determinismo caotico quantistico |
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determinismo caotico quantistico |
Jul 3 2010, 01:06 AM
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#1
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Member Gruppo: Members Messaggi: 19 Iscritto il: 28-June 10 Utente Nr.: 26,942 |
"Bisogna avere il caos dentro di sè per generare una stella danzante..."
"causa ed effetto sono mere interpretazioni (non fatti)" Le critiche di Nietzsche alla causalità e al determinismo di Laplace, nonché l'illuminante ed ispirata celebre frase sul caos e la stella danzante, ben si conciliano con la nuova scuola di pensiero del determinismo caotico quantistico. Per saperne di più: http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/...quantistica.php Per gli attenti conoscitori del Nietzsche - pensiero la domanda è quindi questa: che cosa avrebbe detto Nietzsche a proposito del determinismo caotico-quantistico? |
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Aug 19 2010, 01:54 PM
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#2
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 754 Iscritto il: 15-May 08 Utente Nr.: 2,728 |
Quando parlavo di "negativo" lo intendevo in senso filosofico, non psicologico. E' negativo nel senso logico del termine, cioè qualcosa di non positivo, di non positum, di non tetico (è antitesi secondo il modello dialettico, che però è proprio quanto va evitato), e quindi si definisce nel sottrarsi al concetto, alla definizione. Per esempio tutte le parole tipo "im-mortale", "im-possibile", "sovra-umano", eccetera sono logicamente negative, in quanto si definiscono per negazione o esclusione da un concetto positivo (il mortale, il possibile, l'umano), ma non sono negative nel senso che non ci garbano. Anche il super-uomo o uber-mensch è un concetto negativo, che si traccia per sottrazione o eccedenza a partire dalla definizione uomo. La potenza stessa secondo la tradizione filosofia è un concetto negativo, è ciò che non è in atto, e la volontà egualmente è ciò che non è appagato. E' per questo che superuomo, volontà e potenza possono essere considerati quasi sinonimi in Nietzsche, sono tutti "negativi", eccedenze (o mancanze se non accettate).
Egualmente il caos (sempre in Nietzsche) è un concetto negativo solo in quanto indefinibile, sottraentensi al concetto, "differente in sé". Ma è chiaro a questo punto che in Nietzsche (per l'appunto come in tanta teologia negativa) il negativo è il tutto, e il positivo è solo il suo precipitato. Per seguire le tracce storiche basta risalire a Kant attraverso Schopenhauer (e se vuoi all'indietro vai ai neoplatonici e Platone). Quanto di nuovo c'è però rispetto a questi è che non si oppone più la "cosa in sé" definita solo negativamente come in-arrivabile, sovra-sensibile, extra-rappresentativa al suo precipitato rappresentativo e fenomenico; piuttosto fuori da ogni dualismo in Nietzsche è tutto quanto VdP, è tutto mancanza proprio come è tutto eccedenza, "col mondo vero abbiamo abolito anche il mondo falso", con la "differenza in sé" abbiamo abolito ogni dualismo dell'adaequatio rei et intellectus. E' venuta a cadere la rappresentazione soprattutto, è rimasta solo la volontà (di potenza). E' così che anche l'opposizione negativo-positivo diventa priva di senso, perché non solo nessuno dei due estremi ha senso senza l'altro (saremmo ancora solo alla dialettica), ma molto più radicalmente non si dà mai un "simplex sigillum veri", un caso puro di negativo o positivo, è tutto mescolato in una positività del negativo, in un darsi della mancanza, uno sfuggire della presenza, un dinamismo. E' qui che la dialettica (e ogni eventuale teoria del caos, di qualunque genere essa sia) entra in conflitto con Nietzsche. Ripartire da questo miscuglio caotico per affermare delle leggi, dei principii, dei metodi, dei modelli, delle rappresentazioni, dei positum puri, è l'ideale di sintesi di Hegel (semmai si può considerare una "dialettica negativa" secondo la formula di Adorno, ma per ora sarebbe un po' complesso affrontare la questione, sospendiamo). Per esempio, nel caso della stella danzante, una interpretazione dialettica poggerebbe molto sul "partorire" in quanto atto positivo che passa dal negativo del dolore e lo "invera". In Nietzsche sarebbe invece diverso, sarebbe l'infinito valore della creazione a "redimere" ogni dolore, non perché gli dà un senso onto-te(le)ologico, ma perché lo rende accettato nel pacchetto tutto mescolato, con la sua dose di non senso (quello che Schopenhauer aveva scorto nella volontà, in ogni nuovo occhio che si apre, e che per lui sarebbe stato meglio richiudere) lasciata indisturbata. La creazione è legata al caos in questo, nell'accettazione, nell'affermarne e ribadirne la necessità (contra Schopenhauer), in quanto questo amor fati è l'unica logica che tuteli il differente in sé e non lo ri-solva (auf-heben, il verbo tanto amato da Hegel) in una ri-appropriazione di grado superiore (che è l'ideologia che permea la teorizzazione del caos). In conclusione vale sempre il discorso di "Della Redenzione": ogni cosa è orrido fragmento ed enigma, la soluzione è il "così volli che fosse", non la guarigione. -------------------- "Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì"
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