvero interessantissimo, perchè ci vorrebbe un topic adatto non inquinato da altro.
Non mi pare insomma che Leopardi (tolte le primissime composizioni) sia puro stile, quello si può dire del neoclassicismo, di Manzoni poeta, di un certo Foscolo, ma non per un poeta individuale e sofferto come Leopardi. Poi c'è la questione filosofica per cui chiaramente da nietzschiano "il sabato del villaggio" è uno schopenhauerismo da superare, però io resto sempre dell'idea che finchè il poeta scrive (e non si arrende al vero insomma) è sempre in quel momento oltre, anche oltre il suo stesso nichilismo.
Non so dove vuoi trascinarmi colle tue poesie, in ogni caso non mi fido!! rolleyes.gif
Rispondo invece rapidamente alla questione.
Ritengo sia solo un dibattito per gli storici il capire cosa X abbia inteso davvero o cosa Y abbia fatto e perchè, quello che conta è sempre il pensiero, di Nietzsche resta un pensiero, poi possiamo travisarlo come ci pare, basta essere continuamente in ascolto di quanto ci ha detto e riconsiderare sempre il pensiero pensandolo, leggere Nietzsche serve solo a pensare. Senza il vero non si dà neanche il problema dell'interpretazione.
Riguardo al problema dell'espressione invece: non esiste solo la sofferenza, esiste il suo opposto che è il piacere, già schopenhauer ne parla e molto bene anche se poi per lui l'arte rimane una questione solo consolatoria e infondo futile. Se dunque il poeta dice le cose meglio del filosofo, è anche vero che il filosofo sa cosa dire. Quasi tutti i poeti moderni sono anche filosofi, perchè prima si deve pensare attentamente per poter trovare quella parola che includa un certo pensiero e lo suggerisca.

Però ci stiamo un po' allontanando dal problema fondamentale...


Il puro stile non intendo come classicismo, ma semplicemente come mancanza di contenuti originali o autentici o nuovi. Infatti riprende molte tematiche del Tasso (basta leggersi le Rime e si può fare a meno di Leopardi), Leopardi stesso spesso svela di non essere autentico (condanna la vita e dice che questo è quel da farsi, ma poi si pente continuamente), Leopardi ha sempre quei tre temi che veramente darebbero fastidio anche trattandoli nella maniera più bella possibile... figuriamoci in un linguaggio più popolare (rispetto ad un Foscolo) e con un sentimentalismo più immediato (più banale).

Per quanto riguarda filosofi e poeti 'moderni', non li ho trovati... sono appunto leggende 'metropolitane'


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messagio Jun 17 2009, 02:46 PM
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CITAZIONE(Colui che ha trovato @ Jun 16 2009, 11:46 PM) *
Il puro stile non intendo come classicismo, ma semplicemente come mancanza di contenuti originali o autentici o nuovi. Infatti riprende molte tematiche del Tasso (basta leggersi le Rime e si può fare a meno di Leopardi), Leopardi stesso spesso svela di non essere autentico (condanna la vita e dice che questo è quel da farsi, ma poi si pente continuamente), Leopardi ha sempre quei tre temi che veramente darebbero fastidio anche trattandoli nella maniera più bella possibile... figuriamoci in un linguaggio più popolare (rispetto ad un Foscolo) e con un sentimentalismo più immediato (più banale).

Per quanto riguarda filosofi e poeti 'moderni', non li ho trovati... sono appunto leggende 'metropolitane'


Sicuramente hai più padronanza della poesia di me, che ho tutto sommato letto poco (soprattutto di poesia italiana e classica), ma continuo a non capire in che senso Leopardi non sarebbe autentico!

Comunque mi piacerebbe confrontarmi bene su questo discorso, partento dall'inizio senza perdersi subito in dettagli (Leopardi o non eccetera). Torno quindi alla radice del topic, alla frase di nietzsche sui poeti che ora possiamo analizzare meglio.
Quello che si evidenzia lì, con chiaro riferimento al wagnerismo, è il ripudiare la poesia come imbellettamento estetico e passionale, come "oltre la vita", come nuova divinità, movimento tipicamente romantico e figlio di quell'idealismo hegeliano più o meno mediato nello schopenhauerismo. La domanda di nietzsche è profondissima: cosa è la poesia? Sappiamo tutti quanto sia stato fulminato dai tragici, quanto avidamente abbia letto i classici, eppure "crescendo" si è posto prepotentemente il problema di che "valore" abbia l'estetica in generale.

Nello specifico invoca una poesia che si fonda anche con la coscienziosità dello spirito, cioè una poesia mai languida, mai decorativa. Tutto il classicismo (non il classico) è ossessionato dall'apollinea bellezza armonica, dalla grazia, dalla forma, tutte declinazioni della mania di razionalizzare il mondo e di renderlo iper-abitabile per l'uomo, addomesticato e ripulito. Peggio ancora è il contro-movimento romantico, che non fa che riaffermare la persona nella sua unicità squallida ideale, e abbellire il mondo delle sue passioncelle e sentimentuccoli. Certo qui non si salva Leopardi, ma manco i vari Foscolo e Tasso.

Molta poesia del novecento (moderno è sempre un brutto termine) e di fine ottocento hanno invece riscoperto alcune indicazioni nietzschiane. Tu citavi Lautreamont, che non vale un decimo di Baudelaire o Mallarmé, ma già si pone in questa direzione.


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CITAZIONE(Sgubonius @ Jun 17 2009, 03:46 PM) *
Sicuramente hai più padronanza della poesia di me, che ho tutto sommato letto poco (soprattutto di poesia italiana e classica), ma continuo a non capire in che senso Leopardi non sarebbe autentico!

Comunque mi piacerebbe confrontarmi bene su questo discorso, partento dall'inizio senza perdersi subito in dettagli (Leopardi o non eccetera). Torno quindi alla radice del topic, alla frase di nietzsche sui poeti che ora possiamo analizzare meglio.
Quello che si evidenzia lì, con chiaro riferimento al wagnerismo, è il ripudiare la poesia come imbellettamento estetico e passionale, come "oltre la vita", come nuova divinità, movimento tipicamente romantico e figlio di quell'idealismo hegeliano più o meno mediato nello schopenhauerismo. La domanda di nietzsche è profondissima: cosa è la poesia? Sappiamo tutti quanto sia stato fulminato dai tragici, quanto avidamente abbia letto i classici, eppure "crescendo" si è posto prepotentemente il problema di che "valore" abbia l'estetica in generale.

Nello specifico invoca una poesia che si fonda anche con la coscienziosità dello spirito, cioè una poesia mai languida, mai decorativa. Tutto il classicismo (non il classico) è ossessionato dall'apollinea bellezza armonica, dalla grazia, dalla forma, tutte declinazioni della mania di razionalizzare il mondo e di renderlo iper-abitabile per l'uomo, addomesticato e ripulito. Peggio ancora è il contro-movimento romantico, che non fa che riaffermare la persona nella sua unicità squallida ideale, e abbellire il mondo delle sue passioncelle e sentimentuccoli. Certo qui non si salva Leopardi, ma manco i vari Foscolo e Tasso.

Molta poesia del novecento (moderno è sempre un brutto termine) e di fine ottocento hanno invece riscoperto alcune indicazioni nietzschiane. Tu citavi Lautreamont, che non vale un decimo di Baudelaire o Mallarmé, ma già si pone in questa direzione.


Autentico è per me, non tanto ciò che è originale, quanto ciò che è realmente sentito. Leopardi, in alcune lettere, smentisce alcuni suoi punti o meglio è nostalgico di altri punti di vista. Uno che ha un pensiero, ma che si pente di averlo, non è autentico.
L'estetica ha un valore di eternità, la vera estetica è quella di un Pindaro ed un Foscolo (il Foscolo filosofo dell'apertura e chiusura dei Dei Sepolcri e di alcune parti delle Grazie, l'altro è sciocchezza). E meditando sull’eternità, non tanto che sia l’eternità stessa, porta alla riflessione. La poesia ha il solo compito di far riflettere in abissi insondabili (come sono alcune tragedie antiche).

Per Lautreamont credo che sia esattamente il contrario... Baudelaire o Mallarmé sono veramente un nulla. Non parlo di questioni di gusto, ma per altre ragioni, che ovviamente saranno sempre di gusto, ma almeno più oggettive: usa metafore che nemmeno un Rimbaud riuscirebbe a padroneggiare, usa voli pindarici che metterebbero a disagio pure il più folle dei folli, spesso rivela lati oscuri della volontà umana, dipinge delle scene bellissime, è un genio precoce (ha scritto i suoi Canti a 21 anni). Basta la sua argomentazione dell'esistenza di Dio, per far rabbrividire ogni poeta. Sarebbe anche un insulto paragonarlo a Verlaine o Rimbaud, che sono pure geniali.
Un noto critico ha asserito che da Lautreamont non si potrà più essere originali.


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Messaggio #60


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CITAZIONE(Colui che ha trovato @ Jun 17 2009, 06:48 PM) *
E meditando sull’eternità, non tanto che sia l’eternità stessa, porta alla riflessione. La poesia ha il solo compito di far riflettere in abissi insondabili (come sono alcune tragedie antiche).


Mi incuriosisce questa incoerenza di Leopardi, devo dire che non l'ho mai notata, forse qualche sbalzo d'umore nelle lettere private, ma nelle poesie il tono è quasi sempre il medesimo, e non credo sia in discussione la potenza dei versi in sè!

Si va molto sul personale, però le figure retoriche di Baudelaire mi pare che Lautreamont se le scordi! I canti di maldoror almeno (ho letto quelli) hanno per musicalità, argomenti, densità molte marce in meno del miglior Baudelaire, senza andare a Mallarmé che semplicemente non è più un poeta come lo hai definito tu (insondabile). Lautreamont fa solo leva sull'orrido come opposto del sublime, ma i pensieri contenuti sono miseri per la maggior parte (su questo anche baudelaire non brilla poi molto). Manca proprio di complessità in tutti i sensi (soprattutto nel senso buono).

Torno però alla questione che mi interessa di più, al di là dei pareri personali sui poeti (tutti comunque grandi, i citati almeno), cioè la poesia in sè. Ammettendo ora un approccio nietzschiano (partendo proprio dal Dei poeti) credo che si possa partire dall'idea di abisso (dell'abisso dionisiaco insomma), un abisso che il linguaggio non poetico non ha modo di raggiungere (nemmeno quello filosofico), per via del suo strutturalismo per cui ad ogni parola (o frase) attiene un significato. Prendo a prestito un'altra definizione di poesia: "il risonar del dire oltre il concetto" per intendere quell'uso delle parole che trascende il concetto/significato delle stesse, un altro approccio è quello della "Differenza" che è praticamente la stessa cosa ma ora evito di propinarla. Ma tutto questo non è "profondità" così come lo intende Nietzsche, è solo un surrogato. La poesia tutta è una transizione, una educazione verso l'oltreuomo ma non sarà mai sufficiente, il vero pensiero dell'eterno annichilisce la miseria di ogni poesia, "io ho gettato la mia rete nei loro mari, volevo fare una buona pesca; ma ho sempre tirato su il capo di un qualche vecchio dio", e ogni poeta è pavone, vuole pubblico e spettatori.
Ecco perchè all'inizio ero scettico sul "dedicare poesie" a Nietzsche, non ha alcun senso. La poeticità deve semmai diventare un tuttuno col pensiero, un pensiero poetante direbbe Heidegger, un pensiero della Differenza direbbero altri, con la medesima intuizione. Il verso, la scrittura, la rima, la figura retorica sono miserie apollinee, eccessi di menzogne e vecchi dei. L'eterno poi è la peggiore di queste menzogne, l'eternità del ritorno nietzschiano è quanto di meno "eterno" esista, perchè è un eterno diveniente e inafferrabile, un tempo mai presente (in entrambi i sensi di "presente").


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