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> Quali sono i valori creativi e costruttivi di Nietzsche?
Mauro
messagio May 1 2010, 07:00 AM
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[font="Verdana"][/font][size="4"][/size] Ho letto con grande piacere il topic sul nichilismo-dovreste pubblicarlo, è profondo e intenso per contenuti e lucidità-.
Volevo chiedere al qualche appassionato generoso,in sintesi: Quali sono i valoro creativi e costruttivi di Nietzsche, dopo la sua geniale analisi del nichilismo? Dice d'averlo superato ma non ho capito come...grazie.
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Sgubonius
messagio Jun 12 2010, 06:10 PM
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Non è che mi interessi tanto "cosa ha detto Nietzsche", l'ho scritto molto chiaramente almeno una volta nel Post Scriptum. L'importante è quale riflessione fa scaturire in noi e fra noi, anche le citazioni servono a questo. Se ho scritto che non avevi capito non è per ledere la maestà, è perché ci si capisca meglio e le critiche siano coerenti col contenuto. Allo stesso modo non vedo quando mai io mi sarei nascosto dietro Nietzsche (dopo in difesa di ci ho messo la risata apposta!!), io ti ho dato una mia idea/interpretazione, che cerca di mettere insieme più parti possibili del pensiero di Nietzsche e di altre suggestioni, non pretendo di darti dei dogmi né niente, chiedo solo, se dobbiamo risponderci, di farlo con più calma e cogenza possibili.

La tua critica alla volontà di potenza ha un senso, nella misura in cui non si considera la volontà di potenza come il tutto. D'altronde penso che sia inevitabile che una critica venga da "fuori" (da qualcosa che non è vdp, quindi la vdp non sarebbe il tutto), non può essere la vdp a criticare se stessa (e se lo facesse sarebbe per potenziarsi). Ma non mi sembra così scontato/necessario che con la VdP come tutto si abolisca la ragione, piuttosto la ragione va a fare parte di quel tutto, non devi rinunciarci, non si tratta quasi mai di "rinunciare" in Nietzsche, si tratta sempre di usare meglio. Credo che tutto l'inghippo stia qui. La VdP non è irrazionale (l'opposto di razionale) è al di là della ragione e in quanto tale la fonda in una effettualità più vasta. Perfino in Hegel quando si parla di reale-razionale si parla poi spesso di A = non A, eppure la Logica è l'effettualità del suo sistema. La razionalità intesa come tecnica (usando una parola heideggeriana, ma senza l'accezione negativa che ha in Heidegger) è effettuale nella misura in cui risponde all'effetualità della VdP e cessa di esserlo quando non è più il fattore principale (per esempio nell'estetica è uno strumento molto inaffidabile), non per questo bisogna rinunciarci, bisogna solo avere l'elasticità di spingere la volontà di verità fino a dove non diventa autodistruttiva, e di usufruire di altre creazioni di valori per altre situazioni. Non ho mai detto che se un computer è vitale non bisogna costruirlo o bisogna farlo a casaccio, certo che la tecnica serve ed è vitale, non sono Heidegger, certo che è possibile valutare prospetticamente se una medicina fa bene PER ME che la assumo e la valuto, non ti sto parlando di anti-illuminismo e di irrazionalismo, ma di usare poi le tecniche per il fine ultimo, cioè la potenza, e non per instaurare delle nuove morali. Anche l'artista che deve iniziare l'opera necessariamente segue delle tecniche, ma non per produrre un oggetto meramente tecnico riproduttivo, l'orizzonte è sempre quello della creazione ex novo. Se la VdP non è (solo) ratio, è però a tutti gli effetti un logos, un ordinamento, un (dis)equilibrio di forze, una distribuzione (nomade), ci sono poi alcune differenze con Eraclito (per quel poco che sappiamo di lui) come ce n'è per Spinoza, ma esiste di fondo lo stesso monismo dinamico di una sostanza magmatica e potenziale.

L'irrazionalità che Nietzsche deriva da Schopenhauer nella volontà è più che altro un "senza-scopo", fatto salvo il girare su se stessi, un mostro come lo sono certi macchini enormi e tritura-tutto. La volontà come sostanza è una concezione piuttosto antica che forse è molto più sensata di quella rigida della materia inanimata con il vivente che ne viene fuori "in qualche modo", per il semplice fatto che bergsonianamente ci deve essere un metronomo più o meno divino che "guardi lo zucchero sciogliersi". Non è più una volontà nel senso psicologico della parola, è una pulsione generalizzata della materia, uniformante, che si traduce poi se vuoi in fenomeni come la forza di gravità e i campi elettromagnetici (chi glielo "dice" alla terra di girare? e più banalmente chi ne regola la sincronia col resto del reale?).


Vengo al punto cruciale:
Tutte le questioni sulle cose come astrazioni nostre, sul vero come utile alla vita, sull'uso utile della ragione, sul superuomo come sommo uso delle facoltà, mi sembrano ineccepibili e non credo di aver detto il contrario. Ma prendi un caso come Beethoven: è difficile pensare che la sua grandezza derivi dalla razionalità logico-matematica, per questo interviene una "razionalità più vasta" come la definivi prima (ma non "più assoluta", proprio perché è intrinsecamente relativa e prospettica) che abbia il superuomo come tipo superiore (si intende qui superiore nel senso della potenza, che non è il potere, dopo affrontiamo il discorso).
Non è che siamo tanto distanti, ma si tratta solo di lenire il dualismo che continui a forzare fra irrazionale e razionale. Nietzsche ci dice soltanto: la ragione non è vitale sempre, a volte serve altro (tu stesso prima parlavi di intuizione: termine del romanticismo e dell'idealismo, del misticismo e del bergsonismo, proprio in antitesi con la deduzione logico-matematica) e ci vuole la flessibilità di adoperare il martello giusto ogni volta. L'eterno ritorno è uno di questi martelli, ed è il più potente, e conduce alla volontà di potenza come arte (l'ho spiegato sopra 2-3 volte, eventualmente lo ripeterò) dove il furto di potenza all'altro diventa una rappresentazione inadeguata del processo di potenziamento della volontà di potenza (il furto è un atto, non è mai una potenza).
In questo quadro, col monismo, la circolarità, e l'artista come oltre-umano mi pare che il tutto abbia sufficiente consistenza, e la critica che muovevi non sia essenziale in quanto è inglobata nell'idea che il tenere-per-vero e la ragione in generale servono sicuramente, ma non fanno ancora il superuomo (che non vi rinuncierà comunque, le ingloberà in quanto divenuto ciò che è, cioè VdP, in una effettualità ulteriore).

Per me nella tua concezione c'è un po' di ambiguità nel modo in cui il prospettivismo starebbe a fianco della realtà sussistente senza dualismo. O la realtà è prospettiva, e si fa solo negli interspazi, e si conosce creando ulteriori connessioni sintetizzatrici di realtà, oppure esistono due ordini ben distinti di realtà sussistente e percezione parziale. Tutto sommato non credo nemmeno che faccia una grossa differenza, la differenza grossa per me è poi la questione dell'artista e dello scienziato (banalizzando i tipi umani): se il mondo è da creare e non da conoscere, il primo ha un vantaggio comparativo sull'altro (sempre banalizzando e andando al sodo). Si può criticare Nietzsche, ma nello specifico non per l'incoerenza dei suoi pensieri fondamentali (Vdp, l'eterno ritorno, superuomo, nichilismo e creazione di valori), è sulla parte "socio-politica" che Nietzsche prende alcune cantonate, forse perché non è quello il campo d'applicazione coerente, si finisce nella fossa biologica di cui parla Schopenhauer, dopo, mi pare, se ne accorgerà.


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