Nietzsche secondo Colli, tesi di laurea di Marco Svevo |
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Nietzsche secondo Colli, tesi di laurea di Marco Svevo |
Jun 9 2007, 05:18 PM
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Jan 22 2008, 07:20 PM
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E’ vero che Nietzsche ha spesso parole dure e ingiuste contro i cani, da lui visti come animali sostanzialmente servili e dunque spesso presi a simbolo dello spirito gregario. Però anche qui, come sempre nel caso del nostro complesso e multiforme filosofo, non bisogna generalizzare: ad esempio non tutti sanno, forse, che durante il suo primo anno a Basilea (e precisamente nel gennaio del 1870) egli aveva pensato, sia pur per un breve periodo, di acquistare un cane. Presumibilmente a tale idea non sono estranei fattori relativi al suo contesto biografico di quel periodo: anzitutto l’allora recente, folgorante amicizia con Wagner (molto amante degli animali: il suo parco a Tribschen sembrava quasi uno zoo; cfr. C.P. Janz, Vita di Nietzsche, Vol. I, Laterza, Roma-Bari, 1980, pp. 276-277), e in secondo luogo il senso di solitudine derivante dalla mancanza dei suoi amici (cfr. ivi, p. 322; in effetti varie, e spesso nostalgiche, lettere di questo periodo sono scritte a Deussen, Gersdorff e soprattutto Rohde: indicativo al proposito è per esempio il passaggio di una lettera a quest’ultimo della fine di gennaio-15 febbraio 1870, in F. Nietzsche, Epistolario, vol. II, Adelphi, Milano, 1976, p. 90). E’ così che, quasi en passant, nella chiusa di una lettera alla sorella della fine di gennaio 1870 egli scrive: “Sto meditando di comprarmi un cane, un danese” (cfr. ivi, p. 89). Del resto doveva averne parlato anche con Cosima, perché nel Post Scriptum di una lettera del 27 gennaio 1870 questa gli chiedeva: “Come si chiama il suo cane?” (cfr. Cosima Wagner – Friedrich Nietzsche. Un’amicizia, forse. Lettere 1869-1889, Archinto, Milano, 1996, p. 84) e ancora il 5/6 febbraio 1870, presumibilmente dopo una risposta di Nietzsche (purtroppo come noto quasi tutte le sue lettere a Cosima sono state distrutte): “E così non ha ancora un cane? Se a Basilea lei avesse trovato così facilmente una rarità quale è un cane danese, mi sarei meravigliata molto; voglio però avvisarla che un grosso cane le sarebbe di grande incomodo, nella sua stanza” (cfr. ivi, p. 91); e continua consigliandogli… uno spaniel o un barboncino! (N.B.: il cosiddetto “danese” è l’alano).
Considerato comunque che Nietzsche non tornò più sull’argomento, né tantomeno ebbe alcun cane nella sua vita, questo episodio risulta talmente circoscritto da essere solo poco più di una curiosità: tuttavia può forse contribuire, se non a rimuovere, almeno ad attenuare la tradizionale idea di un Nietzsche assolutamente “miso-cino”. |
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