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> L'eterno ritorno dell'eguale
diechirico
messagio Jul 29 2007, 10:01 AM
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La Gaia Scienza
Libro Quarto

341.
Il peso più grande. Che cosa accadrebbe se un giorno o una notte nella più solitaria delle tue solitudini si insinuasse un demone e ti dicesse: «Questa vita che vivi adesso e che hai vissuto, dovrai viverla ancora innumerevoli volte; e non ci sarà niente di nuovo, in essa, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro e tutto quello che in essa c'è di indicibilmente piccolo e grande deve tornare, e tutto nella stessa sequenza e successione - persino questo ragno e questo chiaro di luna tra gli alberi, e persino questo istante e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene girata di continuo -, e tu con essa, infimo granello di polvere!». Non ti getteresti a terra e digrigneresti i denti e malediresti il demone che parla così? O hai già vissuto un attimo di immensità in cui gli risponderesti: «Tu sei un dio, e mai ho udito parole più divine!». Se quel pensiero si impadronisse di te, come sei adesso, ti trasformerebbe, forse stritolandoti; la domanda «vuoi che tutto ciò accada ancora una volta, innumerevoli volte?» sarebbe il più grande peso mai gravato sul tuo agire! Oppure, quanto dovresti essere ben disposto nei confronti di te stesso e della vita, per non desiderare nient'altro che quest'ultima, eterna conferma, questo sigillo?


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diechirico
messagio Jul 31 2007, 06:48 PM
Messaggio #2


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un desiderio? forse, ma secondo me è qualcosa di più delicato, intangibile.
è un anelito di vento, un pensiero da afferrare.
è il suo modo di dire di sì alla vita, cercando di esorcizzare la morte.
il problema è: una avolta afferrato, questo pensiero, che ne facciamo? siamo in grado di sopportarlo?
è come il pensiero stesso della morte.
è possibile pensarne, senza che si blocchi il respiro? che non si cerchi di confutare noi stessi?
oppure?

Non adiratevi che io abbia dormito:
ero solo stanco, non ero morto.
La mia voce aveva un suono cattivo,
ma era soltanto un russare, un respirare
pesante, il canto di un affaticato:
non un benvenuto alla morte,
non una seduzione della tomba.


Frammenti Postumi, 1888

d.


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