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> Nietzsche e il "milieu", Spostato da "la casa mortale di Nietzsche"
Sgubonius
messagio Sep 6 2008, 02:16 PM
Messaggio #21


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Le monadi sono, perciò, semplici centri di forza puntiformi. [...] Le monadi sono sostanze indipendenti, non hanno ne porte né finestre per comunicare: in ognuna di esse sono già contenuti tutti gli sviluppi futuri e non si dà mai il caso che possano venire influenzate dall’esterno.


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"Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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Joseph de Sil...
messagio Sep 7 2008, 10:02 AM
Messaggio #22


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Le vostre generose parole mi lusingano, ma non esageriamo! Ad ogni modo anch’io voglio ringraziarvi: Nihilo, interlocutore colto, equilibrato e sempre rigoroso, gran lettore e specialista (tra molte altre cose) di cultura mitteleuropea, come mostra anche l’analogia che opera (rendendomi un onore che non merito) tra i miei interventi e le miniature delle chiese tedesche; Diechirico, con il quale ho avuto meno occasioni di “chiacchierare” sul forum (ricordo però lo scambio relativo alla sua ricerca dell’eventuale autenticità di una lettera contenuta nel romanzo di Yalom) ma che immagino competente soprattutto dell’epistolario nietzscheano, riguardo al quale seguo sempre con interesse i suoi interventi; Freddie, “padre” e “custode” di questo forum, con i suoi commenti sempre meditati e bilanciati, attento cultore di luoghi nietzscheani e appassionato estimatore di libri “vintage” su Nietzsche, al quale debbo la scoperta del ciclopico Friedrich Nietzsche. Chronik in Bildern und Texten.

P.S.: Freddie, posso assicurarti che, relativamente al tema apertosi in questo topic, la tua posizione (con la quale come si è notato mi sono implicitamente dichiarato d’accordo) era chiara fin dall’inizio: già dal tuo primo intervento infatti, anche tu naturalmente non ingenuo né determinista, avevi lasciato intendere che le influenze che ciascuno di noi riceve dalla “globalità” delle proprie esperienze di vita si dispongono su vari livelli, ma che anche quelli in apparenza privi di rilievo vanno tenuti presenti.
P.P.S.: Non posso invece essere d’accordo con Sgubonius quando, riferendosi alla ricezione nietzscheana di Emerson e poi citando Leibniz, ritiene che “sia il milieu storico/culturale che quello geografico/spaziale siano sostanzialmente di importanza infima confrontati colla potenza del pensiero”. Ma per trattare questo tema sarà necessario un altro spazio di discussione e un po’ di tempo che ora non ho.

A presto!
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Sgubonius
messagio Sep 7 2008, 06:42 PM
Messaggio #23


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Ci mancherebbe, non si può essere sempre d'accordo!
Potrebbe essere comunque un tema interessante emerso dalla "casa mortale"... magari in futuro da approfondire.


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lou
messagio Sep 7 2008, 10:44 PM
Messaggio #24


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joseph...sei il faro del nostro piacevole viaggio

se anche ci muoviamo sconnessi nel pelago della conoscenza
sappiamo che, guardando la tua luce lontana, non possiamo smarrirci

e, quando ci vedi arrancare, con delicato sussiego
mandi solide scialuppe per risalirci all'asciutto


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"Osa tutto...non avere bisogno di niente"
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Freddie
messagio Sep 9 2008, 06:34 AM
Messaggio #25


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Ho spostato la discussione x non perdere quello che si è scritto nei meandri del forum


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CITAZIONE
Dei buoni denti e uno stomaco forte - t'auguro questo!
E se ti sei trovato col mio libro,
ti troverai di certo anche con me.
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Sgubonius
messagio Sep 9 2008, 12:56 PM
Messaggio #26


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CITAZIONE(Freddie @ Sep 9 2008, 07:34 AM) *
Ho spostato la discussione x non perdere quello che si è scritto nei meandri del forum


E' un ottima idea, anche se non essendo più su altri filosofi Leibniz è off topic!! laugh.gif

Provo intanto nell'attesa di joseph ad articolare meglio il pensiero riguardo a Nietzsche e al "milieu".

Evidentemente la citazione di Leibniz è eccessiva, ma è sensata nella misura in cui Leibniz è colui che ha portato la filosofia moderna al suo fondamento dopo la "rivoluzione" cartesiana. Seguo qui un po' il percorso nella storia della metafisica di Heidegger che trovo molto corretto e che vede nell'affermarsi del soggetto come subiectum, cioè come ente primo fra gli enti in quanto elemento fisso della rappresentazione (autorappresentazione-autocoscienza), l'inizio del cammino che porta alla volontà di potenza.

Senza prenderla troppo alla larga: dall'appetitus e perceptio delle monadi il passo ad una soggettività incondizionata è relativamente breve ed è l'inevitabile risultato della storia del nichilismo. Mi sembra a questo punto necessario per una metafisica della volontà di potenza e della transvalutazione dei valori un approccio ai concetti di soggetto/oggetto, volontà/rappresentazione, appetitus/perceptio, che renda possibile il superpotenziamento. In questo senso Emerson (che poi mi pare non fa altro che portare alle estreme conseguenze Kant, Fichte e Schelling) diventa l'altro elemento di passaggio verso Nietzsche.

Concludendo non è quindi del tutto irrilevante il "milieu" ma è certamente una forma di passività che è tanto più forte quanto più deboli siamo noi. Arrivando all'estremo: per il superuomo non esiste milieu. Chiudo allora con una citazione proprio dallo stesso Emerson: “per quanto viaggiamo in tutto il mondo per trovare ciò che è bello, dobbiamo portarlo con noi oppure non lo troveremo”.


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diechirico
messagio Sep 9 2008, 08:21 PM
Messaggio #27


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effettivamente, joseph, fu proprio la discussione su yalom - che purtroppo non abbiamo mai approfondito - a farmi rimanere a bocca aperta.
solo un commento per quanto riguarda la passione vintage di freddie:
vorrei soo ricordare che il vecchio webmaster ha RUBATO al sottoscritto una copia dello zarathustra del 1900, in maniera poco urbana. dry.gif
però, non credo che il doc possa vantare il numero di vecchie edizioni dello zarahustra che ha il qui presente defraudato...
saluti!



CITAZIONE(Joseph de Silentio @ Sep 7 2008, 09:02 AM) *
Le vostre generose parole mi lusingano, ma non esageriamo! Ad ogni modo anch’io voglio ringraziarvi: Nihilo, interlocutore colto, equilibrato e sempre rigoroso, gran lettore e specialista (tra molte altre cose) di cultura mitteleuropea, come mostra anche l’analogia che opera (rendendomi un onore che non merito) tra i miei interventi e le miniature delle chiese tedesche; Diechirico, con il quale ho avuto meno occasioni di “chiacchierare” sul forum (ricordo però lo scambio relativo alla sua ricerca dell’eventuale autenticità di una lettera contenuta nel romanzo di Yalom) ma che immagino competente soprattutto dell’epistolario nietzscheano, riguardo al quale seguo sempre con interesse i suoi interventi; Freddie, “padre” e “custode” di questo forum, con i suoi commenti sempre meditati e bilanciati, attento cultore di luoghi nietzscheani e appassionato estimatore di libri “vintage” su Nietzsche, al quale debbo la scoperta del ciclopico Friedrich Nietzsche. Chronik in Bildern und Texten.

P.S.: Freddie, posso assicurarti che, relativamente al tema apertosi in questo topic, la tua posizione (con la quale come si è notato mi sono implicitamente dichiarato d’accordo) era chiara fin dall’inizio: già dal tuo primo intervento infatti, anche tu naturalmente non ingenuo né determinista, avevi lasciato intendere che le influenze che ciascuno di noi riceve dalla “globalità” delle proprie esperienze di vita si dispongono su vari livelli, ma che anche quelli in apparenza privi di rilievo vanno tenuti presenti.
P.P.S.: Non posso invece essere d’accordo con Sgubonius quando, riferendosi alla ricezione nietzscheana di Emerson e poi citando Leibniz, ritiene che “sia il milieu storico/culturale che quello geografico/spaziale siano sostanzialmente di importanza infima confrontati colla potenza del pensiero”. Ma per trattare questo tema sarà necessario un altro spazio di discussione e un po’ di tempo che ora non ho.

A presto!


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Freddie
messagio Sep 9 2008, 08:30 PM
Messaggio #28


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CITAZIONE(diechirico @ Sep 9 2008, 08:21 PM) *
effettivamente, joseph, fu proprio la discussione su yalom - che purtroppo non abbiamo mai approfondito - a farmi rimanere a bocca aperta.
solo un commento per quanto riguarda la passione vintage di freddie:
vorrei soo ricordare che il vecchio webmaster ha RUBATO al sottoscritto una copia dello zarathustra del 1900, in maniera poco urbana. dry.gif
però, non credo che il doc possa vantare il numero di vecchie edizioni dello zarahustra che ha il qui presente defraudato...
saluti!

ehemmm happy.gif sai che non è stato voluto il furto biggrin.gif ... che non ti stupisca un giorno con la prima edizione dello zarathustra wink.gif


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CITAZIONE
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Stirner
messagio Sep 15 2008, 12:22 PM
Messaggio #29


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Ciao. Io l'anno scorso sono stato al Gasthause di Nietzsche a Sils Maria. è stata una bellissima giornata. è vero, tutte queste visite, queste biografie ecc non toccano mai il nucleo del pensiero nietzscheano. Non so spiegarmelo ma, quando N. ti affascina, è come se un'impulso ineffabile ti spingesse ad un ""pellegrinaggio"". Fa uno strano effetto vedere i libri di N, il suo letto ecc. Fa uno strano effetto stare dove poco piu' di 100 anni fa ha vissuto il piu' grande enigma d'occidente. Non è come andare a casa di Marx o di Rousseau, Voltaire...

P.s. ricordiamo sempre l'aforisma di Ecce Homo: "una cosa sono io, un' altra i miei libri."


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Soltanto con Nietzsche finisce il Medioevo.

Alfred Bäumler.
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Joseph de Sil...
messagio Sep 18 2008, 06:10 PM
Messaggio #30


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CITAZIONE(Sgubonius @ Sep 9 2008, 11:56 AM) *
[...] Leibniz è colui che ha portato la filosofia moderna al suo fondamento dopo la "rivoluzione" cartesiana. Seguo qui un po' il percorso nella storia della metafisica di Heidegger che trovo molto corretto e che vede nell'affermarsi del soggetto come subiectum, cioè come ente primo fra gli enti in quanto elemento fisso della rappresentazione (autorappresentazione-autocoscienza), l'inizio del cammino che porta alla volontà di potenza.

Senza prenderla troppo alla larga: dall'appetitus e perceptio delle monadi il passo ad una soggettività incondizionata è relativamente breve ed è l'inevitabile risultato della storia del nichilismo. Mi sembra a questo punto necessario per una metafisica della volontà di potenza e della transvalutazione dei valori un approccio ai concetti di soggetto/oggetto, volontà/rappresentazione, appetitus/perceptio, che renda possibile il superpotenziamento. In questo senso Emerson (che poi mi pare non fa altro che portare alle estreme conseguenze Kant, Fichte e Schelling) diventa l'altro elemento di passaggio verso Nietzsche. [...].

Ritengo che seguire l’itinerario heideggeriano che vede in Leibniz una tappa cruciale del cammino verso Nietzsche, in quanto già prima di Schopenhauer egli avrebbe concepito l’ente come “rappresentante-appetente”, determinando poi il rappresentare come appetizione e dunque assimilando l’essere al volere, ci porterebbe a discutere più di Heidegger e della sua interpretazione di Nietzsche che di Nietzsche stesso. E’ una cosa che naturalmente possiamo fare, ma almeno in questo spazio andremmo “fuori tema”. Perciò in questo primo intervento su “Nietzsche et le milieu” farò sì riferimento a Leibniz, visto che lo hai menzionato, ma attenendomi il più possibile a quanto ci risulta dai testi dello stesso Nietzsche, e tenterò di trarre delle prime provvisorie conclusioni in rapporto al tema che stiamo qui trattando.
Dal momento che Nietzsche conosceva Leibniz, e non solo di seconda mano (ad esempio nel FP 7 [4] della fine 1886 – primavera 1887 egli riporta un passo, con tanto di numero di pagina, dai Saggi di teodicea), dobbiamo anzitutto chiederci per quale motivo egli, a differenza di molti suoi interpreti (Heidegger incluso), non rilevi attinenze tra loro importanti concezioni quali il pluralismo delle forze, il prospettivismo o la teoria della volontà. Infatti, ad eccezione di due pur rilevanti apprezzamenti nei quali riconosce in Leibniz l’iniziatore delle riflessioni su quello che oggi definiamo “inconscio” (La gaia scienza, aforismi 354 e 357), Nietzsche non ritiene di avere tratti in comune con lui, e anzi laddove lo menziona è perlopiù per criticarlo. Tra i vari riferimenti a Leibniz, che alla fine con una battuta sarà impietosamente considerato, accanto a diversi altri importanti filosofi tedeschi, come uno “Schleiermacher”, “fabbricatore di veli” (Ecce homo, “Il Caso Wagner”, 3), metterei in evidenza due osservazioni del 1885, in cui Nietzsche condanna l’innatismo leibniziano come platonico (FP aprile-giugno 1885, 34 [82]), perché come in Platone il sistema di Leibniz rinvia a concetti quali quelli di “essere”, “sostanza”, “incondizionato”, concepiti come eterni (FP giugno-luglio 1885, 38 [14]). Queste considerazioni sono sufficienti per consentirci di riflettere sulle differenze tra i due, anche rispetto alla questione del milieu. Per Leibniz, considerato che il mondo è una “proiezione” della monade (la quale essendo semplice non può essere soggetta a modificazioni da parte di sollecitazioni “esterne”), il milieu non ha alcuna incidenza su di essa, e anzi a rigore non esiste: egli afferma esplicitamente che le monadi non entrano in relazione le une con le altre perché “non hanno finestre, attraverso le quali qualcosa possa entrare o uscire” (Monadologia, § 7), o anche che “nelle sostanze semplici non si ha che un’influenza ideale di una monade sull’altra, che non può avere il suo effetto se non per l’intervento di Dio” (ibidem, § 51). La stessa “proiezione” che il mondo è, dunque, è interna alla monade stessa, ed è questo il motivo per cui nel mondo, propriamente parlando, non accade nulla, stante che l’accadere è solo il risvegliarsi nella monade di qualcosa che è già prestabilito: il reciproco legame “di tutte le cose create a ciascuna e di ciascuna a tutte le altre, fa sì che ogni sostanza semplice abbia rapporti che esprimono tutte le altre e che essa sia, di conseguenza, un vivente e perpetuo specchio dell’universo” (ibidem, § 56). Nulla di tutto ciò in Nietzsche, anche laddove sembrerebbero potersi riscontrare delle continuità, come nel nietzscheano concetto di Kraftquanta che, via Boscovich (che ha influenzato Nietzsche nell’elaborazione del suo “energetismo” e che dichiara il suo debito nei confronti di Leibniz), sembra rinviare al pensatore di Lipsia. La distanza tra i due, con ricadute anche sulla questione del milieu, è particolarmente evidente nell’antisostanzialismo insito nell’ontologia nietzscheana. Infatti (come ha ben fatto notare tra gli altri Gregory Moore in Nietzsche. Biology and Metaphor, Cambridge University Press, Cambridge 2002, p. 35), mentre per Leibniz la monade individuale è già data come un tutto, per Nietzsche “l’unità ameboide dell’individuo viene per ultima” (FP 1881, 11 [189]; ma di frammenti analoghi ce ne sono decine). E viene per ultima perché appunto non si dà sostanza: esistono solo relazioni, le quali consistono in azioni che il Nietzsche maturo (utilizzando il linguaggio della biologia: Roux, Nägeli, Schneider etc.) definisce di “appropriazione”, “assimilazione” o “incorporazione” di un quantum di potenza da parte dell’altro. Ora, è proprio il concetto di relazione a rinviare a quello di ambiente: questo infatti può essere considerato come “luogo” delle configurazioni cui le forze danno vita interagendo tra loro, sia all’interno che all’esterno dell’organismo. Anzi, ad essere più precisi le stesse categorie di “interno” ed “esterno” perdono la loro caratterizzazione tradizionale: l’ambiente organico, quello naturale e quello sociale vanno infatti ad intersecarsi, si costituiscono l’uno attraverso l’altro, agiscono e retroagiscono in un mondo complesso che è molto diverso da quello delle cesure e delle nette discontinuità che noi normalmente attribuiamo alle varie sfere dell’esistente: per Nietzsche, invece, “la storia della civiltà e l’evoluzione biologica della specie, il divenire della morale e il modificarsi dei caratteri fisici dell’uomo, non vanno più affrontati come entità irrelate, da indagare separatamente” (Andrea Orsucci, La Genealogia della morale di Nietzsche, Carocci, Roma, 2001, p. 94. Per spunti in questa direzione cfr. per esempio i saggi contenuti in Wolfgang Müller-Lauter, Nietzsche. Physiologie de la Volonté de puissance, Allia, Paris 1998, o anche Claudia Rosciglione, Homo natura. Autoregolazione e caos nel pensiero di Nietzsche, ETS, Pisa 2004 o, per certi versi, Barbara Stiegler, Nietzsche et la biologie, PUF, Paris 2001). Tutto ciò non è smentito, anzi direi che è confermato, proprio dai frammenti in cui Nietzsche si scaglia contro la teoria del milieu (per esempio FP 7 [33], fine 1886 – primavera 1887, oppure il celebre “Anti-Darwin”, cioè il FP 14 [133] della primavera 1888): la teoria dell’ambiente da cui egli prende le distanze è infatti proprio quella propagandata da un certo darwinismo meccanicistico-riduzionistico (in particolare quello di Haeckel) che riduceva l’adattamento a una sottomissione passiva dell’organismo all’ambiente naturale, trascurando appunto le relazioni e reciproche retroazioni tra essi. Inquadrando la questione in tale prospettiva risulta allora evidente quanto Nietzsche si spinga ben al di là anche di Emerson, pur apprezzandolo e risentendo sotto alcuni aspetti della sua influenza. Ma magari di questo si discute una prossima volta.
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Sgubonius
messagio Sep 18 2008, 08:28 PM
Messaggio #31


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Intanto non posso che ringraziarti perchè rendi accessibili in sintesi informazioni altrimenti molto remote!
Condivido la sostanziale distanza fra Leibniz e Nietzsche che tu hai benissimo evidenziato nella questione della sostanza (infatti stavo meditando in precedenza, riguardo anche a Spinoza, un argomento interessante: Nietzsche fra immanentismo e trascendentalismo).
Ammetto anche una certa tendenza recente a cadere nel Nietzsche heideggeriano che fatico a superare, ma penso che ci sia una caratteristica importante nella lettura di Heidegger che può tornare utile in questo discorso. Il fatto che Nietzsche non riconosca direttamente l'influsso di Leibniz sul concetto di soggetto così come lui stesso forse lo utilizza non è una prova contro l'influsso stesso, discorso simile è infatti quello su Descartes.

Detto questo, che lascia un po' il tempo che trova, quello che è fondamentale è appunto quanto riportato anche da te. Evidentemente non c'è in Nietzsche niente come una monade senza finestre nè porte, ma quello che viene ereditato è l'idea dello specchio dell'universo, ad esempio quando dice che "l'uomo è ciò che valuta". Senza questa prerogativa, che esclude il determinismo del milieu, non sarebbe possibile tutta la questione del superuomo.

Poi la cosa può essere sezionata più nel dettaglio per dimostrare che Leibniz ha influito meno e magari è stata più importante la lettura di Emerson, ed è indubbio che Nietzsche ha superato tutti questi, ma rimane mi sembra la necessità di non distaccarlo da tutto il pensiero precedente, anche se chiaramente questo lo trascina nel baratro della critica heideggeriana della metafisica.


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SaYo
messagio Sep 18 2008, 08:40 PM
Messaggio #32


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Prendendo nello specifico il rapporto con Leibniz, se è vero che
CITAZIONE
dobbiamo anzitutto chiederci per quale motivo egli (N.), a differenza di molti suoi interpreti (Heidegger incluso),
non rilevi attinenze tra loro importanti concezioni quali il pluralismo delle forze, il prospettivismo o la teoria della volontà

allora io vorrei semplicemente ricordare che molto spesso il suo giudizio nei confronti di precedecessori 'importanti' non trovava alcuna motivazione
nell'ambito di una comparazioni di dottrina, ma risultava piuttosto spiegabile alla luce di questioni stilistiche e di pura affinità 'artistico-concettuale' :
questo spiegherebbe anche l'altrimenti inspiegabile amore-odio per un pensatore così lontano da lui, come Pascal.

Detto questo, sarebbe opportuno riflettere sull'utilità di un approccio, passatemi il termine, "citazionistico" nell'analisi del pensiero nietzscheano:
non sempre le posizioni prese nelle sue opere possono essere pesate al netto come posizioni di dottrina, e anzi per un tal fine occorre spesso
depurarle (o epurarle?) da una componente che, se volete, possiamo anche definire stilistica, ma che fa indiscutibilmente parte dell'atteggiamento
e quindi dello stile nietzscheano. Per lo stesso motivo viene sconsigliata un'interpretazione alla lettera dello Zarathustra e della tarda opera.

Con questo non vorrei in nessun modo sminuire la bravura e l'enciclopedicità di Joseph de Silentio, sicuramente più esperto e ferrato
di me nello studio letterale degli scritti , e probabilmente anche ottimo studioso di filosofia: il suo approccio è tanto indispensabile per
introdurre uno studio analitico quanto indispensabilmente criticabile per concluderlo con fruttuosità, nel caso (anomalo) di Nietzsche.
Non perchè impraticabile, ma piuttosto perchè limitato.


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A proposito di cultura . . . ci sarebbe qualcosa da mangiare?"
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Sgubonius
messagio Sep 18 2008, 11:11 PM
Messaggio #33


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CITAZIONE(SaYo @ Sep 18 2008, 09:40 PM) *
questo spiegherebbe anche il l'altrimenti inspiegabile amore-odio per un pensatore così lontano da lui, come Pascal.


In parte appoggio il tuo discorso, d'altro canto a livello filosofico joseph è stato molto preciso al di là delle citazioni nietzschiane anche sommando contributi di vario genere.
Nonostante come te io abbia evidenziato la possibile presenza di leibniz anche non percepita da N. stesso (per via dell'abitudine oramai invalsa nel fare filosofia ottocentesco del soggetto/appetito - oggetto/percezione, non fosse altro che attraverso shopenhauer), ciò non toglie nulla alle conclusioni sul "declassamento" del milieu positivista.

Sul rapporto con pascal mi piacerebbe sentire un po' di opinioni e di notizie dato che è un pensatore di cui subisco enormemente il fascino e che (discorso teologico a parte) non è distante da Nietzsche per quanto riguarda la sensibilità... diciamo.


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Joseph de Sil...
messagio Sep 19 2008, 05:50 PM
Messaggio #34


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CITAZIONE(SaYo @ Sep 18 2008, 07:40 PM) *
[...] vorrei semplicemente ricordare che molto spesso il suo giudizio nei confronti di precedecessori 'importanti' non trovava alcuna motivazione
nell'ambito di una comparazioni di dottrina, ma risultava piuttosto spiegabile alla luce di questioni stilistiche e di pura affinità 'artistico-concettuale' :
[...]. Detto questo, sarebbe opportuno riflettere sull'utilità di un approccio, passatemi il termine, "citazionistico" nell'analisi del pensiero nietzscheano:
non sempre le posizioni prese nelle sue opere possono essere pesate al netto come posizioni di dottrina [...]

Nell’introduzione al suo lavoro sulle letture francesi di Nietzsche, Giuliano Campioni scrive: “Le contexte – à partir des lectures attestées: par les volumes de la bibliothèque posthume de Weimar, par les citations explicites et implicites, les nombreux excerpta de lectures parfois non identifiées, la correspondance – nous a permis de restituer la trame française du texte nietzschéen, jusque dans des expressions isolées. Notre intention n’est évidemment pas de diminuer l’originalité de Nietzsche – comme le faisaient ses «ennemis» ou comme pourraient encore le craindre tous ceux, trop nombreux, qui exploitent le philosophe d’une manière esthétique et immédiate, à la recherche de maîtres absolus de sagesse ou de prophètes du nihilisme – et moins encore de dénoncer un gigantesque plagiat, mais de «lancer un pont en direction de la culture du temps de Nietzsche» et de «connaître le bouillon de la culture» (Montinari) dans lequel il a agi, d’une manière puissamment originale, et qu’il a stimulé a son tour” (Les lectures françaises de Nietzsche, PUF, Paris 2001, p. 3).
Questo passo, oltre ad esemplificare in sintesi il tipo di approccio che ritengo proficuo per un serio e consapevole studio di Nietzsche, mi consente di puntualizzare qualcosa a proposito della questione “citazioni”. Se SaYo per approccio “citazionistico” a Nietzsche intende l’accostamento “estetico e immediato” ai suoi scritti, cioè l’utilizzo disordinato e opportunistico del suo testo e l’estrapolazione anarchica di frammenti e porzioni di lettere o aforismi volta solo a corroborare proprie tesi, sottoscrivo pienamente. D’altro canto mi pare di aver sempre, nei miei interventi sul forum, sostenuto l’opportunità di un metodo esattamente inverso, quello cioè di un approccio filologico ai testi, dove per filologia intendo una ricostruzione storico-documentale della formazione dei concetti che faccia riferimento, come scrive per l’appunto Campioni (e con lui chiunque si occupi di Nietzsche fonti alla mano), al testo e all’extratesto (letture, influenze etc.). La citazione, soprattutto nel caso di un pensatore a-sistematico quale Nietzsche è, rischia di essere addirittura fuorviante se non è contestualizzata, cioè incorporata in una rete di rimandi cui appartengono in modo inestricabile non solo e in primis la mobile, complessa e dinamica Weltanschauung nietzscheana, ma anche per esempio i momenti della sua biografia intellettuale in cui Nietzsche opera determinate affermazioni e gli obiettivi per cui lo fa: si rende perciò necessaria l’analisi comparata tra i suoi testi “privati” (lettere e taccuini) e quelli che egli destina alla stampa, le letture e gli studi che sta conducendo in un dato periodo (ivi compresi i segni e le note di lettura sui testi della sua biblioteca, che ci restituiscono il dialogo diretto con le tesi di un determinato autore), i motivi per cui riprende in mano determinati libri o rielabora determinati concetti, etc. E’ ovvio che questo modo di procedere è ben diverso da quello, immediato ma semplicistico, che consiste nell’aprire un testo di Nietzsche e riportarne un frammento che sembra in linea con quanto si vuole sostenere: d’altra parte la ricerca filologica non si improvvisa, né per essa è sufficiente la passione, ma sono necessari anni di studio e soprattutto metodo e pazienza. E’ vero, peraltro, che poi quello che può risultare in un saggio o a maggior ragione in un intervento su un forum è solo un condensato che può non rendere adeguatamente tutto ciò, perché si preferisce non appesantire uno svolgimento per ovvie ragioni di economia del discorso (e forse anche per non apparire troppo pedanti). Venendo allo specifico, se ho riportato solo alcune osservazioni di Nietzsche contro Leibniz l’ho fatto a ragion veduta, consapevole di quella che è effettivamente la distanza che Nietzsche avvertiva tra la sua posizione e quella di Leibniz (e consapevole di quanto osserva Sgubonius rispetto a importanti interpretazioni del pensiero nietzscheano che potrebbero spingersi oltre le stesse consapevolezze di Nietzsche: ma questo è un discorso sull’ermeneutica, sul cui approccio non ho peraltro, in altre sedi di discussione su questo forum, nascosto le mie riserve); inoltre, ho ben presente che non sempre Nietzsche prende posizioni che hanno a che vedere direttamente con il portato “dottrinale” di un determinato autore (certo, Pascal, ma tanto per fare qualche altro nome anche Platone, Agostino, Lutero, Schopenhauer: autori che egli per varie ragioni ha continuato a leggere e rileggere per anni, a ritenere importanti e per certi versi “affini”, pur dichiarando la sua distanza da loro). Ma so anche che egli altrettanto spesso manifesta il suo accordo con, e le sue dipendenze da, determinati pensatori, non solo rispetto a questioni estetiche (come le affinità stilistiche), ma in ordine a questioni specificamente concettuali. Per chiarire e precisare quanto era implicito nel mio intervento precedente, i suoi riferimenti a Leibniz intorno alla metà degli anni Ottanta (e di conseguenza il motivo delle mie citazioni) non sono casuali: a partire dagli inizi di questo decennio egli sta scoprendo una quantità di autori che in qualche modo gli forniscono spunti per le elaborazioni di idee che presto diventeranno centrali nel suo pensiero, e tra queste anche, naturalmente, il primato della “forza” o “energia” e il prospettivismo (temi che appunto possono essere, e spesso sono stati, ricondotti a Leibniz): Vogt, Roux, Mayer, Schneider, Semper, Avenarius, Rolph, Mach, etc.; molti di essi a loro volta lo portano a rileggere autori che già conosceva e che avevano trattato – tra le altre – questioni analoghe, come Boscovich, Spir, Teichmüller. Ora, è del tutto plausibile che i molteplici rimandi a Leibniz in questi testi (Boscovich ad esempio ne è pieno) lo abbiano condotto a rileggersi anche quest’ultimo, sia di seconda mano (per esempio il suo “manuale” preferito, cioè Lange, che Nietzsche torna sempre a consultare, fin dalla prima edizione conteneva una quindicina di pagine dedicate a Leibniz), sia direttamente. L’elemento che in questo caso non mi pare affatto trascurabile è che, se con diversi di questi autori Nietzsche si dichiara d’accordo, anche se magari solo in parte (per esempio è molto lontano sia dalla visione generale di Spir che da quella di Teichmüller, ma ne riprende – citandoli esplicitamente – diversi motivi), non solo non riscontriamo una posizione simile rispetto alla teoria delle monadi-forza o del pluralismo prospettivistico leibniziano, ma anzi a questo proposito sono piuttosto presenti rilievi critici. In altre parole e per chiudere: perché per esempio Boscovich sì e Leibniz no? Evidentemente nel primo notava delle cose che non trovava nel secondo, e non si tratta di questioni stilistiche.
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SaYo
messagio Sep 19 2008, 06:24 PM
Messaggio #35


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Prendo atto che le mie raccomandazioni sulle questioni citazionistiche non hanno bisogno,
nel tuo caso specifico, di essere raccolte: noto con sollievo che non sei solo ricco di informazioni,
ma sei soprattutto (ed è questa la cosa importante) ben consapevole dei problemi di metodo
riguardanti l'utilizzo delle stesse informazioni per un'analisi adeguata. Non è una cosa da poco,
anzi è forse la cosa più importante, che ti porta ben oltre quella moltitudine di precedenti utenti
che usavano impropriamente una gran mole di citazioni come semplice millanteria d'erudizione.

Detto questo, non posso che incoraggiarti a proseguire la tua analisi sulla strada che hai delineato
(e nel caso specifico di Leibniz, se su tratti o no di una questione stilistica è, a mio avviso, non così inequivoco)


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A proposito di cultura . . . ci sarebbe qualcosa da mangiare?"
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Sgubonius
messagio Sep 19 2008, 06:34 PM
Messaggio #36


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L'osservazione che fai è interessante Joseph, mi pare necessario passare ad una fase "ermeneutica" della filosofia nietzschiana, anche a costo di non cogliere Nietzsche completamente ma per la semplice velleità di arrivare ad un risultato. Il rischio è quello altrimenti di perdersi troppo nel voler trovare Nietzsche, che sappiamo tutti quanto sia sfuggente, e magari perdere il nesso di un discorso più personale (anche se è evidente il gap di autorità in materia laugh.gif )
Ovviamente se il topic è "Nietzsche e il milieu" e non "Sgubonius e il milieu" la cosa deve avere 2 aspetti. Da una parte una ricerca pur faticosa nel pensiero di Nietzsche per trovare le sue parole a riguardo, e che da risultato che non ci siano legami con Leibniz, dall'altra una più semplice deduzione che muove dalle teorie base di N. stesso e che mi pare porti a riconoscere una necessaria influenza del filosofo di Lipsia (che è quello che tenta Heidegger poi, attraverso un tentativo di allinearsi alle domande nietzschiane)


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francesco88
messagio Nov 5 2010, 11:22 AM
Messaggio #37


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Salve ragazzi anch'io sono nuovo del forum, ho dato uno sguardo veloce ad alcune delle discussioni e sono rimasto meravigliosamente sorpreso!
Mi ha colpito questa breve discussione, nata da un "dissenso" che non ho ben capito. I fanatici, gli imbecilli, quelli si riconoscono subito appena aprono bocca.. E poi, perché non provare entusiasmi dionisiaci per Nietzsche o chi per lui? L'unico motivo che ho per leggere i dannati libri ( penso a Vladimir M. : "Ma quali libri!..." ) è proprio conservare o aumentare dosi di entusiasmo, di gioia, e solo secondariamente per la "conoscenza", ecc.
Quanto al "dissenso": è vero, la filosofia è inseparabile da una critica. Ma se si tratta di una vera critica, vedremo subito affiorare l'affermativo, il positivo, la nostra propria filosofia, e allora il problema non si pone più.. altrimenti non c'è neanche bisogno di parlarne, si resta ai dissensi, o all'invidia... Bisognerebbe saper ringraziare, saper amare un autore, poterlo ammirare, poter essere liberi di dire: forse questo non sono io, è lui che mi influenza... è questo che ho trovato con lui, e gliene sono immensamente grato. Una nuova arte della riconoscenza, contro al riconoscimento hegeliano?
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