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> L'errore e il vero: connessione necessaria?
enigma
messagio Apr 18 2009, 07:32 PM
Messaggio #1


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CIAO A TUTTI! Su questo forum ho trovato tantissime discussioni suggestive.

Comincio subito con un quesito che mi martella incessantemente: un aspetto della gnoseologia nietzscheana:

Nietzsche afferma, come Schopenhauer prima di lui, che il mondo è un illusione. A differenza del suo maestro pessimista, Nietzsche non crede in un "al di là" del velo di Maya, in un Essere, in una cosa in sè kantiana. "esiste" solo il divenire eterno. Fin qui OK. :-)

Ora non capisco come mai nietzsche dica a più riprese che la realtà in cui crediamo è un errore; più precisamente: una somma di errori e illusioni.

Non deve un errore, proprio per esser tale, presupporre implicitamente un vero?

2+2= 6 Errore! Non concepisco subito l'errore, bensì la verità, ovvero 4.

Forse Nietzsche vuol dire che "esistendo" solo l'incessante divenire, il nostro fissare il reale in concetti regolati dalla logica(principio di non contraddizione ecc) contrasta in qualche modo quel divenire. Ma non è forse l'uomo stesso e anche il suo eterno porre enti un prodotto del divenire?

Probabilmente il filosofo del Superuomo intende disantropomorfizzare la realtà, con il risultato di tramutarsi in una "realtà".
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Sgubonius
messagio Apr 19 2009, 05:48 PM
Messaggio #2


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Beh credo che sia una questione quantomeno epocale!

Intanto possiamo cominciare coll'analizzare la dicotomia vero-falso: ovviamente se viene a cadere il vero (che diventa per lo più un tenere-per-vero) viene a cadere anche il falso inteso come non-corrispondenza (adequatio rei et intellectus ecc...). In ogni caso si può parlare di "platonismo rovesciato" (Nietzsche stesso usa questi termini) nella misura in cui il piano dell'idea perde ogni priorità mentre l'apparenza diventa quanto di più "vero" ci possa essere, ed è "vero" solo per il suo essere sensibile e non sopra-sensibile.
Sostanzialmente credo si possa parlare di un monismo vero e proprio in qui l'essere è volontà di potenza e niente altro, evidentemente la morale, il giusto, cade insieme al vero in questo processo nichilistico compiuto.

A questo punto sussiste il problema dell'essere e del divenire, e qui entra in gioco l'eterno ritorno, che fissa in essere il divenire senza però neutralizzarlo del tutto in qualche modo (un po' come la dialettica hegeliana). L'uomo in balia del divenire della volontà di potenza trova nell'eterno ritorno quel tenere-per-vero che lo radica nell'apparenza, alla terra, e gli garantisce la possibilità di un nuovo inizio, di nuovi valori (transvalutati e non valutati). Antropomorfismo o no questo non saprei dire, lo stesso Heidegger (da cui ho rubato gran parte di questa analisi) non si esprime chiaramente. Da una parte c'è un abbandono totale alla volontà di potenza, all'aldilà del bene e del male, al divenire; dall'altra c'è un trionfo della creatività e dell'accettazione attiva di questo nichilismo.

Questo giusto per fare un quadro. Evidentemente ci sono altre interpretazioni ed è questo da te posto un punto fondamentale nel ripensare Nietzsche credo.


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marduk
messagio Apr 19 2009, 10:54 PM
Messaggio #3


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tutto sta nel chiarire il significato dei termini e il loro contesto storico nonché il modo in cui N. li usa.

L'errore in effetti presupporrebbe un vero, un giusto, da cui differenziarsi. Ma, sappiamo, "col mondo vero, abbiamo eliminato anche quello apparente": ossia non c'è verso dunque non c'è errore. Ma perché N. continua a paralre di errore?

1) per non ricadere nella trappola metafisica di assengnare agli errori una struttura ontologica fissa, salda, immutabile.

2) (ma legato a 1) per comparare l'attività dell'uomo nel mondo a quella dell'artista che crea, inventa, produce. Si può parlare di errore in una pittura o in una poesia? soprattutto l'arte contemporanea ha eliminato ogni ciriterio sovra-artistico in base al quale essere giudicata (il bello ad esempio), per restare pura creatività. Anche nella poesia gli "errori" grammaticali sono "licenze poetiche".

Così il mondo dell'uomo (la sua storia, le sua attività spirituali e non) è l'opera d'arte dell'uomo.


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Sgubonius
messagio Apr 20 2009, 12:45 AM
Messaggio #4


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CITAZIONE(marduk @ Apr 19 2009, 11:54 PM) *
Così il mondo dell'uomo (la sua storia, le sua attività spirituali e non) è l'opera d'arte dell'uomo.


Senza dubbio questo c'è in Nietzsche (molto bella una citazione che putroppo non posso portare integralmente in cui comunque ironizza sulla modestia dell'uomo che non ha mai riconosciuto che la bellezza, perfino della natura, è un risultato delle sue capacità di vedere il bello). Però sull'antropomorfizzare il mondo è una questione delicata, il rischio è di ricadere nella più facile banalizzazione di nietzsche come filosofia del dominio sul mondo eccetera no? In un piano preparatorio per "La volontà di Potenza" una sezione si intitola invece proprio "disantropomorfizzazione della natura", intendendo con questo rimuovere dal sensibile ogni sovrassensibile (la morale) troppo umano. Peraltro poi la cosa diventa delicata quando Nietzsche afferma esattamente il contrario parlando dell'eterno ritorno come di antropomorfizzazione del reale, imprimere essere sul divenire.

Senza dilungarsi, penso che parlare di "opera d'arte" è pericoloso, perchè rischia di portare nel binario della produzione di opera d'arte, cioè di estetizzazione, cioè di antropomorfismo (il bello, in ogni caso, l'artistico, anche quando è moderno è un valore e un discriminante per arte e non arte). La chiave qui e non solo qui è il soggetto, e l'io. Se non riconosciamo in Nietzsche e nella volontà di potenza un'abrogazione del soggetto e un incrinarsi dell'io non usciremo mai dalle critiche di Heidegger che in questa antropomorfizzazione vede solo un ulteriore estensione del dominio metafisico della certezza.
La storia, le attività spirituali eccetera non mi pare rientrino nell'ambito del superuomo, che nel suo stato estatico/estetico/nichilistico è lui stesso il capolavoro e può lasciare il mondo (e il destino, amor fati) così com'è, che importa? Produrre l'opera è superfluo, fa parte delle manie realizzative dell'ente e del dominio sull'ente.


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marduk
messagio Apr 20 2009, 06:28 PM
Messaggio #5


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Sono d'accordissimo con te e credo che tu abbia colto nel segno evidenziando un punto su cui molti interpreti di N. si dividono.
Come si qualifica l'agire dell'uomo sul mondo? Finora secondo la logica del dominio, la quale, frutto della paura, ha creato simboli crudi, morali ascetiche, volontà di obbedienza (al già-stato ad esempio). Ma tutta questa "preistoria" dell'uomo lo renderà "capace di perfezionarsi in modo libero" producendo simboli non più frutto della paura bensì di pura esuberanza creativa (maschera dionisiaca).
Come dici tu, parlare di opera d'arte è pericoloso, però almeno l'arte, anche nel mondo apollineo, ha spesso dimostrato di non vergogarsi di essere menzogna (a differenza di religione, scienza ecc...).

Non sono però molto d'accordo sul lasciare che il mondo sia così com'è ... dunque io penso che anche qui ci sia uno sbilanciamento che possa ingenerare una fatalistica accettazione di tutto ciò che è. Intendo dire che l'oltreuomo continuerà a produrre simboli, ma non più segnati dalla logica del dominio. E potrebbe farlo ad esempio attraverso un tecnica non più pensata in termini heideggeriani di sopraffazione, ma in grado ad esempio di affrancare l'essere umano da quelle necessità che hanno causato la nascita delle differenze sociali (le quali hanno generato le morali metafisiche....). In altre parole io vedo nella tecnica la prosecutrice dell'attività artistica dell'uomo e in grado di emanciparlo dalle costrizioni della natura e da quelle sociali...(cioè io penso alla tecnica in stratrek, per farla breve wink.gif !)


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Sgubonius
messagio Apr 21 2009, 11:30 PM
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Purtroppo qui è impossibile risolvere la cosa in poche parole però possiamo intenderci per allusioni.
Non sarei d'accordo sull'emancipazione dalla natura, in fondo tutta l'enfasi pessimistica di stampo greco (dionisiaco) che ispira Nietzsche tende proprio all'accettazione della natura (del dolore) senza tecnologie che la asserviscano all'uomo, generalmente riducendogli il dolore e la fatica, eliminando gli enigmi, togliendo l'aleatorio e il problematico (pensa qui a Leibniz o a Hegel, ultimi epigoni del dominio sulla rappresentazione, dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande). Anche l'arte non deve mai essere un quietivo dell'anima (schopenhauer) ma sempre un "eccitante", un moltiplicare il problema e mai una soluzione evasiva.
Eccetera...

Dalle necessità non ci si affranca, sarebbe un controsenso, quando il carro corre il cane può con-correre o essere trascinato.


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BlackSmith
messagio Apr 22 2009, 07:29 AM
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CITAZIONE
In altre parole io vedo nella tecnica la prosecutrice dell'attività artistica dell'uomo e in grado di emanciparlo dalle costrizioni della natura e da quelle sociali...!)


Penso che tu abbia proprio ragione. L'eugenetica, sarà, se non lo è già, non più una sola branca ramo della medicina ma una nuova forma d'arte. La mappa genetica come una tavolozza di colori, per dipingere quello che N. ha decretato ormai morto...!
Assenza di dolore, clonazione, sconfitta delle malettie, dell'invecchiamento, miglioramento della qualità della vita generalizzata e globale, non sono più fantasie ma già orizzonti raggiungibili. Superuomo- immortalità-Dio-Noi stessi. Controindicazioni: perdita di sensibilità, egoismo, assenza di sofferenza e quindi di piacere, riduzione dei sentimenti; elementi che potrebbero un giorno farci rimpiangere di essere stati uomini tanto da ritornare ad esserlo, ammesso che questo passaggio non è già stato fatto e non è abbiamo memoria. Visione fantastica? Banale? Ovvia? Verosimile?



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Agli uomini dei quali mi importa qualcosa io auguro sofferenze, abbandono, malattie, maltrattamenti, disprezzo..., io desidero che non restino loro sconosciuti il profondo disprezzo di sé, il martirio della diffidenza di sé, la miseria del vinto
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Sgubonius
messagio Apr 22 2009, 01:33 PM
Messaggio #8


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CITAZIONE(BlackSmith @ Apr 22 2009, 08:29 AM) *
Penso che tu abbia proprio ragione. L'eugenetica, sarà, se non lo è già, non più una sola branca ramo della medicina ma una nuova forma d'arte. La mappa genetica come una tavolozza di colori, per dipingere quello che N. ha decretato ormai morto...!
Assenza di dolore, clonazione, sconfitta delle malettie, dell'invecchiamento, miglioramento della qualità della vita generalizzata e globale, non sono più fantasie ma già orizzonti raggiungibili. Superuomo- immortalità-Dio-Noi stessi. Controindicazioni: perdita di sensibilità, egoismo, assenza di sofferenza e quindi di piacere, riduzione dei sentimenti; elementi che potrebbero un giorno farci rimpiangere di essere stati uomini tanto da ritornare ad esserlo, ammesso che questo passaggio non è già stato fatto e non è abbiamo memoria. Visione fantastica? Banale? Ovvia? Verosimile?


Da te non me l'aspettavo! laugh.gif
Con tutta la solfa che fai sul dolore poi lo vuoi eliminare così?

<<Ogni eterno piacere anela a ciò che è malriuscito. Perché ogni piacere vuole sé, perciò vuole anche sofferenza! Oh felicità, oh dolore! Oh, spezzati cuore! Uomini superiori, imparate: piacere vuole eternità, – piacere vuole eternità di "tutte" le cose, "vuole profonda, profonda eternità!">>


Restiamo malriusciti no? è meglio! La perfezione la lasciamo al mondo di Leibniz o alle idee di Platone.


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marduk
messagio Apr 22 2009, 02:14 PM
Messaggio #9


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Beh però mi pare ci sia o una visione pessimista della tecnica (vista come una cosa troppo diversa dalla natura - mentre potrebbe esserne il prolungamento. Noi siamo ancora nell'evoluzione, alla ricerca di strategie adattive e di controllo) oppure una visione eccessivamente paradisiaca. La tecnica non eliminerà il dolore né il sentimento. e se dovesse eliminare le forme attuali di dolore (vecchiaia, malattia, ecc) chissà quali altri ci saranno! chissà quali orizzonti ci aprirà questo futuro tecnologico, quali fonti di arte, conoscenze, sensiblità che oggi nemmeno possiamo immaginare. I Greci lasciamoli ai Greci.

La tenica ridurrà lo spazio di destino e casualità, l'indifferenza della natura, le differenze sociali, il terrore per l'ingnoto. Ma ci saranno chissà quali altri stimoli per l'uomo nell'era della tecnica!

Io non avevo accennato a clonazione o eugenetica perché queste non saranno le forme tecnologiche future secondo me, resteranno come possibilità certo. Io mi riferisco a forme tecnologiche comunicative (che già oggi sono la maggioranza) ad esempio!


PS: in ogni caso il codice genetico contiene ben poco di quello che oguno di noi è. La clonazione già esiste in natura e sono i gemelli. Ognuno di noi è frutto di stimoli ambientali e culturali, il suo codice dice ben poco. Ridurci a un filamento di DNA (come vorrebbero anche molti antiabortisti) significa ripoproporre un materialismo determinista sotto altra specie.


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BlackSmith
messagio Apr 22 2009, 06:51 PM
Messaggio #10


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CITAZIONE
Restiamo malriusciti no? è meglio! La perfezione la lasciamo al mondo di Leibniz o alle idee di Platone.

Ciao Sgub! laugh.gif laugh.gif hai ragione , tendiamo alla perfezione, è quello che faremo nei prossimi millenni, ma appunto poi esprimo un concetto che hai ripreso con quella bellissima citazione:<<Ogni eterno piacere anela a ciò che è malriuscito. Perché ogni piacere vuole sé, perciò vuole anche sofferenza! Oh felicità, oh dolore! Oh, spezzati cuore! Uomini superiori, imparate: piacere vuole eternità, – piacere vuole eternità di "tutte" le cose, "vuole profonda, profonda eternità!">>


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Sgubonius
messagio Apr 23 2009, 12:13 AM
Messaggio #11


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CITAZIONE(marduk @ Apr 22 2009, 03:14 PM) *
La tenica ridurrà lo spazio di destino e casualità, l'indifferenza della natura, le differenze sociali, il terrore per l'ingnoto. Ma ci saranno chissà quali altri stimoli per l'uomo nell'era della tecnica!


Sarà la lettura recente di Holderlin ma non sarei così d'accordo! wink.gif

Senza dubbio la tecnica è una cosa naturale, tutto è naturale, lo diceva già Spinoza con grande acume. Nella rappresentazione vige il principio di ragion sufficiente, se una cosa succede c'è un motivo, ergo è giusto e naturale che accada. L'ignoto stesso è una condizione misterica che ci pone nel mondo, la "mancanza" è la nostra essenza più profonda, senza di essi saremmo sassi. Da questo punto di vista non condivido molto le preoccupazioni heideggeriane (e non solo) per una ubris della tecnica, la tecnica era anche presso i greci, nell'aratro, nell'edilizia, ecc... insomma non ha senso neanche l'estremo opposto rousseauiano certamente, è una ingenuità totale. Quanto fa la differenza è invece il nostro modo di rapportarci all'essere (in senso estremamente generale, traduci vita se vuoi per non entrare in questioni ontologiche) che non deve essere dettato dall'utile. Se c'è un merito dei greci è questa apertura alla fusis (che poi fossero realmente tali non importa!) che nietzsche traduce col concetto di "dionisiaco". Non c'è alcun bisogno del nuovo, il nuovo è nel sorgere del sole o lo schiudersi del fiore (appunto in greco fusis, lo sbocciare, il mostrarsi, che è lo stesso fos della luce), è nell'eterno ritorno dell'uguale che tu devi differenziare. Tu sei chiamato solo a questo, a "fare la differenza". In questo l'arte ha avuto un ruolo predominante nella lettura dei greci da parte di Nietzsche, ma non c'è analisi dell'arte, non c'è teoria estetica o storia dell'arte che tenga, perchè l'arte per sua stessa natura deve sottrarsi al mondo fenomenico (è il sottrarsi) in cui è possibile fare analisi perchè c'è causa-effetto, non c'è differenza (ontologica). Non c'è neanche l'opera a questo punto no? Non c'è evoluzione, non c'è sviluppo, non c'è apertura tecnologica di nuovi orizzonti, queste sono differenze quantitative e in definitiva rimandabili ad uguaglianze e somiglianze, ovvero inesistenti. E' la differenza qualitativa che "fa la differenza" e tale differenziazione è possibile solo nella vita e nel suo aprirsi alla fusis, cosa che la tecnica non aiuta a fare dato che ha per categoria l'utile e per strumento il calcolo (ovvero legge tutto per quantità, in questo è esemplare l'economia, che arriva a teorie decisionali basate sul quantificare l'utilità per i consumatori e prevedere le loro scelte, nietzsche aveva intuito il futuro emergere dell'economia come scienza globale).

Certamente il concetto di volontà di potenza è un po' problematico in questo senso, e siamo costretti a rileggerlo non in un ottica di dominio calcolatorio e previsionistico, utilitaristico, ma come una differenza di potenziale (o potenziale di differenza). Qui ha sbagliato (se ha sbagliato ovviamente) Heidegger nella sua lettura sottovalutando forse le questioni irrisolte in nietzsche. Ad esempio la questione delle maschere dionisiache, del frantumarsi del soggetto che compare negli ultimi scritti, rimanda proprio al differenziarsi del soggetto in se stesso. La prima uguaglianza è infatti quella del sè nel tempo, su cui si articola cartesianamente tutto il metodo rappresentativo del reale, ma quando il mio io tiranno si dissolve e viene a cadere la maschera della persona (si pensi anche all'etimologia in latino) ecco che si possono indossare migliaia di maschere differenti e allora si può realmente aprirsi flessibilmente alla fusis, si può "danzare" sul e col mondo.


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Nachtlied
messagio Apr 24 2009, 04:50 PM
Messaggio #12


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Bravi!!! Tempo fa ho aperto un apposito topic per discutere del rapporto vero-menzogna/illiusione già nel pensiero giovanile di Nietzsche e sono stata allegramente ignorata; ma qui vi date parecchio da fare vedo! angry.gif
Ovviamente scherzo! tongue.gif

Mi tengo scaltramente fuori da questo dibattito sull'arte e la tecnica (perché ci sarebbe troppo da scrivere) e rispondo soltanto ad enigma, consigliandogli/le caldamente (se non l'ha già fatto) la lettura di Su verità e menzogna in senso extramorale (su cui verteva esplicitamente il topic che avevo aperto... unsure.gif ): lì si può leggere che l'errore, nel senso di illusione, è qualcosa di necessario per vivere (qui rimanderei anche alla lettura della seconda Inattuale, quella sulla storia), in quanto ci fa dimenticare la tragicità e l'assurdità della vita.
Finché lo si fa consapevolmente non sorge alcun problema; ma quando nasce il "concetto", quando si cerca il tratto generale comune a tutte le foglie, per definire "la" foglia, nasce l'errore in senso stretto, il dualismo tra mondo vero e apparente.
Perciò, quando tu dici che l'errore presuppone il vero, dimentichi l'intenzione e la funzione originaria dell'errore (cioè quella illusoria per permetterti di dimenticare la tragicità dell'esistenza) e sei vittima del dualismo platonico.
Ovviamente mi sto riferendo nello specifico ad un primo periodo di N, ma gli stessi concetti vengono per lo più mantenuti, semplicemente sfumandoli un pò (la distinzione tra i due mondi è infatti risalente al Crepuscolo degli idoli - 1888 -, una delle ultime opere dell'autore).


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Sgubonius
messagio Apr 24 2009, 07:26 PM
Messaggio #13


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CITAZIONE(Nachtlied @ Apr 24 2009, 05:50 PM) *
Ovviamente mi sto riferendo nello specifico ad un primo periodo di N, ma gli stessi concetti vengono per lo più mantenuti, semplicemente sfumandoli un pò (la distinzione tra i due mondi è infatti risalente al Crepuscolo degli idoli - 1888 -, una delle ultime opere dell'autore).


Sì, l'idea permane, fino anche ai preparativi per "la volontà di potenza", subito prima della follia, esiste tutto un discorso schematizzato su come il mondo vero diventò falso e via dicendo. Penso che sia un discorso che sta alla base di tutto il (non)sistema nietzschiano e dal quale si può articolare un po' tutta la gnoseologia (comunque sempre inafferrabile) che lo compone. E' sempre una danza in bilico, l'unico vero è quello che è utile alla vita, ergo quello che si chiama "falso" abitualmente, l'illusione, diventa vero in un sistema di riferimento (posizione di valori) basato sulla Volontà di Potenza. Non è certamente un vero logico, nè un vero empirico/sperimentale, è un vero puramente fideistico direi, vuoto di valore se non quello che la fede in esso gli conferisce.

Poi questa è una miccia che scatena tutti gli effetti distruttivi possibili e immaginabili. Vittima è anche (forse soprattutto) il soggetto (cartesiano, sempre uguale a se stesso) che diventa troppo rigido per essere utile alla vita (l'oblio ecc...).


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Nachtlied
messagio Apr 25 2009, 10:21 AM
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CITAZIONE(Sgubonius @ Apr 24 2009, 08:26 PM) *
E' sempre una danza in bilico, l'unico vero è quello che è utile alla vita, ergo quello che si chiama "falso" abitualmente, l'illusione, diventa vero in un sistema di riferimento (posizione di valori) basato sulla Volontà di Potenza. Non è certamente un vero logico, nè un vero empirico/sperimentale, è un vero puramente fideistico direi, vuoto di valore se non quello che la fede in esso gli conferisce.

Poi questa è una miccia che scatena tutti gli effetti distruttivi possibili e immaginabili. Vittima è anche (forse soprattutto) il soggetto (cartesiano, sempre uguale a se stesso) che diventa troppo rigido per essere utile alla vita (l'oblio ecc...).

Mi sembra che tu abbia usato la miglior definizione possibile, con il termine "fideismo": infatti è proprio quando viene meno questo carattere, che la 'finzione', la maschera dionisiaca si irrigidisce e diventa " vero-falso".
Se vogliamo, penso che potremmo accostare questo processo a quello della morte di Dio: fintanto che la divinità resta una maschera mobile, necessaria in quanto illusione "apollinea" per poter vivere, essa assolve veramente e pienamente al suo compito; ma quando si viene a credere che essa possa esistere al di là del mondo, di per sé, e addirittura come principio, ecco che la sua mobilità viene meno e che essa diventa causa di quel processo storico che Nietzsche ha brillantemente analizzato nei suoi scritti.

Consiglierei inoltre, a chi non l'avesse letto, Il soggetto e la maschera di Vattimo, che secondo me su questi aspetti è davvero chiaro, oltre ad essere scritto in un linguaggio preciso e scorrevole, che può essere letto anche da chi non è tanto dentro Nietzsche (almeno, secondo me).
E per quanto riguarda il problema del soggetto come struttura irrigidita e 'mascherata', rimanderei addirittura a Leon Battista Alberti, che ha precorso le problematiche di cui stiamo parlando nel Momo (1443-1450!!!). Se qualcuno l'ha letto non sarebbe male discuterne...


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messagio Apr 25 2009, 12:20 PM
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CITAZIONE(Nachtlied @ Apr 25 2009, 11:21 AM) *
E per quanto riguarda il problema del soggetto come struttura irrigidita e 'mascherata', rimanderei addirittura a Leon Battista Alberti, che ha precorso le problematiche di cui stiamo parlando nel Momo (1443-1450!!!). Se qualcuno l'ha letto non sarebbe male discuterne...


Pensavo fosse un architetto! laugh.gif


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messagio Apr 25 2009, 12:35 PM
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CITAZIONE(Sgubonius @ Apr 25 2009, 01:20 PM) *
Pensavo fosse un architetto! laugh.gif

Oh, ma lo era...

In realtà era laureato in diritto canonico e lavorava per il papa Eugenio IV, solo che aveva un grandissimo interesse anche per le 'scienze naturali' (come la fisica), e per quelle grafiche, come l'architettura, a cui applicava i risultati delle prime.
Inoltre ha scritto moltissime opere praticamente di ogni genere, tra cui appunto il romanzo che ho citato e che presenta non pochi spunti nietzscheani (oltre alla tematica della maschera, si ritrova anche il pessimismo greco e c'è un passo che sembra addirittura parafrasare quello in cui si parla della saggezza di Sileno nella GT - o forse è il contrario, visto l'ordine cronologico! wink.gif ).


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Sgubonius
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Già che siamo in tema letterario mi sono imbattuto (per puro caso proprio oggi) in questo passaggio da "Quer pasticciaccio brutto de via merulana" di Carlo Emilio Gadda:

Don Ciccio sudò freddo. Tutta la storia, teoricamente, gli puzzava di favola. Ma la voce del giovane, quegli accenti, quel gesto, erano la voce della verità. Il mondo delle cosiddette verità, filosofò, non è che un contesto di favole: di brutti sogni. Talché soltanto la fumea dei sogni e delle favole può aver nome verità. Ed è, su delle povere foglie, la carezza di luce.


Oltre che molto poetico sembra proprio preso pari pari da svariati scritti di Nietzsche, d'altronde non dubito che Gadda lo abbia letto e che nel suo modo di scrivere così caotico e sfaccettato ci sia tutta quella consapevolezza del soggetto incrinato di cui si parlava.


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Nachtlied
messagio Apr 26 2009, 05:39 PM
Messaggio #18


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CITAZIONE(Sgubonius @ Apr 25 2009, 11:59 PM) *
Già che siamo in tema letterario mi sono imbattuto (per puro caso proprio oggi) in questo passaggio da "Quer pasticciaccio brutto de via merulana" di Carlo Emilio Gadda:

Don Ciccio sudò freddo. Tutta la storia, teoricamente, gli puzzava di favola. Ma la voce del giovane, quegli accenti, quel gesto, erano la voce della verità. Il mondo delle cosiddette verità, filosofò, non è che un contesto di favole: di brutti sogni. Talché soltanto la fumea dei sogni e delle favole può aver nome verità. Ed è, su delle povere foglie, la carezza di luce.


Oltre che molto poetico sembra proprio preso pari pari da svariati scritti di Nietzsche, d'altronde non dubito che Gadda lo abbia letto e che nel suo modo di scrivere così caotico e sfaccettato ci sia tutta quella consapevolezza del soggetto incrinato di cui si parlava.


Infatti Gadda, pur essendo ingegnere, ha sempre avuto una fortissima passione per la filosofia (ha scritto anche La madonna dei filosofi...), anche se non sono sicura al 100% che abbia letto direttamente N.
Comunque i motivi che hai elencato sono ricorrenti nel Pasticciaccio e probabilmente è possibile leggerlo in questa chiave; anzi, molti studiosi lo hanno fatto, evidenziando come nel testo in questione lo stile sia rivolto proprio a far emergere la negazione dell'io e la frammentazione del soggetto. rolleyes.gif
Alla fine, anche il fatto che il caso non si risolva, potrebbe essere un ennesimo richiamo all'inesistenza di una sola 'verità'.

Un'altra cosa interessante di Gadda è la sua concezione della realtà: essa non è infatti un dato chiuso, ma un qualcosa che, grazie al movimento della conoscenza, muta e si trasforma continuamente. La conoscenza dipende a sua volta dall'osservatore umano e dal suo rapporto con la realtà...
In questo sono sì evidenti gli influssi bergsoniani e leibniziani che l'autore ha avuto, ma sembrano ritrovarsi anche echi nietzscheani sul prospettivismo (a sua volta legato forse anche a Leibniz) e sul continuo autosuperamento della volontà di potenza.


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Sgubonius
messagio Apr 26 2009, 09:43 PM
Messaggio #19


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CITAZIONE(Nachtlied @ Apr 26 2009, 06:39 PM) *
Un'altra cosa interessante di Gadda è la sua concezione della realtà: essa non è infatti un dato chiuso, ma un qualcosa che, grazie al movimento della conoscenza, muta e si trasforma continuamente. La conoscenza dipende a sua volta dall'osservatore umano e dal suo rapporto con la realtà...


Non saprei dirti esattamente quali autori ha letto, ma penso che sia Nietzsche che Bergson che Leibniz sono nell'orbita di questi concetti qua (non a caso Deleuze che ha forse formalizzato meglio di tutti questo, diciamo, "post-strutturalismo", ha scritto saggi praticamente solo su questi 3 e su Spinoza). Comunque credo che sia evidente almeno nel pasticciaccio lo scomparire del vero come tensione anche finalistica della conoscenza, e qui forse leibniz è superato, dato banalmente dall'assenza di un finale risolutore come è nella struttura classica del giallo (in cui le tante testimonianza monadistiche sono specchi del medesimo mondo che alla fine si ricongiunge). La de-struttura del giallo è anche e soprattutto invece il lasciare chi legge privo di ogni soluzione, tanto che diventa impossibile dire cosa è vero e cosa è falso in "ricostruzione dei fatti", i pezzi del puzzle dello specchio incrinato non vanno mai a posto, manca sempre il pezzo primo o la chiave di volta.


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