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> cristianesimo, platonismo e neo-paltonismo, continuità e novità
marduk
messagio May 25 2007, 08:37 PM
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E' un discorso interessante perchè nella filosofia greca dal III a.C in poi si avverte già un preannuncio al pensiero cristiano. Anzi il mio parere è che il pensiero greco sia sfociato "naturalmente" in quello cristiano. Tuttavia il cristianesimo ha apportato, secondo me, almeno due novità che gli hanno permesso di "conquistare" le masse all'interno dell'impero romano.
Brevemente (poi approfondiremo!):
1) la salvezza come evento storico già avvenuto e il salvatore come personaggio esistito realmente (e non in un tempo mitico, in un passato remoto come nei coevi culti savifici che si ispiravano a iside, dioniso e orfeo)
2)la possibilità di entrare nelle comunità cristiane senza una dura iniziazione a volte troppo intellettualistica com'era all'interno dei culti misterici ellenistici.

Sono state secondo precise esigenze sociali a dar vita al pensiero ellenistico e neo-platonico e cristiano, da ricercarsi nelle trasformazioni della società da dopo le conquiste di alessandro magno.

il confronto è aperto! laugh.gif


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AndreaF.
messagio May 26 2007, 11:38 AM
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Fantastico, mi chiami felicemente in causa.
Ovviamente pretendere di dare una definizione conclusiva in un post è inappropriato (anche perchè occuperemmo pagine e pagine), proporrei di dibattere per gradi e tramite il sistema domanda-risposta, evitando di divagare troppo altrimenti ci potremmo perdere.


I due punti da te citati sono sicuramente accettabili, ma proporrei di dividerli per ambiti;
La prima pare risiedere soprattutto in ambito teoretico, la seconda (che ovviamente viene di riflesso alla teoria) pare spiegare meglio la "fortuna" dei 12 pescatori neio secoli a livello pratico

La salvezza è inscrivibile in un evento storico già avvenuto ma deve compiersi nel cammino di ogni cristiano oltre la morte.
Non dimentichiamoci che la forza delle religioni deriva proprio dalla capacità di far leva sul mistero della vita presente e "futura" (post-mortem)

L'aspettativa di una felicità eterna rimane un forte punto in comune non solo con le religioni ma, cosa che ho notato solo recentemente, in special modo con i culti orfici e dionisiaci che giustamente citavi.

Questo mi sembra un aspetto interessante su cui discutere

Anche perchè porta direttamente al tentativo di individuare il punto cardine del cristianesimo tra i momenti dell'Incarnazione, della redenzione e dell'ascensione. Ma questa ricerca che invito a portare avanti non è fine a sè stessa: le forme di approccio al cristianesimo di ognuno di noi dipendono direttamente, mi sembra, da quanto valore diamo a questi tre momenti

Ad esempio possiamo citare il buon Pasolini quando sostiene che l'Ascensione è "il momento più sublime", ovvero il "momento in cui il Cristo ci lascia soli a cercarlo".

Personalmente sono molto più incline a dar forte peso all'Incarnazione (come d'altronde molta teologia "platonica"), ovvero nel momento in cui "l'eterno entra nel tempo", il Logos, l'Uno scende tra gli uomini, contraddicendo il pregiudizio platonico che stavo esprimento nell'altro topic, ovvero l'impossibilità del Dio a scendere a patti con l'uomo

(d'altronde la stessa polemica di Platone contro i poeti nasce da lì)


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marduk
messagio May 26 2007, 10:11 PM
Messaggio #3


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CITAZIONE
L'aspettativa di una felicità eterna rimane un forte punto in comune non solo con le religioni ma, cosa che ho notato solo recentemente, in special modo con i culti orfici e dionisiaci


A essere precisi però, le religioni antiche pre-ellenistiche non promettevano felicità nell'aldilà nè tantomeno erano interessate alla salvezza. I culti cosiddetti misterici o salvifici (orfici soprattutto) già esistevano ma erano sempre stati ai marigini della società fino all'epoca ellenistica, quando cominciano a diffondersi enormemente unendosi con culti egiziani riletti in chiave misterica (come quello di iside).
Il fatto è che le religioni più antiche non avevano funzione morale nè consolatoria. Gli dei non erano modelli da seguire e la vita oltre la morte era sempre penosa e lugubre. L'aldilà non era un premio insomma. Anche il giudaismo non conosce l'aldilà fino all'avvento dell'ellenismo. La funzione di queste religioni era essenzialmente quella di "collante sociale", cioè quella di riunire la popolazione durante cerimonie nelle quali ci si sentiva parte di una stessa città o nazione. Avevano un forte carattere civico.
Il politeismo difatti faceva da pandant al pluralismo politico delle città (come le poleis greche).
A partire dal VI secolo poi le comunità umane riescono a dar vita a enormi stati sovranazionali (impero persiano per primo, impero di alessandro, e in fine quello romano) nei quali il singolo è allontanato dalla gestione politica e questa (ormai nelle mani di pochissime persone) fa uso della religione come propaganda. Si ha una sorta di divario tra la religione ufficiale e quella popolare, e quest'ultima si "moralizza" sempre più. Il singolo non cerca più nel culto un elemento di coesione con gli altri della comunità (che ormai si è fatta eccessivamente multi-etnica) ma un mezzo di comunicazione diretto col divino che facesse uso di un linguaggio che non fosse quello della macchina del potere (perchè nei millenni precedenti solo il re poteva dialogare col divino). Ora si cerca nella religione una guida morale e una promessa di vita ultraterrena felice. Gli enormi imperi che si formano adesso hanno al loro interno una disparità sociale senza precedenti e siccome non era concepita all'epoca una "politica sociale" (uno stato assitenziale), era chiaro che il singolo potesse confidare solo in un aiuto divino: la felicità non era più possibile sulla terra ma nell'altra vita, come premio. Arriviamo così alla fine dell'ellensimo e nei primi secoli dopo cristo: culti salvifici si diffondo sempre più a scapito della vecchia religione "olimpica", che ormai era solo più usata dalla politica. Quando oramai la sensiblità delle masse fu cambiata da questi culti e tra questi il cristianesimo, ecco che lo stato romano eleva proprio questo a religione ufficiale (395 editto di teodosio). Ma questo non può non comportare un cambiamento della religione stessa: il cristianesimo diventa marcatore di identità che divide i romani dai barbari e la croce diviene il vessillo di guerra delle truppe romane.

Il cristianesimo vince su un paganesimo che non era quello dei millenni precedenti, ma su culti che gli erano già molto molto simili.

La domanda pregnante (ma usciamo dal tema!) è "oggi serve ancora una religione salvifica?" blink.gif


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AndreaF.
messagio May 27 2007, 12:31 PM
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CITAZIONE(marduk @ May 26 2007, 11:11 PM) *
A essere precisi però, le religioni antiche pre-ellenistiche non promettevano felicità nell'aldilà nè tantomeno erano interessate alla salvezza. I culti cosiddetti misterici o salvifici (orfici soprattutto) già esistevano ma erano sempre stati ai marigini della società fino all'epoca ellenistica, quando cominciano a diffondersi enormemente unendosi con culti egiziani riletti in chiave misterica (come quello di iside).
Il fatto è che le religioni più antiche non avevano funzione morale nè consolatoria. Gli dei non erano modelli da seguire e la vita oltre la morte era sempre penosa e lugubre. L'aldilà non era un premio insomma.


Sinceramente non sono un esperto in materia, tuttavia mi sento di contraddirti perchè la forza, a mio avviso, di questi culti era soprattutto la prospettiva post-mortem ed alcuni (non quelli orfici o misterici, come giustamente dici) erano funzionali alla polis e alla vita associativa.

I culti orfici erano fondati sulla convinzione che l'anima potesse ritornare nel suo status reale e quindi essere realmente appagata solo dopo la morte. Sicuramente c'è forte differenza nella concezione orfica e quella "di premio", successiva, ma ricordo che per esempio nei culti di Dioniso si immaginava l'aldilà come un grande "banchetto" o comunque come un luogo dove poter godere, simile alla cerimonia cultuale.
Inoltre esistevano culti particolari per "ingraziarsi" le divinità dell'Ade, a cui pochi avevano accesso.

E a mio avviso il cirstianesimo vince sul paganesimo perchè individua già in questa vita un momento di beatitudine: l'incontro con il Cristo.



CITAZIONE
La domanda pregnante (ma usciamo dal tema!) è "oggi serve ancora una religione salvifica?" blink.gif

Rispondo dopo, domanda che mi affascina da sempre!


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AndreaF.
messagio May 27 2007, 02:06 PM
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CITAZIONE(marduk @ May 26 2007, 11:11 PM) *
La domanda pregnante (ma usciamo dal tema!) è "oggi serve ancora una religione salvifica?" blink.gif


Allora, qui entriamo in un'ambito strettamente personale ed è complesso (o forse fuorviante?) tentare un'analisi fredda sull'utilità o sul fine (oggi serve?). Nel dibattito tra Bruno Forte e Cacciari a Chieti (spero che Freddie lo inserirà presto) il vescovo ha espresso un concetto che può tornarci utile: Si rivolge a Cacciari e dice "Tu vuoi smontare Dio a pezzi"
Ecco all'inizio pensai "Questo ti invita a un salto nel buio", ma ripensandoci penso che disse una piccola verità, ma ora vorrei spiegarmi meglio:


Io credo che la religione, o meglio l'atteggiamento religioso, rimarrà sempre un punto fondamentale nella vita degli uomini perchè rappresenta l'intramontabile categoria del mistero, dell'incompreso, non solo del mondo ma anche di noi stessi.
Come scrive Pascal, l'uomo è sospeso tra due abissi, tra l'infitamente grande e piccolo, tra, per dirla alla Agostino, l'interiorità e l'infinito (non a caso per Agostino Dio "coincide" nelle due posizioni ). Su questa strada si dislocano le ricerche dei platonici.

Poi possiamo discutere sulle diverse religioni e sul "ruolo" o sull'uitlità.
Da non credente sono convinto che le religioni siano fondamentalmente pedagogia e antropologia, che facciano parte della cultura di un popolo e non siano nient'altro ma, allo stesso tempo, che difficilmente tramonteranno perchè non valgono tanto per quel che sono ma piuttosto per ciò che rappresentano.


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marduk
messagio May 27 2007, 06:17 PM
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CITAZIONE
Sinceramente non sono un esperto in materia, tuttavia mi sento di contraddirti perchè la forza, a mio avviso, di questi culti era soprattutto la prospettiva post-mortem ed alcuni (non quelli orfici o misterici, come giustamente dici) erano funzionali alla polis e alla vita associativa.


Prima del VI secolo le religioni non promettevano nulla nell'aldilà, nessuna felicità. Dopo questa data (per determinate trasformazioni sociali) i culti misterici prendono lentamente il sopravvento, esistevano già prima ma erano marginali.
Quello che voglio dire è di non appiattire cronologicamente il fenomeno religioso. Secondo me non vale di discorso che la religione risponde a determinati bisogni umani. Perchè non esiste una Religione nè un insieme di Bisogni umani che stiano al di fuori della storia. Le religioni (il plurale è d'obbligo) sono riflesso delle costituzioni sociali. L'antropologia culturale ha apliato i nostri orizzonti conoscitivi: ormai se parliamo di religione non possiamo più fermarci alle nostre religioni mediterranee. Sorge allora il dubbio che una definizione di religione meta-storica non esista.
Anche il cristianesimo non dev'essere appiattito cronologicamente. Il crist. delle origini era formetemente messianico: prometteva felicità e riscatto SOLO nella vita dopo la morte (il discorso delle montagna di gesù è tutto al futuro infatti). Solo col tempo la teologia crist. ha aggiunto a poco a poco altri tasselli fino ad arrivare alle contemporanee teologie che propongono fortemente un incontro (ermeneutico?) con la beatitudine anche in questa vita (penso a Bultmann).

I culti riferiti a dioniso subirono parecchie trasformazioni: il dionisismo dei secoli ellenisitici non è quello che aveva ispirato le tragedie greche. Così anche la figura di Iside diffusasi nel mediterraneo come culto misterico non è quella originaria dell'egitto.

Bisogna studiare un fenomeno come quello religioso dal punto di vista STORICO, senza considerare il cristianesimo nè come punto d'arrivo nè come risposta perfetta a bisogni sempre presenti nell'uomo...questa è la mia idea insomma. wink.gif


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AndreaF.
messagio May 28 2007, 02:28 PM
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CITAZIONE(marduk @ May 27 2007, 07:17 PM) *
Prima del VI secolo le religioni non promettevano nulla nell'aldilà, nessuna felicità. Dopo questa data (per determinate trasformazioni sociali) i culti misterici prendono lentamente il sopravvento, esistevano già prima ma erano marginali.

Eh ho capito il tuo discorso, ma ti ripeto che io ho informazioni diverse.
Puoi citarmi le tue fonti?


CITAZIONE

Quello che voglio dire è di non appiattire cronologicamente il fenomeno religioso. Secondo me non vale di discorso che la religione risponde a determinati bisogni umani. Perchè non esiste una Religione nè un insieme di Bisogni umani che stiano al di fuori della storia. Le religioni (il plurale è d'obbligo) sono riflesso delle costituzioni sociali. L'antropologia culturale ha apliato i nostri orizzonti conoscitivi: ormai se parliamo di religione non possiamo più fermarci alle nostre religioni mediterranee. Sorge allora il dubbio che una definizione di religione meta-storica non esista.
Non so se mi sono spiegato bene prima, ma io volevo sottolineare proprio questo punto.
A mio avviso (e qui penso discordiamo) la "religione" meta-storica che tu neghi esiste, ma non è una religione, bensì un atteggiamento, un approccio al mondo che non ha regole o comandamenti:
"Io credo che la religione, o meglio l'atteggiamento religioso, rimarrà sempre un punto fondamentale nella vita degli uomini perchè rappresenta l'intramontabile categoria del mistero, dell'incompreso, non solo del mondo ma anche di noi stessi. "

E successivamente arrivano le religioni, come risposta, come fenomeno culturale o antropologico (condivido), ma a mio avvviso la domanda c'è ed è unica per tutti, è la domanda sul perchè delle cose che, forte, colpisce anche quelle zone a noi insondabili. E di qui il mistero etc.
Perchè ogni cultura ha "inventato" (la pensiamo nello stesso modo quindi possiamo dire le cose come stanno senza timore di squilibrio) uno o più divinità? E' la domanda che caratterizza l'apporccio religioso al mondo, la domanda sui misteri. E tant'è vero che la risposta che danno le religioni è "fede".

CITAZIONE

Anche il cristianesimo non dev'essere appiattito cronologicamente. Il crist. delle origini era formetemente messianico: prometteva felicità e riscatto SOLO nella vita dopo la morte (il discorso delle montagna di gesù è tutto al futuro infatti). Solo col tempo la teologia crist. ha aggiunto a poco a poco altri tasselli fino ad arrivare alle contemporanee teologie che propongono fortemente un incontro (ermeneutico?) con la beatitudine anche in questa vita (penso a Bultmann).


Al futuro ma anche al presente.
Conosco il pensiero di bultmann e ho capito cosa intendi, ma c'è una forte differenza tra l'ottenere la felicità solo nella vita futura e ottenerla pienamente nella vita futura. Il cristiano vuole la vera felicità e questa non può che essere nell'aldilà, ma in questo mondo il cristiano può e deve essere felice, non totalmente, perchè non è concesso in questa vita, ma tenendo fisso lo sguardo verso la felicità dopo la morte, egli sarà felice anche in questa vita, per quel che la sua natura corruttibile e mutabile consente.
Se puoi, leggi il libro XIV, paragrafo 25 del De civitate

CITAZIONE
Bisogna studiare un fenomeno come quello religioso dal punto di vista STORICO, senza considerare il cristianesimo nè come punto d'arrivo nè come risposta perfetta a bisogni sempre presenti nell'uomo...questa è la mia idea insomma. wink.gif

Perfetta no, assolutamente, ma ripeto che oltre il punto di vista storico, antropologico o altro è necessario tenere in considerazione la domanda religiosa come domanda sul mistero della vita che spesso non può trovare solo una risposta "scientifica".

wink.gif


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marduk
messagio May 28 2007, 05:38 PM
Messaggio #8


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CITAZIONE
Puoi citarmi le tue fonti?
l
E' un po' complicato perchè sono informazioni che ho raccolto qua e là dai testi di storia antica e storia delle religioni. Il testo di Filoramo ("Manuale di storia delle religioni") è molto ben fatto, anche se non tratta specificatamente di queste questioni, ma mette in luce la differenza tra religioni salvifiche e religioni non salvifiche.

CITAZIONE

mio avviso (e qui penso discordiamo) la "religione" meta-storica che tu neghi esiste, ma non è una religione, bensì un atteggiamento, un approccio al mondo che non ha regole o comandamenti:


Ok, se ho capito il tuo discorso, la tua posizione è quella condivisa da autori come Rudolf Otto e Mircea Eliade. Entrambi considerano il fenomeno religioso come categoria a parte, come un'espierienza che ha delle proprie caratteristiche sempre uguali al di sotto delle differenze tra questa o quella religione. E individuano questa uguaglianza nella manifestazione del SACRO. Questo SACRO potrebbe essere l'approccio al mondo che dici tu.
Ecco la mia posizione è diametralmente opposta laugh.gif Mi sento più affine ad antropologi come Remotti, Marcel Mauss o Fabietti, che intendono il fenomento religioso come riflesso delle dinamiche di determinate società. Dunque non come risposte a domande meta-storiche sul mistero della vita.
Cercare dei tratti comuni tra le religioni infatti è rischioso - spunta sempre almeno un'eccezione: ad esempio non tutti i popoli hanno avuto divinità trascendenti.

In ogni caso sono due visioni opposte ma è bello metterle a confronto. wink.gif


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AndreaF.
messagio May 29 2007, 01:59 PM
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CITAZIONE(marduk @ May 28 2007, 06:38 PM) *
Ok, se ho capito il tuo discorso, la tua posizione è quella condivisa da autori come Rudolf Otto e Mircea Eliade. Entrambi considerano il fenomeno religioso come categoria a parte, come un'espierienza che ha delle proprie caratteristiche sempre uguali al di sotto delle differenze tra questa o quella religione. E individuano questa uguaglianza nella manifestazione del SACRO. Questo SACRO potrebbe essere l'approccio al mondo che dici tu.

In ogni caso sono due visioni opposte ma è bello metterle a confronto. wink.gif

Sicuramente. wink.gif

Non conosco gli autori, ma se hanno una posizione simile alla mia non può che confortarmi.
Tuttavia il termine "Sacro" mi convicne poco. Perchè quando entriamo nel sacro siamo già nella dimensione cultuale, nella credenza che esista un qualcosa di divino, di intoccabile...di sacro!

Tempo fa ricordo lo stupore di Andrea ( rolleyes.gif ) quando gli dissi che stavo studiando i Platonici.
Ecco, nei platonico trovo quall'approccio, scevro della cultualità e della dimensione mitica (almeno teoricamente), ma è lo stesso approccio che sento, che cercavo di descrivere prima.
Poi come dice giustamente Vattimo, se dico Dio non posso che immaginare Padre, figlio e spirito santo, ma è una manifestaizone naturale della mia mente poichè sono cresciuto in ambiente cristiano. Dio non è necessariamente trinità, ma semplicemente io non posso che immaginarmelo così.
E' un principio ermeneutico.

Ma di Vattimo possiamo parlare in un altro topic, anche perchè mi sento molto vicino alle sue posizioni, soprattutto riguardo gli ultimi scritti


wink.gif


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