L'eterno ritorno e la volontà di potenza. |
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L'eterno ritorno e la volontà di potenza. |
Feb 5 2008, 12:02 PM
Messaggio
#1
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 533 Iscritto il: 4-April 07 Utente Nr.: 34 |
Cari amici del Forum, mi sembra che sia
giunto il momento opportuno per introdurre un altro tema centrale del pensiero nicciano, considerati i buoni sviluppi che sta avendo il nostro dibattito sull'eterno ritorno. Come si concilia la dottrina dell'eterno ritorno con quella della volontà di potenza, o meglio, c'è, nella prospettiva nicciana di fondare un sapere che si proponga di penetrare l'ente nel suo insieme, un nesso sistematico - intendendo per nesso sistematico un legame che salda ed incardina in un ordito teoretico coerente le due dottrine - fra questi due capisaldi? Taluni autori, in primis Loewith pongono in evidenza il carattere antinomico di questo nesso, ritengono che giustificare la compenetrazione tra EWDG e WZM sia arduo sulpiano della argomentazione logica ma anche filosofica. Il dado è tratto. -------------------- DIE EWIGE SANDUHR DES DASEINS WIRD IMMER WIEDER UMGEDREHT
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Mar 25 2008, 03:23 PM
Messaggio
#2
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Über Member Gruppo: Members Messaggi: 207 Iscritto il: 15-May 07 Utente Nr.: 103 |
Il frammento 38 [12] del 1885 citato da Nihilo è molto importante: non a caso, tra l’altro, è proprio di qui che inizia Nietzsche. Physiologie de la Volonté de puissance di Wolfgang Müller-Lauter (Allia, 1998), che raccoglie vari saggi dello studioso co-fondatore delle Nietzsche Studien (tra i quali anche L’organismo come lotta interna. L’influsso di Wilhelm Roux su Friedrich Nietzsche, cui ho già fatto riferimento, uscito in origine in tedesco sulle Nietzsche Studien nel 1978 e disponibile anche in italiano). Si tratta di un frammento che, insieme ad altri di questo stesso periodo, testimonia un ulteriore sviluppo della teoria della Volontà di potenza: è in questa fase, infatti, che Nietzsche comincia a porre l’accento sulla pluralità e sulla lotta reciproca di “centri di potenza” in un’ottica ormai completamente svincolata da idee-guida quali quella stessa di “organismo”. Nello specifico, a partire dal 1884 Nietzsche approfondisce in senso critico proprio il concetto di “autoregolazione” mutuato da Wilhelm Roux, di cui ho appunto già parlato: egli comincia infatti a pensare che l’autoconservazione, entro cui il principio di autoregolazione si inscriverebbe, sia solo l’effetto secondario di un più fondamentale principio di “insaziabilità” che caratterizza l’attività di espansione-appropriazione (e il relativo conflitto) dei quanta di potenza: l’organismo stesso, insomma, non sarebbe ciò entro cui accade il processo della lotta, ma il risultato del processo stesso, inteso come momentanea (perché dinamica) configurazione globale di rapporti di dominio. Posto ciò è chiaro che il principio di autoregolazione di Roux, riferendosi ancora al meccanismo di self-preservation dell’organismo, sia pur considerato nel suo essere complesso, appare a Nietzsche inficiato (contro le stesse affermazioni dell’autore, dichiaratamente meccanicista) da un presupposto interpretativo finalistico (e quindi indirettamente sostanzialistico). Ora, non è un caso che tale “correzione”, dal punto di vista nietzscheano, delle tesi di Roux, cada appunto intorno alla metà degli anni Ottanta: essa è infatti dovuta, almeno in parte, a un’altra lettura scientifica: Biologische Probleme zugleich als Versuch zur Entwicklung einer rationellen Ethik, di William Henry Rolph, testo del 1882, la cui seconda edizione del 1884 Nietzsche aveva acquistato e aveva attentamente letto e glossato. Il tema è davvero interessante ma troppo lungo da trattare in un unico intervento, magari ci si torna su: tra gli studiosi che si sono occupati della questione posso indicare, oltre a Müller-Lauter, che nel saggio su Nietzsche e Roux dedica a Rolph uno spunto breve ma importante, anche Gregory Moore con il suo Nietzsche. Biology and Metaphor, Cambridge University Press, 2002. Lo stesso Moore ha inoltre curato, insieme a Thomas H. Brobjer, il collettaneo Nietzsche and Science (Ashgate Publishing Ltd, 2004), in cui è compreso il saggio What Science Did During the Science War di Robin Small, che tocca il tema degli influssi di Rolph su Nietzsche. La questione ad ogni modo è densa di implicazioni, non solo perché costituisce un altro tassello nella comprensione degli sviluppi dell’“officina” nietzscheana (soprattutto nell’ancora troppo trascurato ambito del colloquio di Nietzsche con la scienza del suo tempo), ma anche perché si offre come ulteriore spunto critico nei confronti di interpretazioni anche importanti che trascurano gli aspetti filologici a vantaggio di quelli ermeneutici, i quali spesso presentano “derive” che sovrappongono retrospettivamente l’interprete all’autore. Un solo esempio: posto che i molteplici e dinamici quanta di potenza non sono uno stabile e “sostanziale” quid, in che senso intendere, heideggerianamente, la Volontà di potenza come “costituzione dell’ente”?
Per concludere una curiosità: Yannick Souladié, nel suo “…und nichts außerdem”. La vie comme volonté de puissance (reperibile sul sito dell’HyperNietzsche), discutendo proprio della chiusa di questo frammento, osserva che tradurre il nietzscheano “und nichts außerdem” con “e nient’altro” (nelle edizioni Gallimard, cui Souladié si riferisce, “et rien d’autre”) è fuorviante. Egli preferisce tradurre “et rien en dehors”, quindi “e niente al di fuori”, ritenendo che il “nient’altro” evochi l’assenza di alterità e dunque richiami implicitamente un erroneo concetto di identità, con relativa sostanzializzazione (e perciò “metafisicizzazione”) della Volontà di potenza. |
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